'Noi, ragazzi di oggi' (Edizione Straordinaria)

Kali Uchis, Jhay Cortez – La Luz [Official Music Video]

Con dedica e auguri a @[IlConte]
Non è kitsch, non è obsoleta, non è un vezzo: è il momento di rivalutare la chitarra synth | Rolling Stone Italia

Andy Summers - Roland GR-300 Guitar Synthesizer Demo with Jools Holland - G-808

Tema del giorno (alquanto serio, impegnativo e "pesante", dunque perfetto per il contesto):

"Non credo che il sintetizzatore sia veramente uno strumento", disse un grande chitarrista irlandese.
Ma che accade, quando la chitarra e il sintetizzatore sono un solo strumento?

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Rick Astley - Never Gonna Give You Up

Faccino educato da ragazzo perbene e impeccabile vocione "blue eyed soul", Rick Astley è stato uno dei cavalli di razza di quella (ennesima ed ulteriore) British Invasion di fine anni '80, con Duran e Spandau in leggera ma costante flessione e un'esigenza di nuovi nomi in cima alle classifiche.
Talento da predestinato e tutte le carte in regola per sfondare, col suo primo disco Rick - recitano testualmente le note di retro-copertina - "ha ottenuto ciò che la maggior parte della gente può solo sognarsi di ottenere".
Una sfilata di singoloni killer uno dietro l'altro (ma due su tutti: 'Never Gonna Give You Up" e "Together Forever"), prime posizioni in tutta Europa, recensioni entusiaste: abbiamo trovato il Tom Jones, se non il Sinatra (ebbene sì: si puntava alto) degli anni '80.
Il cantante del futuro.
Ma nel futuro le cose non andarono esattamente così.
Gli anni '80 sono gli anni '80, e non se ne esce vivi. Ed è difficile bissare un successo di certe proporzioni.
Per di più Rick, il ragazzo del Nord dell'Inghilterra (per la precisione, di un paese famoso per una fabbrica di locomotive), non ci sta a recitare la parte della pop star-usa e getta.
Come il collega Nick Kamen, fa un album - "Free", eloquente fin dal titolo - in cui prende le distanze dalla disco frivola degli esordi alla ricerca di uno stile più autentico e veramente soul. Partecipano Elton John e il suo idolo Michael McDonald, ma le vendite sono inferiori. Leggermente, almeno per il momento.
Ma il successivo flop commerciale del '93 prelude a una lunghissima assenza dalle scene. Rick Astley resta relegato agli anni '80, è il fenomeno di quella stagione e basta. Non lo chiamano più, e quando lo chiamano è solo per programmi revival in TV.
Eppure ha tanti fans, nel music business. Anche insospettabili. Uno è Dave Grohl, che lo vuole sul palco con i Foo Fighters. E' l'inizio della rinascita.
E complice il suo inserimento in un meme, il video di 'Never Gonna Give You Up' diventa virale anche fra i millennials. Tuttora viaggia spedito verso il miliardo di visualizzazioni, traguardo all'esclusiva portata delle pop star odierne.

Rick Astley è tornato? In fondo, non se n'era mai andato.
Odd Couple - Yada Yada (Official Video)

Belle cose crucche

(belle... insomma)
El General - Te Ves Buena

Proprio mentre Bush senior comandava la deposizione di Faccia d'ananas-Noriega, a Panama muoveva i primi passi (di danza) tale Edgardo Armando Franco, meglio noto come El General.
Il pluridecorato panamense, che comunque che non ha nulla a che vedere con Noriega e aveva studiato management negli USA, iniziò all'alba dei '90 a sperimentare una sua personale fusione di reggae in spagnolo, dancehall e hip hop.
Qualcosa per cui ancora non esisteva un nome, dato che nessuno o quasi - ancora - parlava di reggaeton. E non certo lontano da San Juan.
Ma il Generale ci arriva per conto proprio, apparentemente senza predecessori e senza legami con la scena portoricana. Tranne, appunto, quei cantanti di reggae in spagnolo che dallo stretto transitavano fin dagli anni '70.
Il ritmo è quello che ormai conosciamo tutti, ma immaginate come potesse suonare (fra il '90 e il '91 o giù di lì) una cosa come questa. Tre minuti di puro tunz-ta-tunz da cantare a una "mami" che ha le forme di una bottiglietta di Coca Cola.
Cola compresa (per la coca, non c'era che da guardarsi intorno).
Successo travolgente e dischi di platino a cascata, fino al ritiro. Improvviso e irreversibile, per entrare nei testimoni di Geova.
Da cui il detto, celebre a Panama: "se un testimone di Geova bussa alla vostra porta fate attenzione, perché potrebbe essere l'inventore del reggaeton".

