Voto:
Un disco questo, dove si ripropone l'eterna dualità costituente l'essenza stessa del rock progressivo di marca italiana: musica variopinta e generosa di spunti anche formidabili e voce dai toni troppo melodrammatici, prodiga di altisonanti termini lessicali, più adatti ad uno scritto che non al testo di una canzone (sorvolando sulle doti canore in quanto tali, con cui risulta inevitabile venire a compromessi, come correttamente puntualizzato dal recensore). Per quanto riguarda l'efficacia della strumentazione, sono dell'opinione che, entrando nella giusta ottica, sia possibile fare ottimo progressive armati anche soltanto di uno sgabello, uno spazzolino da denti ed un ricco set di stampelle.
Voto:
Quel "cosa significhi ascoltare prog" è la chiave del dilemma, in quanto non è proponibile apprezzare o anche solo sopportare tale genere di musica passivamente, senza utilizzarla come "portale" verso stati d'animo e riflessioni che ispirano e nutrono la mente, ma necessitano pure di un approccio quasi "filosofico" ad un messaggio che è altrimenti destinato, presto o tardi, a cadere nel nulla. Diluirlo nelle formule sopra citate è come affilare una lama a doppio taglio: da un lato abitua l'orecchio a sonorità ambiziose ed inconsuete, ma dall'altro mistifica l'identità di fondo del primigenio Progressive Rock, conferendogli quell'aura inavvicinabile e "per intenditori" che finisce spesso con l'alienare anche chi sarebbe naturalmente portato ad intenderlo.
Voto:
Fedezan apprezzo molto il tuo entusiasmo, ma ormai ho imparato che quando un movimento culturale finisce di essere fenomeno di massa, tutte le sue produzioni successive verranno sempre e comunque considerate come creazioni nate fuori tempo massimo e perciò superflue e fatalmente destinate ad una esigua schiera di adepti. Condannare questa concezione, per quanto sbagliata, risulta semplice per un cultore del genere, però è giusto ammettere come le selve progressive siano difficili da attraversare per chi non ha quell'istinto alla ricerca e quella devozione alla causa indispensabili per orientarsi tra i suoi tortuosi sentieri. Senza la giusta motivazione è inevitabile arrendersi di fronte alle mura apparentemente impenetrabili di uno stile esigente ed austero, ma capace di una generosità senza pari con i propri accoliti. Per le suddette ragioni a me non interessa quante persone scelgano di commentare questi scritti, i quali hanno la sola ambizione di tradurre al viandante interessato quegli echi lontani, quegli inesplicabili sussurri dalla selva.
Voto:
Grazie mille anche agli ultimi passanti. @Gabriele: Se apprezzi il jazz canterburyano assolutamente sì. Immagino che molti negozi avranno ancora l’edizione Spalax del 1995 nonostante nel 2009 la Esoteric Recordings abbia pubblicato un’ottima ristampa di “Another Fine Tune…”, nonché dei primi due dischi dei National Health, che si muovono su territori limitrofi. “Arriving Twice”, per quanto validissimo, mi sento di consigliarlo solamente a chi ha già dimestichezza con i due album studio, in quanto propone versioni alternative e dal sound piuttosto grezzo di tracce alquanto contorte, che fa comodo conoscere prima nella loro morbida “veste ufficiale”.
Voto:
Grazie mille Jargon. Io, pur riconoscendo una certa affinità tra il mio carattere tetro e le atmosfere da corteo funebre di "Here", non posso dire di essermi mai concentrato su di una traccia in particolare. Da diverso tempo ormai non riesco a togliermi dalla testa l'idea che un album sia simile a un quadro o un libro, per cui ascoltarne soltanto un pezzo sarebbe come fissare lo sguardo su un dettaglio di una tela o leggere un capitolo di una storia, senza poterli collocare nel loro contesto e perdendo così di vista l'identità stessa dell'opera. Di sicuro nel tuo caso la conoscenza del disco, per esempio "Nucleus", sarà talmente capillare che ripercorrerne spesso una certa sezione non cambierà di una virgola la percezione d'insieme che ne hai, eppure se lo faccio io, il pezzo da me estratto appare subito spogliato del suo valore e del suo stesso senso, impedendomi perciò di apprezzarlo come invece si meriterebbe. Probabilmente a monte di tutto ciò sta la mia incapacità cronica di ascoltare musica giusto per divertirmi, senza evocare quel senso di gratitudine e profonda reverenza che si presentano ogni qualvolta m'immergo nei mistici orizzonti del mondo progressivo.
Voto:
Grazie a tutti. Ho deciso di non utilizzare links per questo ciclo, appoggiandomi soltanto sulle suggestioni dell'immagine iniziale, ma noto con sorpresa che i meravigliosi Editors hanno ritenuto preferibile introdurne qualcuno a scopo chiarificatore, perciò li ringrazio per il contributo. Devo però avvertire che le dodici recensioni da me programmate si struttureranno su un esotico intreccio tra le carte di Royo, il pensiero classico ed il rock progressivo scandinavo, garantendo un certo spazio a figure (comunque molto celebri) di filosofi e poeti, per i quali ammetto di non aver pensato ad indicare ulteriori fonti d'informazione. @Cappio: Colpa della mia insanabile avversione al clima secco che imperversa in estate. Chiedere asilo alla balena mi parve la soluzione migliore all'epoca, ma oggi non so se lo rifarei, tra i reumatismi e gli impietosi acciacchi dovuti all'età. P.S. Approfitto dei voti di Fede e Prog per puntualizzare che i miei giudizi si basano esclusivamente sulla qualità progressiva di un'opera, considerando in modo particolare la personalità dei contributi apportati alla scena. Per questi motivi alcune valutazioni possono apparire piuttosto controcorrente, ma sono dell'opinione che l'alto grado di riconoscibilità di un suono (sia creato di sana pianta, sia ottenuto modificandone uno già esistente) sia l'obiettivo primario ed irrinunciabile di ogni formazione che ambisca a scalare il magnificente Olimpo del Progressive Rock.
Voto:
Ovviamente avrò spazio anche per loro. La distanza dei nostri giudizi, anche riguardo a quest'ultimo quintetto svedese, sarà allora da ricercarsi in una sostanziale differenza di metodo, considerando che le mie valutazioni si fondano su categorie quasi esclusivamente progressive. Credo che, in effetti, il termine "progster" possa definirmi piuttosto accuratamente...
Voto:
La "scaletta" che sto seguendo per questo ciclo, del quale ho già scritto la maggior parte del materiale, si interseca a vari elementi tematici che non mi permettono, spesso e volentieri, di scegliere il disco in base alle mie personali preferenze; non a caso la recensione su "Cirkus" sarà improntata, al contrario di questa, su considerazioni perlopiù critiche. Ho notato, sfogliando velocemente alcuni tuoi interventi in materia di rock nordico, certe discordanze tra i nostri punti di vista, che sarà interessante confrontare e discutere, sempre nel segno del progressive e del personale impatto che riserva a ciascuno.
Voto:
No, il successivo.
Voto:
Grazie anche ai nuovi arrivati in questa prima tappa di un lungo viaggio attraverso il progressive scandinavo dell'ultimo ventennio, del quale mi impegnerò ad illustrare con costanza gli aspetti salienti (o da me ritenuti tali), sperando che i miei piani a lungo termine non entrino in conflitto con le pubblicazioni di altri esimi recensori.
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