"I Neu! avrebbero cambiato il rock 'n' roll anche se si fossero sciolti subito dopo aver inciso il primo pezzo del loro primo disco (Hallogallo)" Julian Cope.

Queste le parole sul debutto dei Neu!, di colui che dieci anni e passa fà riaccese l'interesse per quella favola stupenda che era la cosiddetta Musica Cosmica.

Siamo nei primi 70, quando il rock era progressivo e i riff iniziavano a riprodursi come conigli quando come dal nulla, dal nulla cosmico, un pennerello rossiccio disegnò tre lettere su uno sfondo bianco. E un certo Klaus Dinger e Micheal Rother se la ridevano, quel ridere di chi consapevolmente guarda negli occhi di chi non sa cosa stà per succedere, ma lo scoprirà presto. E così registrarono insieme a Conny Plank della musica targata Neu!. Così narra la leggenda.
E "Nuovo" fù, perchè nulla è accostabile a ciò, ancora oggi. "Nuovo!" esclamato e sottolineato, come segno di propaganda, di innovazione, un urlo di rivoluzione nonviolenta. Tutto ciò fù solo la copertina, il lettering, il colpo d'occhio di chi si recò in quel 71' nel suo negozio di dischi e vide questo oggetto sullo scaffale e decise di prenderlo perchè no.

Io purtroppo non ero ancora nato nel 71 e non ero manco nel più remoto dei futuri quindi non saprei dirvi con precisione l'effetto che fece sul rockkettaro medio, sul neofita o sul someliere musicale, l'ascolto di questo disco. Sinceramente non saprei manco dirvi se l'avrei acquistato o avrei comprato invece il nuovo di Bowie. Guardacaso questo progetto Neu! fece impazzire lo stesso Bowie berlinese che volle al suo fianco Rother per succhiargli l'anima. Per fortuna lui poi rifiutò, dedicandosi alla carriera solista e agli Harmonia con i Cluster, ma questa è un altra storia e non mi sembra il caso di divagare tanto dato che quest'album in se meriterebbe pagine e pagine di divagazioni. Fin ora abbiamo parlato di tutto ciò che è intorno al disco, ora andiamo al nocciolo della questione: le otto tracce che lo segnano indelebilmente.

Bastano pochi secondi di "Hallogallo" per capire che forse hai fatto bene a preferire questo a Bowie. Sembra aprirsi davanti a te un vortice spazio temporale, lo vedi e lo senti, è ipnotico nel suo roteare infinito (ah si, d'ora in poi lo potrete chiamare pure Motorik) nel suo groove cervellotico, e dentro ci scorgi varie cose e nulla di ben definito: dovrebbe essere Rock, ma io ci vedo Funk, dovrebbe cambiare, ma invece rimane pressocchè tutto immutato per nove primi e quarantasette secondi, dovrebbe essere presente, al massimo passato, ma io ci vedo il futuro, un futuro parallelo, di quelli che non diventano mai e poi mai presente, figuriamoci passato. Come eterno. Credo sia l'essenza del movimento kraut tutto, sia uno dei primi cinque pezzi più rivoluzionari del nostro tempo e del nostro pianeta. Nulla all'epoca suonò come "Hallogallo" e credo nulla più suonerà come "Hallogallo" se non "Hallogallo" stessa, all'infinito. Ma poi sei troppo ammaliato per avere ancora il tuo bel controllo e succede che vieni risucchiato in fondo a quel vortice, giù in un lungo canale che non finisce più, metre echi che ricordano rombi di aerei contrastano il mantra iniziale a cui t'eri abiutuato. A volte sono assordanti e ti chiedi il perchè. Perchè questi rumori hanno a che fare con la musica, con la melodia, insomma dov'è un riff, una strofa o un ritornello? Inizi a capirci davvero poco e hai paura quando "Sonderangenbot" giunge al termine con un rumore assordante. Ma non è il termine, è l'inizio di "Weissensee" dove tutto si fa un pò più chiaro, inizi a vederci della psichedelia, di quella proprio aggressiva, molto pesante. Inizi un pò a delineare dei tratti comuni nella loro musica: quell'andare meccanico, molto ciclico, che spesso porta ad un progressivo aumento rumoristico\sonoro\emotivo che porta a sfoghi sempre più eccessivi. Così ti senti forte, superiore perchè hai dato forma a quella materia sonora che prima ti aveva tanto spiazzato, ti fai beffe dei prossimi nomi delle tracce, convinto di sapere già quello che ti aspetta. E invece c'è "Im Gluck" che si apre con il rumore dell'acqua che sbatte su un piccolo peschereccio. In Germania l'acqua? A Dusseldorf poi? Forse è quello strato pseudo liquido che avvolge il tuo cervello nel cranio, lo culla, lo tiene a bada riposato, lo invita a rilassarsi e distendere i sensi, d'altronde che motivo ci sarebbe di stare sempre sul chi-va-là quando poi hai assimilato quest'album come tuo? Nessuno, appunto. Il vero punto è che hai sbagliato a fare i calcoli, ad etichettarlo, a ricondurlo a qualcosa di conosciuto.

Disteso quindi vero? Ecco che finisce la pace, un trapano irrompe e rompe quella tua serenità che tanto ti stava a cuore: si chiama "Negativland" e se quella era la quiete, questa è la tempesta, spaziale. Il cervello è stato svegliato bruscamente, si lamenta, crea fulmini e tensione con la scatola cranica che ha attorno, mentre fuori c'è della musica, c'è un basso ripetitivo e una chitarra che cerca di congiungere umori (neri) e musica. Il tutto sotto controllo di Dinger, relativamente calmo, dotato di autocontrollo anche in situazioni estreme come questa. Sembra che la monotonia e la sua durata (nove primi e quarantasette secondi anche qui) di "Hallogallo" sia stata sovrapposta alle schegge sonore di Weissensee, con i relativi picchi di nervosismo. Solo che qui è diverso, è più complicato. Verso metà brano si accumula già troppo per rimanere fermi ed ecco quel tanto atteso sfogo. Ma sembra troppo poco in confronto alla cattiveria sprigionata, decisamente. Ed ecco che da zero reinizia ad accumulare, ti tremano le mani, le orecchie iniziano a raggiungere la zona rossa d'allerta, il basso invece non prova nessun sentimento e poi ecco lo sfogo. E' come se il tuo cervello arrivasse nel suo masturbarsi psichico a cacciare via tutto quello che aveva accumulato dall'inizio del disco, dall'inizio della giornata. E' tutto fuori logica, impossibile descrivere a parole cosa succeda, ma dopo ti senti appagato, si questa sensazione la posso descrivere, appagamento. Ormai hai perso tutte le tue energie e leggi il retro dell'album e la tracklist: manca "Lieber Honig" e speri sia tranquilla perchè nel caso contrario non so se ce la faresti psicologicamente. E per fortuna, e logica, Dinger-Rother decidono di chiudere il Trip con un lento e comodo ritorno a casa, con il mare da sfondo a mò di Im Gluk e una voce che sembra strimizzire delle parole, come se pronunciate in punto di morte. Con il silenzio che spegne l'album e una faccia vissuta da parte dell'ascoltatore, di chi ha visto tante cose nel giro di soli quarantacinque minuti, da non riuscire più a distinguere un durante, ma solo un prima e un dopo. Prima e dopo Neu!.

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