Se il 1991 era apparso come The Year Punk Broke (grazie Dave Markey ...), l'anno successivo avrebbe potuto intitolarsi come The Year Nirvana Broke. L'uscita di "Nevermind" dopo un veloce ingranaggio apportò con naturalezza, fama, dominio delle classifiche ed impegni televisivi che mai Cobain, Novoselic e Grohl avrebbero potuto immaginare. L'entusiasmo che si scatenò intorno a questi eventi ebbe un effetto dirompente, tanto che possiamo dire che una numerosa truppa di artisti in tempi non sospetti abbia dato il via ad un'idea, seguendo anche l'incoraggiante esortazione del momento del tutti sono in grado di farlo, alla base peraltro anche di un giovane movimento (?) orientato alla scoperta delle diverse sfaccettature sonore che il grunge lasciava intravedere, insieme all'incontrollabile voglia di rompere e trasgredire che lo distingueva.

Doveroso, è dire che "Nevermind" il secondo album dei Nirvana coglie tutti di sorpresa, modificando e travolgendo in contemporanea il rock ed il mercato discografico che sarà obbligato a prestare attenzione a quanto succedeva nell'underground, l'habitat da cui il trio (adottivo) di Seattle poco più che esordiente, proveniva. Da quel momento in poi le majors apriranno la caccia ai nuovi Nirvana, e un allettante contratto discografico sarà la nuova moneta di scambio che garantiva un premiale album d'esordio, compensato spesso da una mancanza di maturità e da una breve vita artistica di molte incaute band.

L'anticipazione al full lenght viene data dal singolo "Heart-Shaped Box", ammaliante e sinuoso nella strofa e nell'introduzione quanto crudo e viscerale nel solo e nel ritornello, mentre il missaggio di Scott Litt (R.E.M.) faciliterà l'inserimento di un'opportuna chitarra acustica come voluto da Cobain. La consapevolezza dello stesso leader di considerare alcuni brani dotati di un maggior potenziale rispetto agli altri, porta ad usare l'abrasiva "Serve The Servants" come brano di apertura del disco, per poi far sì che "Scentless Apprentice" ne sia l'agonizzante contraltare in eccesso, in grado di soddisfare chi amava la rabbia meno controllata degli inizi del gruppo. Perfetto filo di congiunzione con il disco precedente è "Rape Me" caratterizzata da una nervosità interiore e dalla scambievolezza tra atmosfere cedevoli e caotiche che indugiano anche in "Frances Farmer....", distinguendone la cifra stilistica del gruppo. In "Radio Friendly Unit Shifter" in linea con l'ira di "Milk It" ed a dispetto del titolo tutt'altro che radiofonica, è il calibrato martellamento ritmico di Novoselic e Grohl a sostenere con sofferenza declamata l'ossessiva presenza dell'alienazione (Hate, Hate your enemies, Save, save your friends, Find, find your place ...), mentre la leggerezza emotiva prende il sopravvento in "Dumb", lasciando un incurante omaggio all'impeto primigenio di "Very Ape" ed un inevitabile coinvolgimento al pogo della troppo breve "Tourette's". Laddove "Pennyroyal Tea" incarna alla perfezione la discendenza di una "Lithium", con "All Apologies" diviene per la band l'occasione di esternare genuinamente e senza clamore malinconia, lasciando alla tenue presenza del violoncello farne risaltare la poesia tutt'altro che fuori contesto con l'intero disco.

Il terzo capitolo (se non si considera la pseudo-raccolta "Incesticide" del 1992) di Cobain&Co., rappresenta per il gruppo una brillante crescita artistica che permette ad un suono melmoso ed affascinante, di serpeggiare in nome di un'evoluzione artistica che aveva rappresentato una sorta di chimera da agguantare. Un cammino discografico iniziato con l'asprezza seminale di "Bleach" (1989), per proseguire con il lancinante e spontaneo malessere di "Nevermind", e che lascia a quello che doveva chiamarsi "I Hate Muself And I Want To Die", il ruolo di onesto e schietto canto del cigno di Kurt Cobain (e del suo gruppo). Il ragazzo con il mare negli occhi e la tristezza nel cuore che ammise anche poco prima di morire e senza alcuna vergogna, la difficoltà a gestire il successo raggiunto. Una commovente testimonianza che ci giunge dalle poche parole estrapolate dal suo ultimo biglietto indirizzato a tutti quelli che aveva a cuore, e che per la toccante semplicità non ha neanche bisogno di essere tradotto: To familes, friends and fans: "Riding the wave of success ... Difficulties that go along with it ...".

[L'edizione deluxe del disco si compone di tre dischi ed un dvd. Il primo cd che presenta la versione originale di "In Utero", rimasterizzata presso gli Abbey Road Studios, è allungata da interessanti brani come la prorompente "Moist Vagina" e le versioni di "Heart-Shaped Box" e "All Apologies" (come concepite con la produzione di Steve Albini) e non incluse nell'album, ma anche l'interessante e sorprendente è "Marigold", fuoriuscita dalla penna di Grohl ed unico brano dei Nirvana che non vede Cobain come autore. Il secondo cd contiene una versione rinfrescata di "In Utero" a cui ha provveduto lo stesso Albini, usando le registrazioni multi traccia esistenti ed inserendo alcune piste scartate nel '93, come testimoniano il diverso assolo di "Serve The Servants", la contro-melodia di "All Apologies" o l'infinita chitarra solista di "Very Ape". Il concerto tenuto dai Nirvana al Pier 48 di Seattle il 13 dicembre 1993, è invece contenuto nel terzo dischetto e nel dvd e trasmesso a suo tempo da MTV per la serie "Live And Loud". Al fan italiano, farà sicuramente gola possedere il dvd per poter degustare i propri beniamini davanti alle telecamere della RAI come ospiti per la trasmissione Tunnel nel febbraio del '94, ma anche della performance di "My Friend's Girl" (The Cars) tenuta il successivo primo marzo a Monaco, e solo poco più di un mese dopo, si avrà la consapevolezza di essere l'ultima esibizione dei Nirvana.]

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