editoriale di Flame

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In un tempo molto avaro di Ambrogi, Giuseppi o Alfonsi che riuscirono a farsi strada nella vita, un tempo invece generoso di famosi Ludovichi a cui vennero affibbiati simpatici appellativi, come Ludovico “il moro”, Ludovico “il germanico”, Ludovico “il pio” e così via, esistette un regno, di cui si è persa memoria, che tra i suoi re ebbe appunto un Ludovico, Ludovico IV Frigidaire per la precisione, detto “il lontano” per via del suo trovarsi sempre altrove, in luoghi sperduti, ogni volta che il suo regno veniva attaccato da altri popoli.

In quelle occasioni, quando le più alte cariche dell’esercito si presentavano a corte per organizzare la difesa, alla regina toccava sempre rispondere: “Eeeh, Ludovico non c’è! È lontano, In ….”. E poi riferiva il nome del posto in cui si trovava il re in quella particolare circostanza. E li era solito rimanerci fino a guerra conclusa.

Quel Ludovico divenne celebre ai suoi tempi soprattutto per essersi trovato lontano, in una spedizione verso la seconda cima del Kilimangiaro per la precisione, quando il popolo dei giovanni rossi tentò di conquistare il suo regno.

Quello fu l’unico conflitto passato alla storia tra i tanti che il regno di Ludovico “il lontano” si trovò ad affrontare nel corso della sua esistenza. Il motivo sta nel fatto che fu l’unico in cui l’esercito del regno non riuscì ad avere facilmente la meglio sul nemico. Il popolo dei giovanni rossi arrivò molto vicino a conquistarlo, ci fu un momento in cui addirittura sembrava cosa fatta.

A scongiurare quel pericolo non fu il coraggio e l’abilità dei soldati ma la negligenza del popolo di Ludovico “il lontano”.

IL DEBUFIZZATORE DI NOMI E COGNOMI

La prima comunità dai cui ebbe origine il popolo dei giovanni rossi, venne a crearsi per un fatto molto strano. Molti anni addietro il tentativo di conquista del regno di Ludovico “il Lontano”, circolò molto velocemente in giro per il mondo la notizia dell’invenzione di uno strano macchinario che si diceva fosse in grado di togliere la buffezza a nomi e cognomi particolarmente ridicoli, tipo Guido Lavespa.

L’avevano chiamato il debbuffizzatore di nomi e cognomi.

Dalle voci che circolavano sembrava che il sistema fosse tutto sommato semplice: era prevista una camera in cui veniva fatto entrare il possessore del nome e cognome da “trattare”, e li dentro questa persona doveva rimanerci per circa un’ora.

Si diceva che, in quel lasso di tempo, il macchinario emettesse delle strane onde che agivano su tutta la popolazione mondiale fuorché sulla persona all’interno della camera, che facevano sì che, a conclusione del trattamento, il nome e/o il cognome di quella persona non suonasse più buffo agli altri.

Accorsero a provare il macchinario moltitudini di possessori di nomi e cognomi tra i più ridicoli che si fossero mai sentiti, vittime della stravaganza dei propri genitori, e la verità sul debuffizzatore non impiegò molto a venire a galla: non si trattava in effetti di un vero e proprio debuffizzatore; ciò che quel macchinario in realtà faceva era trasformare i nomi e cognomi delle persone che si sottoponevano al trattamento in Giovanni Rossi, che si trattasse di donne o uomini.

Certo non si poteva dire che non risolvesse ugualmente il problema originario. Si erano fatti diversi tentativi per provare a prendere in giro una persona per il solo fatto di chiamarsi giovanni rossi, ma risultarono tutti fallimentari, fino a che fu scientificamente dimostrato che in effetti il nome “giovanni rossi” è imprendibile in giro in base alla seconda legge della balneabilità dell’orizzonte degli eventi.

Ma il debuffizzatore creò un problema forse ancora maggiore di quello che avrebbe dovuto risolvere.

