"Che pallosi questi Dream Theater" fu il primo pensiero che emerse dalla mia mente dopo aver ascoltato per intero "Octavarium".

Eppure godono di un grande seguito di estimatori, restando a galla da due decenni aldilà dei generi e delle mode. Eppure i loro album sono sempre considerati con tatto ed attenzione.

Sono improvvisamente rimbecillito? Ho cominciato ad odiare il rock-prog e il metal senza accorgermene?

Nienet di tutto ciò. Anzi, credo che proprio il mio amore atavico per un certo rock abbia determinato un'allergia motivata a questa band newyorkese tanto acclamata. In "Octavarium" - album piuttosto recente - ci ho trovato dentro tracce rimasticate di tante cose che mi piacciono, da certi King Crimson ai Queensryche, purtroppo miscelate ad ombre meno nobili di gruppi mainstream made-in-Usa, a banalità tritapalle e soprattutto a forzature tecniche che invece di suscitare l'inchino per il virtuosismo, danno ai nervi e basta.

La musica dei Dream Theater mi suona molto fine a sè stessa, molto costruita a tavolino per stupire e compiacere, sfruttando una serie di innesti collaudati e mutuati da altri musicisti, per dare vita a un qualcosa che sia difficile criticare a fondo. Perchè riesce davvero difficile trovare la spina nel fianco di una band che sa suonare ed ha creato uno zoccolo duro non proprio popolare. E al tempo stesso riesce difficile non capire che dentro un disco come "Octavarium" c'è tanta nomenclatura e nozionismo, ma poca vera ispirazione.

Ne sono chiaramente rivelatori i testi, a tratti di una ingenuità colposa che è imbarazzante (per chi ascolta), fatta di frasi adolescenziali intrise di finta saggezza che oggi nemmeno Gianni Togni canterebbe più (vedi traccia "The answer lies between"). Con tutto che la cornice lirica finto-concettuale che permea l'intero album sa di egocentrico e pretenzioso lontano un miglio.

Insomma, "Octavarium" è l'ennesimo capitolo di una discografia che era partita benino ai tempi di "Images and Words", ma non ha poi saputo evolversi; ripiegandosi su sè stessa e trasformando la magia della musica in un esercizio di retorica sonora privo di vere emozioni.

Mi tirerete le pietre, dopo aver letto questa recensione. Lo so. Ma non mi esimo mai dal dichiarare ciò che penso e siccome proprio oggi l'ascolto di "Octavarium" mi ha mezzo rovinato la giornata, mi prendo le sassate e amen.

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