Franco Battiato -Patriots
A lezione di pop (praticamente) perfetto con Franco Battiato. Dopo che la sua fase più sperimentale aveva finito con l'accartocciarsi su se stessa, il Cinghiale dalla pigmentazione chiara aveva riportato Francuzzo alla freschezza espressiva dei primi 4 dischi e "Patriots" prosegue sulla via dell'ispirazione e abbraccia definitivamente l'arte del Pop con la maiuscola. Basterebbe la quaterna "Up Patriots to Arms", "Venezia-Istanbul", "Prospettiva Nevski", "Passaggi a livello" per garantirgli lo status di Gran Discone (ma sono belle tutte e 7 le canzoni, disco brevissimo tra l'altro, una scheggia); melodie splendide sotto una cascata di sintetizzatori, ARP, Hammond, pianoforti e il violino di Pio il Giusto (e un gran basso, di Gigi Cappellotto). Per testi e musiche, 'sto disco è un ottimo esempio di "quintessenza stilistica" del Battiato pop degli anni '80. di più
Pantera
La più grande band metal di sempre !🔥🔥 di più
Quella Vecchia Locanda -Quella Vecchia Locanda
Bel disco di pop-rock profondamente ibridato e con la band romana abile a mantenere un buon equilibrio tra generi, ispirazioni e i ricchi arrangiamenti affrontati nei brani, che ovviamente esulano dalla forma canzone classica pur mantenendone la durata (tutte tra i 3 e i 5 minuti). Scelte compositive tipiche del progressive rock, elegante pop formato da intrecci e armonie vocali, una netta ispirazione agli autori classici soprattutto di stile barocco e accelerazioni elettriche con al centro l'immancabile flauto traverso (perché in quella vecchia locanda si era evidentemente fermato a dormire Ian Anderson) suonato dal cantante Giorgio Giorgi (...) e dal violino elettrico di Donald Lax (il violino acustico è grande protagonista delle più evidenti escursioni classiche), strumenti protagonisti al fianco delle tastiere di Roselli, supportate dagli interventi di chitarre elettro-acustiche e da una bella sezione ritmica. Lo trovo un disco molto compatto, unico punto debole l'ingenuità dei testi che paiono scritti con il bignami del pessimismo cupo per principianti, ma le melodie, anche del cantato e soprattutto quelle create dal violino e dal pianoforte sono davvero belle e i momenti più rock e sferzanti molto divertenti e non ci sono canzoni poco riuscite. La copertina è un capolavoro, una delle più belle che abbia nella mia collezione. di più
Terry Allen
Uno dei tanti fenomeni del cantautorato texano degli anni '70 e '80. di più
Genesis -...Calling All Stations...
Curioso come i dischi dei Genesis più bistrattati, dimenticati, malvoluti anche dai suoi autori, sfortunati e nati sotto le peggiori circostanze possibili siano proprio il primo e l'ultimo; dall'acerbissimo "From Genesis to Revelation" a "...Calling All Stations..." il cerchio si è chiuso, dopo 28 anni (anzi, dopo trent'anni esatti partendo dai primi singoli usciti nel 1967). Phil Collins si era levato dai coglioni, dopo essere diventato per la band una figura commercialmente sempre più fondamentale e artisticamente sempre più deleteria e questo da un lato affossa del tutto il tentativo ultimo di Banks e Rutherford di "farcela da soli" in classifica, dall'altro consente ai due, soprattutto a Totonno, di concepire brani musicalmente un po' più dignitosi e raffinati e meno tragicamente squallidi rispetto alla roba peggiore sparsa nei dischi dal 1981 in poi. Sembra molto un disco di Banks solista, ballate melodiche ruffianotto-malinconiche a tratti piacevoli, più che altro impalpabili e qualche pezzo dal piglio più deciso e movimentato; Qualche brano troppo annacquato, alcuni brani validi (title-track o "The Dividing Line" ad esempio), qualche schifezza ("Congo") ma rispetto al saliscendi di "We Can't Dance" questo è più "equilibrato" nella sua quieta mediocrità. Voglio premiarlo, è un disco che mi sta simpatico. Ah, e Ray Wilson ha una bella voce, è bravo, poveraccio, nel posto sbagliato al momento sbagliato. di più
