1°: PIGRO
Dopo tanti anni di gavetta e un capolavoro alle spalle chiamato I lupi Ivan decide di puntare ancora più in alto: richiama a se i migliori musicisti del periodo e aumenta vertiginosamente il budget per le registrazioni...e il risultato parla da se. Pigro è un album straordinario, composto da 8 tracce che riuscirono a portare una delle prime ventate di rock alle orecchie di tutti gli italiani, con dei suoni curati alla perfezione e sempre originali. Il ruolo del cavallo di Troia spetta a Monna Lisa, introdotta da un riff meccanico e trascinante e che racconta di un uomo che decide di rubare la Gioconda dal Louvre per distruggerla; in questo pezzo figurano tutte le caratteristiche dell'artista, testo stralunato e vivace, un rock potente che esplode nel ritornello a suon di Monna Lisa. Dopo un inizio del genere il disco assesta le due ballatone principali: Sabbia del deserto, con un arrangiamento di fiati magistrale, racconta di un artista che (soprav)vive nella sua cittadina di provincia dove ritrova la sua ragazza e i suoi parenti perennemente in affanno per lui; la seconda è Paolina, ritratto di matrice leggermente Vendittiano delle giornate e le sofferenze quotidiane di una ragazza al centro del desiderio di certi uomini. In mezzo al disco all'improvviso si materializza uno dei pezzi più riusciti di tutto il repertorio del cantautore, introdotto da un riff di chitarra potente ed aggressivo e da un tempo di batteria duro e preciso che creano immediatamente un'atmosfera di inquietudine: questa è Fango, storia cruenta di un ragazzo di 21 anni che compie un omicidio. Il testo è di una bellezza disarmante, sembra di essere davanti al giovane assassino e l'arrangiamento raggiunge uno dei livelli massimi nel campo della chitarra di Graziani che danno una forza e una grinta al ritornello creando un incanto sonoro tra il cruento e il magico. Andando a frugare il lato B abbia un brano molto particolare, ovvero la title track Pigro: costruita su un giro di chitarra acustica apparentemente semplice e orecchiabile viene raccontato il modo di pensare bigotto di certe categorie borghesi che si leggono libri su libri ma non sanno capire neanche la differenza tra il ramo e la foglia; un piccolo e ghiotto classico del repertorio di Ivan. Dopo Al festival slow folk di b-Milano, presa per i fondelli ai gruppi progressive di allora in salsa rock-folk, arriva un altro dei brani migliori dell'artista: Gabriele D'Annunzio, un titolo che è un mero specchio per le allodole dato che parla di un contadino rozzo e incivile che poco ha a che vedere con il poeta; l'arrangiamento è composto quasi esclusivamente dalla chitarra acustica, condita in certi passaggi solo dai flauti. La grandezza di Ivan stava proprio in questo, riuscire a incantare e a sorprendere anche usando degli arrangiamenti semplici e basilari nello stile del cantautorato di allora. Questa piccola opera si chiude con un'altra ballata chiamata Scappo di casa: stavolta è il piano a sorreggere buona p
 
