La traduzione del titolo dell'album potrebbe essere: "il piagnucolone". Il resoconto finale del disco è come sempre da riassumere in una sola parola: "goduria".

Stavolta, trattasi di goduria ben assortita e variegata, data la presenza a fianco dei nostri di personcine come: David Yow (Jesus Lizard); Michelino Patton (lo conoscete???); Henry Bogdan (Helmet).

Il menù inoltre prevede anche una collaborazione con un gruppo semi-sconosciuto tale: TOOL (anch'essi tutto sommato "bravini"). Molti altri ancora partecipano alla produzione dell'album che chiude la cosidetta "trilogia del terrore" (vedi alla voce "The Maggot" e "The Bootlicker"), ma non sto qui a farvi l'elenco.

Collaborazioni a parte, quest'album per il miscuglio di generi musicali mi ricorda molto "Stag". Anche qui in un certo senso non sai mai che t'aspetta. Si inizia con la cover di "Smells like teen spirit", e fin qui niente di particolare (tranne che a cantarla sia un idolo teen-pop degli anni 70), si passa già al delirio puro con la ritoccata "Blockbuster" dei Jesus Lizard e ci si rilassa in un batter d'occhio con la countryeggiante "Ramblin Man".

Una domanda mi sorge subito spontanea:"Chi meglio della manina paffutella di Re Buzzo sa dirigere tutto ciò con leggiadria e stronzaggine al tempo stesso? "E' nient'altro che un inizio in chiave Melvins: fantasia, crisi d'isterismo e appunto stronzaggine. Credo che tutto sommato queste caratteristiche mi abbiano fatto innamorare del duo più "pesante" (soprattutto in termini di kg) della storia del grunge.

Poi se dico grunge non stiamo qui ad aprire dibattiti, perchè Buzzo e socio credo che abbiano inventato milioni di sottogeneri. Una decina, si trovano solo in questo bel lavoretto, tutto mischiato a opera d'arte e secondo le esigenze dei nostri due simpaticoni sovrappeso.

Vi accorgerete stesso voi come sarà piacevole passare dal thrash-hop filtrato di una grandiosa "G.I Joe", al punk-grunge di una devastante "Spineless", all'industrial-desolazione di una "Mine is no disgrace"(ipnotica e bestiale l'interpretazione del grandissimo James Thirlwell dei Foetus).

Per chi ancora non possiede quest'album, mi potrebbe bastare fin qui ad avervi messo una pò di curiosità, uno stimoletto ulteriore per fare piccoli passi verso il mondo-Melvins. Voglio imboccarvi ancora due caramelline, una che potrebbe risultare indigesta a chi non è abituato a lunghe maratone inquietanti: "Divorced" (da segnalare il botta e risposta spettacolare alle pelli tra Dale Crover e Danny Carey dei Tool); l'altra a dir poco amara, e mi riferisco alla spettrale: "The man with the laughing hand is dead" (feat. Bliss Blood, la femmina dei Pain Teens).

Cosa vi aspettavate cammini pieni di vasetti di miele per arrivare nel fantastico mondo-Melvins? Beh vi siete sbagliati, le strade che portano a Melvinslandia sono altre. Qui è fatto tutto a secondo la loro volontà. Sia fatta la loro volontà.

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