editoriale di Dislocation

Ma... avete notato quante recensioni di DeUtenti che non postano mai un ascolto, neanche morti, né nient'altro?
Solo recensioni, perlopiù di prodotti di ultra-nicchia, spesso nuovissimi, quasi sempre, almeno, ma, appunto, di ultra-nicchia...
Conseguentemente si nota, ditemi se sbaglio, un tenore bassissimo del "groove" delle recensioni stesse, tutte scritte in un buon italiano ma senza tensione né una "storia" da raccontare, quasi tutte intese ad una mera descrizione delle caratteristiche della band o degli augusti componenti, con accenni al famigerato track-by-track e poco altro, molto poco.
E nessun sentimento.
Certo, meglio delle recensioni del demente di turno che si finge femmina adolescente e che scrive come una dodicenne del 2002, con la K al posto del CH e la X all'inizio di "perché"...
O quell'altro decerebrato che ci tiene a farci sapere quant'è esperto nella descrizione e nella sistemazione delle sette note sullo spartito, ma che denuncia chiari limiti espressivi quanto creativi, nonché una mezza dozzina di patologie psichiatriche,tutte, peraltro, perfettamente curabili, anche dal SSN che ha istituito, decenni fa, moltissimi Centri di Salute Mentale dove esperti del settore possono prendersi cura di loro e delle loro paturnie, praticamente gratis.
Ma... Torniamo al dunque...
Che il DeB sia caduto in un golpe strisciante di DeRecensori di professione?
Che il prode @[G] abbia appaltato ad esperti testacchioni la Noble Art della recensione, magari stufo di veder recensito "The Dark Side Of The Moon" per la --esima volta?
Il dubbio m'attanaglia.
Il sospetto mi sconvolge.
L'evidenza mi amareggia.

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editoriale di Confaloni

Premesso che in tema di bellezza estetica e bravura recitativa alcuni, leggendo questo breve editoriale, ribadiranno le proprie preferenze per Sophia Loren , anche lei da poco giunta al traguardo delle 90 primavere , resta il fatto che esprimere la propria preferenza per un'attrice o un attore sia un po' come scegliere la propria squadra di calcio del cuore. È insomma un pronunciamento più dettato dal cuore che dalla ragione.

Per parte mia e di tanti altri uomini nati e cresciuti nella seconda metà del Novecento, l'acronimo B.B. era assimilato all'incarnazione del fascino femminile, di quel quid inspiegabile definito Eros che rendeva unica Brigitte Bardot (pur non essendo a mio giudizio un'attrice tanto brava e versatile quanto, ad esempio, Jeanne Moreau e Catherine Deneuve ). Una bellezza che non passava inosservata e, a mio avviso, più spontanea di Marylin Monroe con quell'aria troppo glamour e hollywoodiana. Tenete presente che, entrato nell'età adolescenziale, per me vedere foto osee` di Brigitte pubblicate su qualche rivista ha significato scoprire che non esistevano donne angelicate, ma donne in carne ed ossa , determinate e per niente subalterne all'uomo. Brigitte e le altre attrici dell' epoca erano fonte di desiderio e turbamenti adolescenziali, primo vettore per approcciare l'universo del sesso in un frangente storico in cui non c'era quella valanga di immagini e filmati reperibili oggi in Rete.

Quanto sopra è il ricordo di un passato glorioso e luminoso, che non può essere offuscato dalla celebrazione dei 90 anni di B.B. nella data di domani. Personalmente evito accuratamente di guardare foto recenti dell'attrice francese e, a corredo di questo mio scritto, allego la foto di Bardot giovane su una spiaggia della Costa Azzurra. Il tempo può ingiuriare la bellezza e mi mette tristezza leggere certe dichiarazioni espresse recentemente da B.B. Ammiro il suo impegno per la causa animalista, comprendo che rimpianga il cinema del tempo che fu, quando recitava con attori come Gabin, Mastroianni, Trintignant, Delon. Quello che mi trova in disaccordo è la sua nostalgia per una certa Francia tradizionalista, politicamente schierata oggi con Marine Le Pen. Forse l' attrice si è dimenticata che quella Francia, a suo tempo, considerava riprovevole il modo di essere e agire di Brigitte Bardot , simbolo di una modernizzazione audace e sbarazzina.

E pertanto, dato quanto sopra, preferisco rivedere una vecchia pellicola della giovane Bardot. Se quella donna, oggi, appassisce come una rosa non più fresca, la sua immagine filmica sfiderà il passare del tempo inesorabile.

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editoriale di Dislocation

Su il sipario.

Anonima, in quanto normalità, certo, comune a tanti/e, normalità di miseria, d'immigrazione "interna", di bassa manovalanza, di dignità conquistata col lavoro.
Declinata al femminile, in aggiunta.

Negli anni Cinquanta, nel Nord Italia, neo-ricco, adagiato, nebbioso, tra le fabbriche dell'allora Triangolo Industriale, i porti, le colline e le pianure coltivate a vite, a mais, a grano, alla qualunque, non si aveva solo bisogno di mano d'opera nelle unità produttive, sulle banchine piene d'ogni bendiddio o nell'edilizia che esplodeva, c'era pure bisogno, tra gli strati più agiati della popolazione, di quelle che oggi chiamiamo collaboratrici familiari, che abbiamo chiamato donne di servizio ed allora chiamavano, crudamente, serve.
Perlopiù si attingeva dalle quasi inesauribili riserve delle giovani figlie di Sardegna e Veneto, incredibile a dirsi oggidì, oggi l'opulento, il ricco Veneto...
A Milano, Torino e Genova le signore della buona borghesia dicevano "Devo parlare alla sarda" od anche "alla veneta" intendendo alla colf, ecco, e lo facevano, forse, pure, senza malizia o disprezzo, si diceva così...
Tu, ecco, parliamo di te, occhi nerissimi e profondissimi, grandi e dolci, capelli corvini, lisci, tradivi così la tua provenienza isolana... Poi, portavi il nome della santa-bambina, vergine e martire, adorata nella tua provincia, quella santa festeggiata a fine settembre. Le signore del nord si stranivano, che razza di nome, ma vabbé, sei sarda...

Elegia della normalità. Quella normale.

A sedici anni, occhi neri e profondissimi, stralunata ma decisa e determinata, sbarcasti a Genova, prendesti il treno per scendere a metà della strada per Torino, alla stazione ti attendeva tua sorella maggiore, che già lavorava là da tempo e là ti aveva trovato un lavoro a casa del medico condotto, allora autorità riconosciuta, nei paesi contadini, col sindaco ed il prete.
Oh, già, l'italiano lo mastichi poco e qui parlan davvero strano... Ma mangiano tutti, e tutti i giorni, e tre volte al giorno, poi... E tutti hanno le scarpe, per il lavoro, per la festa, e le ciabatte per stare in casa, la sera...
Qui partì la tua "carriera" professionale, quella di una bambina con la quinta elementare già adusa a qualsiasi lavoro domestico, che si era tirata su quattro fratelli e sorelle, la mamma al lavoro duro nei campi e tu la vicemamma. E ti era servita,l'esperienza "domestica", al nord sapevi praticamente già tutto di come si conduce una casa, i tuoi padroni, come li chiamavi tu, ti volevano bene e ti avevano anche insegnato ad esprimerti in italiano corrente, loro che parlavano solo piemontese stretto, quello del Monferrato, ma tant'è...

Lavoro, lavoro ed ancora lavoro... Poi, un Natale, vacanza a casa, in Sardegna, un amico di famiglia ti presenta un suo amico fraterno, del tuo stesso paese. Bel ragazzo, conteso tra tante, gran lavoratore, all'estero, certo, il sorriso un po'sornione, clarcgheibol de noantri.
Tu, magra, occhi neri e profondissimi, il sorriso timido, sincero...
Bum.
In otto anni di fidanzamento l'avrai visto in tutto dieci volte, vi siete scritti, hai imparato a farlo benino, la grammatica è un po' così ma la grafia è bella, tonda, elegante. Vi siete sposati, chiesetta in riva al mare al vertice basso di quel Triangolo, vivete lì, lui operaio, tu operaia, sono gli anni del boom economico, qualsiasi cosa voglia dire, qualcuno fa il grano con facilità e con altrettanta facilità lo perde, alcuni scalano la società studiando (allora si poteva!!!), altri lavorano come muli dalle sette di mattina alle otto di sera e trovano il tempo ed il modo di far pure due figli, di comprare una televisione a valvole, di votare PCI quando si va a votare, di chiamare il padrone "datore di lavoro", di pagare un affitto per una casa dignitosa, in un quartiere pulito. Niente macchina, non scherziamo, a piedi od in autobus e via andare.


