Voto:
@Bob: Davvero una gran formazione quella dei Kandahar! Curiosamente alcuni aspetti del loro percorso artistico mi ricordano appunto quello dei Cos, con due fantastici album iniziali intorno alla metà dei '70 ("Long Live the Sliced Ham", "In the Court of Catherina Squeezer") ed un evidente calo con la quarta uscita ("Ghent, Somewhere in Europe "). C'è da dire però che la voce roca di Jeff De Visscher non assomiglia neppure lontanamente a quella di Pascale...
Voto:
Grazie a tutti per i commenti. Sono dell'idea che un bel modo per svelare le potenzialità dell'arte sia evidenziandone l'incalcolabile ampiezza e la sorprendente duttilità tramite la quale varie correnti artistiche si intersecano fra loro come fossero un'unica articolatissima entità. Per questo nei miei scritti mi piace creare un percorso: narrare lo svolgimento di questo continuo amalgamarsi di diverse forme d'espressione, che può andare, a seconda dei casi, dalla storia alla pittura, dal folklore al teatro, dalla letteratura alla pura riflessione, e guardare poi come tutto riesce a convergere armoniosamente in musica. Mi rendo conto che questo non è né un sito di studi approfonditi né tantomeno di lunghi racconti e che certe scelte sono inevitabilmente destinate a risultare impopolari, ma di recensioni "standard" internet ne è pieno e se mi accingessi a stendere la solita disamina monotematica (o semplicemente agghindata da qualche elemento anticonvenzionale, ma essenzialmente decorativo) mi sembrerebbe di non sfruttare appieno le potenzialità di uno spazio recensoreo libero ed informale come DeB.
Voto:
Questa sarà la prima ed ultima volta che voterò una mia recensione. Il senso di questa condotta contraddittoria (visto e considerato che la valutazione c'è già) risiede nella fitta nebbia che a volte viene a generarsi tra una visione puramente oggettiva delle cose ed un'altra maggiormente personale e soggettiva. Questo "proto-esordio" dei National Health è al tempo stesso il mio disco preferito di suddetta formazione e l'unico (tra quelli “studio”, anche se in questo caso il termine va preso con le pinze) al quale non ho conferito l'eccellenza. Come si spiega questo fatto? Il motivo risiede nella singolare natura dell'album, che sento di non aver illustrato con sufficiente chiarezza. Per quanto questo possa essere un lavoro postumo, sprovvisto di una certa omogeneità e compattezza nonché di una qualità audio degna di questo nome (perlomeno nella sua accezione odierna), non può che meritarsi il massimo voto possibile per quanto concerne un'opera musicale. La ragione delle mie "sole" 4 stelle è da ricercarsi nel tentativo di sottolineare, mettendo perciò in guardia il lettore, alcune mancanze che potrebbero pesare su di un ascoltatore magari non familiare con il Canterbury Sound. Cercando di "mantenere i piedi per terra", ho commesso però l'errore di non dare il giusto e sacrosanto credito ad un capolavoro che, oltre ad avvalersi di un cast da capogiro (Bill Bruford, Mont Campbell, Steve Hillage, giusto per citare alcuni tra quelli che se ne andranno prima della pubblicazione del disco omonimo del '77), si compone di alcune tra le composizioni più audaci e riuscite dell'intero movimento del quale fanno parte (posso citare "Paracelsus", come "Clocks and Clouds" o "Zabaglione", ma in realtà sono tutte ai vertici). Arriviamo perciò ad un vero e proprio malinteso: le tracce sono perfette a parte le ultime due, che ho erroneamente compreso nella tracklist principale, quando in realtà altro non sono che bonus tracks incluse nell'album per motivi di completezza ed ironia (“Starlight on Seaweed”, “Walking the Dog”). La prima non è stata nemmeno realizzata dai National Health, ma possiamo considerarla come una "cover", effettuata da Barbara Gaskin e Dave Stewart nel '95, in onore della composizione originale di Mont, mai registrata (perlomeno non decentemente) e perciò mai giunta fino a noi. Spero, con queste ulteriori parole, di aver finalmente reso giustizia ad una delle punte di diamante di un genere che non verrà mai decantato per quanto, indubbiamente, si meriterebbe.