Genesis
La "svolta pop" intrapresa negli anni '80 lì rende imperdonabili e irredimibili. di più
Elio e le Storie Tese -Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu
Riascoltato oggi, soffre di quello che alla fine trovo essere il limite principale degli Elii: essere un gruppo comico-demenziale che non fa ridere quasi mai (a me). Perciò si, come sempre e anche in questo loro primo disco c'è una manciata di canzoni fiche, musicalmente parlando, delle vere bombette, con il collage colto di citazioni e ispirazioni musicali di gran lusso che sarà loro marchio di fabbrica e messe in piedi da grandissimi musicisti. Tutto molto bello. Nei momenti migliori anche i testi comici hanno le loro intuizioni spassose, non dico di no, ma nel complesso, soprattutto nei per me inutilissimi siparietti comici brevi sparsi tra una canzone e l'altra, la loro comicità ha più grossolanità che guizzi davvero divertenti. Quattro-cinque canzoni ottime, ma per me gli Elii avrebbero funzionato meglio in chiave meno puramente comica, mantenendo magari una forte vena grottesco-demenziale e ironica, quello si, assolutamente, ma lo scoglio di una band musicale con testi totalmente basati sulla comicità demenziale e la parodia-proprio perché a me non divertono più di tanto-rimane insormontabile. di più
Biglietto per l'Inferno -Il Tempo della Semina
"Il tempo della semina" che apre il disco al quale da il titolo e "La canzone del padre" che lo chiude, sono i due grandi brani che ci lascia il Biglietto per l'Inferno in questo suo secondo disco "che non fu", registrato nel 1975 (produsse Finardi), poi abortito e ripescato e pubblicato solo all'inizio degli anni '90. Questi due pezzi, i più lunghi, rappresentano i due diversi modi di interpretare la "materia prog-rock" della band di Banfi, Canali & co (una quasi interamente strumentale, con un breve recitato enfatico e grottesco di Canali, che diventa una flautata danza pagana, l'altra veste il loro abito concreto, con testi di esplicita e sincera crudezza, dominata dal cantato-recitato di Canali, con la band che esplode in ritmi colmi di groove funky-rock acido, con un grande Banfi ai synth). Sono i due ottimi brani che valgono il confronto con il disco precedente, anche se non raggiungono i suoi risultati migliori ("Confessione" e "Amico suicida"). Peccato che il blocco centrale del disco invece sia nettamente meno riuscito; composto per lo più da canzoni di 3 minuti, pecca nei testi (dove la critica sociale diventa facilona e troppo ingenua) e non solo: "Solo ma Vivo" (6 minuti di ballad) non mi piace proprio, "Mente-sola-mente" è un curioso scherzo, un divertissement che però c'entra davvero troppo un cazzo con tutto il resto. Più riuscita "Vivi, lotta, pensa", un buon pezzo, ma nel complesso nel corpo centrale del disco riesco a salvare poco. di più
Biglietto Per L'Inferno -Biglietto Per L'Inferno
