Non so se qualcuno lo abbia fatto prima di me, ma io ho sempre pensato, da quando ho conosciuto Nick Drake, che i primi suoi tre dischi, in verità i suoi unici in vita, rappresentassero giorni della settimana.

Basta del resto notare come finisce il suo primo album con il sole nascente del sabato (“Saturday Sun”) e come finisce il suo secondo con l’inizio della domenica (“Sunday”).

Al terzo, purtroppo, non segue nessun giorno, come tutti sappiamo.

Insomma, che, se “Five Leaves Left” è un venerdì, “Pink Moon” una domenica, “Bryter Later” rappresentasse il sabato.

L’altra cosa che ho spesso pensato è che forse, oltre al Mito di Sisifo sul comodino, Nick Drake tenesse chiuse nel cassetto le poesie di Giacomo Leopardi (e non è una battuta).

La sera del dì di festa di "Pink Moon" non poteva non essere stata preceduta dal sabato del villaggio di “Bryter Layter”.

Musicalmente parlando, ma in parte anche nei testi, il suo secondo album rappresenta infatti un oasi, un intermezzo, una speranza di felicità nel mondo di Nick Drake (e la presenza di ben tre strumentali per me lo conferma).

Non è un caso che abbia a mio avviso, molto più degli altri suoi album, ispirato molti gruppi pop per canzoni tutt’altro che malinconiche, o almeno di una malinconia in un certo qual modo rasserenata, carica di speranza.

Mi vengono in mente le somiglianze fra “Hazey Jane II” e tante cose dei Belle & Sebastian.

L’attacco di “Northern Sky” e quello di “Find the river” dei REM.

Addirittura “Fly” che ha avuto le sue note (oltre che l’arrangiamento) rubate dal Manuel Agnelli di “Come vorrei”.

Come se tutti questi autori e gruppi avessero cercato di cogliere l’essenza di queste canzoni di Nick Drake, degli arrangiamenti (meravigliosi) dell’amico Robert Kirby, per farli propri, perché per una volta con la malinconia, che ogni tanto attanaglia tutti, si potesse riuscire a convivere e a parlarne, a suonarne serenamente, a superarla, riuscendo infine a vivere giorni migliori.

Cosa a Nick Drake non riuscita, perso senza speranza, come finì, nella sera di una domenica senza sole, ben diversa da quella che aveva sognato solo un giorno prima.

Postilla del 01/02/2020:

Mi sono subito reso conto, poco dopo averla pubblicata, di alcune cose che non vanno in questa mia recensione, la prima delle quali essere troppo "freddamente analitica" nei confronti dell'opera, di non dare spazio alla descrizione delle impressioni che può suscitare la sua musica all'ascolto, insomma, in generale, di dare un po' troppo per scontato che tutti conoscano Nick Drake (le tante recensioni pubblicato sul sito mi hanno condizionato). Del resto avevo da un po' un'dea su di lui e sulla sua musica, sulla sua influenza, e volevo condividerla con qualcuno. .

Stamattina ho riascoltato per l'ennesima volta Bryter Layter, per intero, mi sono soffermato alla fine su una canzone, non citata finora, "At the chime of the city clock". Sulla voce di Nick Drake in questa canzone, sulla sezione in cui, la sua voce, è accompagnata da un sassofono.

Quali sono, quali sono state le mie impressioni?

Ecco, io vedo, io ho visto, nella voce di Nick Drake in quella sezione quella di un ruscello di montagna (lo so, siamo in città, ma fa lo stesso), e nel sassofono che l'accompagna una farfalla che segue, dipingendo leggeri percorsi nell'aria, il suo corso giù verso il mare.

Insomma un mondo intero, dolce e sereno per una volta, nulla di più, nulla di meno.

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