…Chissà, perchè mai non potrebbe essere accaduto?
Voglio dire, chi può dire di sapere con certezza una cosa (una qualunque cosa) senza cadere nel ridicolo? Vaneggiamento per vaneggiamento io scelgo l’improbabile, il grottesco e il delirante.
Dunque, senza altri inutili preamboli, lasciatemi affermare questo: non solo è possibile, ma è anzi quasi certo che all’inizio degli anni ’70 il vecchio Mefistofele abbia adocchiato un novello dottor Faust, l’abbia spiato e studiato per benino e infine, rompendo gli ultimi indugi, abbia deciso di provare a possederne l’anima.
Come?
Beh… Immaginate il dottorino nel suo studio: corrucciato, adombrato, fronte aggrottata e unghie smozzicate che si arrovella sul senso della vita umana.
E poi immaginate un grosso cane nero che entra in quello studio, immaginatelo pian piano mutare forma tra i fumi e la puzza di disturbanti sfrigolamenti elettronici che fagocitano i ritornelli di “(I Can’t Get No) Satisfaction” e di “All You Need Is Love” provenienti dallo stereo del vicino del dottorino.
E chi appare? L’avete capito.
Chissà, forse Mefistofele per convincere il novello Faust a vendergli l’anima ha usato (suppergiù) queste parole:
“Ahahahah! Buongiorno dottorino! Allora, hai visto che entrata?! Non si può certo dire che io non abbia i tempi scenici. Ti vedevo lì, tutto rinsecchito e preoccupato e io, TA DA’!! Cambio repentino di situazione!
E ti prego di notare e sentire con che musica mi faccio accompagnare. Un pianoforte scordato da cabaret di quart’ordine e una fanfara circense che fa molto Frank Zappa!
La senti dottorino? Io sono sempre stato avanti sui tempi, li supero in ogni direzione.
Ma hey, che c’è? Non avrai mica paura di me! Tu temi troppo dottorino, paura delle pestilenze, paura della miserevole esistenza umana, paura di questo, paura di quello, paura del Diavolo!
Bah! Devi cominciare a sentire dottorino, nutrirti con gran gusto dei doni della terra. Perché non vai mai a caccia di donne? Perché non mangi mai carote?
La vita può essere una sarabanda interminabile, un collage stupefacente di suoni mai sentiti, un lungo, sfrenato baccanale che celebra il godimento di tutti i sensi.
La senti questa musica? Pensi di averla afferrata e ZAC!! Eccola trasformata, rivoltata e buggerata.
Io sono per le terre di mezzo, sono l’anello di congiunzione tra Surrealismo ed Espressionismo, tra le buffonerie esistenziali di Apollinaire e l’energia brada di Alfred Jarry, tra lo straniamento di Brecht e i riti magici di Grotowski.
Shakespeare aveva capito tutto! Mischiare la merda al cioccolato, il puro e l’impuro, l’Alto e il Basso. Questa è la regola!
Ecco senti? Questa elettronica spettrale che chiude la mia tirata! Dì, te la saresti mai aspettata? Devi cominciare a sentire dottorino. Perché non vai mai a caccia di donne? Perché non mangi mai carote?”.
Il dottor Faust cedette e trascorse lunghi anni nelle grinfie di Mefistofele. Vide cose che non aveva mai visto, gustò cibi che non aveva mai gustato e sentì una musica, una musica che, fino ad allora, aveva udito solo nei suoi sogni (o erano forse incubi?).
Galoppate space/psych-blues erano letteralmente squarciate e poi ricucite col fil di ferro di attentati dinamitardi di un’elettronica tellurica (oltreché teutonica), rumori di martelli pneumatici, di neri acquazzoni frastagliavano i cori sbilenchi abbozzati dagli inquilini di manicomi criminali.
Insomma Faust pasteggiò finalmente nel prato della Vita, amò anche qualche Margherita e visse avendo il Diavolo come suo personalissimo Virgilio. Umanesimo da bettola, filosofia da ubriaco, corbellerie di bimbo: la Verità era nera eppure, nelle scanalature dei pezzi del mosaico, baluginava la Speranza che si librava nei cieli con il suono puro di un organo a canne.
Non trovò mai però un attimo a cui poter dire: “Sei così bello, fermati!”.
Vecchio e stanco, Faust dopo molti anni ritornò al suo studio. Ancora aggrottato, le unghie sempre smozzicate e Mefistofele ritto davanti a lui. Chissà cosa gli diceva il dottore? Chissà, forse usò (suppergiù) queste parole:
“Shakespeare non aveva capito niente. Mi hai mentito Demonio. Essere o non essere… Che idiozia! Sono solo parole, le parole non riflettono in alcun modo quello che sento.
Su questo Demonio avevi ragione, dovevo cominciare a sentire. Ma ora che ho sentito non sono più saggio di un bimbo appena nato e non conosco la vita più di un feto nato morto.
Eppure questo strimpellio medioevale che sento nelle orecchie, queste due voci che raccontano, una parola ciascuno, qualcosa come una favola che dispera essa stessa del suo senso. Chi sono queste due voci?
Che importa, morirò presto e morirò dicendoti l’unica cosa che ho imparato da te: alla fine nessuno saprà se tutto questo è veramente accaduto”.
Le due voci però ossessionarono il dottore ancora per molti anni: chi erano?
Chissà, forse erano l’Essere e il Non-Essere.
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