Canzonissima, passeggiate tutti insieme, la domenica pomeriggio, sul lungomare a parlar di quella cosa lì, di futuro, quel futuro d'ogni giorno, magari cinema, tre, quattro volte l'anno e ballo liscio alla Festa dell'Unità, vi guardano tutti, siete due assi, col liscio, col tango...
Coi figli sei, naturalmente, una gran mamma e sai ogni cosa che serva a tirarli su, tu che hai cresciuto i tuoi fratelli minori, comprendendo,ogni tanto, un manrovescio,secco, ben dato, preciso, non bisognoso d'ulteriori, particolari, spiegazioni.
Usava così.
Poi tanta fatica, finalizzata alla comprensione dei ragazzi, in questi tempi così diversi dai tuoi, da quelli della tua giovinezza, in gran parte negata dal lavoro e dalle responsabilità.
Sempre e comunque dolcissima, come sei sempre stata.

Ancora... Elegia della normalità.

I figli, terribili, ma studiano, fanno sport,sì, ma "Signorammìa, suonano in quei gruppi di gente strana , poi la politica, c'è bisogno di picchiarsi coi carabinieri per fare politica, signorammìa?"
Poi lui rileva una piccola attività e tu lo segui, poi tutto come tutti, i figli crescono, lui, "Gran lavoratore, signorammìa, e le donne, le donne gli son sempre piaciute, l'ho sempre saputo, ma me lo son tenuto lo stesso, e ogni sera torna a casa, sempre e comunque... Io? Bene, insomma, un po' di acciacchi, circolatori e cardiaci, a volte mi manca il respiro, anche se non lavoro più..."
Avete comprato casa, un po' fuori città, quartiere operaio, col mutuo, certo, dopo vent'anni di lavoro, in Sardegna non ci torniamo, che ci facciamo, ormai?

Elegia della normalità.
A tutti i costi.

Sipario.

Occhi neri. E profondissimi.
Li chiudi per sempre a cinquant'anni, lasci questa valle di lacrime, ti sei addormentata e non ti sei svegliata, con un mezzo sorriso sulle labbra, discreta come sei sempre stata, ai limiti della disperazione, come sei sempre stata, elargitrice d'affetto incondizionato, come sei sempre stata.
Dolcissima, come sei sempre stata.

Perché ti scrivo ora? Insomma, mamma, oggi è il tuo compleanno.

Auguri.

Un bacio.

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editoriale di kosmogabri

Il riferimento è la giovane donna rea confessa che ha partorito di nascosto e poi seppellito i corpicini di due neonati nel giardino di casa sua, a distanza di un anno uno dall'altro. A suo dire ha fatto tutto da sola. Ora, a prescindere dalle gravidanze che si vedevano o meno, da due parti in solitaria con annessi e connessi (dolori, sanguinamenti e il resto che non sto a descrivervi perché lo potete inmaginare da soli che gran schifezza sia un parto e che sporcizia si lascia dietro), da connivenze omertose, da un fidanzato ignaro, da genitori ciechi, da amiche superficiali, questa storia sta assumendo una dimensione sproporzionata all'effettiva, nuda e cruda realtà.
La narrazione di questo fatto perpetrata dai media, dalla tv e dai giornali cartacei o online, per non dire di quelli che sguazzano allegramente nelle storie di true crime su youtube, verte sempre su due assiomi: la "ragazza" e "madre". Fateci caso, ovunque, nessuno ma proprio nessuno, dai giornalisti agli psicologi, sociologi, avvocati, opinionisti, criminologi, nessuno dice la definizione tabù: donna infanticida.
Le parole sono importanti, diceva uno.

Dalla Pifferi alla Pannariello, dalla Franzoni alla Patti, ma quante sono le infanticide di cui abbiamo sentito la cronaca negli ultimi anni? No, per la cronaca sono povere mamme, "ragazze" depresse, donne labili se non deficenti, persone abbandonate dallo Stato, dai servizi sociali, dalla scuola, dalla famiglia, dai consorti o fidanzati, e chi più ne ha più ne metta.

Ma che ci siano donne che uccidono i figli anche per futili motivi è così inaccettabile?

La Mamma è Santa, guai a toccare questo concetto. La Mamma se uccide i propri figli deve per forza essere stata spinta da una dinamica esterna che elude la propria volontà. Non esiste che una Mamma uccida la propria prole anche solo per il piu banale dei motivi: liberarsene.

Guai a toccare la Mamma.

Le parole sono importanti, cazzo. Infanticida. E basta favolette.

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editoriale di Armand

Vjačeslav Bolard, classe 1935, era il presidente dell'associazione sportiva TJ Petřiny, fondata a Praga negli anni '70. Mia moglie ed io facciamo parte di questa società allenando a pallavolo squadre giovanili. In questi anni Slávek (diminutivo di Vjačeslav) lo vedevo spesso perché lui e mia moglie coordinavano e organizzavano le attività sportive.

Era una persona "giovane", nonstante gli mancasse poco per i 90 anni, e anche se gli mancava qualche dente, era attivo, lucido, dinamico, instancabile. Era un amico, nostro, dello sport, dell'aggregazione, dei giovani, di una educazione senza fronzoli...

Adesso questo amico non c'è più, oggi è lunedì, ieri arriva una telefonata dalla figlia che sabato lo hanno trovato a casa morto. Viveva con la moglie ma questi giorni era andata con la figlia in vacanza per alcuni giorni, si sono allarmati che non rispondeva alle chiamate e sapendolo solo a casa sono rientrati prima constatando l'inevitabile.

La scorsa settimana si era sentito con mia moglie, oggi sono ricominciate le scuole qui e si dovevano vedere gli spazi e gli orari della palestra per il nuovo anno. Giovedì mia moglie lo chiama quattro volte ma non era raggiungibile, pensavamo che gli si fosse rotto il telefonino, visto che andava in giro con uno vecchio. E invece no, invece no... Volevamo passare a casa sua, visto che abitiamo vicino, per vedere come mai era spento il telefono. E invece non siamo passati, non siamo passati... Mia moglie già pensava di organizzare una festa a sorpresa per i suoi 90 anni, coinvolgendo la federazione per un "oscar" alla carriera, e invece ci ha buggerati, buggerati.

A giugno c'era stata una grande festa per la società al centro sportivo. Ondřej Perušič, uno dei più forti giocatori in circolazione del beach volley internazionale, Campione del Mondo in carica insieme al suo compagno David Schweiner, donava una somma di denaro alla nostra società perché al tempo aveva iniziato a giocare a pallavolo con TJ Petřiny, e il suo primo allenatore era stato Slávek.

È venuta la Česká Televize (ČT), la Rai ceca, a riprendere tutto, mandando dopo una settimana il filmato in televisione, Ondřej quel giorno ha avuto belle parole per Slávek, ha raccontato bei ricordi. Quella foto che ho mandato ritrae loro due, quel giorno, che bei sorrisi.

Voglio ricordarlo così a Slávek perché io non l'ho presa bene questa notizia, anzi, insieme a mia moglie, l'ho presa proprio male, non ho pensato che "c'est la vie", che era molto anziano e perciò data l'età prima o poi... Perché io alcune persone impersonalmente le mitizzo, le avvolgo di sorrisi, le custodisco apertamente nel cuore. Mi vado a creare dello psichico che va a tappare buchi della mia vita.

In questo caso, con delle figure maschili che incontro, vado a costruire nella realtà, neanche tanto simulando, quello che sarebbe potuto essere se mio padre fosse tutt'ora vivo, e non se ne fosse andato quando avevo quindici anni. Epicizzo l'albero genealogico mettendo qualche pezza ai vuoti passati e presenti. Slávek era del '35, mio padre del '36, quando ci incontravamo facevo questa similitudine, questo accostamento: "Ecco un pezzettino di mio padre", mi dicevo, e si passeggiava insieme un po'. Bastava, eccome se bastava.

E poi non si fermava mai, aveva sempre qualcosa da fare di manutenzione al centro sportivo, e allenava ancora i bambini a calcio, e faceva ancora l'arbitro di pallavolo ai tornei giovanili. Certe volte arrivava con tagli sulle mani, con lividi in faccia, deambulazione incerta; e poi venivamo a sapere che si era ferito montando quella cosa, spostando quell'altra, cadendo dalla scala mentre montava dei faretti. Un caro testone che faceva tutto da solo e che in nessun modo lo potevi fare desistere su una cosa che aveva deciso di fare, che andava ancora dai burini che avevano fatto i soldi ad aggiustargli qualcosa, gli "arricchiti" li chiamava lui.

Aveva quegli occhi chiari, vispi, quel sorriso appena accennato, di uno che se la diverte sotto i baffi, con la battuta sempre tagliente, lui sopravvissuto alla guerra, agli psicocomunisti del regime, al dopo '89, a tante altre cose...
E a me non mi va per niente che "lo spettacolo deve andare avanti", che si deve continuare, no, io mi fermo, mi fermo e piango, non scaccio la tristezza, non snobbo la solitudine, della vita "normale" se ne riparlerà tra qualche giorno. Perché anche se non ci vedevamo con Slávek, io so che c'era, e mi sentivo meno solo, ma da ieri è sadness, sadness. Non fraintendere non è un necrologio, né sofferenza spicciola, è un saluto, soltanto un saluto.