Il diamante nero del progressive-rock italiano, uno dei miei dischi preferiti nella "scena" nostrana. Non è un disco perfetto, è forse il lavoro più grezzo e abrasivo del prog peninsulare, registrato a culo di babbuino ma con una visceralità e una concretezza rare in molti dischi di altre band, soprattutto le "minori", coeve; non arrivo a definirlo un Capolavoro, però non riesco a non premiarne la genuina e viscerale crudezza, lo stile secco e il modo diretto nel quale viene espressa la cinica cupezza dei bei testi, con immagini crude, forti, macabre, senza le metafore e gli (splendidi) artifici poetici delle Orme ad esempio, qui tutto viene espresso con disarmante chiarezza; in questo senso (si pensi al testo de "L'amico suicida" su tutti) almeno nel prog in Italia questo disco è stato credo un unicum e nel 1974 non c'erano comunque tantissimi casi come questo, e infatti il disco l'hanno comprato in 12, circa. Da non sottovalutare: è uno dei dischi prog italiani con il cantato migliore, Canali ha una bella voce e la usa in perfetta armonia con lo stile del brani, potente, trascinante e grintoso, dando un senso anche ai momenti più drammatici ed enfatici, ma in generale sposando il mood inquieto e duro del disco. Un brano che è davvero un piccolo capolavoro: "Confessione", puro hard-rock del miglior tipo, una canzone splendida. Poi, tra momenti di inquieta calma, hard-prog e la macabra e desolante distesa de "L' amico suicida" il disco non smette mai di gustarmi. di più
Lucio Battisti
POSSO DIRE CHE POCHI LO COMPRENDONO UN GRANDISSIMO ARTISTA COMPOSITIVO E PAROLE SE NON MERAVIGLISE POESIE COME POTEVA SCRIVERE MELODIE ARMONIE LE PAROLE SI APPOGGIASER COSI PERFETTAMENTE HA LASCIATO SCRIVERE GIULIO RAPETTI CHE SI COMPLETAVA CON LUI MA OVVIAMENTE FACILITATO DALLE ARMONIE DI LUCIO UN GENIO ..E LUCIO BATTISTI E PER FORTUNA E ITALIANO PERSINO PAUL DEI BEATLES VOELVA PRODURLO..........PENSATE VOI DAVID BOWIE VENIVA IN ITALIA PER CONOSCERLO................. di più
Metamorfosi -Inferno
Tra il coraggiosissimo e l'ingenuo voler sviluppare un concept basato addirittura sulla "Divina Commedia" senza contare lo stile del cantato di Jimmy Spitaleri (bellissima voce, comunque, una delle più belle della scena italiana) tanto enfatico e teatrale da oscillare tra l'epico e il comico involontario. Nonostante tutto "Inferno" rimane uno dei miei dischi preferiti all'interno del vasto panorama del prog italiano anni '70, musicalmente ispirato (dominato dalle onnipresenti tastiere di Olivieri, non c'è un chitarrista in questo disco) e coinvolgente, buoni anche i testi, che portano nuovi e più "moderni" tipi di peccatori nei gironi infernali ("Spacciatori di droga" "Razzisti" ecc.). Ambizioso, forse anche troppo, ma gran bel disco, dopo anni ancora non mi ha stancato. di più
Alphataurus -Alphataurus
Disco primo (e per molti, molti anni anche unico) di una delle tante band del sottobosco progressivo italiano degli anni '70, prodotto dalla Magma di De Scalzi (che scrive loro anche i testi, sul quale però preferisco soprassedere che 'nzomma...); è un buon disco, purtroppo penalizzato (non poco) soprattutto dal cantato italiano che è spesso e volentieri il punto debole di molti gruppi prog-rock italiani (vuoi per mancanza di voci valide, vuoi-come in questo caso-per la pessima resa della lingua italiana con il progressive e per lo stile inutilmente enfatico e pomposo del cantato) e che qui è davvero paradigmatico di quei difetti, il che è anche un peccato perché il cantante, Michele Bavaro, di suo aveva anche una bella voce. Giusto ne "La mente vola" le cose migliorano un poco da questo punto di vista (e infatti è un bel pezzo) ma per il resto è fastidioso assai. Quindi, i 3 minuti della strumentale "Croma", finiscono per essere la cosa più bella del disco, una piccola perla di delizia melodica organistica di Pietro Pellegrini, leader, tastierista e compositore degli Alphataurus. Per il resto i brani sono piacevoli pezzi di hard-progressive di forte impronta tastieristica, validi senza però imporsi al di fuori del mucchio. La copertina invece è bella, dai. di più