2°: AGNESE DOLCE AGNESE
Nel 1979 Ivan è al massimo dell'ispirazione artistica e solo l'anno precedente aveva pubblicato un album che risulterà uno dei momenti più ispirati della sua produzione ottenendo anche un gran successo di vendite. Dopo un evento del genere Ivan tentò di fare ancora un passo in avanti, sfornando dieci tracce per uno dei capolavori della musica italiana: Agnese dolce Agnese. L'inizio da subito il LA a tutto: un riff di chitarra acustica leggendario e percussioni penetranti, questi gli elementi predominanti in Taglia la testa al gallo, un invito a sfidare qualcosa o qualcuno che ti da fastidio. Andando a girare il disco andiamo invece ad incontrare Agnese, un pezzo lento e sognante che racconta alcuni momenti passati con una ragazza che ora vive solo nella memoria del protagonista; un vero e proprio amarcord che va ad attanagliare la mente del protagonista che si pente di non essersi mai dichiarato a lei. Questi due brani sono le due facce dell'album, che mischia sapientemente il rock e le ballate con i testi a volte infuriati, a volte realisti, a volte fiabeschi di Ivan Graziani. Ci sono momenti di pura autobiografia come Fame, racconto di come la fame (una signora di classe) possa spingere a fare cose che si odiano a morte, ci sono le storie di provincia assurde e oscure come Veleno all'autogrill e Canzone per Susy, ma se nella prima troviamo un ragazzo che ruba un salmone a un autogrill su base blues/rock nella seconda abbiamo la storia di Susy, ragazza di un bassista che però è già sentimentalmente impegnato; il tutto finisce con l'altra ragazza del bassista che taglia i capelli di Susy. Tra le tracce vi sono anche dei momenti dedicati alla religione e a tutto ciò che si viene a creare intorno: Il piede di San Raffaele, ironica nell'affrontare la scaramanzia di quelli che che vanno a baciare le reliquie dei santi per avere fortuna, o anche Il prete di Anghiari dove più che un prete sembra di ritrovarsi davanti a una figura mitologica. Dentro al disco vi è anche un brano tra i più amati dal pubblico di Ivan e dallo stesso autore: Fuoco sulla collina è un manifesto dell'illusione giovanile, quella che spinge i ragazzi a fare percorsi lunghi e pieni di intemperie per qualcosa che alla fine si scopre essere solo un pugno di mosche; questo è il significato del pezzo nell'ottica odierna, ma se si pensa che è un pezzo del 1979 che voleva raccontare le rivolte giovanile causate dal 68 ci si rende conto che il pezzo non è invecchiato di una virgola e che col tempo ha assunto molteplici significati. In conclusione a questa piccola analisi, Agnese dolce Agnese è un album che riassume alla perfezione le molteplici sfaccettature di Ivan riuscendo a unire il suo lato più estremo e rockettaro a quello più delicato e sognante

La gemma:
Fuoco sulla collina
 
3°: I LUPI
Un anno dopo Ballata per 4 stagioni, album musicalmente ottimo ma con dei pezzi non ancora nel pieno stile di Ivan, arriva un album leggendario che altro non è che una bomba contenente tutte le qualità di Ivan Graziani. Aiutato dal collega e amico Antonello Venditti, Ivan tira fuori dal cilindro un disco sporco e incentrato di più sugli arpeggi virtuosi alla chitarra. Il compito di accogliere l'ascoltatore spetta alla title track e già fa capire le intenzioni del lavoro: un riff di chitarra penetrante e leggero come una piuma fa da sfondo a una storia di guerra, dove i lupi citati altro non sono che dei semplici soldati diretti sul campo di battaglia, e nel ritornello si apre rendendo il cantato violento e le chitarre più rock e dure. Dopo un'incipit del genere arriva immediatamente un altro brano duro e crudo dal titolo di Motocross:la classica storia oscura e magica che parla di questo ragazzo (forse Ivan stesso) invidiato per la sua moto che si innamora di una ragazza che alla fine ruberà il suo veicolo con altri due loschi figuri, il tutto condito con un arrangiamento rock e trascinante che catapulta l'ascoltatore accanto al nostro protagonista...non sembra per niente l'autore dell'anno precedente. La sostanza è rimasta intatta ma il modo di scrivere è cambiato totalmente. E tutto il resto dell'album rimane sui binari dei primi due brani ma allo stesso tempo prende continue deviazioni: Ninna nanna dell'uomo è di fatto un brano unico nella discografia di Ivan, sia perchè cantata in dialetto abruzzese sia per l'arrangiamento che unisce in modo sapiente il piano e la chitarra in un modo che non ricapiterà frequentemente, ma anche Lugano addio, unica ballata in tutto l'album su cui non ho intenzione di dilungarmi eccessivamente dato che più o meno di questa traccia è stato detto tutto. Preferisco invece citare Eva, storia di una prostituta raccontata con un testo il cui stile ha delle similitudini con quello di Venditti appunto, oppure Il topo nel formaggio, semplice invito a non accontentarsi ma a rosicchiare tutto ciò che c'è di buono, oppure anche Il soldo che pur essendo meno a fuoco rispetto alle due precedenti è un brano che racconta la vita con il solito fare di Ivan. Insomma sennò andiamo avanti fino a notte, I lupi è il primo capolavoro di Ivan Graziani, un album che con le sue storie di vita quotidiana e gli arrangiamenti grezzi e intensi lo rendono un lavoro fuori dal tempo, completamente distaccato dal modello cantautorale in voga quegli anni

