17 RE

Esistono in molteplici percorsi creativi, non solo musicali ma legati alle più variegate espressioni creative (visive, filosofiche, cinematografiche) degli zenith.

Ovvero delle vette d'ispirazione che una volta raggiunte tracciano indelebili pietre miliari di paragone difficilmente superabili e difficilmente eguagliabili dagli autori stessi che hanno cristalizzato l'opera. Non è un caso che questo zenith molto spesso sia raggiunto da menti giovani, ancora fortemente incendiate dal puro atto della creatività appassionata e da un desiderio di espressione assolutamente incontaminato. Non è un caso che 17 Re sia concepito dalle menti di cinque giovanotti, nemmeno adulti quindi. Lo zenith in questo caso è una mai più raggiunta (nè prima, nè dopo) alchimia di pensieri, immagini e suoni di totale bellezza e completa libertà.

Questi Litfiba, organizzano una complessa tavolozza di atmosfere e suggestioni con modalità altamente progettuale e coerente. Solo questo basta per strappare un plauso per cinque ragazzi che solo qualche anno prima veicolavano nel caos  il loro imput sonoro. Si va in questi solchi ben oltre la new wave che aveva suo malgrado marchiato gli esordi Litfibiani per coniare nuove formule di sperimentazione musicale, molto spesso in architetture "non rock". Ed è questo uno dei meriti più grandi del disco, ovvero quello di svilupparsi secondo codici morfogenici non scontati e totalmente imprevedibili. Lo zenith del quintetto produce un percorso ambizioso e poliedrico aperto dall'incipt oscuro e furente della splendida Resta e chiuso dal drammatico senso ipnotico ed espressionista di Ferito.

Un Alfa ed un Omega in mezzo al quale si producono altmosfere espanse, rarefatte quanto sofisticate (Febbre, Univers), contaminazioni etnico/sonore ardite ma totalmente riuscite, dove vengono innestati semi della canzone d'autore francese, della tradizione mediterranea e/o orientale(Pierrot e la luna, Tango, Oro nero), ricerca della dissonanza che tramite schemi d'avanguardia producono emozione a nervi scoperti superando per ambizione e risultato blasonati ensemble inglesi (Gira nel mio cerchio, Cane, la già citata Ferito), marmoree prove di inattacabile eleganza stilistico/compositiva (Vendetta, Come un Dio, Ballata, Sulla Terra).

Lo Zenith dei Litfiba è tale perchè fa suo l'influsso musicale contemporaneo ma lo rimanipola e lo ricodifica in modo radicale e personalissimo come nessuno dei blasonati concittadini del rinascimento Fiorentino (Diaframma e Neon, sono per ora a torto o ragione, fedeli a schemi genericamente "new wave inglese"), mentre altri più radicali (anche più dei Litfiba) come Pankow si concentrano su suono mitteleuropeo più marziale e germanico.

Gli influssi vengono qui assorbiti e reinterpretati con fare sapiente e radicale, pertanto al dna di un suono molto genericamente post-punk si aprono invenzioni originalissime ed emozionanti, velate di oscurità quasi cinematografica che porteranno di fatto ad un disco unico per il quintetto fiorentino (il successivo Tre esplorerà di fatto territori diversi e differenti ancora saranno le ambizioni più stilizzate dei '90) ma anche per il panorama rock degli '80.

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