Pur non avendolo mai disprezzato del tutto, ho sempre ritenuto il panorama metalcore piuttosto sempliciotto e poco aperto a sperimentazioni di qualsiasi tipo. Poi ho ascoltato i The Dillinger Escape Plan. La band prende il nome dal criminale John Dillinger e ho avuto il mio primo approccio con questa band con il meraviglioso "Irony Is A Dead Scene" che, per chi non lo sapesse, è stato registrato con il mostruoso Mike Patton alla voce (Fantomas, Faith No More, Tomahawk, Mr. Bungle e tanti altri gruppi carini e degni di ascolto). Successivamente mi sono procurato "Calculating Infinity" e poi tutti i loro altri (capo)lavori.

La cosa che più mi ha colpito di questa band è stato il fatto che, al contrario della maggior parte delle band del genere, hanno saputo sempre espandere i loro orizzonti, incorporando elementi provenienti ad esempio dalla musica techno, dal jazz e dall'industrial. Inoltre ogni membro della band sa suonare il suo strumento in modo bestiale, e non succederà raramente di trovarsi di fronte a impossibili tempi dispari che, da bassista e trombonista(!), vi assicuro non sono assolutamente facili. Unite tutto ciò a una fantasia compositiva che ha permesso al gruppo di ottenere recensioni molto positive, allargare la loro schiera di fan e acquisire una sorta di culto attorno al loro nome.

Il loro ultimo album, One Of Us Is The Killer, ha avuto recensioni molto positive, pertanto avevo deciso di comprarlo. Ero comunque rimasto perplesso dal parere di qualcuno, che lo riteneva più accessibile e meno sperimentale dei precedenti capitoli della band. Cazzate. Il suddetto album è un concentrato di violenza e sperimentazione che, almeno dal mio punto di vista, supera addirittura quello degli album precedenti e i pochi pezzi più tranquilli (la title track, ad esempio) sono angoscianti e discordanti, il che li rende ancora più violenti, se possibile. Meravigliosa "Prancer" che inizia con delle chitarre deliranti (quasi paragonabili ai primi Korn) e si addentra poi in territori più jazzistici, soprattutto durante l'assolo di chitarra e il breakdown di batteria. "When I Lost My Bet" è invece dominata dalle urla del buon Puciato ed è una delle mie canzoni preferite della band e riesce a essere distruttiva grazie a una batteria e delle chitarre che riescono a intrecciarsi, sembrando una sola cosa, e a mantenere tempi assurdi. Si passa poi per la già citata e meravigliosa title track che parte in maniera molto calma, e raggiunge picchi di altissima tensione nel ritornello: "Now one of us must die". Da pelle d'oca.

L'album è pieno di momenti altissimi oltre a quelli già citati, ma consiglio caldamente la strumentale "CH 375 268 277 ARS" in cui i maestri del mathcore dimostrano di avere una padronanza dei loro strumenti seconda a nessuno, "Understanding Decay" che è sporcata da tutti i generi possibili (industrial su tutti) e in cui Puciato ci regala una delle sue migliori prestazioni di sempre alla voce e "Paranoia Shield"(nome parecchio azzeccato), canzone che trova il punto più alto nella prestazioni dei chitarristi e nel breve intermezzo con tromba e corno (?!). Insomma, album grandioso e, dal mio punto di vista, il migliore della band.

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