Bè, quando ho visto la copertina di questo disco ho pensato che, fossi stato una ragazza, mi sarei facilmente innamorata di questo (purtroppo) sconosciuto Vert: prima di tutto perché è un musicista (ed è bravo) e poi al primo sguardo mi ha suggerito immediatamente una perfetta sintesi tra il bel faccino televisivo di Justin Timberlake ed il fascino intellettuale e maturo di Micheal Stipe. Ma chiudo qui la parentesi estetica…

Chi diavolo è Vert?

Vert (al secolo Adam Butler) è un varissimo e validissimo musicista e cantante inglese, ora stabilitosi a Colonia: partito con un'elettronica di lontana scuola Warp, con questo suo, per ora, ultimo album approda alle rive di uno sghembo pop cantautorale. Qualcosa che può suonare come un incrocio genuino e spiazzante di Tom Waits, cLOUDDEAD ed orecchiabilità alla Beck.

Qualche spruzzata d'elettronica resta in giro qua e là per l'album (Andi Toma dei Mouse On Mars è amico del nostro ed assiduo collaboratore, anche in questo Some Beans & An Octopus), ma a farla da padrone è un suono live dominato dal pianoforte e da un'attitudine assai swing. Quasi una moderna rivisitazione del genere meticcio per eccellenza: il ragtime. Si parte con due standard eccellenti nel mischiare rap, jazz dondolante ed un'urgenza comunicativa non indifferente: la spionistica Gretchen Askew e la tachicardica Velocity. Nello svilupparsi questo disco mostra infinite sfaccettature: la ninna-nanna tenerissima e perfetta October, la misteriosa ed affascinante The Familiar Girl… Yrs suona come i Subtle cui hanno regalato un pianoforte nuovo e se ne sono innamorati.

Ma tra un colpo di genio e l'altro sorge spontaneo un dubbio (positivo): non è che siamo di fronte al più accreditato erede di sua scalcinata maestà Tom Waits?

"Ai posteri l'ardua sentenza"…

 

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