Marco Travaglio
Il più grande cialtrone, inaffidabile, saccente, arrogante, spocchioso nonché buffone del 'giornalismo' Italiano.
Da quando poi è diventato 'conte-progressista' facendo da anni sul suo cesso di giornale propaganda spicciola al suo eroe nazionale (facendo un caloroso dito medio a tutti i fessi che credevano nella 'democrazia diretta' e nel 'né di destra né di sinistra' o alla 'politica come servizio civile per un periodo di tempo' e alle tante baggianate sparate da grillo) mi ha fatto quasi rivalutare sallusti, che non è mai arrivato a un tale livello di zerbinaggio.
Nessuna considerazione o rispetto per chi ancora paga per sentire nei teatri le ca.ate di costui o gli compra i libri. di più
Bauhaus -Bela Lugosi's Dead - The Bela Session
Una chicca preziosa per chi adora i Bauhaus come il sottoscritto, un'EP che riunisce finalmente la prima sessione di registrazioni in studio del gruppo, è il 26 Gennaio 1979 e naturalmente da qui fu estratto il leggendario singolo che li vide esordire come un terremoto sulla scena "post-punk" di fine anni '70, quella "Bela Lugosi's Dead" che be, anche in anni di totale sperimentazione di quella "nuova musica rock e pop" una roba così non si era ancora sentita, la forte componente "dub" che fa da esoscheletro, dipinto dalle pennellate irregolari dei suoni di chitarra di Ash che certificano l'appartenenza a quel caleidoscopio sonoro del "post-punk/new wave", unita all'atmosfera dark-gotica, segnata dalle essenziali, cupe note di basso di David J, che omaggia l'iconografia dei vecchi personaggi e figure dell'horror in bianco e nero, il tutto con un cantante che, come ciliegina, ha la teatralità di un glam-rocker però virato tutto nell'oscurità. Una roba sublime, un capolavoro; ma con questo EP abbiamo anche il resto, l'altra chicca "post-ska-punk" che è "Harry" (pubblicata per la prima volta solo nel 1982 come b-side) ma soprattutto il loro lato più rock'n roll/glam, le loro basi di partenza. Senza questo disco, ci saremmo persi una bomba come "Bite My Lips" e che cazzo, rock'n roll (vagamente post-panchiano) dove Murphy il vampiro tira fuori la sua più scatenata verve da glamer-sciamano del rock. EP capolavoro, ci voleva proprio. di più
Björk
Non ho ancora capito come si fa ad associare sperimentazione a Bjork. di più
John Grant
Cantautore di vocazione apolide, tra l'Elton John più ispirato e le sperimentazioni elettroniche nord europee, inedito mix sorretto egregiamente dall'innegabile talento vocale e compositivo di John Grant. di più
John Grant -Queen of Denmark
La copertina dell'album è un po' fuorviante, fa pensare a un'artista punk anni 70, mentre una volta ascoltato tutto il CD, l'immagine che viene in mente è quella di un tipo elegante e colto con voce da crooner e uno stile pianistico tra B.Joel ed E.John impreziosito da riferimenti di classica. I testi sono innovativi perché affrontano tematiche da uomo gay di mezza età, punto di vista ascoltato molto raramente in musica. di più
Le Orme -Storia o leggenda
Il disco parigino delle Orme, che dalla capitale francese nella quale è stato registrato prende ispirazione nelle ambientazioni dei testi, nelle atmosfere, volendo seguire anche un po' di luoghi comuni, nell'eleganza melodica che costella il disco e nel suo mood raffinato e malinconico, sempre presente nel gruppo ma qui vero centro di gravità del disco; è anche il disco Pop per eccellenza delle Orme, composto da canzoni, raffinatissime e mai banali ma comunque "canzoni", in tutto e per tutto, esaltando un lato della loro musica che, anch'esso, è sempre stato presente anche negli anni '71-'74, quelli più "progressive". All'artwork torna Mazzieri, cinque anni dopo "Uomo di Pezza", e io gioisco perché adoro queste copertine e questa è anche più fica della precedente. "Storia o Leggenda" è molto bello, ma molto (classico esempio di bisogno di "votazioni di mezzo" nei pallini, qui sopra) rispetto all'altrettanto ottimo "Verità nascoste" vive meno di alti picchi ma è nel complesso più omogeneo e compatto, forse giusto un po' troppo incentrato sulla lenta melodia dolce-malinconica (ma che melodie!)... Fino al rush finale di "Al mercato delle pulci", strumentale elettrico, nervoso e incalzante che riporta dritto indietro ai tempi di "Collage" e "Uomo di Pezza". di più
Piero Ciampi
“Ascoltato” da poco … una volta non l’avrei preso in considerazione, non “avevo tempo”, ora “ho tempo”. Sarei andato d’accordo con lui… forse troppo d’accordo; litigate tra esauriti e abbracci fraterni subito dopo, qualche bicchiere lontano da tutti, avventure senza essere eroi… di più
Antonio Albanese -Personaggi
La follia italiana vista attraverso al comicità, le maschere e i fantastici "mostri" di Antonio Albanese, dall'inizio della sua carriera ad oggi. Ci sono tutti: il Ministro della paura, Alex Drastico, Perego, Epifanio, Cetto La Qualunque, il sommelier. di più
Phil Collins -Hello, I Must Be Going!
