Scuse. Una valanga di scuse. Scusa al rock, scusa all’indie, scusa al grunge, scusa allo stoner, scusa alla musica italiana. Sono mille le scuse che i Verdena devono (o dovrebbero) se non al mondo intero sicuramente ai loro vicini precipui.

Da sempre considerati un gruppo sostanzialmente di adolescenti irrequieti e di poco spessore nella scena dell’alternative italiano, i Verdena sono la versione molto incazzata e catatonica dell’idea dell'originario indie italiano e non come noi lo abbiamo poi interpretato. Non sono mai andati a genio a molti, perché di rock hanno tanto ma non abbastanza, o quanto meno lo personalizzano molto, di grunge hanno parecchio ma non abbastanza, o forse troppo, si sfidano con le altre alternative rock band ma in realtà non ci sono appigli, costituiscono un unicum quanto mai distintivo, il loro sound lo riconosci subito. La verità è che i Verdena donano orecchie solo a chi sa ascoltare, sono la fotografia in bianco e nero di un terriotorio montanaro avido, in deperimento, ma che si inventa, si ricrea, si incazza e tira fuori da sé tutto quello che ha, senza troppe formalità, senza troppi tecnicismi, apparentemente quasi nessuno, in realtà forma psicolabile di un tutto studiato nei minimi particolari dove nulla è lasciato al caso. Il graffio è l’orma lasciata dai Verdena, una ferita insidiosa quanto a tratti superficiale, che forse non necessita di essere disinfettata ma che a volte può causare problemi, infettarsi, incancrenirsi, se le tue difese immunitarie sono basse. Occhio a questi graffietti, mai sottovalutarli, perché sono parecchio fastidiosi. E rimangono dentro.

“Requiem” è un bosco oscuro dove aleggia una nebbia sottile e malinconica, gli alberi sono spogli, il cielo è verde ottanio. È il quarto disco dopo tre anni dal “Il suicidio dei Samurai”, e sancisce la scelta del gruppo bergamasco. È un sound distorto, oscuro, dove balena una luce folgorante qua e là, tuttavia non basta a illuminare gli angoli, e l'album rimane difficile da ascoltare a chi non li conosce; un sound che parla dei Verdena a coloro che conoscono i Verdena, i neofiti probabilmente starebbero fuori dalla festa. “Requiem” segna sicuramente un salto rispetto a "Valvonauta" qualitativamente a livello di sound, di ricerca, di rimandi, di mondo ricreato dal trio: è un rock compulsivo quello di “Don Calisto” che è all’ingresso di questo mondo incredibile, famelico, contorto, disturbato, si ripete in “Non prendere l’Acme Eugenio”, un rimando a “Careful with that axe, Eugene”. Qualche briciola per ritrovare il sentiero perduto: “Angie”, “Trovami un modo semplice per uscirne”. Appunto.

I Verdena sono sound aggressivo e potente: ogni volta che sfornano qualcosa di nuovo, sfondano una porta che prima non c'era. Certo si ghettizzano parecchio, ma è lo spirito della gente di montanga; se non vai dai Verdena però, loro non vengono da te.

Carico i commenti... con calma