La gemma:
Motocross
 
4°: VIAGGI E INTEMPERIE
Quando un artista si rende conto che in quel momento aveva scritto una bella manciata di capolavori la prima cosa che gli viene in mente è tentare di replicare la formula di quelle opere e facendo ciò il prodotto finale risulterà decisamente inferiore rispetto ai suddetti capolavori. Ivan invece cambiò parzialmente la formula, viene ammorbidito l'uso della chitarra e puntato il tutto su ballate raffinate e boogie ben costruiti. Questo è Viaggi e intemperie, un album ottimo che si allontana dai tre predecessori: dentro possiamo trovare pezzi arrangiati e scritti magistralmente come Siracusa dove ritroviamo anche interessanti cambi di tempo, Isabella sul treno, scatenata storia di un incontro su un treno a ritmo di uno sfrenato boogie e così via. Dentro ci sono anche ballate degne del miglior Ivan come Firenze che è in assoluto uno dei testi più originali mai scritti da Ivan e Olanda, che forse rispetto a Firenze è meno ispirata però trasporta abbastanza. Ivan in tutto ciò non può aver buttato all'aria il suo virtuosismo selvaggio ed ecco spuntare la monumentale Tutto questo cosa c'entra con il rock and roll e la meravigliosa Dada, brano decisamente non facile che affronta molti temi scottanti come l'omosessualità e l'uso della droga tra i più giovani. In questo poker di capolavori però spuntano fuori Radio Londra con un testo non troppo ispirato ma con un arrangiamento notevole e Angelina, che aggiunge poco al resto dell'album sotto il profilo del testo e dell'arrangiamento. Nonostante queste due piccolezze Viaggi e intemperie è un album che suona meravigliosamente, suonato alla perfezione. Magari l'ispirazione non sarà quella di I lupi e gli arrangiamenti hanno perso un po' la durezza apparsa precedentemente, però rimane comunque uno degli album migliori di Ivan

La gemma:
Dada
 
Pixel

Non è colpa dei mixer se ho la voce più triste, come mai...
 
5°: IVANGARAGE
Dopo un periodo più commerciale e meno ispirato, Ivan decide nel 1989 di rialzarsi in grande stile, con un disco pepato, grintoso e ispirato come non lo è mai stato dopo l'80. Ivangarage è un disco che ritorna al rock, anzi si potrebbe dire che Ivangarage è un disco che tenta la strada dell'hard rock: dentro compaiono pezzi come Prudenza mai, un vero e proprio manifesto d'intenti e di stile, Ora et labora, sulla vita dei monaci, Psychedelico, puro frullato di pazzia, Un uomo, dove Ivan ci fa capire che ancora non è finito; questi 4 sono i brani più estremi mai prodotti da Ivan, dove la chitarra è suonata in maniera sporca e grezza, ancor più che in certe tracce di Agnese dolce Agnese (Fame, Veleno all'autogrill, Dottor Jeckill and Mister Hyde, Fuoco sulla collina). Ma Ivangarage non è solamente sano e sporco rock: ci sono ballate meravigliose come Guagliò guagliò e Radici nel vento, una dolce dedica a un amico deceduto in Noi non moriremo mai e I metallari, pezzo che già dal titolo ti fa presagire schitarrate a destra e a manca e che invece altro non è che una ballata che vuole smontare la figura del metallaro. In più abbiamo anche la nuova dark story Jhonny non c'entra, storia (mezza) vera di un bambino di 7 anni che uccide suo padre, e la conclusiva e ironica E mò che vuoi, con un testo che parte incazzato e diventa romantico (un modo curioso di finire un album...). Cosa si può dire in conclusione di questo Ivangarage? Un album che recupera la vena pura di Ivan, divisa tra rock sardonici e grintosi e ballate meravigliose, dove il limite stesso del rock italiano viene scavalcato, creando episodi hard rock riconducibili più al rock britannico/americano che al rock made in Italy; insomma, da qualsiasi prospettiva lo si guardi Ivangarage rimarrà un caso unico nella discografia del nostro e uno degli episodi di Ivan, insieme ai 4 album usciti tra il 77 e l'80

