Il nuovo disco solista di David Byrne (14 anni dopo “Grown Backwards") è chiaramente accompagnato da un certo hype inevitabile per un artista considerato generalmente snob e sofisticato tanto quanto si ritiene intellettuale e “alta” la sua forma di pop astratto e tipicamente plastificato e che comunque ne hanno fatto un musicista con un grandissimo seguito che dura negli anni. Voglio dire, parliamo sicuramente di un artista influente (ma per lo più per quella reputazione che hanno riguadagnato i Talking Heads nel corso degli ultimi dieci-quindici anni) e che negli anni si è disimpegnato in diversi progetti non solo musicali, prestando storicamente attenzione anche all’aspetto visivo (lo ho visto dal vivo più volte e posso dire che è sicuramente un grande performer), ma se vogliamo effettivamente dare un giudizio alla sua produzione discografica, questa è chiaramente mediocre. La sua (finta) verve è stata bene incanalata solo da Brian Eno, che peraltro è anche il coautore sostanzialmente di tutti i brani di questo disco, ma che pure qui si è dovuto "arrendere": il fatto è che puoi impegnarti quanto ti pare (ma qui si percepisce una certa “stanca) ma non puoi vendere ogni “scarabocchio” come se fosse un Basquiat e comunque Basquiat - quale fenomeno pop - alla fine ha pagato a caro prezzo quella strumentalizzazione tipicamente di marca-Warhol che va bene solo finché stai dentro il cerchio magico.

Presentato nel contesto di una serie di happening multimediali denominati "Reasons to Be Cheerful" e dedicati a una visione ottimistica della vita nella rivalutazione delle sue bellezze come metodo per contrastare i mali del mondo, "American Utopia" (Todo Mundo/Nonesuch) sviluppa il concept in composizioni pop tanto gioiose quanto intrise con quello stile tanto melò quanto frivolo che ha sempre contraddistinto il gusto estetico di Byrne. Registrato tra New York City e Londra con la collaborazione eccellente (a parte quella di Brian Eno) del producer Rodaith McDonald e qualche guest tipo Daniel Lopatin (OPN), il pianista Thomas Bartlett aka Doveman, il dj Jam City e il vocalist e musicista reggae-soul Sampha Sisay, il problema sostanziale di questo disco non sta tanto nella condivisione o meno dell’estetica pop di Byrne, quanto nel fatto che le canzoni sono oggettivamente di una piattezza che lascerebbe indifferente persino il più stronzo di quei tipici collezionisti bianchi di pop-art newyorkesi con le chiappe flaccide e il foulard al collo.

Nel complesso comunque niente di nuovo sotto il sole: i soliti attentati melodrammatici alla musica gospel da "Dog's Mind", "This Is That" fino al pathos di "Bullet"; pop-art positivista come "I Dance Like This" e "It's Not Dark Up Here", il groove pompato di "Gasoline and Dirty Sheets" oppure "Everybody's Coming To My House" e gli inni alla gioia electro-tropicali di "Every Day Is A Miracle", "Doing the Right Thing" (praticamente inascoltabile). Insomma uno scippo sulla tela, un cesso di Duchamp che sorride.

Elenco e tracce

01   I Dance Like This (03:34)

02   Gasoline And Dirty Sheets (03:20)

03   Every Day Is A Miracle (04:46)

04   Dog's Mind (02:30)

05   This Is That (04:31)

06   It's Not Dark Up Here (04:11)

07   Bullet (03:10)

08   Doing The Right Thing (03:39)

09   Everybody's Coming To My House (03:30)

10   Here (04:14)


  • sotomayor
    4 apr 18
    Recensione: Opera:
    Modifica alla recensione: «Modifica.». Vedi la vecchia versione American Utopia - David Byrne - Recensione di sotomayor Versione 1
  • noveccentrico
    4 apr 18
    Recensione: Opera:
    Grande delusione del 2018. Sognavo una narrativa strana: American Utopia che rispondeva ad American Dream. "Murphy, ti sei divertito a fare il Byrne&Eno dei primi anni Ottanta? Ecco qui i Byrne&Eno del 2018". Avevo caricato troppo. L'album conferma che Byrne senza i Talking Heads non è riscito a ripetersi (e di chance gliene ho date tante, forse salvo soltanto Everything That Happens Will Happen Today).
  • noveccentrico
    4 apr 18
    Recensione: Opera:
    e la cover del brano dance tormentone del 91 Gypsy Woman :D
  • BortoloCecchi
    4 apr 18
    Recensione: Opera:
    Concordo su tutto (stranamente) e la cosa mi dispiace, dato che ho già i biglietti per Ravenna del 19 luglio (che potevo andare a sentire Metheny a Perugia... temo sia stato uno sventurato errore)
  • Falloppio
    4 apr 18
    Recensione: Opera:
    Ho sentito due pezzi, Everyday is a miracle un altro di cui non ricordo il titolo. Pessimo veramente, un disco che si poteva evitare. La recensione già anticipava il prodotto che di per sé non lascia il segno.
  • Almotasim
    4 apr 18
    Recensione: Opera:
    Ottima recensione, molto ben scritta. Ah, la magia/alchimia dei Talking... me la stavo ripassando giusto ieri.
  • lector
    4 apr 18
    Recensione: Opera:
    Ah, David! Quanto ti ho voluto bene....
  • De...Marga...
    5 apr 18
    Recensione: Opera:
    Non bello leggere la parola "piattezza" assocciata ad un personaggio così importante come David; teniamoci ben stretto la sua produzione con Le Teste Parlanti.
  • Agharta
    5 apr 18
    Recensione: Opera:
    Eh???? Effetto doppler? Ninoninoninoninooo... Avete mangiato tutti pesante? Io lo rimetto su, ora. Ah comunque, il disco è decisamente interessante e godibile, tanto da svegliarsi e avere voglia di mettere play. Le opere minori di Basquiat? Non aggiungo altro.
  • macaco
    5 apr 18
    Recensione: Opera:
    Ho visto qualque pezzo del suo concerto al Lolapaloza o come diamine si scrive, noiosissimi pure i branco storici dei T. H.

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