I giovanni rossi divennero improvvisamente così tanti che il resto della popolazione mondiale prese ad attribuir loro una sorta di numero di matricola, per poterne chiamare uno senza che si voltassero anche gli altri all’unisono: Giovannni Rossi n. 0001, Giovanni Rossi 00203, e così via.

Si finì preso per utilizzare solo il numero, e dopo anni si perse la memoria che oltre il numero c’era altro.

Fu così che i giovanni rossi, presi dalla disperazione e dal rancore, decisero di creare un regno tutto loro e sterminare il resto della popolazione della terra.

IL PRATO DELLE FINESTRE FLUTTUANTI

Così veniva chiamato un luogo particolare nel regno di Ludovico il Lontano, e c'erano varie leggende su sta cosa delle finestre, tutte ovviamente infondate; la spiegazione era in realtà semplice, strana forse, ma non chiamava in causa forze magiche o ultraterrene.

Il motivo era da ricondursi alla particolare tecnica di un costruttore di case che godeva di una certa fama nel regno di Ludovico “il lontano”. Il personaggio in questione amava definire se stesso un ingegnere modernista Jazz. Nessuno capiva cosa volessero dire quelle parole, perchè modernismo e jazz a quel tempo dovevano ancora essere inventati. Ma che nessuno si prendesse la briga di farlo all’ingegnere poco importava, quelle parole gli suonavano bene e le utilizzava sbattendosene se la cosa rischiava di percorrere un po’ i tempi.

Lui non faceva progetti, costruiva le case partendo dalle finestre: le piazzava un po’ a sentimento, e poi riempiva i vuoti attorno improvvisando, seguendo il flusso di coscienza.

Le fondamenta erano l’ultima cosa di cui si occupava, ed era un lavoro che faceva malvolentieri, le trovava dannatamente inutili. Diceva – le fondamenta mi fanno sentire un gatto, che prima la fa e poi la nasconde.

Quando era orami vecchio e decrepito, gli fu commissionata la costruzione di un grande palazzo che avrebbe dovuto essere la sua opera più rappresentativa, ma lui vide bene di tirare le cuoia a lavori in corso, subito dopo aver piazzato le finestre.

Non esistendo un progetto, a nessuno dei suoi collaboratori venne la voglia di portare a termine l’opera, che restò una delle tante opere incompiute di quel regno.

Le finestre quindi rimasero sospese a mezz’aria non per merito di qualche forza oscura, ma per merito della negligenza del popolo di Ludovico “il lontano”: semplicemente a nessuno venne la voglia di costruirci dei muri attorno.

Ma il popolo dei giovanni rossi questo non poteva saperlo, e per essere sicuri di non profanare un luogo magico, ed incorrere così nell’ira degli dei, mandò il suo guerriero più valoroso, Giovanni Rossi, a perlustrare quel luogo.

Ma quando egli arrivò a destinazione trovò qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.

DIESCI

I Bolzaniani sono stati sconfitti! I nuovi signori della galassia sono i cuochi, che sono giunti alla vittoria grazie ad un abile strategia. I cuochi hanno scoperto che la maggior parte delle particolari “Ə” dei canəderli, che costituiscono il 90% dell’alimentazione dei Bolzaniani, proviene da Innsbruck. I cuochi sono riusciti a interrompere la catena di fornitura di “Ə” da Innsbruck verso le linee nemiche per lungo tempo, bloccando così gli approvvigionamenti di derrate per le truppe bolzaniane. (le tre utilizzate per scrivere quest’articolo sono state reperite su mercato nero al prezzo di parecchio sangue e denaro)

“Tutto qua?”

“Non c’è altro, mai Masta!”

“Invierò Meryl “l’immenso” a seviziare il direttore del giornale”

“Mai Masta! Una nostra spia ci ha informato che un gruppo di sediziosi del pianeta Laigueglian, comandati da un certo Dislo-canyon, si ostina a mettere la panna nella “mari e monti””

“ORRRROOOREEEE!!!”

