The Work See
7 apr 11
Voto:
Questo è un disco che, per più di un aspetto, definirei ambiguo. Gli azzardi avanguardistici, soprattutto rispetto alle formazioni radicate nei territori progressivi, sono limitati e mai estremi o troppo ambiziosi, però l'ascolto risulta essere comunque impegnativo a causa dei ritmi opprimenti e di quell’atmosfera madida di alienazione che permea tutte le tracce e raggiunge in "Warehouse" autentiche vette di straniamento. Proposta affascinante.
Voto:
Inaspettato ripescaggio di un disco eclettico, forse non invecchiato nel migliore dei modi (complice quel "massiccio uso di archi propri del pop sinfonico"), ma ricco di interessanti sfaccettature. Copertina, oserei dire, naturalistica. Hetzer, secondo il mio punto di vista, le cosiddette perle nascoste dovrebbero essere un incentivo per scovarne altre, anche più vicine nel tempo, poiché se i gioielli del passato, conosciuti o meno, diventano un freno anziché uno stimolo per un'ulteriore esplorazione, allora mi sembra si ribellino contro la loro stessa natura, che dovrebbe essere appunto "progressiva". Non posso negare che le opere più datate, in quanto testimoni di tempi perduti, possiedano un loro fascino peculiare ed inimitabile, ma sono ormai arrivato a credere che la ricerca e la sperimentazione di valore non si siano mai arrestate e, probabilmente, non lo faranno mai.
Voto:
Davvero arduo spiegare la genesi di questo album nonché inquadrarne le caratteristiche ed il ruolo all’interno della storia dei VDGG, senza fare neppure un riferimento alla carriera solista di Peter, che qui riecheggia in più occasioni. Comunque sia, pubblicare nel 2011 un album del genere, dopo aver recentemente dato alle stampe opere come “Present” e “Trisector”, denota una genialità, una consapevolezza dei tempi correnti ed una coerenza artistica davvero rarissime e condivise soltanto dalle più eminenti personalità dell’intero panorama musicale. @Superboia: Il nome “Trisector” dovrebbe darti un indizio per quanto riguarda la consacrazione della formula a tre.
Voto:
Con questa nona tappa siamo giunti ai tre quarti del viaggio attraverso la Scandinavia. Inizialmente avevo pianificato di spedire ogni capitolo con cadenza settimanale, ma poi mi sono accorto di quanto ciò potesse risultare stucchevole, perciò ho raddoppiato i tempi, dilatando oltremodo la durata di questa serie nordica che, adesso, mi impedisce di rendere omaggio ai Van der Graaf e alla loro ultima opera. Fortunatamente DeB mi ha dato modo di distrarmi da questo lungo cammino e così, la settimana scorsa, ho trovato curiosamente costruttivo revisionare il mio discutibile operato de-recensoreo su quella che ormai non è più nemmeno possibile definire una semplice scheda personale, in quanto la sua lunghezza raggiunge misure a dir poco imbarazzanti, se paragonate alla media del sito.
Voto:
Grazie Jargon. Dal mio punto di vista la spontaneità e la formula alquanto singolare riescono a conferire una certa aura di fascino a questo album che, ben lungi dall'avanzare grosse pretese, si presenta come un lavoro onesto e piuttosto piacevole da ascoltare. Temo invece per il futuro della band, che vedo diretta (complice l'introduzione della voce nonché i massicci cambi di organico) verso lidi ampiamente collaudati e avari di sorprese, anche se spero di sbagliarmi.
Voto:
Grazie per il chiarimento ProgRock. Ammetto di non essere riuscito ad usufruire dei links da te postati, ma non importa. Se io dovessi indicare un punto d’incontro tra i Simon Says e gli Spock’s Beard non lo cercherei nella musica ma nel metodo di base, in quanto fanno entrambi parte di quella schiera di interpreti che tentano di tradurre, in chiave accessibile e piuttosto patinata, il linguaggio austero delle grandi realtà progressive del passato.
Voto:
Che piacere vedere il Maestro in home page. L'eclettismo tanto celebrato nella recensione ritengo sia spesso una lama a doppio taglio, ben difficile da gestire. Steve ci riesce egregiamente, ma da qui a votare questo disco come una delle sue opere più riuscite, secondo me, ce ne corre. Ciò non toglie, comunque, che parliamo di merce assai pregiata.
Voto:
Su Youtube ci sono diversi episodi dell’album “Live” dei 801, oltretutto ottimamente recensito da Jargon nel lontano Novembre 2007. Live - 801 - Recensione di TheJargonKing
Voto:
Bel disco, non proprio epocale, ma ampiamente degno di considerazione. Le mie tracce predilette sono quelle che vanno a formare la celebre "Echoes dei poveri”, anche se forse la versione che apprezzo di più di “Tomorrow Never Knows” (oltre ovviamente all’originale) è quella live dei 801.
Voto:
Mio buon Macaco puoi tranquillizzarti, prima di "Vehicle" i MiRthkon hanno soltanto dato degli assaggi del loro linguaggio avant-eclettico tramite alcuni singoli. Questo è il loro primo disco "integrale", e che disco! Se fosse questo il cosiddetto "progressive metal", rivaluterei generosamente l’intera scena all'istante.