Lucio Battisti -Umanamente uomo: il sogno
Gran disco. Il primo di Battisti e Mogol con la loro Numero Uno, che infatti lascia alle spalle il periodo degli album "raccolte di singoli" dove varie canzoni apparivano su più dischi diversi (anche se già "Amore e non amore" si era molto ben distaccato da questa caratteristica). Questo disco precede quello che considero il trittico "aureo" di Battisti, il suo zenit artistico (Canto Libero/Caro Angelo/Anima Latina) ed è un ottimo esempio della sua versatilità artistica e apertura mentale: si apre con un classico che più classico non si può della canzone italiana, uno dei capolavori pop di Battisti ("I giardini di marzo" quanto cazzo è bella) e si chiude con uno strumentale (a parte i cori che fanno "UO!") psych acidissimo a suon di chitarra elettrica ("Il fuoco" il gran colpo di scena di Battisti, bel pezzo psicorumotronico per altro anche se magari non la sua tazzissima da tè). In mezzo un' altra delle sue canzoni più belle ("E penso a te" da applausi) altri esperimenti e invenzioni (la title-track senza parole, solo fischiettata e canticchiata la bella melodia) uno sketch degno di Sandra e Raimondo trasformato in canzone con un raffinatissimo divertissement ("Innocenti evasioni") e una folkeggiante favolesca e gradevolissima canzonetta allegorica ("Il leone e la gallina"). Se la prima e la terza traccia sono due capolavori, tutto insomma è più che di buon livello (belle anche "Comunque bella" con Battisti nel finale nel doppio ruolo donna/uomo e "Sognando e risognando"). di più
Lucio Battisti -Emozioni
Questo è il primo disco nel quale Battisti piazza canzoni che già raggiungono l'eccellenza ("Emozioni", che del disco è apice e centro, è una delle più belle canzoni di tutto il suo vasto repertorio, ma ci sono anche "Anna"-con 4/5 della futura PFM come backing band- e il blues-rock bianco di "Il tempo di morire") e poi altre ancora che non ci vanno lontano (ripescata dal primo disco "Non è Francesca" con la sua seconda parte acida e strumentale, poi la gemma pop "Fiori rosa, fiori di pesco", ad esempio o una gemma nascosta come "Era"); sono canzoni che, per idee, per interpretazioni, uso della voce e coraggio portano la canzone pop italiana oltre i soliti confini. Proprio per questo però si sente nettamente lo stacco tra le canzoni più eccelse e quelle dove Battisti si adagia sul suo lato più "nazionalpopolare" con le stracelebri canzoni pop e/o beat (Acqua azzurra, "Mi ritorni in mente", "Dieci ragazze", dove a Battisti va comunque dato il merito di un'abilità sublime nel creare refrain che sono dei sempreverdi immortali e radicatissimi, oltre che comunque piacevoli-la canzone più brutta di Battisti vale sempre dieci laurepausini eh), che obbiettivamente non tengono il passo con i momenti più alti del disco. Anche "Emozioni" è una gran palestra di giovani talenti: Radius, Baldan Bembo, Demetrio Stratos (all'organo!) e via così, con arrangiamenti di Reverberi. Primo vero grande disco di Battisti. di più
Black Sabbath
Semplicemente trascendono i termini 'hard rock' o 'heavy metal'.