“E’ una resistenza che va soffocata sul nascere”

“Concordo! Giovane Sssousschefff, occupatene tu! Vai a profanare la tomba di Dart Veda, arraffa la spada laser, e con quella vai a falcidiare i sediziosi, ma bada bene, non prima di averli sciacquati a dovere in acqua corrente! E occhio sempre ad essere giusto di sale, è fondamentale per mantenere l’equilibrio nell’universo!”

“Sarà fatto mai Masta!”

“Ah, aspetta un attimo, come va a finire quella storiella dei giovanni rossi?”

“Mai Masta! La storiella l’ha scritta Fleimorg il mandrogno, il finale è sempre lo stesso delle altre sue storie: il protagonista trova Yellow Pecora”

“uhmm ... va beh. Ora va! E che il Diesci sia con te!”

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editoriale di iside

Delle volte ci rifugiavamo in cantina; un walkman due cuffie e stavamo la ad ascoltare la musica.

Eravamo gli unici che ascoltavano de André.

Eri uno scricciolo, ti chiamerò Ivette come nella canzone di Ivan “quella senza tette”...

Ogni tanto sparivi magari per un giorno o due, tre, una settimana, poi tornivi sempre e finivamo in cantina ad ascoltarci Giugno 73.

Poi un pomeriggio al Casbah ci prendemmo anche noi i famosi peli d'elefante con la promessa che mai l'avremmo dati ad un passante.

Ogni tanto ti allungavo un po' di soldi sapevo che cosa ne facevi ma preferivo darteli io, tanto li avresti trovati comunque...

Poi:

"Davidino me ne vado a Roma"

“Non andare lo sai che finisci nei night”

“Sai quanti ne ne ho sbocchinato in cantina per 5000lire”?

Passarono i giorni, le settimane, i mesi, gli anni, poi una sera mi chiami:

“Davidino vado da mia mamma fra due settimane ti va di vederci”?

“Hai ancora i peli d'elefante o li hai dati a un passante”?

“Davidino non ho tempo per le cazzate, chiamami fra quindici giorni”.

Al telefono mi risponde il fratello, ubriaco come sempre, ride:

“Ciao, mi passi Ivette”?

“ È morta”!

“Come”?

“Morta l'ho capisci? MORTA”!!

Riggancio guardo fuori dalla finestra i fumi delle acciaierie.

Fanculo.

Giugno 1965/ Giugno 1986

(nella foto Ivan del Casbah, morto Marzo 2020 e alcuni frequentatori)

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editoriale di Jaco2604

Nella mia vita le prerogative sono due: provare emozioni e scriverne. Laddove non provo emozioni, le immagino, le vivo in modo fittizio astratto e ne scrivo perché gli altri, che effettivamente le provino, possano identificarsi in quella da me raccontata. Molti pensano che sia ciò che spinge i poeti, i cantanti... secondo me è un semplice strumento di autodifesa per fare ordine in una mente adolescenziale (anche se forse a 20 anni ci si dovrebbe un attimo stabilizzare) piena di nuvoloni e pensieri, nulla di speciale.

Non so se questo editoriale sia degno di essere effettivamente un editoriale, ma voglio provare anche qui a condividere un'emozione, un pensiero, che non per forza corrisponde con qualcosa da me provato, ma che magari può scaldare il petto, in primis mio.

Questa continua ricerca mi porta a scrivere delle "lettere", su argomenti vari, che raccontano un soffio di vento, che questo sia caldo o freddo.

Non hanno nulla di poetico e non raccontano fatti, semplicemente parlano, senza pretese.

Oggi voglio provare a condividerne una con voi, si chiama "Lettera a chiunque":

LETTERA A CHIUNQUE

"Mi manchi... queste parole le associamo spesso all'amore... eppure tu mi manchi, ma non ti amo; mi manchi e non ti odio; mi manchi, ma durante il giorno penso ad altro. Eppure la notte mi accorgo di quanto mi manchi, e mi accorgo di quanto non ti amo.

Vivo la vita in un purgatorio, insieme ad anime condannate per il solo peccato di aver vissuto un'epoca sbagliata, eppure io vivo negli anni che mi sono stati assegnati, ho preso scelte che mi hanno indirizzato verso te, ma non sapevo ci fossi te.

