Dopo l' esordio con l'ottimo "When Day And Dream Unite" (1989), nell'anno 1992, esce il capolavoro assoluto (fino ad adesso) dei Dream Theater, "Images And Words".

Ogni volta che lo ascolto, mi si riempie il cuore di indescrivibili senzazioni come la prima volta che lo ascoltai. Questo disco presenta alcune novità rispetto al precedente: una su tutte, è l'arrivo del cantante James Labrie che nel disco canta in maniera eccellente (romantico ed emozionante nelle canzoni lente, deciso ed aggressivo nelle altre). In questo disco, il quintetto newyorkese (per chi non lo sapesse: John Petrucci alle chitarre, John Myung al basso, James Labrie cantante, Mike Portnoy alla batteria e Kevin Moore alle tastiere) ci da piena dimostrazione delle loro abilità tecniche e compositive, con canzoni in pieno stile Progressive (noto influenze con Pink Floyd, Yes, Genesis ecc...), con spunti classici e, ovviamente, metal (secondo me, più prog che metal), regalandoci un capolavoro storico. Ma passiamo ai brani: la prima canzone, "Pull Me Under", inizia con un' arpeggio della chitarra di petrucci, che cambia nel pezzo più energico dell' album, in modo che i testi (parlano della morte), siano in sintonia con la musica.

La seconda canzone è "Another Day", struggente ballad dai toni malinconici, in cui primeggia un grandissimo tastierista (Kevin Moore), ed il sublime James Labrie (bellissimo il solo di Petrucci, a mio avviso, uno dei più belli): anche qui il testo (parla della lotta contro il cancro del padre di John Petrucci) è in sintonia con le melodie, ancora più belle grazie ai vari soli di sax. Il terzo brano è "Take The Time", lungo brano caratterizzato dalle ottime armonie dei Theater, si dimostra variegato nella sua struttura (all' inizio, intro in gran stile metal, poi tratti prog e infine, pezzo strumentale con grande solo). Curiosità: come avete avuto modo di sentire, ad un certo punto del pezzo, si può udire una frase in italiano, "ora che ho perso la vista, ci vedo di più", rivolta ad un familiare della band che ha perso la vista.

"Surrounded", quarto brano del disco, si apre con un' intensa melodia di piano, synth e voce, per poi trasformarsi più energicamente, ma sempre mantenendo toni solari e malinconici (bello il solo di Petrucci). Il quinto brano, "Metropolis Pt.1, The Miracle And The Sleeper", è forse il brano più famoso della band e, sicuramente, uno dei più belli del disco (è fantastica in sede live): intro strumentale di tastiere, si fà intenso nella parte centrale per far spazio alle ottime melodie Prog, in cui ci danno dimostrazione della loro grandissima abilità tecnica e compositiva. "Under A Glass Moon", il sesto brano è un mix di Prog e metal, modellati con la loro solità bravura, e costituisce uno dei pezzi più duri dell'album, con parti veloci e tecniche, ma col solito Moore che forgia armonie e tappeti strumentali unici. Dopo la tempesta, arriva la quiete, con "Wait For Sleep", bellissimo pezzo solo per piano e voce: emozionante, malinconico, struggente, sono i molti aggettivi attribuibili a questa canzone, una delle più belle scritte da Moore (insieme a "Space Dye-Vest"). Siamo ormai volti al pezzo finale, "Learning To Live", forse il brano più variegato dell album: molto rock nella prima parte, poi spunti prog, classici, jazz e di nuovo rock e prog insieme, fino a giungere alla parte finale, caratterizzata da molte similitudini con "Wait For Sleep".

In conclusione, i cinque newyorkesi ci hanno regalato un grandissimo disco, sicuramente uno dei migliori della storia sotto l'aspetto Progressive-Metal (sono loro i fautori di questo genere, insieme a pochi altri gruppi), dandoci dimostrazione di tecnica, accuratezza, precisione, gusto, e di quanto siano bravi nell emozionare.

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