Voto:
Abbiamo più o meno la stessa età e veniamo dallo stesso luogo del mondo; probabilmente anche altre cose in comune. Ovviamente la storia è divertentissima e mi riporta esattamente all'atmosfera di quegli anni, le radio, le ragazze, gli amici. Ho avuto anch'io le mie Catherine e Jacqueline, e ho avuto anch'io l'amico che tradisce al momento del bisogno. Per questo, cinque stelle alla recensione sono partite quasi automaticamente.
Venendo al disco, ero un fan sfegatato di Joe Jackson, trovavo Night and Day una pietra miliare e i dischi successivi uno più bello dell'altro.
Quindi ricordo con precisione, come fosse ieri, la cocente delusione che provai dopo l'acquisto di questo disco. Ma questa, secondo me, non fu una toppa qualunque, un incidente insomma. Fu qualcosa di più, tant'è vero che segnò la fine di un rapporto contrattuale. Mi spiego meglio.
La grandezza di Night and Day, datato 1982, era di raccogliere tutte le tendenze di quegli anni: Jackson aveva annusato l'aria che tirava e aveva restituito, con genio, un compendio di un epoca, tutto in una singola opera. In Night and Day si respira (ancora oggi riascoltandolo) tutta la magia e le aspettative di quell'inizio di decennio. Nella musica pop/rock, da sempre chi fa qualcosa del genere accende tutte le luci del flipper e TOCK, vince una partita.
Blaze of Glory, datato 1989, manca esattamente di queste caratteristiche: è un disco di un'autore che non si è accorto che il vento è cambiato. Che tutto va in un'altra direzione. Ricordo un fiume di musica, qua e la neanche malaccio, ma talmente lontana da quello che poteva interessarmi in quel 1989 che non sono mai riuscito ad ascoltarlo sino in fondo.
Con questo disco, Jackson si era "smarrito" artisticamente.
Macho che fine ha fatto? Lo vedi ancora?
Voto:
la recensione non è chiara e si disperde in giudizi personali e opinabili dimenticando di fornire i dati essenziali sull'opera in questione.
Il "burattino senza fili" originale potrà anche non piacere, ma è un disco che ha fatto la storia della musica italiana.
Se, come mi sembra di capire, si tratta di un rifacimento, di una riproposizione dell'opera originale, riarrangiata ed ampliata, concordo che non è sicuramente l'evento che attendevo da tutta la vita.
Voto:
bella recensione. Quanto al film, sono curioso e per questo andrò a vederlo, ma condivido chi ha scritto che questa storia, in un modo o nell'altro, è stata raccontata tantissime volte, e la triste e misera pagina di storia costituita dalla vicenda pluridecennale di Berlusconi, col suo circo affollato e grottesco, chi l'ha voluta capire l'ha capita già da tanto tempo.
Insomma, capisco e condivido chi ha detto "basta, non ne posso più di sentire stà cosa", chi ha voglia di guardare avanti e respirare, se possibile, aria pulita.
Tra l'altro, non dimentico che il paese non ha ancora del tutto voltato pagina. Lui è ancora lì che calca le scene, sempre più somigliante al fantoccio in smoking di Profondo Rosso di Dario Argento.
Voto:
recensione recante contenuti inediti preziosi su un'avventura artistica coperta da sempre da un riserbo quasi totale.
Dei dischi in questione conosco solo Don Giovanni, opera che apprezzo.
Secondo me questi dischi lasciano in eredità a tutti gli artisti di musica pop un monito importante, oggi più che mai. Battisti con queste opere parla ai posteri, agli artisti, ma anche al pubblico e sembra dire: "restate voi stessi e tirate dritto anche se avete idee originalissime! Non abbiate timore, osate!".
Il monito di non uniformarsi mai alle leggi del grande mercato e alla banalità verso cui esse ti spingono e concetto prezioso e importante.
Complimenti
Voto:
Dire Straits ebbero un successo mondiale con lo zenith alla pubblicazione di Making Movies. Ricordo di essere stato a un loro concerto dell'epoca, mi pare nella mia città, Torino, e ricordo lo stadio letteralmente stracolmo di gente. Poi un declino inesorabile con il tramonto degli anni '80. Troppo inesorabile. Ma come mai?
Con l'occasione presente, ho fatto uno zapping sulle loro cose più famose. Ho sempre adorato il pezzo Brothers in Arms, con quel lento assolo di grande atmosfera.
