John Petrucci considera questo disco come il migliore dei Dream Theater. Perchè?

Semplice, perchè Octavarium è i Dream Theater, è un album che racchiude in sè, come uno scrigno prezioso tutte le anime di questa band, in un viaggio che esplora sonorità assolutamente eterogenee tra loro. Otto canzoni, come gli otto album pubblicati dalla band fino a quel momento, suonate alla perfezione dai 5 Dream Theater. Sul retro della confezione i Nostri sono appunto rappresentati come 5 tasti neri di un pianoforte che si alternano a 8 tasti bianchi che simboleggiano le canzoni. 5 sono anche le sezioni della suite conclusiva.

Ma ecco che sta iniziando.... Un fruscio che sale gradualmente d'intensità, si ode in lontananza la batteria di Portnoy, sempre più forte, e poi esplode in tutta la sua veemenza il riff che dà inizio a "The Root Of All Evil", III capitolo della saga degli alcolisti anonimi. è l'opener che ogni album, dovrebbe avere: orecchiabile, catchy, veloce, con un ritornello stupendo per intensità e interpretazione vocale "Take all of me, the desire, that keep burning deep inside, cast them all away, and help me, give me strenght to face another day, I am ready, help me be what I can be" Direi che non ha proprio nulla da invidiare a Pull Me Under

Proprio come il capolavoro Images And Words anche qui il secondo pezzo è una ballata, nel caso specifico una piano-ballad. Un canto di fringuelli in lontananza, a cui si aggiunge il pianoforte di Jordan Rudess, lento e dolente. LaBrie comincia a cantare con grande lentezza e pathos, in stile "Vacant", ma la contrario di questa "The Answer Lies Within" si anima e acquista solarità con il crescendo emozionale del ritornello. "Don't let the day go by, don't let it end, don't let a day go by in doubt, the answer lies within"

Chiusa questa parentesi il clima si fa più torbido con "These Walls" intodotta da strani suoni distorti, a cui subentra presto la tastiera di Rudess, che la fa da padrona per tutti i sette minuti della canzone, tracciando linee melodiche semplici, orecchiabili ma di indubbio valore e soprattutto intensità, sorretta al massimo da un James LaBrie stratosferico

Ecco che arriva "I Walk beside You", la pietra dello scandalo, che in realtà è una bellissima canzone pop rock molto intensa e sentita, con un ritornello davvero bello e molto solare. Ci ricorda che dopotutto Dream Theater fa rima non solo con progressive metal ma anche con melodia, e questa canzone rappresenta alla grande il lato più pop della band, e ricordiamoci che fare pop di qualtà è una delle cose più difficili del mondo, anche pù difficile che scrivere canzoni come "A Change Of Seasons" a parer mio.

Ma dunque, cari miei Brothers Of Metal, questo disco vi è sembrato un po' moscio fino ad ora? Noo problem, ecco che arriva quella bomba assoluta che si chiama "Panic Attack" carburante incandescente per l'headbanging, 8 minuti di totale lucida follia. Si comincia con una grande intro di basso firmata John Myung, per sfociare in un meraviglioso turbillon di riff convulsi alternati a impressionanti stacchi di batteria, con il pianoforte di Rudess a dare un tocco in più di agitazione e pazzia. Grandioso anche il ritornello cantato in falsetto "Helpless hysteria, a false sense of urgency, trapped in my phobia, possessed by anxiety, run, try to hide, overwhelmed by this complex delirium"

"Never Enough" una delle canzoni più sballose nella storia dei Dream Theater: tastieroni sparati e mille che pompano decibel a tutto spiano e grandissimo LaBrie che fà alla grande il verso a Matthew Bellamy (i Muse sono l'unica band che passa su MTV a godere della mia stima e ammirazione, seppur molto moderata) ottimi il refrain e la base, un po' meno alcune sezioni strumentale, un po' troppo elettroniche per i miei gusti, ma va mene lo stesso, è la canzone più catchy e immediata del disco.

Ma ecco che l'atmosfera ritorna seria, anzi, drammatica, con "Sacrificed Sons" che parla dell'attentato alle Torri Gemelle, lo di capisce fin dall'intro dove sono campionate le voci di alcuni reporters che narrano dell'accaduto. LaBrie (il testo della canzone è opera sua) comincia con una tonalità molto intensa e dolente che esalta al massimo le sue straordinarie doti interpretative. Più si và avanti più la canzone diventa agitata e metallica, per senza perdere la drammaticità iniziale, in un crescendo cupo e intenso, che va a spegnersi in un finale di grande impatto emotivo.

L'ultima traccia, la titletrack "Octavarium", che dire, magia pura. 4 minuti di crescendo tastieristico che disegnano melodie ammalianti e suggestive, quindi un arpeggio di chitarra acustica e il dolce e malinconico suono di un flauto ci introducono alla soave ballata "Someone Like Him" con un LaBie che raggiunge cette di espessività straordinarie, facendo volare la canzone già a livelli eccelsi (provate a sentirlo quano canta "Content to live each day just like my last", brivido inevitabile) dopo circa 8 minuti cominciano a subentrare le tastiere, anche se il clima è ancora molto calmo, e cambia anche il tema della lanzone, che ora parla di un uomo rimasto in coma per 30 anni senza essersene accorto; questa è "Awakening" la seconda sessione, molto ipnotica, al termine della quale le tastiere si imbizzarriscono, le acque si agitano e LaBrie declama versi apparentemente sconclusionati che citano canzoni di altri gruppi; (Seven Seas Of Rhye dei Queen, Light My Fire dei The Doors, Pinhead dei Ramones, Day Tripper e Lucy In The Sky With Diamonds dei Beatles, sono per fare alcuni esempi) questa è la terza sessione, "Full Circle" seguita da una parte stumentale dove i Rudess, Petrucci, Portnoy e soprattutto Myung, che intorno al sedicesimo minuto si diletta in un assolo alla Joey DeMaio danno sfogo alle loro immense capacità, rendendo l'atmosfera sempre più metal fino alla quarta sessione "Intervals" dove LaBrie recita, in tono sempre più teso e drammatico, fino a berciare per 4 volte "Trapped inside this Octavarium" con un timbro quasi alla Mariyn Manson. Questo è il climax, il punto massimo di tensione della suite, che si stempera nel crescendo sinfonico di "Razor's Edge" dove finalmente si scopre la meta finale di questo viaggio dreamtheateriano "This story ends where in begun" Infatti, dopo un graduale calo di intensità la suite si conclude con il tema iniziale di "The Root Of All Evil": un serpente che si morde la coda, una sfera perfetta ad indicare la fine del ciclo iniziato con "Six Degrees Of Inner Turbulence" e a chiudere questo straordinario trip nel mondo dei Dream Theater. Semplicemente l'album più bello del nuovo millennio insieme a "Dance of Death" degli Iron Maiden, "Gods Of War" dei Manowar e "Tenth Dimension" di Blaze.

LISTEN TO DREAM THEATER

Carico i commenti... con calma