Finalmente, alla quinta recensione, ho deciso di parlare della mia band preferita: chi sono? Ma naturalmente i Pink Floyd! Ecco Meddle, sicuramente non il disco più famoso, ma uno dei più belli al livello di sperimentazione.

E' il 1971, anno memorabile per il rock e la musica in generale: i Jethro Tull pubblicano "Aqualung", esce "Machine Head" dei Deep Purple e i Genesis si pongono ai vertici del progressive con "Nursery Crime", le radio trasmettono continuamente "Stairway To Heaven" dei Led Zeppelin uscita qualche mese prima. I Pink Floyd, dopo la pubblicazione di Atom Heart Mother, non si fecero trovare impreparati e pubblicarono un album per certi versi influenzato dalla psichedelia del periodo Barrett, ma su cui si riflette anche la nuova "svolta" progressive che aveva caratterizzato il gruppo all'inizio degli anni 70'.

Questo fantastico LP comincia con la dura e graffiante "One of these Days": tutto ruota intorno al suono perfetto di un basso che va' avanti come una marcia trionfale, introdotto da un leggero fruscìo, ed arriva al suo culmine quando Roger Waters pronuncia le fatidiche parole: "One of these days i'm going to cut you into little pieces". Da notare anche la chitarra distorta in sottofondo di un certo signore chiamato David Jon Gilmour, ora come non mai arrivato alla sua piena maturazione. Il primo capolavoro dell'album. Segue "A Pillow of Winds", una dolce ballata struggente sulla quale si staglia la forte e chiara voce di Gilmour, accompagnata da una chitarra acustica. "Fearless" è un brano davvero particolare, in quanto vede alla fine l'aggiunta di un coro dei tifosi del Liverpool; melodia molto semplice, ma suggestiva. Abbiamo poi "St. Tropez", canzone davvero carina, dal ritmo lussureggiante: una perla dell'intero disco. "Seamus", penultima traccia, vede la presenza della tastiera di Richard Wright, a cui si uniscono gli ululati di un levrierio chiamato appunto così.

Cosa c'è adesso mi chiederete? Vi risponderò subito: siamo al cospetto della suite "capolavoro" del gruppo inglese: "Echoes", della durata di soli 23:31 minuti! Non ho parole per definire questa canzone: comincia con una nota ripetuta, a cui dopo si aggiungono le percussioni di Nick Mason. Arriviamo alle atmosfere sognanti: la chitarra, molto blueseggiante, e la profonda tastiera. Le voci di Gilmour e Wright si uniscono per dar vita ad un solo "eco" profondo. La seconda parte, forse un po' inquietante, ci fa capire il grado di preparazione a cui è arrivato il gruppo, non più Syd-dipendente, ma ormai autonomo (notate anche la grande vena sperimentale). Questo brano è giudicato anche diretto precursore di un album che sarà poi pubblicato qualche anno dopo (e che se non sbaglio ha come copertina un prisma attraversato da un fascio di luce, vi dice niente?). La suite si conclude con il tema iniziale, per concludere con le omogenee e rabbrividenti voci di Dave e Rick. 

Probabilmente uno dei primi grandi lavori del periodo post-psichedelico. La band ama spaziare tra i vari generi (tra cui il folk, il blues ed un pizzico di jazz) anche se non ha ancora raggiunto il suo apice compositivo. Il gruppo, però, dimostra già una sua compattezza, aspetto che lo porterà a raggiungere la massima espressione musicale nel periodo 73'-75'. 

 
Carico i commenti... con calma