Voto:
A seguito dello scambio di pareri avvenuto con Jargon, mi sono accorto che il mio sottolineare, per questo disco, un'appartenenza piena (o quasi) al ramo della fusion era del tutto fuori luogo, perciò sono tornato sui miei passi ed ho corretto una frase che altrimenti avrebbe potuto portare fuori strada l'incauto lettore che si affida, magari con fiducia, alle mie inesperte osservazioni. Reputo l'impostazione attuale molto più chiara e corretta, per quanto poi, non smetterò mai di ripeterlo, sia estremamente difficile (e forse pure inutile) tentare di identificare una concreta e definita linea di confine intorno all'elusivo termine "fusion", il quale, proprio per la sua natura di "fusione" (e cioè di stile esclusivamente ibrido) può essere presente in un numero sterminato di forme e percentuali, soprattutto se prendiamo in esame questo delicatissimo periodo in cui il jazz-rock stava portando a maturazione certi elementi che sarebbero poi andati a costituire, negli anni immediatamente successivi, l'ossatura di una tipologia di jazz che fa del "camaleontismo" la propria filosofia di vita.
Voto:
Mi scuso per non aver considerato gli ultimi commenti, ma mi erano proprio sfuggiti. Tornando al discorso del prog-folk posso soltanto dire che, a mio modesto parere, gli Amazing Blondel non si discostano molto da quelle atmosfere folkeggianti, oneste e tradizionali che, in quanto a sperimentalismo o innovazione, hanno proprio poco da mostrare. I Morgan sono già più "movimentati" e alternativi, ma, nel loro caso, il folk è presente in una percentuale così esigua che faccio fatica ad includerli nel filone delle formazioni citate in precedenza. Per quanto poi certi episodi si risolvano in un eccessivo "easy listening", la suite "Nova Solis" presenta spunti piuttosto interessanti (ma, ancora una volta, niente a che vedere con il folk).
Voto:
Bèh, caro Jargon, forse quello sarebbe un tantino radicale. Ammetterai però che Lula Côrtes e Zé Ramalho non sono proprio questi nomi familiari e ricorrenti della scena musicale (quale che sia il genere)... Anzi, direi che, tenendo in considerazione la spessa oscurità che avvolge l’oggetto, poteva andare molto peggio ;)
Voto:
Grazie ancora a tutti i sopraggiunti! Mi fa molto piacere vedere come siamo tutti d'accordo sul valore da attribuire a questo formidabile concerto :)
Voto:
Rece interattiva come piace a me :) Per quanto sia un disco interessantissimo quello proposto, ammetto che la rivoluzione interiore (ma chiamiamola pure centrifuga) sconvolge un po’ troppo i sensi per i miei gusti limitati e razionali (sarebbe un 4, ma non voto perché è molto probabile che non abbia ancora colto l'opera a pieno). Comunque sia, viva la rilassatezza agreste! :p
Voto:
Perbacco, quest'ode a Lindsay (e all'universo femminile in generale) me l'ero proprio persa. Bèh, meglio tardi che mai.. no? :p
Voto:
Grazie a tutti! Troppo gentili. Mi fa piacere che non abbiate risentito eccessivamente della lunghezza (in certi casi d’obbligo) del tema (anche se sarebbe più corretto dire ‘temi’ :p) trattato. In quanto cantastorie non potevo certo esimermi dall’illustrare in maniera accurata, con dovizia di aneddoti e particolari, quella che in fondo non è che una piccola provincia nel magnifico e sterminato regno di Sua Maestà. @Blech: Quasi. Il periodo preciso è tra "Larks" e "Starless". "Red" è dell'anno seguente ('74) e le sue composizioni ancora non figurano in questo live.
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