"Rivoglio il treno speciale a Tiburtina", diceva una certa combo romana, io rivorrei Slávek, rivorrei mio padre, rivorrei altri, lo so che non si può fare, ma mi piacerebbe... Il suo fantasma si aggirava per il quartiere oggi, solo per oggi, mia moglie mi ha detto che prima di rientrare a casa lo ha visto, è così.

Riposa adesso, dobrou noc (buona notte) "dolce Principe".
Ahoj (ciao) Slávek, s'aribbeccamo!

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editoriale di cofras

Oggi il mio amato avatar mi ha lasciato.

Qualcuno penserà che era solo un gatto e pure di razza incerta, ma quello che mi resta di lui è l'amore che mi dato. Lo lascerò là in alto a sinistra a controllare, col suo fare sornione, cosa succede intorno a me, cosa ascolto, cosa leggo e cosa accade sul Deb.

Insieme abbiamo ascoltato tanta musica, lui nella sua postazione accanto a me, tanta musica che sembrava piacergli, salvo andarsene, a volte, sdegnosamente, per altre sopravvenute misteriose necessità.

Per undici anni è stato la mia ombra e credo che il mistero della complementarietà tra noi non sarà mai svelato.

Comunque sia, con queste poche righe volevo solo ringraziarlo per la compagnia e per l'affetto che ha avuto per me fino alla fine.

Grazie Micione

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editoriale di Yftcfuf

Ritorno a scrivere un editoriale dopo 7 mesi e con più di un suo perché.

Il principale fra essi è il cosidetto Disagio Abitativo del quale soffre da circa 16 mesi un mio carissimo amico (in realtà biscugino acquisiot) di lontane origini indonesiane di nome Kybuel , nato in Olanda ma su suolo italiano dai 4 anni d'età e residente da molte estati (fine 2007) in un area-dormitorio della mia stessa regione italiana adesso fortemente degradata su molti aspetti con la propria compagna (nome di fantasia, causa privacy, Alessina).

Questo Disagio, che si traduce spesso e volentieri in una faccenda chiamata solastalgia venne alimentato in quelle zone cosiddette "depresse" (o di crisi complessa) negli anni 2010, soprattutto in quelle terre da quelle "amministrazioni Monocolore" (volutamente invertito l'ordine maiusc-minuscola) carenti un po' da tutti i punti di vista, ma in particolar modo senza un briciolo di Empatia nell'ascoltare i cittadini meno abbienti e in generale dal diverso orientamento politico, con zero Attenzione Socioambientale per le circoscrizioni più distanti di 5 km dal Centro Comunale, e Dignità Inesistente sia nell'impostazione organizzativa interna che nei tempi di onoramento dei propri impegni. C'è chi senza troppi giri di parole parla di "Farabutti svogliati, gente svitata e squinziette assortite di ascendenza sì Radical-chic à la Bafficchio ma dal profilo ampiamente Catto-perbenista (stile Renzi-Lotti-Fioroni per intenderci)"! Queste, malgestendo la Spesa Pubblica, avevano-hanno in sostanza ridotto ad un colabrodo i Fondi per la Sicurezza e per l'Associazionismo in chiave più propriamente Sociale: una volta ritrovo di ragazzi di ogni età dall'intero distretto, ora sembra un cimitero vegetativo; da quanto mi riportò Kybuel durante i primi anni suoi là, vi si avevano un Centro Interculturale, un Tennis club, una Ludoteca ed una sezione Laica degli scout. Ora resistono un Arci, una clubhouse rugbistica ed una Acli per cui la presenza di bambini-ragazzi intelligenti e istruiti in loco è scesa vertiginosamente, e con quello pure il numero di ragazze stanziali over 14 da far conoscere a mio nipote ed in assoluto di persone felici!

Ovviamente, là si era puntato tutto sul fattore "Sport di massa,, (ciclismo-nuoto-calcio), ma le condizioni atmosferiche del posto (qualità di acqua, aria, e suolo pessime da rientrare nel podio dell'ìnfamia regionale) , dettate da molteplici fattori (oltre le due Crisi nazionali ed ai locali buchi finanziari nel Bilancio) ed unite alle decimazioni di alberi in tutto il Comune hanno precluso una continuità delle stesse attività come d'altro canto ogni tendenza-viatico al Virtuosismo su qualsiasi altro settore...Kybuel, e la sua tenace compagna Alessina , ogniqualvolta rientravano al proprio stabile a natura semi-condominiale dopo i tre vaccini ricevuti dal mio biscugino, si accertavano di tenere ben chiuse le proprie finestre del salotto e della tinella pena, col Maestrale di medis intensità, l'entrata repentina di un miasma che Alessina chiama "Infernazo": un concentrato di pura essenza di fogna alternata a pomodori marci, fitto odore di zinco e zolfo dal vicino Hub Interportuale, un turbinio di NoX (no ragash, non è un gruppo di PunKazzoni) da scarto di conceria e di smog autostradali causati principalmente da Autoarticolati , Kamion e Macchinicchie €uro1-2 (passabili legalmente di sequestro). Un sabato pomeriggio dell'estate scorsa un loro ospite (conoscente di entrambi ma non mio) inizialmente amico di Alessina, ebbe ingenuamente l'impulso di aprire la finestrozza della tinella senza chiedere il minimo permesso, mentre Kybuel era a riposare e la stessa Alessina a farsi un trattamento facciale. Al telefono al tizio era stato detto ben 2 volte di vestirsi leggero e fregarsene della sua pancia onnivisibile ai normo-vedenti, ma questo prese ad impuntarsi che era giusto fare un'eccezione con lui perché "dopotutto -Cagghiòn- nel 2006 li aveva fatti conoscere lui", cosa peraltro parzialmente vera. Risultato? dopo aver udito Kybuel tossire più del normale e strepitare per terra gemendo per l'ingresso graduale del temuto Infernazo, Alessina si munisce di Chirurgica rinforzata di maniera ed al terzo "no, diobono, per il forte caldo si tiene tutto così" accompagnato dall'affermazione meschina di cui sopra, risuona un o riccatta l'Alexa coll'Icse a casa tua piuttosto! e sull'ospite si riversa una vassoiata di acqua ghiacciata, mezzo litro buono dritto dritto sulla schiena non ancora sudatissima. Dopo essersi reso conto del problema e convinto a chiudere ed essersi scusato con Kybuel, il "mad-capitao" non si fece più rivedere...fatti questi realmente accaduti. E dal Lunedì successivo, dopo l'ennesima doppia risposta di Arpat per nulla ficcante sull'indice della presenza di inquinanti a punteggiare quell'area, a escluderne al più ogni possibile matrice ipotizzata, entrambi cominciarono a sentirsi stranieri a casa propria (da cui il titolo dell'Editoriale ndr) e provare un poco di smarrimento...Kybuel me Lo ricorda ogni fine settimana con parole differenti ma solo poche sere fa mi domandò di preciso quale fosse la mia attuale situazione. Fu alla quarta nostra conversazione online che mi ricordai della parola giusta per indicare il suo stato d'animo, da me sperimentato di recente notando un'aura di ignoranza più accentuata intorno a me su più branche della Medicina (Scienze Alimentari in prim'ordine) ed ancora in fatto di Architettura, Biologia, Geografia Politica e storia delle Religioni, e questo semplicemente camminando per le vie del mio paesino: dallo scorso inverno mi sento più un oriundo Ecuadoriano-shùar del Presente che un classico esempio di "italiano del Presente"... tant'è che sento come un moto di Blues interiore quando vedo un documentario su Pichincha, Manta e le Galàpagos; questo stato di inadueguatezza parziale o completo e, come già sopra a più riprese espresso, smarrimento conduce a provare la fatidica "solastalgia". Una solastalgia che non avrebbe potuto che alimentarsi nella coppia descritta il cui stipendio attuale non darà loro ancor maniera di trasferirsi se non dopo ben 18 intense annate. Lo spero vivamente per loro, nel qual caso parlerei più di solastalgìa condivisa, un sentimento dove si fondono perfettamente Blues e filosofia, parecchio distante da quella tanto decantata " Resilienza ,, pur se vissuto ad ogni maniera più in senso realista che non puramente olistico.

p.s. Ricordiamoci che

"Non esiste Antidoto al Blues"

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editoriale di dado

Alla fine di un anno difficile, dopo aspri confronti all’interno dei partiti, erano state scelte come candidate la signora Statista e la signora Socialina. La prima, inizialmente non favorevole all’idea di candidarsi, nei suoi discorsi teneva conto soprattutto del bene comune e della cura delle istituzioni, si preoccupava di studiare le leggi per comprenderle e, nemica dell’interesse individuale, si preoccupava di cercare risposte per l’interesse collettivo. Per questo motivo un piccolo gruppo di suoi estimatori convinse il partito a proporle una candidatura e lei ad accettarla. La seconda, invece, mossa da forte ambizione personale, si era fatta strada prima sui social, dai quali non usciva mai e nei quali era popolarissima, poi nelle piazze, dove faceva sue tutte le richieste dei cittadini, le più disparate, anche quelle tra loro contrastanti, senza neppure rendersene conto.

