Un Pierrot ironico ed elettrico

ovvero "David cosa dovrei fare? Mi attendono all'entrata!" "Non chiederlo a me, non conosco entrate"

"... una specie di purga. Ero io che sradicavo da dentro di me i sentimenti coi quali mi sentivo a disagio. Bisogna fare i conti con se stessi. Bisogna capire perché certe cose sono accadute. Non si possono semplicemente ignorare o farle uscire dalla propria mente, o far finta che non siano successe oppure limitarsi a dire "Oh, allora ero così diverso". È molto importante affrontarle e capirle. Aiuta a riflettere su dove ci si trova attualmente"

Sì, ma attualmente dove ci si trova? Per saperlo bisogna fare un passo indietro e confrontarsi con il passato. Cercherò di essere più breve possibile. Nel '69 il giovane David Bowie, mimo, pittore e cantante, raggiunge il successo con il singolo "Space Oddity", tratto da un album di nuovo folk un po' orchestrale. Cade nel dimenticatoio per alcuni anni durante i quali sforna la storia di un manicomio prog intitolato "The Man Who Sold The World" ('70) e "Hunky Dory" ('71), decadentismo dandy un po' inglese un po' loureediano un po' cabaret. Con "The Rise And The Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars" ('72), "Aladdin Sane" e "Pin Ups" ('73) analizza ogni sfumatura del glam, dall'anima sinfonica a quella hard-rock, raggiunge improvvisamente il successo planetario grazie alla saga del suo personaggio Ziggy Stardust, un alieno decadente sceso per salvare il mondo e che fallisce a causa dei suoi costumi malati ed esagerati; inizia svariate collaborazioni tra cui una importantissima con Lou Reed per "Transformer". Nel '73 Ziggy muore e si trasforma un impressionante freak apocalittico dal nome "Diamond Dogs" ('74), poi si converte al soul plastico di "Young Americans" ('75), nel frattempo i problemi legati alla droga e alla sua paranoia da immagine diventano materia interessante per qualsiasi psichiatra. Nel '76 con la transizione di "Station To Station" si aggiunge la mania per l'occulto e per il totalitarismo, e dopo aver recitato nel riflessivo "The man who fell to Earth" in preda ad una totale pazzia nel '77 fugge in Francia e finalmente a Berlino, la cui cupa atmosfera influenza i tre capolavori elettronici "Low", "Heroes" e "Lodger" ('79), nati grazie alla collaborazione con Brian Eno e ispirati al minimalismo, alle strategie oblique, al pensiero del Nulla e della Morte. Durante questo processo di disintossicazione Bowie sovverte le regole della musica, del business legato al culto dell'immagine e dell'aspettativa da parte dei fan.

Ora siamo nel 1980, sta per iniziare un nuovo decennio, l'ennesimo decennio di cambiamenti e follie musicali e culturali. Il nostro ha 33 anni, ovvero l'età di Cristo alla sua età! Momento simbolico, non solo per il giro di boa e la raggiunta maturità, ma anche perché, senza saperlo, si trova all'ultimo disco importante di una carriera quasi sempre in salita, fatta, come abbiamo appena visto, di dischi fondamentali ed esperienze sconfinate. Avete presente il movimento triadico di Hegel (o era Kant?), riassumibile a grandi linee in tesi-antitesi-sintesi? Bene, questo disco è così. Se la tesi è Ziggy e l'antitesi è la produzione berlinese, "Scary Monsters" è la sintesi. Non avete capito? Bene, neanche io! Ma come possiamo capire quando accendiamo lo stereo, sentiamo il martellare della chitarra e la voce di un'attrice giapponese che dice "Shiruetto ya kage ga kakumei o miteiru mo tengoku no giyu no kaidan wa nai"? Come possiamo capire quando Bowie urla come non mai e si prende in giro fin dall'inizio, e usa un'altra volta quella fantastica arma per affrontare il passato chiamata ironia? Sono mostri straordinari queste silhouette e queste ombre di fine decennio, questa processione di super brividi ci offre tutti i dieci anni precedenti in dieci canzoni, in una veste rinnovata, rivoluzionaria, non arrugginita ma paurosamente aggressiva ed originale! Per la prima volta da tanto tempo sentiamo un David che con naturalezza e piglio satirico si diverte con la sua band. Non ci sono fantasmi, non ci sono paure, non ci sono incubi. L'inizio con "It's No Game Part 1" è sfolgorante è violentissimo, poi si combattono a colpi di spada elettrica il glam di "Up To The Hill Backwards" e la claustrofobica title track. Tra le altre canzoni c'è "Ashes To Ashes", che non solo è il ritorno di "Space Oddity" sottoforma di un funky futuristico che prende in giro Major Tom, ma è anche una delle canzoni preferite della mia ragazza, e di più non si può chiedere! Abbiamo materia da ballare con la new romantic "Fashion", singolo spaccaclassifica, ma che Bowie ci prende in giro e critica la generazione new wave lo capiamo con la drammatica "Teenage Wildlife", una "Heroes" del nuovo millennio, critica intelligente e delirante (c'è scritto "one of the New Wave boys", ma forse non dice "one of the No Wave boys"?), fornito di uno dei migliori testi e melodie mai scritti dall'ex-Duca Bianco. "Scream Like A Baby", particolarmente con la trovata sonora di "no athletic progam, no discipline, no book...", ci farà sussultare e stupire ogni volta, e dopo i toni smorzati e corali della cover di Tom Verlaine "Kingdome Come" Bowie riprende un'intro apocalittica e ritmi variabili in "Because You're Young". Come in una cornice post-moderna tutto questo gioco si chiude in circolo con "It's No Game Part 2", reprise croonistica e più tranquilla del primo brano.
Volete sapere altro sulla portata fondamentale dell'opera? Forse non vi basta sapere che da "1.Outside" ('95) in poi tutti i "critici laureati" affermano che ogni nuova uscita è la migliore dal 1980, eccezione fatta per "...hours" e "Rieliti", quest'ultimo poi non è degno nemmeno di stare nello stesso scaffale (per me qualsiasi occasione è buona per parlar male di "Rieliti").

