Mary Ivette Guibert è nata il 20 febbraio 1948 a Panama.

Di lei mi piace una vecchia foto in bianco e nero. E’ il 23 ottobre del ’65, Mary ha solo 17 anni, sorride sotto il velo del suo abito virginale di sposa. E’ bella Mary, sembra felice mentre taglia la torta e Tim è lì, vicino a lei. Ma lui è rigido, imbarazzato, ha i riccioli stirati ed impiastricciati col gel, un abito scuro - di cui si intuisce tutta la scomodità - e uno sguardo che trafigge, indecifrabile, che sembra cercare altrove.

Io, ogni tanto, mi ricordo di guardare le stelle (ormai sempre più di rado, purtroppo) e, quando lo faccio, cerco sempre l’asteroide b 612. Quando lo trovo, stringo gli occhi, finché non vedo un ragazzino con una gran massa di capelli biondi che parla con il suo fiore. Certe volte vicino a quei capelli biondi, scorgo un’altra massa di capelli ricci, arruffati, castani scuri; allora so che il Navigatore delle Stelle è passato di lì a salutare il Bambino Biondo e li sento parlare di baobab e di volpi e di sirene.

Anche Mary avrà guardato tante volte il cielo, ma lei non può averci visto il Navigatore delle Stelle, perché lei – a differenza di me – sa bene che Tim è scomparso dentro un Buco Nero, e sa anche che quel Buco Nero, il Navigatore delle Stelle ce lo aveva nel cuore.

Tim era fuggito solo due anni dopo quella foto, per iniziare un viaggio che finirà, almeno su questo piano della realtà, a Santa Monica il 29 giugno del ’75.

Aveva solo 28 anni.

Ma Einstein ci ha spiegato, anche se facciamo fatica a capirlo, che lo Spazio ed il Tempo sono curvi. Così si può spiegare come sia stato possibile che quel Buco Nero abbia lasciato fuoriuscire qualcosa e, che quel qualcosa, abbia preso le sembianze di Jeff.

Quel qualcosa era lì che si agitava dentro quel corpo e prendeva la forma di una voce. Quando se ne è accorta Mary? Io credo che lei fosse più preoccupata di tenere quel bimbo lontano dalle Stelle. Ma ora con loro c’era Ron, e Ron amava la terra, le rocce : il rock.

Fu Ron a regalare a Scotty (così voleva essere chiamato Jeff) il suo primo disco, un disco dei Led Zeppelin.

Poi Ron li lasciò per un’altra donna, nel ’73, ma lasciò anche a Mary un altro figlio – Corey James – ed a Jeff l’amore per la musica rock.

E quell’amore è diventato un fuoco. Il fuoco di una passione che ha generato “Grace” ed il “live at Sin-è”. Mary non aveva paura di quel fuoco: sapeva che Jeff non aveva un Buco Nero nel cuore.

Perché parlo di Mary?

Perché non mi viene in mente nessun’altra persona che abbia perso così tanto a causa delle Divinità della Musica e non ha mai inciso un disco, né suonato in pubblico (pur avendo suonato, da ragazza, il violoncello) e, quindi, non riesco a fare a meno di perdonarle tutto. Per questo non riesco a giudicare male l’operazione che ha portato alla pubblicazione di questo “You and I”, anche se odio la necrofilia discografica.

Dentro ci sono dieci tracce sbucate da chissà dove, rimaste finora inedite, un paio di demo da “Grace” ed il resto covers: Dylan, gli Smiths, i Led Zeppelin, Sly and the Family Stone, Louis Jordan ( una “Don’t Let the Sun Catch You Cryin”, portata al successo da Gerry and the Pacemakers), Jevetta Steele (una straordinaria “Calling You”), uno standard (Poor Boy Long Way From Home).

Solo voce – quella voce! – e chitarra.

A che serve questa roba? Cosa aggiunge e cosa toglie alla storia di Jeff? Niente. Non sapremo mai se Jeff avrebbe saputo realizzare tutte le premesse che si intravedono in “Grace”, se a quella splendida epifania sarebbe seguito il capolavoro che quel nome portava dentro di sé. Perché “Grace” era solo l’inizio, l’intuizione di una possibilità che si sarebbe dovuta realizzare appena Jeff si fosse liberato dal fantasma di Tim. Per questo io preferisco ascoltare il disco dal vivo. Quel piccolo gioiello in cui – a tratti – lo sento libero, come quando intona una “The Way Young Lovers Do” da brividi.

Ma resta da dire dell’acqua. Perché i Greci avevano ragione: gli elementi sono quattro – aria (le stelle), terra (il rock), fuoco (la passione) e acqua. E, in questa storia – purtroppo- c’entra pure l’acqua.

Fa caldo a maggio, si sta con le finestre aperte, si respira l’aria che, ancora non afosa, porta con sé il profumo dei fiori. Fa caldo la sera del 29 maggio 1997, lungo le rive del Wolf River, appena fuori Memphis, così caldo che a Jeff gli viene voglia di farsi un bagno; chi era con lui racconta che, mentre nuotava, canticchiava una vecchia canzone dei Led Zeppelin.

Aveva 31 anni, tre più del Navigatore delle Stelle.

Quando mi chiedo perché ho speso dei soldi per procurarmi anche questo “You and I”, così come li ho spesi per i dischi dal vivo all’Olympia o al Bataclan e, persino, per “Sketches for My Sweetheart the Drunk”, il cui puzzo di morte mi impedisce praticamente di ascoltarlo, quando mi faccio questa domanda penso a Mary la sera del 29 maggio 1997.

E’ ancora bella Mary - nel 1997 ha 49 anni - guarda dalla finestra, non è preoccupata: Scotty (è così che Jeff voleva essere chiamato dagli intimi) prima o poi chiamerà. E’ a Memphis per registrare, ma lui non ha un Buco Nero nel cuore, non c’è motivo di preoccuparsi.

Mary si accende una sigaretta, aspetterà ancora un po’, poi andrà a dormire.

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