La signora Statista era colta e indipendente, ma non era molto amata: estranea ai pettegolezzi e onesta verso i questuanti, ben presto venne considerata spocchiosa e arrogante; in poco tempo, invece i seguaci di Socialina aumentarono: le promesse durante gli incontri con gli elettori si sprecavano e questo piaceva; inoltre, era sempre disponibile per fare delle foto, alimentare pettegolezzi, promettere mari e monti a qualsiasi persona le si avvicinasse. Pur sapendo di non poter accontentare tutti, aveva la capacità di far credere che si sarebbe battuta con tutta sé stessa per farlo.

Arrivò il giorno delle elezioni. Era una domenica soleggiata di Aprile, quella nella quale i cittadini della città di Atomopoli si accingevano a recarsi nella scuola più vicina per eleggere un parlamentare che li rappresentasse.

Il risultato fu plebiscitario. Socialina divenne parlamentare.

Ora che è parlamantare, ci si attenderebbe che Socialina si impegni con tutta sé stessa per studiare le istituzioni e poter scrivere delle leggi per mantenere le sue promesse. Tuttavia, saputi i risultati, Socialina deve occupare il tempo a ringraziare i suoi elettori. E deve impegnare qualche secondo con ciascuno di loro, anche solo per fare delle foto da pubblicare.

L’ora per lo studio arriverà domani; ma l’indomani mattina ci sarà una fila alla sua porta di persone che avranno bisogno di parlarle: qualcuno avrà bisogno di un aiuto per un figlio, un’altra avrà il marito da impiegare, altri una pratica da sbrigare. Così passeranno giorni, le settimane e i mesi…

Fino a quando un giorno cadrà il tetto di una scuola, e qualcuno penserà che se solo avesse eletto Statista, forse non sarebbe successo…

Ma le settimane dopo ci saranno un figlio da aiutare e una pratica da sbrigare…

Un giorno verrà chiuso un ospedale, e qualcuno penserà che se solo avesse eletto Statista, forse non sarebbe successo…

Ma i mesi dopo ci saranno un figlio da aiutare e una pratica da sbrigare e Socialina può aiutare…

Un giorno prende fuoco una centrale, e qualcuno penserà che se solo avesse eletto Statista, forse non sarebbe successo…

Ma gli anni dopo ci saranno un figlio da aiutare e una pratica da sbrigare e per questo Socialina si sceglierà di rivotare.

E il benessere collettivo dovrà aspettare.

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editoriale di Trofeo

Massimo Cotto non era soltanto uno scrittore, autore, giornalista, conduttore, disc jockey, nonché Cavaliere e Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Era un uomo innamorato della vita, della famiglia, della gente e della musica, del rock in particolare, che ha vissuto e raccontato per quarant’anni. Massimo era saggio e umile, colto e intelligente, premuroso, empatico e attento.

Ha scritto più di settanta libri, collaborato con decine di artisti del panorama musicale e giornalistico, ha condotto spettacoli teatrali, è stato autore a Sanremo e in Rai, ha prodotto centinaia di ore di intrattenimento per la radio e la televisione. Ha impreziosito la carta stampata con il racconto dei suoi incontri con i grandi della musica, da Bruce Springsteen a Bob Dylan, passando per Leonard Cohen, senza dimenticare gli amici del Belpaese, come Paolo Conte, Francesco Guccini, Piero Pelù, Luciano Ligabue, tra gli altri, nonché l’amico inseparabile Giorgio Faletti, che ricordava ogni giorno con affetto.

Massimo è diventato patrimonio di tutti quando nel 1983, dopo aver abbandonato il basket, sua altra grande passione, ha iniziato a prestare la sua voce alla radio, partendo da Radio Rai, fino ad arrivare nel 2012 a vivere la sua ultima importante esperienza negli studi di Virgin Radio. Qui all’inizio era una splendida voce narrante, poi una presenza imprescindibile al risveglio, in compagnia del “Dottor Feelgood”, a.k.a. Maurizio Faulisi. Le risate, le intuizioni brillanti, il “terzo indizio”, la sintonia con il “Cavaliere Nero” Antonello Piroso, a formare un trio epico che spaccava l’etere.

Massimo usava il suo profilo Instagram per celebrare i più grandi, fare loro gli auguri di compleanno, ricordarci quando erano nati, chi fossero e presentarli a chi non li conosceva affatto. Rispondeva ad ogni singolo messaggio sotto ogni post, pubblicato con puntualità certosina ogni mattina all’alba, prima che “Rock&Talk” tirasse su l’ancora.

L’ho incontrato di persona alla presentazione di quello che a sua detta avrebbe dovuto essere l’ultimo libro di una lunga serie dedicata al rock (Il Rock di Padre in Figli*). Un’opera che aveva le esplicite sembianze di un lascito, una sorta di eredità, interamente dedicata al figlio Francesco Danilo, interlocutore principale del racconto.

La notizia della scomparsa di Cotto è arrivata stamattina, dopo la smentita, una settimana fa, di fake news sulla sua morte, che avevano stranito tutti. E' giunta a tutti tramite le struggenti parole della moglie Chiara Buratti:

"Ti ho sempre detto che mi hai salvata. È così. Ci siamo conosciuti che ero una ragazzina timida e astemia (questo ci tenevi sempre a specificarlo) e abbiamo camminato assieme per 21 anni. Non sempre in discesa, ma avevamo ottime gambe. La cosa che mi fa incazzare di più è che tu mi hai salvata, ma io non sono riuscita a salvare te. Continua a soffiare nel vento. Nessuno ti dimenticherà mai, nemmeno per un istante. Te lo prometto"

Un fulmine a ciel sereno per le migliaia di persone che lo seguivano, meno preparate rispetto a chi invece lo viveva da vicino nel quotidiano. Una notizia triste e difficile da accettare, che ha scatenato un’incontenibile ondata di affetto e cordoglio. Perché Massimo Cotto era come quell’amico sempre impegnato che non riesci a vedere spesso ma che è sempre lì, a rispondere alle tue domande e a regalarti un sorriso senza volere nulla in cambio.

Massimo adorava Chester Bennington e ogni anno, a luglio, lo ricordava con parole sempre nuove. Lo stesso luglio che servirà a ricordare entrambi, d’ora in poi.

C’è bisogno di gente in gamba lassù, questa è l’unica spiegazione plausibile per la fine prematura di una vita, seppur incredibile e pienamente vissuta. Quella di Massimo non fa eccezione e ci vorrà tempo per abituarsi alla sua assenza. Stavolta non abbiamo colto il suo terzo indizio e avremo bisogno di riflettere per trovare la soluzione.

Oltre alle sue opere letterarie, lascia al mondo la collezione privata donata a “Le Cattedrali dell’Arte” nel Monferrato. Più di trentamila dischi tra cd e vinili, duemila libri e centosessanta quadri dipinti da artisti come Leonard Cohen, Elvis Costello e Miles Davis, oltre a migliaia di memorabilia autografate. Un tempio da lui creato, dove si raccontano e si respirano cinquant’anni di arte e musica.

“Che la terra ti sia lieve” Mr.Cotto, come hai sempre detto quando salutavi qualcuno per l’ultima volta.

Arrivederci MAX. Fai buon viaggio.

Lacio Drom.

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editoriale di BobAccioReview


Chissà cosa hanno in testa, nell'universalità del rock e della musica delle good and hard vibs gli snobs del pentagramma sgrammaticato rispetto a Bach e Mozart, Vivaldi & Co. bella? Parlo di gente esperta chiusa nei propri fichi confini ristretti di particolarità musicali pop alt masturbatorie che mai se ne vengono in orgasmatiche folate di piacere concreto quanto quello offerto dall'infernale Unleashed In The East dei leathers Judas Priest, HM band antelitteram. Che il rock sia roba per fighetti e Basquiat un artista che trasuda finezza da salotto nell'esposizione della sua arte, beh, ci passerebbe un treno freccia rossa sotto le gambe. Eppure proprio i Judas non passano per coloro che accoltellano il cuore del R'n'R, non alla maniera di Lemmy. Che pippe mentali sballano l'ascoltatore proto-snob?

