You know what happened to them? 
You know what they do? 
What they became?
 
(“Darlene”) 

1987, Louisville (Kentucky), un gruppo di ragazzi sulla ventina, ascoltano bella musica, ma ne ascoltano a palla, ne ascoltano tanta da far sanguinare le orecchie. Si danno all'hardcore, al prog, al kraut, sì anche al kraut, ma soprattutto amano Sperimentare. Uno si chiamava Brian McMahon (chitarra e voce, già chitarrista negli Squirrel Bait, non che sapesse anche cantare, ma più che altro non amava farlo come tutte le persone normali), gli altri erano: Ethan Buckler (basso), Britt Walford (batteria) e un tipo molto fico alla seconda chitarra, David Pajo. A quell'epoca era esploso nella città di Seattle un genere abbastanza palloso, il grunge. A loro stava sul cazzo.
Un essere con 3 teste di nome Steve Albini, li aveva visti suonare, si erano stretti la mano ogni tanto, un giorno incisero un album fatto uscire solo nel 1989. Tweez, i brani sono 9, ognuno di essi dedicato ad un genitore dei ragazzi, il nono è dedicato al cane di uno dei quattro. Erano eccentrici, musicalmente anarchici, fottutamente strani, il signor Pajo sapeva suonare, eccome se sapeva suonare, ma non amava gli assoli, anzi, faceva cose strane che lui chiamava “pseudo-cose-strane-simili-ma-non-troppo-agli-assoli”. Tutti quanti andavano ogni tanto fuori tempo, così, per far passare la noia, amavano i numeri dispari, oppure spesso Brian si metteva a parlare nel bel mezzo di un pezzo, si incazzava, faceva strani versi con la bocca, o fingeva orgasmi (“Kent”, “Warren”). Rumori, dissonanze, gli incastri compositivi di “Rhoda”, altri funambolici modi di suonare le corde di una chitarra (“Nan Ding”) e acido, tanto acido. L'aria si faceva pesante, perché la musica era pesante ed acida, ma era bello lasciarsi andare sotto una montagna di rumori schizofrenici e contorti, proprio come ad Albini piaceva. Le chitarre erano sempre più distorte, sporche ma meccaniche (“Charlotte”) anche se spesso si lasciavano andare in qualcosa di apparentemente tranquillo, immergendosi in splendidi arpeggi ad incastro (“Darlene”), per poi ricominciare con astratti disegni compositivi che richiamano ad uno pseudo-crossover bagnato da stupende linee di basso(“Pat”).

Beh, questi ragazzi pochi anni più avanti incideranno uno dei capolavori della storia del rock, il tanto amato Spiderland, sì loro inventarono quello che tutti gli alternativozzi dei miei coglioni (offlaga, ndr) chiamano Post-Rock. Quest'album è un tramite, un abbozzo a quello che dovrà venire, proprio come i confusionari testi del disco, un caos artistico. L'arte del silenzio (che ancora bisbiglia), il rock autistico apparentemente privo di emozioni è in realtà un messaggio, uno stato d'animo vero e proprio, un cuore pulsante. E' lo stesso principio della musica classica, che qui va ad incontrare il suono ruvido, distorto e malato del rock.

"E l'assolo divenne riff, il riff divenne Drone... il Rock divenne Arte."

 

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