Questo disco però (e, penso, più ancora il Live Alchemy) evidenzia proprio i loro difetti e credo spieghi molte cose. Una musica piacevolissima, di strepitosa eleganza, ma priva di profondità. Qualcosa che ti dona qualche momento di zuccherosa armonia in laminoremimaggiore, ma che scivola senza lasciare tracce, riflessioni, ripensamenti. Tutto è deliziosamente, elegantemente, virtuosisticamente ripetitivamente inconsistente. Mi piacevano molto all'epoca, ma oggi non mi mancano particolarmente.
Voto:
Ho posseduto questo cd per un paio di anni, poi l'ho prestato a qualcuno e...addio. Conteneva il meglio della storia del gruppo, rinfrescato negli arrangiamenti.
Ho sempre pensato che i Nomadi siano stati, nella storia della musica italiana, un caso a sè. In sostanza, una valutazione strettamente musicale non rende loro l'onore che meritano: concordo con Bromike che hanno scritto cose memorabili e altre scadentissime, ma su un piano strettamente tecnico/musicale non hanno mai brillato particolarmente e non reggono il confronto con molte altre band italiane e non. Però le loro canzoni hanno contribuito a formare l'immaginario di molti adolescenti tra gli anni '60 e i '70, sino a diventare un pezzo di storia d'Italia. Tutto ciò però non si deve solo alla loro musica, bensì ai personaggi che erano (ovviamente sopratutto Augusto Daolio), al loro modo di rapportarsi al pubblico e alla loro sensibilità che hanno sempre trovato il modo di comunicare con forza. Ricordo i loro concerti come delle grandi feste in cui tutti i presenti avevano la sensazione di appartenere a pieno titolo ad una grande tribù, la tribù dei Nomadi. Chi è stato ad un loro concerto può testimoniare quello che cerco di dire. Daolio trovava il modo di rendere il pubblico il vero protagonista. La loro forza non era la musica, ma il loro modo di stare al mondo e la loro capacità di empatia con chi avevano di fronte.
Per questo, nessuno dei loro dischi è veramente un capolavoro. Forse proprio questa raccolta è la cosa più consigliabile per chi non li conoscesse e volesse approfondire.
Voto:
Bravo. Un ringraziamento perché mi hai incuriosito, per un disco che non conosco. Hanno fatto musica formidabile per diversi anni. Almeno tre dischi stratosferici e diversi altri tutti buoni. Una band che era una macchina da guerra e invidio chi ha avuto la fortuna di vederseli dal vivo negli anni '70. Il loro live ufficiale è splendido.
Comunque ricordo di aver ascoltato anche un loro disco degli anni '90 più che dignitoso. Grandi Little Feat!
Voto:
Il primo disco dei Fletwood, quello con il canino tra i bidoni della spazzatura, è uno dei capolavori assoluti di questo genere.
Condivido nel dire che questo disco non si maniene a quel livello. I Fletwood di Peter Green, in questa sessione, scivolano un tantino nello stereotipo. I brani si somigliano l'un l'altro in un modo impressionante, tanto da divenire noiosi e ripetitivi e da perdere la loro carica originaria che, non dimentichiamocelo, proviene da mostri sacri come Elmore James, John Lee Hooker, Howlin' Wolf.
Ma è solo un piccolo perdonabile scivolone da parte di una formazione che, prima di dissolversi causa la dipartita di Peter Green (o meglio, di trasformarsi in una band pop macinamilioni), credo sia stata una delle migliori sulla piazza dell'epoca.
Complimenti a recensore, se non altro per aver ripreso i grandi indimenticabili Fletwood Mac di Peter Green. Saluti a tutti.
Voto:
cinque e cinque stellette (se riesco a piazzarle)
Voto:
disco fantastico. Per me seguono Seventeen Seconds e Disintegration.
Manco a farlo apposta, ma pure la recensione è molto nelle mie corde. Complimenti a te.
Consumai una ristampa credo italiana del vinile di Seventeen Seconds, bianca, minimale come la musica del disco, con una foto mossa e sfumata. Un mio compagno di scuola mi fece avere questo disco copiato su una c90 al cromodiossido. Sembra di parlare del medioevo. Sarò pazzo, eppure in questo disco trovo ancora una freschezza.
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