Questo album datato 1979 nella storia dei live album, seppur ritoccato in studio, non è secondo a nessuno, o forse si, a quello strafottutissimo Made in Japan di purpleiana memoria suonato alle soglie dei seventies (sucking in the seventies), che espone persino una cover di Joan Baez. Vengono su i peli dritti quando RH straparla di Jack The Ripper (checché ne dica Lord Sutch) e non molla sulla caratura del ritmo e dello speed. Ti pesa l'anima e sei già all'inferno: sempre rivolto a te che non sei lo strafighetto de stoca, come il Sergente che ti richiamava ad andare in mona, ma un estimatore di ottima musica, che altro pensavi?

Ora, il mio sproloquietto qui si esaurisce. Auguro un imminente Genocide da parte di qualche spietato, pochi ce ne sono in giro di veri Tyrants di spessore serio e importantissimo a volerci rompere i coglioni di brutto (uff, che palle da tennis!), che mi vien irrefrenabile voglia di una Running Wild da peccatore estremo, altro che lo tennista ligio e cazzolico propenso (ma dai che skerzo) ad annoiare anche la più frustrata dei casalingui - e me la cavo in sui generis - che si dopano nel mondo verde dello smoke Manalishi - che culo" -, povere vittime dei cambiamenti occasionali che si sfasciano sul diamante e si rottamano nella ruggine ('na botta de Svitol alle ossa rotte).

Hell Bent for Leather, docet qualcosa, dopotutto. E digiamolo bure alla maniera di Nonno La Russa, pppprrrrrr ('o scuregione AHAHAHHAHAHAHAH), non s'eccitamo oltremisura! Mammagari sì, 'Na vorta, e tanto.

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editoriale di Fratellone

Ebbene lo confesso: sono un disabile... occorre aggiungere "di merda", ovviamente.

Sono un disabile di merda, di quelli che è giusto prendere per il culo?

Certo, non voglio favoritismi solo perchè non si vede esteriormente che sono disabile, non può essere considerata una scusa. Parlo correttamente, non faccio smorfie ripugnanti con la faccia, cammino normalmente, non emetto versi o rumori strani, tranne flatulenze, ma sono considerate una virtù. Non sbavo e riesco a mangiare da solo. Però ho la necessità di riposarmi frequentemente. Non sono in grado di spostarmi velocemente, anche i miei pensieri sono più lenti del normale. Sono conseguenze delle instillazioni endovescicali di farmaci immunoterapici (BCG) che prendo da marzo a darmi una stanchezza infinita, cistiti croniche e sanguinamenti dalla vescica. Ecco sono disabile da poco, ma ci sono alcuni vantaggi innegabili, ho fattouna considerazione che reputo importante e che vado a raccontarvi.

Ho il pieno diritto di essere chiamato "disabile di merda", anzi voglio essere chiamato così. Vorrei che "facciaditopo" Donzelli me lo dica in faccia, oppure la sua "compagna sonomoltofiga" Flaminia Pace. Mi inorgoglisce essere considerato un disabile di merda da certe persone. Purtroppo sono persone che se vengono smascherate da un giornalista (ovviamente di merda!) ed additate al pubblico ludibrio, mancano di coraggio e smentiscono, oppure minimizzano. Non ci sono più i fascisti di una volta, un po' come le mezze stagioni o la neve d'inverno sugli appennini.

Disabile è disabile, magari ho un po' esagerato aggiungendo "di merda", ma in quel momento ha mollato una loffa terribile, questa potrebbe essere la dichiarazione di facciaditopo.

Ragazzi, drizzate quel poco che vi rimane della schiena, smettetela di comportarvi da femminucce o da checche isteriche, basta girarci intorno, basta glissare sulla domanda se credete o no nella costituzione antifascista (sulla quale avete giurato) urlatelo a squrciagola SONO FASCISTA E ME NE VANTO! Occorre gioire di un crimine, d'altronde LUI così disse in parlamento a proposito di un OMICIDIO, non di un semplice insulto, il 3 gennaio del 1925:

«(omissis) L’articolo 47 dello Statuto dice: «La Camera dei deputati ha il diritto di accusare i ministri del re e di tradurli dinanzi all’Alta corte di giustizia.» Domando formalmente se in questa Camera, o fuori di questa Camera, c’è qualcuno che si voglia valere dell’articolo 47. Il mio discorso sarà quindi chiarissimo, e tale da determinare una chiarificazione assoluta. ...(omissis)

Ebbene, io dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea, ed al cospetto di tutto il popolo italiano, che assumo (io solo!) la responsabilità (politica! morale! storica!) di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il Fascismo non è stato che olio di ricino e manganello e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il Fascismo è stato un’associazione a delinquere (omissis), a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato. (omissis)...

Oh, basta ipocrisie, basta nascondersi dietro ad un dito, drizzate quelle schiene, diventate finalmente a ragion veduta veri topi di fogna ed insultatemi, insieme a negri ebrei e comunisti!

Non ci sono più i fasci di una volta...

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editoriale di Dislocation

Venticinque luglio, che caldo, eh?

La Storia, eh?

C'era una volta, in un venticinque luglio di tanti, non troppi, anni fa, un imbelle, delinquente ed incapace, di mestiere re, che fece arrestare un pluriassassino con velleità da statista, amico ed alleato di un multikiller già suo allievo, che aveva di molto e da molto superato il maestro. L'imbelle in questione, di mestiere re, che in vent'anni mai aveva contrastato, anzi, aveva spianato la strada agli sporchi misfatti dello "statista", lo sostituì con un vecchio ottuso a fine servizio, facendo compiere alla nazione ingannata, stracciata, squassata e bombardata un'elegante inversione ad U, compromettendone per sempre la credibilità internazionale dopo averne minato irrimediabilmente l' unità interna ma schierandola, oplà, quasi fuori tempo massimo, coi vincitori della più sanguinosa guerra fino ad allora mai combattuta ed aprendola a nuove invasioni d'ogni genere, non solo belliche, da molti lati e da diverse provenienze, una dopo l'altra, nel disperato tentativo di ripulire un Paese dalle porcherie compiute in due continenti.
L'allievo teutone corse in aiuto del suo ex maestro, liberandolo dalla comoda prigione montana in cui il vecchio imbelle delinquente di mestiere re l'aveva confinato, anziché farlo passare, più degnamente, per le armi.
Si aprì così una breve, nuova stagione di indegnità pressoché inedite, con nel mezzo poche migliaia di uomini verticali, ancora disposti ad immolarsi per una patria che li aveva prima perculati fin dall' infanzia e poi dispersi su almeno sei fronti di guerra, per poi, in tempi di pace, vedersi accusare d'ogni nefandezza dai nipotini di chi, le nefandezze, le aveva davvero compiute in nome e per mano del sopra descritto sedicente statista e del suo teutone ex allievo.
A due anni scarsi dalla notte del suo arresto il pluriassassino, dopo aver ripreso il potere da servo del teutone, ebbe modo di vedere il mondo rovesciato, appeso per i piedi, insieme ad una piccola schiera di suoi accoliti, pago di aver cosparso di trecentoventimila cadaveri di suoi compaesani l'Unione Sovietica, la Jugoslavia, l'Albania, la Francia, il Nordafrica e l'Africa Orientale, la Grecia ed il mar Mediterraneo e di aver cacciato sottoterra anzitempo poco meno di trentamila civili, periti sotto le bombe in arrivo dal cielo patrio di cui il nemico, eh, era padrone assoluto.

La Storia, eh?

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editoriale di ilfreddo

Sarà stato dieci anni fa quindi, vigliacco il tempo, come minimo ne saranno trascorsi almeno quindici. Era una nottata estiva stupenda, fresca e senza nubi. Alle 2 di notte partiamo da Trento e dopo un’oretta siamo con gli zaini pesanti in spalla e la corda da 35 metri arrotolata. E via si va su per le zeta del sentiero con i frontalini che bucano il buio. Quello vero perché lassù non c’è mica inquinamento luminoso. Passo dopo passo da San Lorenzo in Banale eccoci salire per la angusta e selvaggia Val d’Ambiez. Rifugio Cacciatora, Rifugio Agostini all’alba e poi su con i ramponi fino alla Bocca d’Ambiez posta a quasi 2.900 metri con luce meravigliosa del primo mattino che si riflette sui nevai e roccette. Salita per la facile d'arrampicata (II) Via Migotti e così arriviamo infine in Cima Tosa alle 10 con un mare di nuvole sotto di noi. Giù con due tiri di corda doppia e poi rientro alla macchina per giri di birre a non finire. Una giornata che ricorderò come una delle più belle, serene e piene di sempre.

Una giornata così non si ripeterà più. Almeno a breve.