La gemma:
Prudenza mai
 
6°: IVAN GRAZIANI
Nell'83 Ivan torna a giocare sicuro, lasciando affinare gli arrangiamenti al sommo Giampiero Reverberi facendo uscire questo Ivan Graziani. Innanzitutto l'album segna l'evoluzione dello stile del precedente Seni e coseni: da un lato vengono fuori ballate indimenticabili come Signora bionda dei ciliegi, Navi e 140 km/h, che acquistano un pathos e una grinta che in alcune ballate del precedente album andava un poco a scemare, dall'altro abbiamo il rock duro e raffinato nella celebre Il chitarrista e nella storia surreale di Torna a casa Lassie. In tutto questo l'ispirazione sembra tornata sugli standard nel nostro, tirando in ballo la scoperta del sesso in Signora bionda dei ciliegi, una storia d'amore nella ventosa Trieste in 140 km/h, la vincita di una notte con una ragazza in una partita a carte in Il chitarrista (tra l'altro scritta insieme ad Alfredo Rapetti, figlio del leggendario Mogol) e così via. A equilibrare il bilancio vengono inserite Palla di gomma, dove la mano di Reverberi risulta quasi fastidiosa e la finale Gran Sasso, una ballata con tanti buoni spunti ma che non cattura. Le vendite non si decideranno a rialzarsi, nonostante il successo di Il chitarrista e la partecipazione a vari festival e così come molti altri album di Ivan rimarrà nel dimenticatoio. Nonostante ciò, Ivan Graziani è un album che riacquista il tiro dei precedenti album, pompando i momenti i più lenti e raffinando quelli più trascinanti, riuscendo a non annoiare quasi mai e ad attrarre l'attenzione dell'ascoltatore con canzoni sempre originali e costruite nel minimo dettaglio.

La gemma:
Navi
 
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Non è finita qui...
 
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Ridendo e cazzeggiando ho trovato @[sergio60] (o almeno la sua vecchia immagine) in vendita su amazon
 
8°: SENI E COSENI
Solo un anno fa Ivan toccava il cielo con un dito, era agli apici della sua carriera e rimaneva più in alto di molti altri cantanti pari sua. Ma nel 1981 a quanto pare volle cambiare scenario e fu così che venne partorito il suddetto Seni e coseni. Un grande esercizio di stile che costò non poco al cantautore, difatto le vendite precipitarono vertiginosamente. Innanzitutto Seni e coseni è un album diviso a metà: il primo lato è composto da ballate in cui sparisce quasi del tutto la chitarra, strumento principale di Ivan e che regala perle come la storia mesta di Pasqua, la preghiera sardonica di Ehi padre eterno, l'amore tra studente e professoressa di Signorina e Cleo, un brano dove una ragazza greca intrattiene il protagonista per tutta l'estate e che all'arrivo di settembre sarà costretta ad andarsene. Nel secondo lato invece ritornano prepotentemente le schitarrate di Ivan in tutte le salse possibili, andando a toccare il rock, il blues e il reggae ma stavolta i brani risultano meno interessanti:ci sono brani poco ispirati come Tigre o altri in cui il testo è praticamente usato come pretesto per un esercizio stilistico tipo Digos boogie. Però in compenso abbiamo la divertente e assurda Oh mamma mia e Ugo l'italiano, con un testo però troppo criptico che non fa cogliere a pieno il messaggio. Seni e coseni è la prima vera sfuriata di Ivan verso generi mai sperimentati che Ivan non tenterà più o che se tenterà (tipo negli arrangiamenti anni 80 di Nove) non gli riuscirà come in questo album