Per me, il miglior disco di Collins, leggermente sopra anche al precedente. Si tratta di un buon disco pop dove il Philco ancora sembra ricordarsi di essere un musicista e non un mero stampatore di lagne. Al suo fianco il fedelissimo Stuermer alla chitarra e come in "Face Value" di nuovo John Giblin al basso in alcuni pezzi, suo compagno di ritmica nei Brand X o in "III" di Gabriel. "I Don't Care Anymore" e "Do You Know Do You Care" sono probabilmente i brani migliori del Collins solista con "In the Air...", "Thru These Walls" subito dietro, "You Can't Hurry Love" è così perfetta che si coverizza da sola, "Why Can't It Wait 'Til Morning" invece con i suoi flauti, oboe e corni sembra più vicina a certi Genesis pop degli anni subito addietro. Bel dischetto, un paio di pezzacci evitabili ma gli inciampi non vanno oltre. di più
Phil Collins -Face Value
Oh, io continuo a dire che Philco da solista era partito bene, con due bei dischi di quel pop-fusion-blue eyed soul-r&b che gli piace tanto, a lui, intrattenitore nato. Questo primo disco è uno delle mille facce di Collins (nello stesso 1981 c'è stato anche "Abacab", ma nello stesso periodo ci sono stati anche i Brand X, la collaborazione con John Martyn, insomma il solito uno, nessuno e centomila) e soprattutto la prima metà devo dire che è una bombetta, con in cima quel pezzone che è "In the Air Tonight" ovviamente; ci sono le idee, come il riportare qui il batterismo secco e senza piatti dovuto all'esperienza dell'anno prima con Peter in "III-Melt". Le ballad/i lenti a volte son proprio bellini altre volte sono dei lagna-Collins ma 10 volte più gradevoli delle lagna-Collins che verranno. Dalle sessioni "crisi coniugale" del '79-'80 sono venuti fuori bei pezzi, qui c'è groove, una gran sezione ritmica (c'è il compare John Giblin, per dire eh, per dire...) un cantante all'apice della maturità e dell'espressività, un musicista che non aveva ancora dimenticato di essere tale. Certo, nella seconda metà un po' cala ma resta gradevole nel complesso. E comunque è proprio ovvio che dei pezzi suoi ai Genesis riservava gli scarti, basti pensare a "No Reply at All" sul coevo "Abacab". di più
The Gun Club
Immani fino a "Las Vegas Story". di più
Le Orme -Collage
Disco favoloso, il primo grandissimo lavoro di un'altra delle mie band italiane preferite (e per quanto mi riguarda uno dei grandi nomi della scena prog internazionale di quei primi anni '70). Con questo disco hanno fatto il vero salto di qualità ("Ad Gloriam", per carità, era già un bel disco beat-pop-psych-rock, ma non mi fa impazzire particolarmente) secondo me, 7 brani tra il buono e l'eccelso, che si tratti dei pezzi più "prog" ed elaborati (e qui strepitosa doppietta con "Cemento armato" e "Evasione totale") o di quelli che rimangono vicini alla forma canzone (o che lo sono proprio, "semplici" canzoni) della quale Le Orme erano gran maestri, tenendosi sempre in equilibrio tra la sensibilità pop e quella "progressiva" che loro tra i primi, nel 1971, stavano portando in Italia con tanta maturità, capacità e consapevolezza. E qui ci sono pezzoni come "Era Inverno" "Sguardo verso il cielo" ecc. C'è la bellissima title-track strumentale, che paga il pedaggio (tipico a parecchie band o artisti dell'epoca) dell'ispirazione classica. Un disco molto completo, c'è potenza elettrica (dell'Hammond) e sferzate toste così come delicatezza melodica e raffinatezza. Ci sono passaggi (pochi) solari, musicalmente e c'è (tanta) cupezza. Soprattutto nei testi, sempre molto belli e sempre così allegri e ottimisti da far sembrare i Joy Division una band da trenino di Capodanno. di più
Le Orme -Felona E Sorona
