Confusional Quartet - Confusional Quartet

Tra i miei preferiti, d'ora innanzi
 
Hector Zazou ‎– Sahara Blue (1992 - Album) Concept Album del 1992 andatevi a vedere gli artisti che hanno partecipato! Incipit di Depardieu
 
Abba - Money, Money, Money
R.I.P. Lasse Wellander
 
Iron Man

Woody Shaw (9 di 10)
"The Iron Man" from: The Iron Man
1981 (Muse)

#jazzlegends
 
Pilot - It's Magic • TopPop
R.I.P. Ian Bairnson
 
Crossing Of The Sun-Ra Nebula fresco fresco di ristampa questo discone hi-tech soul drexciyano.
 
Janet Lynn - Tainted Rose

Blues al femminile.
 
Death In June - Tick Tock
Dear ticktokers, it's trash time.
 
Musiche altre di mondi altri (sottotitolo: 'scolta un cretino)
David Fanshawe - "African Sanctus"
"...e allora statevene fra di voi ad ascoltare gruppi peruviani con la cornamusa che se li ascoltano in 4 gatti e che non se li comprano neanche i loro parenti!" (cit.)
ECCOMI! PRESENTE! Io spocchioso saputello, frequentatore delle nicchie più maleodoranti e nascoste, che "io non farò mai parte di una maggioranza" come diceva quello in quel film...vi propongo di ascoltare alcune delle robe più impensabili che mi siano capitate tra le mani e le orecchie negli anni. Voi, date retta a un cretino, perdeteceli 5 minuti che ad ascoltare (leggere, guardare, mangiare, annusare...) sempre le stesse cose che già sai come sono, che non rischi, succede semplicemente che ti si atrofizza il cervello.
19) David Fanshawe
Storie che andrebbero raccontate, David Fanshawe. Quando ricevette la laurea honoris causa di Doctor of Music nessuno ricordò che i suoi studi erano stati interrotti a causa della dislessia che gli impediva di leggere uno spartito musicale e che, per questo, non era riuscito a raggiungere il titolo dicorista. Fu un'amica di famiglia (una baronessa francese...una vera storia d'altri tempi) a capire il talento del ragazzo, che studiava pianoforte da autodidatta, ed a decidere di istruirlo lei stessa spingendolo fino al Royal College of Music, dove studiò composizione con John Lambert e vinse una borsa di studio nel 1965. Ma, oltre alla passione per la Musica, David aveva un altro grande amore: i viaggi.
Prima ancora di terminare i suoi studi, David, raggiunse - in autostop - il Medio Oriente e, lì, si innamorò della musica araba. Continuò a viaggiare ed a registrare quei suoni e quelle musiche che, in Europa, conoscevano in pochissimi. Negli anni successivi David risalì il Nilo, attraversò Egitto, Sudan, Uganda e Kenya fino a raggiungere il Lago Vittoria, dopo circa 3 anni. Con sè aveva un piccolo registratore stereo con il quale invitava i musicisti locali a suonare per lui. Al suo ritorno in UK, nel '72, usò quelle centinaia di ore di registrazioni per comporre quello che divenne il suo lavoro più noto: "African Sanctus" che lui dedicò alla sua prima moglie Judith Croasdell e che gli diede fama e prestigio (almeno dalle sue parti...)
Ma il suo progetto più ambizioso fu quello di recuperare la musica e le tradizioni orali di Polinesia, Micronesia e Melanesia. Partì nel 1978 e viaggiò per oltre 10 anni raccogliendo migliaia di ore di registrazioni. L'opera doveva intitolarsi "Pacific Song" o qualcosa del genere ma, un ictus se lo portò via a soli 68 anni impedendogli di terminare quel lavoro.
Leggete bene: 1972! Ben prima che la World Music diventasse una moda. Il lavoro di Fanshawe non è solo in anticipo sui tempi è anche qualcosa di completamente diverso: un vero - e commovente - tentativo di "sincretismo" tra musiche e culture. Un'Opera di Musica Sacra che, attraverso la Musica, abbattesse gli steccati alla ricerca di quello Spirito che pervade il
 
Chet Baker - She Was Too Good To Me

#unochenonsiannoiavaperniente

Tentativo, quasi impossibile, di un viaggio semi-serio tra la discografia e le innumerevoli collaborazioni di Steve Gadd, in ordine quasi cronologico
1974 CHET BAKER - SHE WAS TOO GOOD TO ME
 
YouTube video non trovatogRANVi76bxT7K6U grande pezzone, massive e video
 
The Primates-The Creep!!!

E se l’inizio è folgorante, la chiusa fa pauraaaaaaaaaaaa… così come la rece del Rverendo

Un solo album. E poi i primati tornano nella giungla da dove erano venuti.

Nati a Youngstown (quale nome migliore per una band di stupidi teenagers che si divertono a rispondere alle poche interviste con dei versi da scimpanzé?, NdLYS), i Primates arrivano a Los Angeles sull’onda emotiva che convoglia flotte di capelloni verso il Cavern Club cercando il loro attimo di popolarità. Erik Bluhm, Brett Miller, Ted Edlefsen, Brian Corrigan quell’attimo ce l’hanno nel 1986.

Un attimo e basta.

E a che sarebbe servito averne un secondo?

Quel solo attimo basta.

Perché quell’attimo produce uno dei dischi garage più piacevoli di tutti gli anni ’80, nonostante all’epoca venga tacciato di essere solo un disco di serie B. Prodotto da Brett Gurewitz nel periodo della sua sbornia per il sixties-sound (produrrà pure il secondo dei Morlocks, l’esordio degli Untold Fables, Magic Still Exists dei Leopards e Drop of the Creature degli Steppes prima di finire anche per un breve periodo tra le fila degli Yard Trauma, NdLYS) e da Greg Shaw, We Are The Primates puzza di garage punk becero e primitivo.

È la pruriginosa vulva di una donna neolitica che si schiude, primordiale e affamata, odore ancestrale e selvaggio di femmina in calore attorno alla quale ballano questi quattro Monkees dell’età della pietra, imbottiti d’alcol e coperti da pellicce di mammuth.

Chi ama i suoni ricercati stia alla larga, oggi più di allora che qui è tutta una selva di maracas, accordi essenziali, cembalo e gemiti da macaco in calore. Tre cover che sembrano essere state scritte apposta per loro (Outside dei Downliners Sect, Born Loser di Murphy & The Mob, I Got Nightmares dei Q65) tanto sono conformi alla cifra stilistica primitiva adottata dal gruppo, una curiosa versione di I Go Ape di un insospettabile Neil Sedaka e otto numeri originali che sono una devastante rappresentazione del beat basico avvolto in cartapecora fuzz e saliva Pretty Things periodo Get the Picture?.

Poi, più nulla: dei primati, eccetto Eric Bluhm che diventerà uno dei più pregiati dj americani, custode della nebbia purpurea del garage, dell’acid rock e del folk rock degli anni Sessanta, non resterà traccia alcuna e anche della ristampa del loro disco, in vinile marchiato Soundflat nessuno oserà parlare, non sapendo cosa dire.

Uh! Uh! We are The Priiiiiimates!!!!
 
The Afghan Whigs: Debonair Di questa meraviglia posso solo ringraziare il buon vecchio caro Rivo
 
The Primates - I Go Ape

… poi ti coverizzano Neil Sedaka così… Neil Sedaka…
 
Röyksopp - What Else Is There ? Bello tutto, video fantastico
 
Crocodile Rock

Un po’ di eltoniana leggerezza!