Ora non mi sentirei di rifare questa escursione. Fisicamente e tecnicamente sarei ancora sufficientemente allenato e preparato ma avrei una paura fottuta. Adesso come adesso non me la sentirei di affrontare di notte la Val d'Ambiez. Perché è una valle stretta e i plantigradi si muovono prettamente di notte o all’alba e lì ci girano da diversi anni ormai. Mi sento un po’ egoista a dirlo, specie in questo momento di crisi dove molte famiglie affrontano problemi economici enormi, ma trovo che questo stato di cosa non sia giusto. Lo so che è una frase forte ma sì, credo che leda la mia libertà. Non mi sento libero di godere del mio territorio montano che amo. Accetto che questa posizione non sia condivisa ma non accetto i toni che si stanno usando tra animalisti e non. E parlo con cognizione di causa.

Praticavo corsa in montagna fino a qualche anno fa e anche se ho smesso ogni tanto vado a farmi una corsetta dopo lavoro. Beh, la verità è che lo faccio ancora perché ho la fortuna di abitare nella sinistra Adige dove gli orsi sono molto pochi. Andrea Papi (26 anni) è stato ucciso da un orso mentre praticava il suo allenamento dopo lavoro nell’aprile del 2023. Non è morto di infarto ma è stato trascinato per 50 metri. Vi evito il resoconto sulle condizioni che suo corpo martoriato… la fidanzata ha organizzato una corsa in suo nome e una persona ha avuto il buon gusto di iscriversi con il nome dell'orso (JJ4). Complimenti!

Nel solo mese di luglio 2024 un turista francese mentre percorreva un sentiero è stato attaccato alle gambe e braccia da un’orsa con i piccoli a Dro. Un’orsa con 3 piccoli ha sfiorato una turista svizzera con due figli piccoli sul largo sentiero del Lago di Molveno senza conseguenze. Un ciclista in mountain bike è stato inseguito da un orso a Ciago.

È dal 2014 che sono tornati ad esserci incontri fino al fatale evento del 2023. Quello che sinceramente mi preoccupa è l'escalation. Un evento isolato può capitare ma ora stanno aumentando nonostante le persone in certe zone non vanno più e sono più attente.

Il progetto LIFE URSUS nasce nel 1996 per cercare di salvare il piccolo nucleo di orsi sopravvissuti. Il Parco Nazionale Adamello Brenta con la PAT (Provincia Autonoma di Trento). Con un finanziamento dell’Unione Europea ha dato via a questo progetto il cui fine era la ricostituzione di un nucleo vitale di orsi nelle Alpi Centrali tramite il rilascio di alcuni plantigradi dalla Slovenia. La superficie per la fattibilità della reintroduzione era un’area di 6.500 km quadrati, ben superiore all’Area del Trentino. L’obiettivo era arrivare ad un nucleo di 40-60 orsi coinvolgendo anche le altre province e regioni. Un sondaggio d’opinione al tempo ha data un’approvazione al progetto nell’ordine del 70%. Una percentuale esorbitante. Non viene però detto spesso che a quel sondaggio hanno partecipato solo 1500 persone.

Gli esperti avevano parlato di una facile convivenza e una autoregolamentazione del numero di orsi in base ai km quadrati disponibili. Beh possiamo dire che gli orsi in Alto Adige, Lombardia, Veneto non ci vanno e il nr. di esemplari stimato è compreso tra 86 e 120. Vivono principalmente in un territorio con un’estensione un po’ superiore a 2.300 chilometri quadrati, compreso quasi interamente nel Trentino occidentale e mappato sempre grazie ai campioni biologici. Io quella zona la conosco molto bene e quello che forse sfugge è che quel territorio non sono i Balcani, il nord del Canada o Yellowstone dove per decine e decine di km non c'è un cazzo di niente, solo natura. Quello del Trentino è un territorio estremamente antropizzato con baiti, malghe, pascoli, un reticolo impressionante di sentieri, strade forestali, taglia fuoco, tracce di sentieri per cacciatori, rifugi e bivacchi. Ora ex post siamo tutti fenomeni ma quello che mi domando è semplice. Non possiamo ammettere che il progetto non è andato come previsto sulla carta?

L’autoregolamentazione non è avvenuta. Gli orsi continuano a proliferare e non si sono spostati in altre regioni. Forse hanno il GPS integrato e quando varcano il confine sento la mancanza del Trentino e delle nostre belle dolomiti e della nostra aria. Forse è questo o forse gli sparano senza tanta pubblicità se vanno in altre province e regioni. Per andare nel Trentino orientale gli orsi dovrebbero valicare l’A22 e questo salva zone turistiche importanti. Io mi domando se non sia il caso di cercare di trovare una soluzione. È giusto ammazzare queste povere bestie troppo confidenti e aggressive come propone il governatore? Che colpa ne hanno?

I boschi dei balcani hanno un’antropizzazione dei boschi che è inesistente e comunque infinitamente inferiore alla nostra. Li accetterebbero, ovviamente li caccerebbero, ma trovo sia la soluzione migliore e giusta. Mantenerne un numero di poche decine procrastinerebbe il problema di qualche anno.

Gli animalisti convinti augurano la morte a chi viene attaccato e sostengono che si debbano chiudere i sentieri dove c’è un acclarata presenza di plantigradi e che la convivenza sia possibile come lo era in passato. So che mi prenderò diverse critiche ma non condivido. Lo sport montano è esploso negli ultimi 20 anni con sviluppo skyrunning, downhill, mountain bike, trekking, vie ferrate ecc. Una volta in montagna si veniva a faticare per vivere ma ora c’è un numero di attività e sentieristica che prima non c’era e gli incontri sono giocoforza più probabili. Un mio amico ha perso un asino per un attacco di un orso e ha paura di starsene fuori a guardare le stelle nelle notti d'estate. Il numero di pecore che vengono sbranati dai lupi ormai non fanno più notizia. Pochi dicono quanto la pastorizia sia fondamentale per manutenzione del bosco e della montagna e in questo momento pare che sia abbandonata questa attività fondamentale dalle istituzioni. Ed infine parliamo dell’impatto negativo che questa situazione può creare all’economia turistica locale.

Sinceramente non credo che sia sostenibile il procrastinarsi di questa situazione e credo che palesi ancora una volta come i progetti, quelli meravigliosi sulla carta, dimostrino tutta la loro fragilità quando si scontrano con la realtà dei fatti. Non è colpa degli orsi che giustamente vivono e si difendono ma mi chiedo se dobbiamo tornare all’800 perché 1.000 persone hanno detto sì ad un progetto sulla carta 25 anni fa? E per quel sì non si possa andare indietro ed ammettere che così non funziona.

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editoriale di Relator

Cambiamento:

"sostituzione o avvicendamento che riguarda in tutto o in parte la sostanza o l'aspetto di qualcosa o di qualcuno"

Ieri si parlava di eroina nell'Editoriale di Iside. Per fortuna l'ho schivata ma solo quella.

Qual'è stato il momento che vi ha radicalmente cambiato la vita?

"1991 esco dall'Ethos Mama Club con Alessandro di Pescara... è inverno ma è troppo bello baciarlo.

Non prendo la giacca e vestita di niente mi ammalo.

Un mese e mezzo in ospedale con la broncopolmonite.

La prima volta che mi fermo dagli stravizi e prendo coscienza della vacuità e sregolatezza della vita che conduco.

Mi fanno compagnia i miei David: Gilmour, Bowie, Byrne e Sylvian in cassetta"

Esco, so quello che voglio e quello che non voglio più.

Voglio solo un uomo che mi ami veramente per quella che sono, e lo trovo per la vita

Voglio smettere con tutti gli stravizi e lo faccio (per un lungo periodo)

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editoriale di Confaloni

La recente morte del bracciante agricolo Satnam Singh, avvenuta in circostanze orrende il mese scorso nelle campagne in provincia di Latina, ha fatto molta sensazione e suscitato molta indignazione. Ora, a distanza di alcuni giorni e mentre l'attenzione generale si riversa su altre notizie, mi accingo a fare qualche riflessione su quanto successo.

Intanto, ho constatato molta solita ipocrisia e non solo per l'ennesimo infortunio sul lavoro (purtroppo ogni anno l'elenco di eventi tragici in tale ambito è sempre fitto), ma anche per il tema del caporalato in agricoltura. Qui la novità è veramente relativa, dal momento che subito dopo l' unità di Italia (1861) fu condotta un'inchiesta parlamentare sul problema già evidente a quei tempi. Sarebbe da dire che qualcosa si sarebbe potuto fare nel frattempo e quindi come mai il caporalato è tuttora presente?

Altra ipocrisia rivoltante è definire i lavoratori agricoli ,sfruttati dal caporalato ,"invisibili". Davvero nei campi coltivati non si vede anima viva al lavoro? Chi dovrebbe controllare e verificare che non ci siano situazioni anomale tipo "lavoro nero" è per caso affetto da cecità? Fra l'altro, nella rete distributiva commerciale italiana non mancano fortunatamente frutta e verdura e quello che giunge sulle nostre tavole, previamente acquistato, è stato raccolto da alcune persone in carne e ossa, certamente non da fantasmi che si spezzano la schiena sotto il sole. Così almeno dovrebbe essere...

