Voto:
complimenti per una recensione perfetta. Evans è uno dei miei musicisti preferiti e per me sono cinque stellette per tutti i suoi dischi, dal primo all'ultimo.
In particolare, impazzisco per le sessioni del 1977, da cui sono usciti tre dischi: I Will Say Goodbye, Crosscurrent e You Must Believe In Spring.
Cinque e cinque.
Voto:
non conosco il disco, ma trovo Ivan Graziani un'artista straordinario e non ricordato come meriterebbe. Ho in mente delle sue canzoni (credo più recenti di quelle della presente recensione) che mettono i brividi.
Stranamente, il disco che conosco (viaggi e intemperie) non ha mezze misure: contiene alcune canzoni bruttissime, poi ti fulmina con autentici capolavori di tre minuti. Consiglio a chi non l'ha mai sentita di scaricarsi "Olanda".
Grande Ivan!!
Voto:
la sua voce somigliava in modo impressionante a quella di Peter Hammill
Voto:
Ciampi è stato uno dei più grandi cantautori di tutti i tempi, e a livello mondiale.
Non credo però che la particolare sottovalutazione ed emarginazione che lo ha colpito sia dovuta unicamente al contenuto delle sue canzoni. A sentire le testimonianze di chi lo ha conosciuto, pare che fosse molto difficile ospitarlo in televisione od organizzare un suo concerto. Tanto più le occasioni erano importanti, tanto più si presentava ubriaco fradicio. Molti suoi concerti finivano in risse o scenate imbarazzanti a causa del suo stato psicofisico (mi vengono in mente certi concerti dei Doors con Morrison che finiva con litigare con il pubblico).
Un amico che lo ha conosciuto mi ha raccontato che ci sono stati momenti della sua vita in cui si è babbandonato letteralmente alla vita di strada.
In ogni caso ha lasciato il segno. E' stato un modello per tutta la canzone d'autore italiana.
Cinque stelle alla recensione e cinque al disco.
Voto:
sono tutti in vacanza Pinhead. In questo sporco agosto pare che ci siamo solo io e te qui davanti al monitor.
Comunque trovo carino il tuo parallelo tra il genere dei Los Lobos e il nostro folk romagnolo.
Penso che Los Lobos sia una delle grandi sopravvalutazioni di quegli anni. Non mi viene una parola in più.
Quattro stelle alla tua recensione, se non altro per la simpatia. Tre stelle al disco (e son fin troppe).
U2 War
29 lug 13
Voto:
mi spiace Ocean, ma la tua recensione, sicuramente sentitissima, è immediatamente deturpata da un'affermazione che mi fa accapponare la pelle, e cioè che "The Dark Side Of The Moon", cioè un modesto disco dei Pink Floyd, appena sparatisi, con quell'opera non bruttissima ma discutibilissima, in pieno rampantismo commerciale, rappresenti "meglio di qualunque altro disco" (sic!! sigh) la disillusione degli anni settanta.

What's Going On?!?
Voto:
Red è un disco straordinario. E'una delle perle del suo genere.
Anch'io penso che il progressive, nel 1974, avesse avviato un processo di decomposizione, tanto che, dopo "The Lamb" dei Genesis e questo dei King Crimson, l'aria prendeva a farsi alquanto viziata. Intendiamoci, non vuol dire che queste siano state le ultime opere progressive di grande livello. Parecchi dischi successivi saranno ancora da premio oscar, ma essi saranno, verso la fine degli anni settanta, come frutti dolcissimi e quasi marci. Non è forse dolcissimo e quasi marcio "Trick of The Tail" dei Genesis? Non si respira quasi in quel disco. Eppure non mi pare che si possa considerare un'opera brutta. Anzi. E' un disco pieno di fascino. Però è nauseabonda quell'atmosfera.
Il punto, secondo me, è capire che mondo artistico rappresentavano e raccontavano questi gruppi prog di fine anni settanta. A me pare che questi dinosauri, Genesis, Gentle Giant, Jethro Tull ecc., fossero ormai, doppiata la metà del decennio, artisti rigorosamente rivolti verso il passato, sordi ai suoni e ai rumori che arrivavano dalle grandi capitali della cultura rock, Londra, New York, forse anche Roma (intesa come l'Italia post '77).
In questo senso, personalmente sono di quelli che considerano Red uno degli ultimi grandi capolavori del suo genere.
Tre stelle e mezzo alla recensione un pò troppo povera per un opera come questa, cinque stellette al disco.
Voto:
La recensione non esiste. La segnalazione riguarda un disco bello di John Mayall. Lo considero un disco da quattro stelle, ma non da cinque perché trovo che in qualche passaggio sia un tantino prolisso. C'è un'altro disco di questo straordinario artista inglese, un vecchio lp di tre o quattro anni precedente al presente, che personalmente ho amato moltissimo e di cui mi piacerebbe leggere una buona recensione da parte di qualcuno dei bravi debaseriani sopracomparsi, e cioè "Blues From Laurel Canyon". La malinconia di quel disco, credo, abbia segnato la mia adolescenza. Forza ranofornace, hellraiser, Lao Tze, qualcuno di voi ritiri fuori quel titolo e mi riporti un poco all'atmosfera dei miei sedici anni (è un momentaccio per me. Risentire parlare di Laurel Canyon di Mayall sarebbe terapeutico).
Voto:
Questa è la più grande performance live di tutti i tempi.
Tutto inizia da lì e lì ritorna.
Mi risulta che fu Paul McCartney ad intercedere per la partecipazione di Hendrix a quell'edizione del festival pop di Monterey. Come hellraiser giustamente ha detto, fu la porta di ingresso in USA di Hendrix, sino ad allora noto prevalentemente in Gran Bretagna.
Il disco che raccoglie l'intera performance della durata di una quarantina di minuti (peralto già edita a spizzichi e bocconi in numerose occasioni discografiche), uscì nel 1986 e costituisce semplicemente la traccia audio (eccellente) del documentario "Jimi Plays Monterey" diretto da D.A.Pennebaker.
Non ho mai letto o sentito di alcun musicista (persino musicisti provenienti dall'ambito classico, gente che dirige sinfonie di Gustav Mahler o Brahms) che abbia mai osato eccepire qualcosa su quei quaranta minuti di rock. Confesso che questo è forse l'unico caso in cui mal sopporto una discussione.
Complimenti hellraiser, bella scelta e bella recensione.
Voto:
Mai mi sono sentito così prossimo alla scomparsa, mai così sull'orlo dell'abisso (il 31 agosto perderò il lavoro, causa crisi in cui verte l'azienda di cui faccio parte. Ho un'età...insomma, che le cose si mettono malissimo per me).
Il mese scorso scrissi anche una lunga recensione di "A Night At The Opera" dei Queen, in cui magnificavo il capolavoro free jazz realizzato dai Queen con la produzione visionaria del grande Gianni Sassi per l'etichetta italiana Cramps.
Spiegavo l'importanza dell'opera citata nell'ambito dellla scena di Canterbury, in cui i Queen hanno brillato per anni.
La recensione si intitolava: "Il KrautRock di Canterbury, ovvero: "A Night At The Opera". I Queen ripercorrono la strada di Ornette Coleman!"
La dirigenza di Debaser ha deciso di non pubblicare la mia recensione.
Son cose che dispiacciono. E' un periodo nero per me. Quando perdi il lavoro ti viene una gran confusione.
Giorni difficili.
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