Più di trentatremila persone hanno assistito all'ultimo tour italiano dell'ormai famosissima band capitanata da Matt Bellamy. Perché? Le risposte sono molteplici; un buon numero di singoli di successo, certo (da "Bliss" non ne hanno veramente toppato uno), ma anche una (sana o no) propensione all'eccesso che molte band portabandiera di una certa semplicità e lagnosità nelle composizioni (Coldplay e Travis, pur ottimi, su tutti) non hanno.

Quindi; cos'ha combinato la Musa dopo un disco ("Absolution") che ha diviso tutti, ma proprio tutti (anche se ha venduto come il pane)? La risposta è: si è fermata in mezzo al guado. Certo, la partenza è da Eurostar; "Take A Bow" mette subito in chiaro che siamo in territorio Musaro, con la sua melodia in progressione ed il beat elettronico in sottofondo, destinato inevitabilmente ad esplodere nel finale. "Starlight" è stato, per passaggi radiofonici, uno dei singoli dell'anno, oltre che un'ottima canzone che punta tutto sulla grande vocalità di Bellamy e su un intreccio chitarra-tastiera anni '80 che più anni '80 non si può.

Ecco poi le prime rogne; "Supermassive Black Hole" sarebbe un buon pezzo, se non (diciamo così) "strizzasse l'occhio" ad una vecchia hit nientepopòdimenoche appartenente alla ormai finita Britney Spears ("Do Somethin'"). Provare per credere. E la successiva dance-oriented "Map Of The Problematique" rincara la dose ricalcando stavolta l'introduzione di un classico electro-pop anni '80, quella "Enjoy The Silence" ormai simbolo dei Depeche di Dave Gahan. Le cose, grazie al cielo, riprendono quota; dopo un'intermezzo chitarra e voce ("A Soldier's Poem"), arriva il nuovo singolo "Invincible", anch'essa in progressione e basata sull'epicità del cantato di Matt, oltre che su un giro di chitarra "acido" al punto giusto. Successivamente alla sfuriata heavy di "Assassin" (intro debitrice addirittura di certe cose degli ultimi System Of A Down), "Exo-Politics" (fra migliori brani del disco) affonda invero le radici in un pop-rock molto, ma molto orecchiabile e piacevolmente fruibile. Stessa falsariga per "City Of Delusion", mentre la miglior etichetta applicabile ad "Hoodoo" è quella di riempitivo buono solo a mettere in evidenza la notevole vocalità di Bellamy.

Last but not least, arriva la gemma dell'album, cioè "Knights Of Cydonia", ispiratissimo frullato di sonorità Morriconiane, hard rock invero un po' caciarone e cantato-slogan che ci conducono ad un finale intenso e perfetto per i bellissimi live del trio.

Un buon album, anche se giunti a quasi dieci anni di carriera i Muse continuano a non convincere sino in fondo. Ci sarà la svolta che metterà d'accordo proprio tutti? Vedremo, anche se a quei trentatremila sembra non fregare de meno.

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