La gemma:
Cleo
 
@[Zimmy] e @[Ditta] Sugar canterà Dio è morto...non vi dico dove non vi dico come
 
11°: CICLI E TRICICLI
Nell'89 Ivan aveva ritrovato la grinta che era andata persa negli anni 80 e la voglia di sperimentare era tanta. Il risultato di questo nuovo ciclo è (scusate per il gioco di parole) Cicli e tricicli, un album ispiritato ma pieno di difetti. Innanzitutto è un disco molto più cauto del normale, composto principalmente da ballate e questo è un po' un peccato, perchè l'eccessiva pacatezza di alcuni brani non sempre attira l'attenzione e può capitare che l'ascolto sommario risulti pesante per l'ascoltatore. L'altro difetto sono proprio gli arrangiamenti che in certi pezzi risultano troppo invadenti, rovinando anche dei testi di una certa importanza (citerei Un'ora, con quel sax prorompente a fare capolino ogni tanto che rovina un po' l'atmosfera tragica del pezzo). Ciò nonostante, Ivan riesce comunque a piazzare un poker di bei brani in cui spiccano la tragicomica Io mi annoio, l'introspettiva Bambino antico ma soprattutto Kryptonite, un brano dark di stampo tipico di Ivan il cui arrangiamento è composto alla perfezione. Però questi tre brani non bastano a salvare l'intero lavoro, che con pezzi come Soltanto fumo e Emily rischiano seriamente di risultare piatti e noiosi portando l'ascoltatore a fermare l'ascolto prima della fine del disco.
Alla fine Cicli e tricicli non si può considerare un brutto album, ma rispetto ad altri suoi album risulta molto stucchevole e musicalmente meno brillante, anzi risultando mediocre in certi punti.

La gemma:
Kryptonite
 
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A regà...ventotto anni fa usciva CSAR! Già 28 so!
 
Signori debasici, sono abbastanza orgoglioso di presentare la classifica degli album di Ivan Graziani dal peggiore al migliore. Iniziamo subito:
13°: PIKNIC
Dopo aver partecipato a Sanremo 1985 con la melodicamente buona Franca ti amo Ivan pubblica questo lavoro, che purtroppo o per fortuna si trova nei bassifondi di questa classifica. Purtroppo perchè è un album che recupera in parte la verve pirotecnica che negli ultimi anni stava cominciando a scemare, con alcuni brani che fan ricordare certi passaggi del passato (Zio gorilla e Rosanna non sei tu) e altri con delle basi costruite in modo eccellente mescolando anche la chitarra maestosa di Ivan (Ed è felicità e La mia isola, la seconda accompagnata da un arpeggio ottimo e trascinante). Per fortuna perchè all'ascolto è palese si tratti di un album messo su per aderire a un contratto, soprattutto per certe canzoni scritte così per fare numero, come la mielosa e banale Soffice o la terrificante Ho paura dei temporali. In Piknic poi è situata quella che è la più grande caduta di stile che Ivan abbia mai avuto in tutta la sua carriera ovvero Baby love e la si può trovare nella posizione numero 9 della scaletta: un arrangiamento pop, plasticoso ed irritante accompagna un testo adolescenziale, banale e inutile (paragoni a Pupo più tardi, già troppi l'hanno paragonata alla penna del Pupone). Un pezzo facile facile, che non a caso verrà scelto come singolo per promuovere il disco. Un album che ha qualche bella trovata ma anche molta roba buttata in mezzo giusto per rispettare l'ordine della casa discografica e che rappresenta il punto più basso del chitarrista nazionale.

La gemma:
La mia isola
 
Oro nero

FINE!