"CCCP è un segmento nella vita di ognuno di noi, molto significativo, determinante e spesso illuminante. Abbiamo già scritto da qualche parte che prima dei CCCP vivevamo e vivremo anche dopo. Finirà, certo, non ci sentiamo né siamo mai stati delle rock'n'roll stars, né ci interessa la carriera musicale. Anzi, fosse così, forse ci sarebbe da preoccuparsi..."
Agosto 1990 - Giovanni Lindo Ferretti

La nostalgia, quella vera, si afferma in modalità differenti all'interno di quello che noi tutti comunemente definiamo spirito. Ne esistono variegate specie, suddivise in emozionalità, la più forte domina su quella più debole per poi averne il sopravvento di nuovo, e così via verso l'infinitesimale ricerca della non-soluzione. Verso la fine, verso l'incomprensione.

"SOCIALISMO E BARBARIE" è il capitolo ultimo delle numerose trincee sociali (credetemi, nulla a che vedere con i soviet) che i CCCP con umiltà e tenacia, difesero avidamente sino alla fine, da quella che era la manica di idioti uni-direzionali che non ne comprendeva (e che mai avrebbe potuto comprenderne) il significato spirituale ed unico. Esseri umani prima che artisti, esistenzialisti prima ancora che "musicisti".

I "Fedeli alla Linea" sapevano di stringere sui palmi delle proprie mani, quella che era la resa, sebbene non volutamente incondizionata, verso un futuro di incertezza che tanto bene erano riusciti a rappresentare mediante qualità di drammaturgia teatrale e lirica mista a punk medio orientale nelle loro inimitabili live-performance, le quali Mai in Italia avevano trovato precedenti. Quello che nell'album prevale sin da subito, è il presagio di addio verso uno stile di vita che ne condizionò l'esistenza per almeno sette anni, partendo dalle luride bettole intrinse di residui di cibo turco, lasciate a marcire nelle desolate periferie berlinesi, per poi arrivare alla "tragi-comica" firma con la Virgin: fattore che colpì coloro che mai nemmeno avevano presenziato ad uno dei loro concerti, e che ne sacralizzavano il diritto di un culto privo di significato alcuno.

La metrica che si delinea all'interno di questo testamento auditivo, cita per intero ognuno degli innumerevoli passaggi che condizionarono la "band" lungo il cammino che gli permise di azzittire i vari italo-cloni pro Duran-Duran omofobi e presumibilmente tendenti all'autoderisione. Affabilmente, le verbal-melodie proposte da questo miglio verde di proposizione emozionale, si sviluppa da "A Ja Ljublju Sssr", una revisione post-punk dell'inno sovietico, un ingresso a testa bassa all'interno di quello che si preannuncia essere un cammino molto difficile anche se non deprivato di ironia e cinismo come nella insostituibile "Per Me Lo So" in cui le allusioni non vengono risparmiate in modo tale da fare ciò che meglio a questa band riusciva di imprimere: la confusione e l'incomprensione che in loro stessi dominava l'operato artistico.

"Tu Menti" vuole essere (ovviamente con "dubbiosi" riferimenti) una risposta molto garbata nei confronti di coloro che per motivi obsoleti ed inspiegabili li avevano condannati al servilismo delle Major, di cui molto probabilmente i loro stessi genitori erano azionisti. "Rozzemilia" risuona invece come l'infinita lotta contro l'abisso cultural-mentale che con avidità imprevedibile dominava brutalmente il terreno padano dell'epoca, colmo di desolazioni infinitesimali ed impercettibili, quasi una risposta negativa agli eventuali quesiti della lontana "Emilia Paranoica", all'interno della quale la via ascetica extramondana opportuna ed unica consisteva nell'abuso di metodicità autodistruttiva.

Metodicità resa con singolare capacità di espressione in "Stati Di Agitazione", un vero e proprio scorcio di alterazione della percezione comportante psico-paresi ombrosa in cui l'ascesi trova spazio nella quanto mai sacrale "Libera Me Domine", caratterizzata da una più che dovuta recitazione di cerimonia in latino, in cui l'ascesi extra-mondana avviene definitivamente. La Storia nei CCCP, come risaputo, trovava ampio margine di orientamento nella cultura sovietica, la cui melanconica anima viene soavemente soffusa da una poesia dalle rigide membra che solo "Manifesto" può accendere infiammando l'ascolto, sino alla palpitazione parossistica. "Hong Kong", prosegue quella che è l'aspirazione verso l'infinita ammirazione nei confronti dell'est da parte di ognuno dei CCCP che intende lodarne l'essenza per poi dirigersi più ad ovest, lungo il Tibet in corrispondenza ultima del medioriente. Qui il preavviso annunciato con "Sura", trova una esplosione di puro misticismo misto a Pravda, le cui melodie soffuse e terse prendono forma in "Radio Kabul": una vera e propria trasvolata trasognante al di sopra del deserto Afghano, che se ben figurato, può apparire meno distante di quanto si potrebbe immaginare, nelle sue fatiscenze, nei suoi profumi aspri ed irti di sabbia corrosiva.

Un'escursione mentale vera e propria, oltre che termica. Questa fascia di spiritualismo indotto, termina il proprio ciclo con un ritorno all'Emilia, patria unica capace di estendersi "dall'Adriatico al Mar Giallo". Si passa infatti a "Inch'Allah-Ca Va" che preannuncia il ritorno finale alle proto-ballate di liscio/punk in grado di tormentare Raùl Casadei in persona, oltre che naturalmente lo Stato Italiano, aspramente criticato nelle conclusive "Oh! Battagliero" e "Guerra E Pace". La mia impressione è affidata a quelle che sono le mie reminescenze inerenti ad un tipo di approccio alla musica singolare ed unico: interpretato non come mezzo di raggiungimento di impossibili ubicazioni gerarchiche, quanto meno profetiche, ma al contrario come naturale e dovuta libertà di espressione e comunicazione sociale, particolare questo, di una rarità da far rabbrividire chi ha epidermide per intendere.

Dopo loro, nulla più di simile nella penisola italica.

"Fuori da tempo e Storia, via dall'Eternità, dai cicli e dai Progetti, dai radiosi Futuri, dal Sol dell'Avvenire, dalle gloriose Armate, dalle Stelle, dai Simboli, dall'Albe Umanitarie: il Passato è afflosciato, il Presente: è un Mercato!. . . fatevi sotto bambini occhio agli spacciatori, occhio agli zuccherini!". G. L. Ferretti - "Militanz"

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