Un'altra mia personale considerazione verte sul fatto che la categoria del lavoro è così considerata in Italia da aver indotto i nostri Padri costituenti a specificare, nell'articolo 1 della Costituzione, che " l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro". Alcuni sostengono che la nostra Costituzione sia la più bella in vigore su scala mondiale. Io non so ma che il principio citato, ispirato ad un certo orientamento ideologico di alcune forze politiche presenti nell'allora Assemblea costituente, si esplichi secondo le dinamiche dell' economia di mercato non mi pare così rassicurante. Quante volte, in tutti questi decenni dopo la fine della seconda guerra mondiale, aziende in crisi hanno dovuto chiudere i battenti, lasciando i lavoratori a casa con tanto di sussidio di disoccupazione (e io stesso mi sono trovato in simile situazione)?

Per non parlare poi dei tanti, troppi infortuni sul lavoro che non fanno onore alla Repubblica italiana. Il lavoro non dovrebbe essere maggiormente considerato, dato l'articolo della Costituzione sopra citato?

Insomma, come cittadino italiano nutro dubbi gravi ogni qualvolta leggo dell'ennesimo incidente sul lavoro, con grandi dibattiti da cui nulla di concreto scaturisce. Forse sarebbe il caso, dal momento che c'è sempre qualche idea di riforma costituzionale, rivedere quel criterio fondante in apertura di testo costituzionale. Perché non richiamarsi, semmai, all'irrinunciabile esigenza di garantire giustizia e libertà (dal nome di una famosa brigata partigiana che si batté contro la dittatura nazifascista) per tutti i cittadini italiani?

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editoriale di Flame

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In un tempo molto avaro di Ambrogi, Giuseppi o Alfonsi che riuscirono a farsi strada nella vita, un tempo invece generoso di famosi Ludovichi a cui vennero affibbiati simpatici appellativi, come Ludovico “il moro”, Ludovico “il germanico”, Ludovico “il pio” e così via, esistette un regno, di cui si è persa memoria, che tra i suoi re ebbe appunto un Ludovico, Ludovico IV Frigidaire per la precisione, detto “il lontano” per via del suo trovarsi sempre altrove, in luoghi sperduti, ogni volta che il suo regno veniva attaccato da altri popoli.

In quelle occasioni, quando le più alte cariche dell’esercito si presentavano a corte per organizzare la difesa, alla regina toccava sempre rispondere: “Eeeh, Ludovico non c’è! È lontano, In ….”. E poi riferiva il nome del posto in cui si trovava il re in quella particolare circostanza. E li era solito rimanerci fino a guerra conclusa.

Quel Ludovico divenne celebre ai suoi tempi soprattutto per essersi trovato lontano, in una spedizione verso la seconda cima del Kilimangiaro per la precisione, quando il popolo dei giovanni rossi tentò di conquistare il suo regno.

Quello fu l’unico conflitto passato alla storia tra i tanti che il regno di Ludovico “il lontano” si trovò ad affrontare nel corso della sua esistenza. Il motivo sta nel fatto che fu l’unico in cui l’esercito del regno non riuscì ad avere facilmente la meglio sul nemico. Il popolo dei giovanni rossi arrivò molto vicino a conquistarlo, ci fu un momento in cui addirittura sembrava cosa fatta.

A scongiurare quel pericolo non fu il coraggio e l’abilità dei soldati ma la negligenza del popolo di Ludovico “il lontano”.

IL DEBUFIZZATORE DI NOMI E COGNOMI

La prima comunità dai cui ebbe origine il popolo dei giovanni rossi, venne a crearsi per un fatto molto strano. Molti anni addietro il tentativo di conquista del regno di Ludovico “il Lontano”, circolò molto velocemente in giro per il mondo la notizia dell’invenzione di uno strano macchinario che si diceva fosse in grado di togliere la buffezza a nomi e cognomi particolarmente ridicoli, tipo Guido Lavespa.

L’avevano chiamato il debbuffizzatore di nomi e cognomi.

Dalle voci che circolavano sembrava che il sistema fosse tutto sommato semplice: era prevista una camera in cui veniva fatto entrare il possessore del nome e cognome da “trattare”, e li dentro questa persona doveva rimanerci per circa un’ora.

Si diceva che, in quel lasso di tempo, il macchinario emettesse delle strane onde che agivano su tutta la popolazione mondiale fuorché sulla persona all’interno della camera, che facevano sì che, a conclusione del trattamento, il nome e/o il cognome di quella persona non suonasse più buffo agli altri.

Accorsero a provare il macchinario moltitudini di possessori di nomi e cognomi tra i più ridicoli che si fossero mai sentiti, vittime della stravaganza dei propri genitori, e la verità sul debuffizzatore non impiegò molto a venire a galla: non si trattava in effetti di un vero e proprio debuffizzatore; ciò che quel macchinario in realtà faceva era trasformare i nomi e cognomi delle persone che si sottoponevano al trattamento in Giovanni Rossi, che si trattasse di donne o uomini.

Certo non si poteva dire che non risolvesse ugualmente il problema originario. Si erano fatti diversi tentativi per provare a prendere in giro una persona per il solo fatto di chiamarsi giovanni rossi, ma risultarono tutti fallimentari, fino a che fu scientificamente dimostrato che in effetti il nome “giovanni rossi” è imprendibile in giro in base alla seconda legge della balneabilità dell’orizzonte degli eventi.

Ma il debuffizzatore creò un problema forse ancora maggiore di quello che avrebbe dovuto risolvere.

I giovanni rossi divennero improvvisamente così tanti che il resto della popolazione mondiale prese ad attribuir loro una sorta di numero di matricola, per poterne chiamare uno senza che si voltassero anche gli altri all’unisono: Giovannni Rossi n. 0001, Giovanni Rossi 00203, e così via.

Si finì preso per utilizzare solo il numero, e dopo anni si perse la memoria che oltre il numero c’era altro.

Fu così che i giovanni rossi, presi dalla disperazione e dal rancore, decisero di creare un regno tutto loro e sterminare il resto della popolazione della terra.

IL PRATO DELLE FINESTRE FLUTTUANTI

Così veniva chiamato un luogo particolare nel regno di Ludovico il Lontano, e c'erano varie leggende su sta cosa delle finestre, tutte ovviamente infondate; la spiegazione era in realtà semplice, strana forse, ma non chiamava in causa forze magiche o ultraterrene.

Il motivo era da ricondursi alla particolare tecnica di un costruttore di case che godeva di una certa fama nel regno di Ludovico “il lontano”. Il personaggio in questione amava definire se stesso un ingegnere modernista Jazz. Nessuno capiva cosa volessero dire quelle parole, perchè modernismo e jazz a quel tempo dovevano ancora essere inventati. Ma che nessuno si prendesse la briga di farlo all’ingegnere poco importava, quelle parole gli suonavano bene e le utilizzava sbattendosene se la cosa rischiava di percorrere un po’ i tempi.

Lui non faceva progetti, costruiva le case partendo dalle finestre: le piazzava un po’ a sentimento, e poi riempiva i vuoti attorno improvvisando, seguendo il flusso di coscienza.

Le fondamenta erano l’ultima cosa di cui si occupava, ed era un lavoro che faceva malvolentieri, le trovava dannatamente inutili. Diceva – le fondamenta mi fanno sentire un gatto, che prima la fa e poi la nasconde.

Quando era orami vecchio e decrepito, gli fu commissionata la costruzione di un grande palazzo che avrebbe dovuto essere la sua opera più rappresentativa, ma lui vide bene di tirare le cuoia a lavori in corso, subito dopo aver piazzato le finestre.

Non esistendo un progetto, a nessuno dei suoi collaboratori venne la voglia di portare a termine l’opera, che restò una delle tante opere incompiute di quel regno.

Le finestre quindi rimasero sospese a mezz’aria non per merito di qualche forza oscura, ma per merito della negligenza del popolo di Ludovico “il lontano”: semplicemente a nessuno venne la voglia di costruirci dei muri attorno.

Ma il popolo dei giovanni rossi questo non poteva saperlo, e per essere sicuri di non profanare un luogo magico, ed incorrere così nell’ira degli dei, mandò il suo guerriero più valoroso, Giovanni Rossi, a perlustrare quel luogo.

Ma quando egli arrivò a destinazione trovò qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.