Ancora troppo attuali. di più
Fabrizio De André -Fabrizio De André in concerto volume 1
L'incontro del repertorio di De André con la nuova veste regalatagli dalla PFM, arrangiamenti che in Faber continuano ad essere più "corposi" ed "elaborati" ("Rimini" era già stato indicativo, ma le avvisaglie c'erano fin dai primi anni '70); che poi, in realtà, è De André che incontra di nuovo i musicisti de "La Buona Novella" ora diventati grandi, manca solo Pagani, ma per questo si porrà rimedio. Io preferisco i live periodo "Anime Salve" ('96-'98) e trovo che nel complesso l'apporto della PFM non aggiunga nulla di particolare a livello qualitativo alle canzoni (De André è perfetto così come è, per me); ovviamente è sempre un bel sentire ("Amico Fragile" con gli assoli di Mussida, per dire). Fanno eccezione un paio di esecuzioni strepitose: "Volta la carta" (canzone che adoro) e la migliore del live "Il pescatore", qui Faber e la Forneria insieme sono allo zenit. di più
Premiata Forneria Marconi -Storia Di Un Minuto
Non ho mai amato la Forneria quanto altri gruppi italiani della scena prog, però bisogna ammettere che il loro disco d'esordio è davvero uno splendido lavoro. "Storia di un Minuto" è un disco dalle atmosfere sospese, delicate, nelle quali è piacevole immergersi, è estremamente affascinante ed è uno dei picchi di sublimazione melodica della musica "pop-rock-folk" italiana, con le sue consistenti sezioni acustiche, colonne portanti del disco, dipinte come acquerelli da un ispirato Mussida e una nebbia padana che a volte si dirada in sezioni elettriche più movimentate ed altrettanto esaltanti; poi, come un vero fantasista che arricchisce tutte le composizioni con i suoi tocchi di pura classe melodica, la pennellata finale la da sempre Mauro Pagani, il vero "uomo in più" della PFM, al flauto, al violino, all'ottavino. Anche l'assenza di un cantante vero e proprio, un punto debole dei successivi dischi prima di Lanzetti, qui-con le voci delicate e fragili di Mussida e Pagani, diventa un punto di forza nel paesaggio delicato presentato nel disco. Sono Mussida e Pagani che dominano nella composizione e scrivono insieme l'intero disco, mentre Premoli sparge immortali colpi di moog (chi ha detto "Impressioni di Settembre" ?) e tastiere varie. Il capolavoro del lotto: "La carrozza di Hans", lunghe riflessioni acustiche e rimembranze dei King Crimson prima maniera (che Fripp aveva appena nuclearizzato, tra l'altro). di più
Fabrizio De André -La Buona Novella
Be, l'ho riascoltato poco tempo fa e che dire... Uno dei dischi imperdibili del cantautorato e della discografia di Faber. Tanto per non ribadire l'ovvio, soprattutto sull'intelligenza nel trattare questo tipo di tematiche e sulla qualità dei testi (ma va!), è pure da notare come questo disco sia stata una palestra mica male per una serie di gente mica male: gli scarni ma affascinanti arrangiamenti sono suonati da "I Quelli" al completo (ovviamente la futura PFM) più il loro futuro sodale (loro e, di nuovo, anni più tardi, di De André con quelle suggestioni dal mare di Genova...) Mauro Pagani al flauto e all'ottavino, come backin' band; in più, il violino ne "La Buona Novella" è suonato da un giovane Angelo Branduardi, qualche anno prima dell'inizio della sua carriera solista, e partecipa anche Maurizio Fabrizio come uno dei chitarristi. Insomma, parecchia gente che sotto Faber si stava facendo le ossa in uno dei grandi capolavori del cantautorato italiano. di più
Banco del Mutuo Soccorso -Garofano rosso
Disco molto bello, il Banco del Mutuo Soccorso in versione compositori di colonne sonore, per il film omonimo ("Il Garofano Rosso") di Faccini; le belle-qualche volta bellissime-musiche del Banco rimangono alla fine la cosa decisamente più memorabile del film e il disco è fortunatamente del tutto autonomo e slegabile dal film, valido come disco strumentale in se, con composizioni raffinate, eleganti, ispirate dai soliti scambi, duetti e incroci tra il piano di Gianni e le tastiere di Vittorio Nocenzi affiancati dalla chitarra di Maltese (non quello Corto, quello più alto) ormai nuovo chitarrista del BMS al posto di Todaro; i Nocenzi azzeccano alcuni temi ricorrenti molto belli e per quanto mi riguarda non si risente di un Francesco Di Giacomo che si accomoda in panchina e al quale viene attribuito un lavoro di documentazione e ricerca di supporto al processo creativo; quasi per sopperire all'assenza della voce, gli arrangiamenti sono arricchiti dalla tromba e dal corno francese (Maltese) oltre che dal clarinetto che Gianni Nocenzi aveva già suonato qua e là nei dischi precedenti. Il "succo" di tutto il disco probabilmente è la title-track, che racchiude in se tutto il meglio di queste dodici composizioni strumentali. di più