Ma non ditelo a Puerto Rico.
Erika Vikman - Cicciolina (Lyric Video) // UMK20

Dalla Finlandia, l'omaggio all'ungherese più famosa d'Italia.
Rave On Van Morrison #RaveOnVanMorrison

Un velo di pietoso imbarazzo va a coprire alcune esternazioni recenti dell'uomo di Belfast.
Un velo che non sarò io a rimuovere.
Optando invece per la segnalazione di 'Rave On Van Morrison", un'iniziativa della rivista irlandese Hot Press, per celebrare (come meglio non si poteva, visto il periodo) i 75 anni di Sir Van.
Oltre 80 artisti irlandesi - mostri sacri, affermati e diversi emergenti - rendono omaggio, ognuno con una cover. Perlopiù, registrazioni domestiche al tempo del lockdown (ironia).
Molte versioni riuscite, altre meno. Ma quello che mi piace è che tutte le fasi della carriera sono rappresentate.
Per un Hozier e un Damien Rice che scelgono 'Moondance', abbiamo una Moya Brennan a interpretare con l'arpa un pezzo del 2002, e un Bob Geldof mai così bucolico Bob Geldof – I'm Tired Joey Boy (Van Morrison Cover) #RaveOnVanMorrison fra i paesaggi di 'Avalon Sunset'.
Notevole la resa dello strumentale 'Scandinavia' da 'Beautiful Vision', ad opera del gruppo folk Beoga.
Sorprendono le ri-apparizioni di Leslie Dowdall degli In Tua Nua, gruppo anni '80 che qualcuno ricorderà, e soprattutto di Shuhada' Davitt alias Sinéad O'Connor. Che sceglie 'Veedon Fleece' Sinead O'Connor – Who Was That Masked Man (Van Morrison Cover) #RaveOnVanMorrison

Al presidente della Repubblica d'Irlanda in persona è affidata la parte recitata di 'Rave On John Donne'.

Certo: fra le canzoni manca 'Born To Be Free', personale punto di vista su restrizioni e mascherine, uscita il 25 settembre su Spotify.
Ma direi che potremo farcene una ragione.
Oasis - Don't Look Back In Anger (Official HD Remastered Video)

"Senza di me, oggi starebbe ancora stirando mutande".
Un fratello ha detto questa cosa a proposito dell'altro fratello, ma indovinate quale.

Sta di fatto che sono 25 anni dal disco che risponde al nome che sapete, anche se sembra ieri.
E anche se il singolo in questione fu il tormentone della primavera del '96, quando tutti (ma proprio tutti, anche chi non se n'era accorto prima) fecero la conoscenza di queste facce.

Fu davvero album "generazionale"? Disse davvero la sua nella storia della Musica - e, se sì, in che modo e misura per l'esattezza?
Furono forse i più grandi dei '90 e non solo? (quattro di Liverpool a parte - se proprio dobbiamo)
Li amavate, vi garbavano o al solo sentire il colpetto di tosse fra Roll With It e Wonderwall era odio istintivo e incontenibile?
E cosa più importante: senza questo disco (e i meriti che uno dei due fratelli - ma indovinate quale - attribuisce solo a sé stesso), starebbero davvero stirando mutande nel 2020?

Contestualizzate, ma solo se vi sembra il caso.
Ein Kessel Buntes, Friedrichstadtpalast Berlin, 27.09.1975 (Karel Gott, The Rubettes, Peter Albert)

Ein Kessel Buntes ("Un calderone di colore") era una sorta di Top of the Pops della DDR.
Ma andava in onda molto meno spesso: appena sei puntate all'anno, con la crema degli artisti tedeschi e internazionali. Ovviamente, solo quelli che ANDAVANO BENE.
Era comunque uno spettacolo di primissimo livello, tanto che lo guardavano (quelli che ne captavano il segnale) anche i tedeschi dell'Ovest. Che pure avevano Musikladen.
In questo show est-berlinese del '75 abbiamo: al minuto 1 l'usignolo cecoslovacco Karel Gott, al minuto 20 il trio polacco 2 + 1 (Dwa plus jeden) col suo folk-pop tuttora apprezzato anche ad Ovest, al minuto 45 il piccolo cantante e trombettista norvegese Eivind Løberg, al minuto 58 lo schlager dell'idolo di Erfurt Peter Albert, a 1 ora e 12 ancora folk bucolico col duo Sandra Mo & Jan Gregor (i Sonny & Cher di Dresda), a 1 e 22 finalmente il momento rock con i (comunque innocui e zuccherosissimi) Rubettes, a 1 ora e 45 il bis di Karel Gott per l'ovazione, a 1 e 49 un tris di dive della ČSSR (Jitka Zelenková, Vlasta Kahovcová & Jarmila Gerlová), a 1 e 52 Karel Gott, che avrete capito quanto fosse apprezzato, per la terza volta.
In mezzo: sketch, balli di folklore e - segnalo - ballerini che fanno numeri coi cappelli a 1 e 08.
Kid Blue - Louise Goffin
Oh My God (feat. Van Dyke Parks)