Ho vissuto così tanto in questo limbo, che ora che ci vivo ancora... mi manchi.

Lo so, sembra che tu abbia vissuto qui con me, in realtà eri solo un ologramma. Te l'ho detto, ognuno vive nell'epoca che gli spetta.

Cosa diresti se ti mandassero all'inferno solo perché hai accarezzato le guance sbagliate? Cosa diresti di un uomo solo, prono davanti agli occhi sbagliati?

Sono domande che ci siamo posti mille volte, quando passavamo insieme ogni istante. Ce le siamo poste mille volte e non abbiamo mai avuto la pazienza di ragionarci fino in fondo.

E adesso che non lo facciamo più mi manchi, ma l'ho già detto, non ti amo.

Forse non hai capito che non ti ho mai amata, mai odiata e nemmeno considerata... eppure mi manca vivere quei momenti, perché negarlo. Mio dio se lo vorrei rinnegare.

Allontanerei ogni abbraccio, distruggerei ogni fottutissimo sguardo al solo scopo di perdere la memoria ed ogni affetto.

Te lo dico un'ultima volta e poi basta:

Eppure."

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editoriale di Buckley

Sono 2 mesi che frequento "il sito più fiko dell'internet" e oltre le solite sbrodolate di complimenti e doverosi riconoscimenti per l'idea di dare a tutti la possibilità di scrivere qualunque cosa su qualunque artista, a tutto tondo, sia esso un pittore uno scrittore o un cantante/gruppo, ho qualcosa da dire su alcuni meccanismi che non ho ancora assimilato o capito. Al netto delle FAQ abbastanza esaustive, ci sono operazioni troppo macchinose, un esempio? Perché banalmente non si riesce a cancellare un ascolto non voluto o sbagliato? Perché accanirsi con l'aggiunta del link corretto con tanto di spiegazione? Un'altra supercazzola é l'inserimento di un autore o di un film in una classifica che non compare nel De_Db. Ho provato con un film mi ha dato errore che si è ripetuto con il regista del film, poi come per incanto un utente mi avvisa che ho inserito un film come autore.... Why? Perché non mandare messaggio del tipo "hai scritto una minchiata, cancella e riprova ? Probabilmente sbaglio qualcosa io. Sono considerazioni che avrei potuto mandare all'info, ma ho preferito "testare" l'editoriale.

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editoriale di JonatanCoe

Come un carro senza nocchier sfidava tempesta, così un giano de carrozze sfasciate aprì de Gennaio la festa.

E non parea vero che il ver cerimoniere G, capo del sito, arrivò solo in Febbraio tutto stizzito.

E il Turco, ch'egli tutto tengon nascosto, solo al prio sole de Marzo accedette in codesto posto.

Alti membri della Mucca Sacra arrivarono in Aprile a fiotti, Almotasim, Lulù con Dsalva, ch'ogni cosa vedea complotti.

Il gran sultano Tia s'affacciò a fine Maggio, in compagnia di due fanciulle e Falloppio il suo paggio.

Giugno fu tutto un brindar senza fine attorno al grande tavolo, dove la facea da padrone Enea il Diavolo.

Quando infine a Luglio svuotarono tutti i tini, intrapresero la via del ritorno condotti da CAZpuntini.

A chiudere la carovana c'era Macmaranza, sotto il sol d'Agosto fritto come una paranza.

Ormai un ricordo lontano, Settembre ci consegna nuova stagione, con la maglia numero 7 del Bologna rigiocherà Gaston(e).

.Ottandro ed Ottobre va da se, e se non vi è chiaro non chiedetemi il perchè.

Novembre, da copione, regala la prima brina, è arrivata l'ora di riporrere nell'armadio la t-shirt e il cappello da pescatore Valentyna.

A Dicembre si fanno regali e promesse e la mia la faccio qui, Sfascia non mi freghi, il prossimo anno si riparte da G.