DIESCI

I Bolzaniani sono stati sconfitti! I nuovi signori della galassia sono i cuochi, che sono giunti alla vittoria grazie ad un abile strategia. I cuochi hanno scoperto che la maggior parte delle particolari “Ə” dei canəderli, che costituiscono il 90% dell’alimentazione dei Bolzaniani, proviene da Innsbruck. I cuochi sono riusciti a interrompere la catena di fornitura di “Ə” da Innsbruck verso le linee nemiche per lungo tempo, bloccando così gli approvvigionamenti di derrate per le truppe bolzaniane. (le tre utilizzate per scrivere quest’articolo sono state reperite su mercato nero al prezzo di parecchio sangue e denaro)

“Tutto qua?”

“Non c’è altro, mai Masta!”

“Invierò Meryl “l’immenso” a seviziare il direttore del giornale”

“Mai Masta! Una nostra spia ci ha informato che un gruppo di sediziosi del pianeta Laigueglian, comandati da un certo Dislo-canyon, si ostina a mettere la panna nella “mari e monti””

“ORRRROOOREEEE!!!”

“E’ una resistenza che va soffocata sul nascere”

“Concordo! Giovane Sssousschefff, occupatene tu! Vai a profanare la tomba di Dart Veda, arraffa la spada laser, e con quella vai a falcidiare i sediziosi, ma bada bene, non prima di averli sciacquati a dovere in acqua corrente! E occhio sempre ad essere giusto di sale, è fondamentale per mantenere l’equilibrio nell’universo!”

“Sarà fatto mai Masta!”

“Ah, aspetta un attimo, come va a finire quella storiella dei giovanni rossi?”

“Mai Masta! La storiella l’ha scritta Fleimorg il mandrogno, il finale è sempre lo stesso delle altre sue storie: il protagonista trova Yellow Pecora”

“uhmm ... va beh. Ora va! E che il Diesci sia con te!”

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editoriale di iside

Delle volte ci rifugiavamo in cantina; un walkman due cuffie e stavamo la ad ascoltare la musica.

Eravamo gli unici che ascoltavano de André.

Eri uno scricciolo, ti chiamerò Ivette come nella canzone di Ivan “quella senza tette”...

Ogni tanto sparivi magari per un giorno o due, tre, una settimana, poi tornivi sempre e finivamo in cantina ad ascoltarci Giugno 73.

Poi un pomeriggio al Casbah ci prendemmo anche noi i famosi peli d'elefante con la promessa che mai l'avremmo dati ad un passante.

Ogni tanto ti allungavo un po' di soldi sapevo che cosa ne facevi ma preferivo darteli io, tanto li avresti trovati comunque...

Poi:

"Davidino me ne vado a Roma"

“Non andare lo sai che finisci nei night”

“Sai quanti ne ne ho sbocchinato in cantina per 5000lire”?

Passarono i giorni, le settimane, i mesi, gli anni, poi una sera mi chiami:

“Davidino vado da mia mamma fra due settimane ti va di vederci”?

“Hai ancora i peli d'elefante o li hai dati a un passante”?

“Davidino non ho tempo per le cazzate, chiamami fra quindici giorni”.

Al telefono mi risponde il fratello, ubriaco come sempre, ride:

“Ciao, mi passi Ivette”?

“ È morta”!

“Come”?

“Morta l'ho capisci? MORTA”!!

Riggancio guardo fuori dalla finestra i fumi delle acciaierie.

Fanculo.

Giugno 1965/ Giugno 1986

(nella foto Ivan del Casbah, morto Marzo 2020 e alcuni frequentatori)

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editoriale di Jaco2604

Nella mia vita le prerogative sono due: provare emozioni e scriverne. Laddove non provo emozioni, le immagino, le vivo in modo fittizio astratto e ne scrivo perché gli altri, che effettivamente le provino, possano identificarsi in quella da me raccontata. Molti pensano che sia ciò che spinge i poeti, i cantanti... secondo me è un semplice strumento di autodifesa per fare ordine in una mente adolescenziale (anche se forse a 20 anni ci si dovrebbe un attimo stabilizzare) piena di nuvoloni e pensieri, nulla di speciale.

Non so se questo editoriale sia degno di essere effettivamente un editoriale, ma voglio provare anche qui a condividere un'emozione, un pensiero, che non per forza corrisponde con qualcosa da me provato, ma che magari può scaldare il petto, in primis mio.

Questa continua ricerca mi porta a scrivere delle "lettere", su argomenti vari, che raccontano un soffio di vento, che questo sia caldo o freddo.

Non hanno nulla di poetico e non raccontano fatti, semplicemente parlano, senza pretese.

Oggi voglio provare a condividerne una con voi, si chiama "Lettera a chiunque":

LETTERA A CHIUNQUE

"Mi manchi... queste parole le associamo spesso all'amore... eppure tu mi manchi, ma non ti amo; mi manchi e non ti odio; mi manchi, ma durante il giorno penso ad altro. Eppure la notte mi accorgo di quanto mi manchi, e mi accorgo di quanto non ti amo.

Vivo la vita in un purgatorio, insieme ad anime condannate per il solo peccato di aver vissuto un'epoca sbagliata, eppure io vivo negli anni che mi sono stati assegnati, ho preso scelte che mi hanno indirizzato verso te, ma non sapevo ci fossi te.

Ho vissuto così tanto in questo limbo, che ora che ci vivo ancora... mi manchi.

Lo so, sembra che tu abbia vissuto qui con me, in realtà eri solo un ologramma. Te l'ho detto, ognuno vive nell'epoca che gli spetta.

Cosa diresti se ti mandassero all'inferno solo perché hai accarezzato le guance sbagliate? Cosa diresti di un uomo solo, prono davanti agli occhi sbagliati?

Sono domande che ci siamo posti mille volte, quando passavamo insieme ogni istante. Ce le siamo poste mille volte e non abbiamo mai avuto la pazienza di ragionarci fino in fondo.

E adesso che non lo facciamo più mi manchi, ma l'ho già detto, non ti amo.

Forse non hai capito che non ti ho mai amata, mai odiata e nemmeno considerata... eppure mi manca vivere quei momenti, perché negarlo. Mio dio se lo vorrei rinnegare.

Allontanerei ogni abbraccio, distruggerei ogni fottutissimo sguardo al solo scopo di perdere la memoria ed ogni affetto.

Te lo dico un'ultima volta e poi basta:

Eppure."

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editoriale di Buckley

Sono 2 mesi che frequento "il sito più fiko dell'internet" e oltre le solite sbrodolate di complimenti e doverosi riconoscimenti per l'idea di dare a tutti la possibilità di scrivere qualunque cosa su qualunque artista, a tutto tondo, sia esso un pittore uno scrittore o un cantante/gruppo, ho qualcosa da dire su alcuni meccanismi che non ho ancora assimilato o capito. Al netto delle FAQ abbastanza esaustive, ci sono operazioni troppo macchinose, un esempio? Perché banalmente non si riesce a cancellare un ascolto non voluto o sbagliato? Perché accanirsi con l'aggiunta del link corretto con tanto di spiegazione? Un'altra supercazzola é l'inserimento di un autore o di un film in una classifica che non compare nel De_Db. Ho provato con un film mi ha dato errore che si è ripetuto con il regista del film, poi come per incanto un utente mi avvisa che ho inserito un film come autore.... Why? Perché non mandare messaggio del tipo "hai scritto una minchiata, cancella e riprova ? Probabilmente sbaglio qualcosa io. Sono considerazioni che avrei potuto mandare all'info, ma ho preferito "testare" l'editoriale.

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editoriale di JonatanCoe

Come un carro senza nocchier sfidava tempesta, così un giano de carrozze sfasciate aprì de Gennaio la festa.

E non parea vero che il ver cerimoniere G, capo del sito, arrivò solo in Febbraio tutto stizzito.

E il Turco, ch'egli tutto tengon nascosto, solo al prio sole de Marzo accedette in codesto posto.

Alti membri della Mucca Sacra arrivarono in Aprile a fiotti, Almotasim, Lulù con Dsalva, ch'ogni cosa vedea complotti.

Il gran sultano Tia s'affacciò a fine Maggio, in compagnia di due fanciulle e Falloppio il suo paggio.

Giugno fu tutto un brindar senza fine attorno al grande tavolo, dove la facea da padrone Enea il Diavolo.

Quando infine a Luglio svuotarono tutti i tini, intrapresero la via del ritorno condotti da CAZpuntini.

A chiudere la carovana c'era Macmaranza, sotto il sol d'Agosto fritto come una paranza.

Ormai un ricordo lontano, Settembre ci consegna nuova stagione, con la maglia numero 7 del Bologna rigiocherà Gaston(e).

.Ottandro ed Ottobre va da se, e se non vi è chiaro non chiedetemi il perchè.

Novembre, da copione, regala la prima brina, è arrivata l'ora di riporrere nell'armadio la t-shirt e il cappello da pescatore Valentyna.

A Dicembre si fanno regali e promesse e la mia la faccio qui, Sfascia non mi freghi, il prossimo anno si riparte da G.

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