Forse vorrete anche sapere che il nuovo look di Bowie ricorda quello di un Pierrot glamour e traballante (ci ricasca il nostro caro nel trucco dell'immagine, per fortuna questa è volutamente comica), il famoso video di "Ashes To Ashes" offre un futuribile supporto visivo agli intrecci new wave e futuristici del disco, e grazie alle preziose collaborazioni con Robert Fripp e Pete Townshend possiamo tuffarci con maggior coinvolgimento in questo oceano di suoni e immagini, critiche ironiche e satirici sguardi al passato... e assorbiamolo e godiamocelo bene questo tuffo, perché per altri tredici/quattordici anni non ascolteremo più niente di così significativo: è finita un'epoca musicale e culturale più che feconda, direi perfetta. È un addio definitivo ai '70, ai sogni, ai giochi, alle maschere, alle svolte, ai colpi di genio, ai trucchi sonori, alla musica fatta per fare musica. Se ci voltiamo indietro vediamo macchine del sole, superuomini, regine puttane, astronavi e alieni armati di chitarra e make-up, città infernali, striscie di coca, stazioni sottili e bianche, tastiere impazzite, e infine un Pierrot che ascolta una scarpa... ma è tempo di guardarsi avanti, anche se "tutto il resto è noia", come diceva il poeta.

"Teenage Wildlife" nella traduzione tratta da velvet goldmine

"Bene, come si spiega che vuoi solo il domani
Con la sua promessa
di qualcosa di difficile da fare
Un'avventura di vita vera
vale più dell'oro
Cieli azzurri sopra di te,
sole sulle tue braccia
e la forza nel tuo passo
E speranza in quei tuoi limpidi occhi urlanti
Riceverai una fredda accoglienza
ovunque andrai
Accecato dal desiderio
- suppongo che la stagione sia aperta

Così ti eserciti a lottare con le ombre, cerchi la verità
Ma è tutta, ma è tutta consumata
Hai distrutto
la tua arma da un milione di dollari
E ancora abusi, ancora abusi,
ancora abusi della tua fortuna

Sei un magnate dal naso rotto
Uno dei ragazzi della new wave

La stessa vecchia storia travestita di nuovo
Che viene avanti facendosi strada, oh - ooh
Brutta quanto un ragazzino milionario
Che fa finta
che sia un mondo di bambini prodigio
Mi prenderai da parte e dirai
"Beh, David, cosa dovrei fare?
Mi attendono all'entrata"
Io dirò "Non chiedere a me, non conosco entrate"
Ma si muovono in massa e mi stringono in un angolo
Sento di andare controcorrente, no-no
Non possono farmi questo
Non faccio parte
di quella fauna di giovinastri

Quelle levatrici del passato indossano vesti insanguinate

La parola d'ordine è che la preda è là fuori da sola
Sei solo forse per l'ultima volta
E respiri intensamente
Poi ululi come un lupo in trappola
E non osi guardarti indietro

Cadi a terra
come una foglia dall'albero
E guardi un'ultima volta
verso il vasto cielo blu
Urli forte mentre ti abbattono
No no, non faccio parte
di questa fauna di giovinastri
Non faccio parte
di questa fauna di giovinastri

E nessuno avrà visto
e nessuno confesserà
Le impronte proveranno
che non ce l'avresti fatta
Ci saranno altri in fila
ad archiviare il passato,
che sussurreranno a bassa voce
Mi manchi, doveva proprio andarsene
Beh ognuno per conto suo, era
Un altro pezzo della fauna di giovinastri"

Carico i commenti... con calma