Capitolo FIGLI DI- .
Lei non c'è bisogno di specificare di chi sia figlia, sia per il cognome sia perché è la fotocopia della madre.
Cui somiglia pure in quanto a voce, e nel debutto su disco (registrato da teenager) in parte si cercò di enfatizzare questa somiglianza.
Nel possibile, perché in realtà quell'album era più vicino a certo AOR che non allo stile degli anni "classici" della mamma.
Complici la produzione e il coinvolgimento di alcuni nomi (Steve Lukather, David Paich, Mike Porcaro) che parlano da soli. Ma era un bel disco, per una diciannovenne che coi giusti - inevitabili - agganci avrebbe dovuto fare una certa carriera.
Senonché, ho poi dedotto che lei verosimilmente se ne fregava di diventare la nuova Pat Benatar o la nuova Stevie Nicks degli anni '80, e io direi: per fortuna.
Quindi pochi dischi (relativamente) in oltre quarant'anni d'attività, sempre lontano dai riflettori, qualche apparizione ad aprire i concerti della madre, zero operazioni ruffiane a campare di rendita.
Fino all'ultimo disco, autoprodotto e autopromosso dalla propria pagina Facebook, copertina che è un vecchio disegno di una certa Joni Mitchell, amica di famiglia.
Fra gli altri, un pezzo orchestrato da un certo Van Dyke Parks, amico di famiglia anche lui, che una pagina Facebook non ce l'ha nemmeno.
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Non per vantarne il possesso, sia chiaro...
Del resto, trattasi di un album tutt'altro che raro. Se cercate lo trovate, e può darsi che lo troviate anche senza cercare.
Particolare sì, comunque, e non solo perché è una colonna sonora.
Anche un po' sottovalutato, direi. Ha avuto la colpa di uscire fra Night and Day e Body and Soul.
Quanto l'abbia apprezzato io, potete dedurlo dalle condizioni della copertina. Mi spiace solo di non aver mai visto il film (con Debra Winger).
Per il quale - disdetta - pare abbiano usato una minima parte della musica di Joe, sostituendola con qualche anonimo tema firmato John Barry.
Va ascoltato perché è un lavoro in pieno stile-Joe (tema di Moonlight bellissimo, vagamente ricavato da A Slow Song ma non mi sembra un difetto; Cosmopolitan gran tiro; e undici minuti di strumentale latino che farebbero una certa figura anche su un disco fusion).
Il sax lo suona lui, ma è il dettaglio più scontato.
THAI 80S CITY POP COMPILATION VOL.1
THAI 80S CITY POP COMPILATION VOL.2

Gli anni fra il 2523 e il 2532 furono straordinari per la musica siamese.
Zero chitarre distorte, zero asperità, zero rock psichedelico e roba affine.
Solo morbidissimo, levigato e lussuosamente confezionato CITY POP.
Socrates - Phos* 1976 (full album)

In origine (e anche dopo, ma solo in particolari occasioni) furono Socrates Drank the Conium, "Socrate bevve la cicuta".
Dato però che sulla morte dell'ateniese era già stata prodotta abbondante letteratura, e che soprattutto non era esattamente il più agile dei nomi per una band, scelsero di abbreviare (anche sulle copertine) il nome in Socrates. La sintesi è sempre importante.
Entrarono nella storia - e nelle classifiche inglesi, ove stazionarono addirittura un paio di settimane - con l'album Phos (Luce) nel 1976. Produsse Evangelos Papathanassiou, la cui (onni)presenza nel disco va ben oltre il ruolo di "special guest" e co-autore che gli viene accreditato.
Sotto la direzione artistica del Papathanassio, il rock blues muscolare della band - dominato dai riff hendrixiani del guitar-hero del Pireo Yannis "John" Spathas - si concede ariose ed evocative aperture ambient/progressive all'insegna di celestiali trame di synth (la maestosa coda di 'Every Dream Comes To An End'), quando non complesse intelaiature folk di sapore ellenico e/o britannico con particolare riguardo ai Gentle Giant ("Time of Pain") e inevitabili quanto pregevoli richiami al pop degli Aphrodite's Child ("A Day in Heaven").
Radiosa testimonianza delle potenzialità del rock greco, meno prolifico di quello degli innominabili dirimpettai anatolici ma non certo meno ispirato, e un modo per ricordare Yannis Spathas, scomparso nel 2019.
Ragazzo dell'Europa

