Banco Del Mutuo Soccorso | ...A Cena Per Esempio ... questo disco non viene mai troppo ricordato...bellissime atmosfere e meraviglioso questo brano soprattutto nel crescendo finale. E che voce quel Francesco...
 
Peter Brötzmann - Nipples

Peter Brotmann (4 di 10)
"Nipples" from: Nipples
1969 (Calig)

#jazzlegends
 
Peppino di Capri - Un grande amore e niente più - Sanremo 1973 - Remastered HD - (Winner)

#sanremo50annifa

- Presenta: Mike Bongiorno e Gabriella Farinon
- Orchestra: del Festival; Raymond Lefevre (ripetizione brani)
- Totale brani: 30
- Organizzazione: Comune di Sanremo (Vittorio Salvetti)
- FORMULA: 1 interpretazione per brano, 16 brani qualificati per la serata finale. I brani selezionati erano 32 ma risultano esclusi: Terra che non senti di Rosa Balistreri (risultato non inedito) e L'unica chance di A.Celentano, dichiaratosi ammalato.
Di Wright, Faiella, Califano PEPPINO DI CAPRI - UN GRANDE AMORE E NIENTE PIU'
Punti 1710 VINCITORE DELL' EDIZIONE 1973

Domani inizia l'edizione 2023......se avete pazienza 50 anni, saprete il vincitore.
 
15 Minutes

In perenne ricordo della Banda di Brocchi cit. Jonathan Coe
 
Ingrandisci questa immagine ... I miei legni
 
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COELUMBIA
[Ciak si storpia!]

Episodio [17x 30]
 
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COELUMBIA
[Ciak si storpia!]

Anteprima [17x 30]
Associato LP del 2001
 
Joe Walsh - You Never Know
Esplorando la discografia di Joe...
 
Pare che un'artista da festival di Sanremo (sì, lo so che insieme "artista" e "Sanremo" è un ossimoro) se ne sia uscita dicendo di voler "essere putt*na dall'inizio alla fine" specificando che con ciò "intendo una persona decisa, che sa quello che vuole".

Credo che questa precisazione semantica della signora sia un interessante indice culturale. Noi potremmo essere tentati di emendarla, di condurla di fronte ad un vocabolario e farla ricredere sui suoi usi verbali, ma si tratterebbe di un fraintendimento.
La suddetta non ha inteso male; ha semplicemente usato quella parola in modo coerente con i modelli culturali e cinematografici a disposizione (e ricordiamo che l'uso delle parole è la matrice del loro significato).

Dopo tutto come si presenta la "putt*na" in una grandissima parte della cultura e della cinematografia pop contemporanea?
Una putt*na è una soggettività lavorativamente esemplare, "scevra da superflui moralismi", che si vende in modo altamente flessibile al miglior offerente.
In certo modo si tratta di una rappresentazione esemplare dell'"imprenditore di sé stesso", qualcuno che non solo investe senza remore il proprio "capitale umano", ma ottiene un vantaggio proprio grazie alla capacità (rispetto a chi soffrisse ancora di qualche ritrosia) di "fregarsene di quello che pensano gli altri".
Per tutte queste ragioni siamo anche di fronte a soggettività che possono gabellarsi come forme di "femminilità altamente emancipata", autoassertiva.

Lasciamo da parte la questione, ovvia, della trasfigurazione che avviene sempre nella cinematografia (le putt*ne da film non hanno se non trascurabili similitudini con quelle reali, e il tasso di "glamour" di queste ultime è tipicamente deplorevole).

Il punto centrale è che la rivalutazione concettuale della prostituzione è in effetti perfettamente coerente con tutti i messaggi di fondo della società contemporanea, e dunque non è la nostra "artista" ad aver frainteso, ma siamo noi a fraintendere la nostra società, se pensiamo che abbia inteso male le parole.
Parlare di una putt*na come di una "persona decisa, che sa quello che vuole" non è scorretto, ma semplicemente dà per scontata la società contemporanea e le sue linee valoriali di fondo. Infatti in questa cornice essere "decisi" significa "non farsi scrupoli per ottenere quel che si vuole", e "sapere quel che si vuole" significa "concentrarsi autoreferenzialmente sugli 'affari propri'", che si risolvono in 'ottenimento di premio monetario'.

E qui esistono nella nostra società due gruppi di atteggiamenti di fondo: uno che da questo quadro trae la conclusione che viviamo in un mondo che dev'essere azzerato e ricostruito; ed un altro che pensa che assistiamo ad un altro rinvigorente progresso verso la "caduta delle maschere" e la "liberazione dai retaggi".
 
The Unclaimed The Sorrow

L’atto di nascita del neogarage degli anni Ottanta.

Il disco che tracciò le coordinate di attitudine, look e suono per tutto quello che venne dopo, fu questo 7” pubblicato da Dave Gibson per la sua Moxie Records, l’etichetta fondata in onore del suo cane e delle oscure band di beat/punk degli anni Sessanta di cui Dave è acerrimo collezionista. Una passione condivisa con pochissimi altri, all’epoca. Uno fra questi è Shelley Ganz, che abita a non troppi isolati da Carondelet Street, il quartier generale di Dave e che ha pensato di sporcarsi le mani con quella musica mettendo su una band devota a Music Machine, Electric Prunes, Chocolate Watch Band, Syndicate of Sound e Count Five. Si chiamano Unclaimed, come un’oscura band californiana di quindici anni prima, e girano per i locali della città con una bellissima selezione di cover surf e garage che in molti cominciano ad invidiare. Dave li vuole a tutti i costi sulla sua etichetta. E Shelley Ganz, Sid Griffin, Barry Shank, Thom Hand e Matt Roberts ci stanno. L’E.P. d’esordio degli Unclaimed esce nel 1980, quando attorno c’è il nulla o poco più. Quattro canzoni che segnano il punto zero della febbre garage che dilagherà da lì a breve non solo in California ma su due interi continenti.

Quattro canzoni rudimentali, scarne, primitive, per lo più scopiazzate (The Sorrow non è altro che Train for Tomorrow degli Electric Prunes e Run from Home una furba versione di Never Alone dei Five Canadians, NdLYS), suonate e cantate con una approssimazione ma allo stesso tempo una eleganza che le rende fragili ed affascinanti e tuttavia necessarie per dare l’imprinting a qualcosa che sta covando fra i teenager americani sin dall’uscita delle Nuggets, che era stata soffocata dal punk e che ora stava riemergendo con le “pepite” pubblicate dalla AIP Records. E Ganz, in quel preciso istante, sembrava il Re Mida dai capelli corvini e le beatle-boots ai piedi destinato a trasformare in oro ogni suono che usciva da quei solchi.

Altri avrebbero fatto di più e meglio. Ma l’immagine degli Unclaimed neri come corvi rimane a svolazzare su tutti, a monito ed esempio perenne.

Thank Rev