E che gli vuoi dire. Chiude il trittico di capolavori delle Orme, è il disco più profondo, dove le allegrissime tematiche e i gai testi del gruppo assumono dimensioni planetarie, letteralmente. L'inconfondibile ottimismo nelle liriche, i temi e lo stile vicini a quelli da lui espressi, avevano attirato l'ammirazione e l'apprezzamento di Peter Hammill, nientemeno, che le tradusse e adattò in inglese per la versione in lingua anglofona del disco. Testi di alto livello, musiche anche meglio, passaggi strumentali e melodie, cantate e non, sono il massimo prodotto dal serenissimo trio, per quanto-puri dettagli di preferenza personale-in realtà gli preferisca di un niente almeno "Uomo di Pezza" di sicuro e forse anche "Collage"... Forse è perché "Felona e Sorona" trasmette anche troppa angoscia in alcuni momenti; ma è un capolavoro, di una bellezza, una profondità e una maturità incredibili. di più
Mel Brooks
Chi lo odia è Stronzo di più
Mario Biondi
A COSA SERVE ESATTAMENTE? di più
Banco del Mutuo Soccorso -Io sono nato libero
Ultimo della triade eccelsa (ma di certo non ultimo disco valido del Banco) della band romana/laziale. Come detto per "imprinting" con il gruppo, il cuore mi indica il Salvadanaio come loro disco migliore, tuttavia il cervello direbbe questo, il disco della maturità definitiva, probabilmente il più completo ed eclettico dei tre: dai 15 minuti prog del Canto Nomade al BMS che si scopre come mai prima d'ora forse anche eccellente autore di canzoni, pure e lineari canzoni di altissima qualità, con la splendida "Non mi rompete" (titolo leggendario, anche solo quello...) e poi Gianni Nocenzi tira fuori l'altra mia canzone preferita del Banco, la surreale e inquieta follia de "La città sottile", pura meraviglia col gusto del teatrale e dell'assurdo, che pezzo favoloso. Tanta varietà in questo disco, per stile, atmosfere, testi ("Dopo...Niente è più lo stesso" chiude il cerchio riunendosi al prog classico e al testo d'impegno antimilitarista e "politico" di Canto Nomade). Tra l'altro, oltre ad un teatralissimo Di Giacomo e alle tastiere dei Nocenzi Bros, proprio nel disco in cui avviene il passaggio di consegne tra Marcello Todaro e Rodolfo Maltese ci sono le più belle parti e intrecci di chitarre che io abbia mai sentito nel Banco. di più
Tom Waits -The Heart Of Saturday Night
Bello quasi quanto "Closing Time" questo secondo capitolo della carriera del Tommaso che Aspetta, solo che le canzoni qui affondano con molta più decisione sui territori del Jazz, Jazz ben swingato, Jazz da Jazz-Club, anche se quando la canzone d'autore "folk" mette la testa fuori (come nella stupenda title-track, con quel suo andamento da cantautorato notturno, intimo, un poco Fredneilliana quasi) è un attimo ed è subito un classico e non si disdegna neanche il lento crooneristico uscito paro-paro dal disco d'esordio, con altrettanta qualità ("Shivers Me Timber" soprattutto); il Jazz però straborda, ed è piuttosto godurioso, tanto nelle ballad ("Drunk on the Moon") quanto in pezzi esplosivi ed esaltanti come "Fumblin' With the Blues" o "New Coat of Paint". La malinconica, a tratti esplosiva, a tratti commovente, camminata notturna che compiamo insieme al giovane vecchio 24enne attraversa una serie impeccabile di canzoni bellissime, senza possibilità di caduta, musiche, melodie, arrangiamenti e testi. I primi due dischi di Waits per un cantautore "classico" avrebbero già valso una carriera, e una di gran valore, per lui erano solo l'antipasto dell'antipasto. di più
Paolo Belli
Lasciando stare la scelta di musicare (per) certi futili inni di calcio, il Fred Buscaglione del terzo Millennio. di più