Certo... pezzo struggente, come no, al pari del violino e del mandolino di Pagani.
Ma a noi che si spacca il capello in quattro questo non interessa, se non in secondo o terzo luogo.
In primo luogo ci premono invece i retroscena di studio, come quello sul batterista.
Che a Gianna non andava proprio giù - e lo fece presente ad Annie Lennox, pure lei presente alle sessions.
Ma che batterista è, questo? Sembra un ragioniere, suona ingessato - ammesso sappia davvero suonare.
Te ti serve uno più muscolare, pare abbia detto Annie Lennox, uno veramente rock'n'roll.
Allora Gianna va dal produttore: un "certo" Conny Plank, tedesco... i musicisti li aveva portati lui.
Non è che si potrebbe cambiarlo, sto batterista?
Conny Plank non rispose niente ma la guardò malissimo. Di sostituire il batterista, non ci pensò nemmeno.
Il batterista era un tedesco pure lui, si chiamava Jaki Liebezeit.
Spot Lunar BIVIO Gioielli 30' - Barbara Chiappini

Può bastare un nome - se il nome è Barbara Chiappini.

#momenti
Che fine hanno fatto i protagonisti di 'Pappa e Ciccia'?

CHI non si è fatto la stessa domanda? (in tutti questi anni)

#momenti
José José - Gavilan O Paloma
gavilan o paloma pablo abraira djrally73

Il 2019 è stato un anno tragico, per la canzone melodica in spagnolo.
Ci hanno infatti lasciato, e a soli venti giorni l'uno dall'altro, Camilo Sesto (onnipresente nei jukebox degli anni '70 e protagonista, fra le altre cose, della versione iberica di Jesus Christ Superstar) e il messicano José José.
Definito 'El Príncipe de la Canción' per antonomasia, José José fu per lunghissimo tratto il maggior interprete mondiale di ballate e boleros. Naturalmente a sfondo sentimentale, naturalmente con quella vena tragica/patetica che tutti i cultori del genere, tutt'ora, gli riconoscono.
'Gavilán o Paloma', composizione dello spagnolo Pérez-Botija, è uno dei suoi successi senza tempo. Attorno alla canzone fu anche girato un film omonimo, nel 1985. Protagonista era lo stesso José José - già vittima dell'alcolismo e di altri guai di salute che, all'alba del nuovo millennio, l'avrebbero reso afono.
In Spagna, però, la versione che tutti gli ultracinquantenni conoscono a memoria non è quella di José José, ma quella di Pablo Abraira. Non altrettanto nota è la canzone da noi, tranne che per una versione italiana di Julio Iglesias dal titolo 'Amico', sull'album 'Sono un pirata sono un signore'.
Il brano racconta di come, al termine di una 'noche de copas', il maschio predatore sia fatalmente tratto nella rete di una donna misteriosa (e sola) che l'ha stregato con lo sguardo. L'avventura è inevitabile.
Senonché, al primo contatto con la maliarda, il maschio percepisce qualcosa di anomalo. Qualcosa di imprevisto si frappone tra lui e l'oggetto del desiderio.
Il calore dell'incontro, all'improvviso, si trasforma in gelo.
Al guardarti da vicino mi sentii tradito. Il tuo aspetto m'aveva ingannato.
E il maschio predatore, convinto di essere lui falco e lei colomba, realizzò che i ruoli si erano invertiti.

Julio non avrebbe mai potuto cantare un testo del genere. Il testo di 'Amico', infatti, non ha nulla a che vedere con l'originale: via gli uccelli, via i falchi e le colombe, rimangono una banalissima situazione a tre, un passaggio dato e un amico cornuto a cui Julio (pentito) si rivolge nell'accorato refrain.

..."per quelo che ti facio, io mi sento uno stracio..."

Ma per una volta, possiamo dirlo, il numero Uno non fu Julio.
Sbaglia a leggere i risultati del calcio

Il (vero) bello sarebbe arrivato su Vicenza-Bologna.

#momenti
I BTS raggiungono i Beatles: hanno venduto più di un milione di copie nella prima metà del 2020 - Radio 105

Il tema del giorno (che vorrei proporre) è una notizia di questi giorni.
Se ne è parlato molto negli ultimi mesi, si prefigurava questa possibilità, ma ora è ufficiale:
i BTS eguagliano i Beatles.
Cadono anche gli ultimi record a resistere: i numeri su cui è si è fondata la Storia della Musica vengono polverizzati.
E il tema non è se, al momento, i BTS siano la più grande band al mondo. Ribadirlo sarebbe superfluo.
Il tema è: i BTS si accontenteranno di aver eguagliato i Beatles o punteranno direttamente al sorpasso - stabilendo ulteriri primati e diventando, a quel punto, i più grandi di tutti i tempi senza più discussione?
Questo, il tema.

Contribuite se e come volete.