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editoriale di Jaco2604

Premessa: sul deb si parla principalmente di musica, stanotte sono un tantino fuori tema ma ritengo che questo sia un argomento importantissimo e che sia fondamentale trattarlo in ogni contesto possibile.

Non riesco a non lasciarmi sopraffare da questo vortice di negatività e tragedia che mi ha investito negli ultimi giorni. Sono anni che la parola "morte" è entrata a far parte della nostra quotidianità, senza mai uscirne: basti pensare al covid, ogni giorno un bollettino ci diceva quante persone la malattia si era portata via. Poi è arrivata la guerra (o meglio dire "tornata") e ci siamo trovati di fronte ad innumerevoli vittime, civili e militari. Ogni giorno guardiamo il telegiornale, leggiamo le notizie e qualcuno è stato ingiustamente ucciso. Questa cronaca nera che attanaglia le mie giornate inizia a pesare, anche perché ultimamente non l'ho vissuta solo nei telegiornali, ma anche in prima persona, riguardo un tema che ho particolarmente caro: i suicidi.

Il suicidio è diverso dalla malattia o dalla guerra, perché è una scelta. Una scelta che nasce dalla solitudine, dal non sentirsi compresi ed è una soluzione tragica.

Nessuno dovrebbe mai morire per via di una difficoltà che non riesce, da solo, a superare, è una cosa crudele.

Qualche settimana fa una ragazza, circa della mia età (20), si è buttata dalla finestra ad una via di distanza da casa mia, ieri ho appreso del suicidio del rettore della cattolica, buttatosi anche lui dal sesto piano, stasera un uomo si è buttato dal quarto piano del palazzo di fronte al mio... ma cosa cazzo ci sta succedendo? Come cazzo è possibile che non siamo più in grado di reagire? Come cazzo si fa ad essere abbandonati a sé stessi nell'era dei social e della massima condivisione? Io non ne lo spiego...

Le difficoltà colpiscono tutti, il rettore dell'Università che abita in centro a Milano, così come l'ultimo disoccupato che abita in un paesino di periferia (che poi zona mia è ugualmente Milano, ma per generalizzare...), questo rende ancora più paradossale la questione.

Per capire un attimo se questo nero tempesta si è abbattuto prettamente su ciò che mi circonda, ho cercato su internet i dati del suicidio in Italia, voglio dire, se 3 sono avvenuti in due settimane in contesti a me vicini, chissà in tutta Italia, devono essere numeri tragici...

Ho scoperto che gli ultimi dati sui suicidi in Italia sono stato pubblicati nel 2021, MA sono dati del 2018, anno in cui si sono rilevati 3789 suicidi.

Una fondazione che si occupa del fenomeno suicidi ha fatto un report sui suicidi/tentativi nel primo semestre del 2022 e del 2023:

Tra gennaio e agosto 2022 si sono tolte la vita 351 persone e 391 hanno tentato.

L'anno scorso invece, nello stesso periodo, 608 suicidi e 541 tentativi. Sono numeri allarmanti, che crescono esponenzialmente e che sono aggravati dal fatto che questi sono solamente quelli di cui la stampa è a conoscenza e che perciò sono stati oggetto di cronaca. Per intenderci, il rettore della cattolica sarebbe annoverato tra questi, i due ultimi della società vicino a casa mia no.

Come si fa a non allarmarsi di fronte a numeri del genere? Come di fa a non avere dati perché nessuno monitora il problema?

Alla fine siamo sempre noi stessi che abbiamo il "dovere morale" di autocontrollarci, vivendo in una società in cui non è accettato altro che non sia la perfezione; laddove diventiamo grezzi, imperfetti, nessuno ci vuole più e siamo abbandonati a morire soli con noi stessi.

Non pretendo che la soluzione ai suicidi arrivi dallo stato, hanno provato a far qualcosa col bonus psicologo, ma si è dimostrata una stronzata come tutti si pensava, alla fine è, si, una questione di denaro, ma rimane principalmente una questione di biasimo sociale. Il poveretto che si è buttato dal quarto piano, è stato definito come un esaurito... esaurito... oppure "depresso", detto in senso dispregiativo... ma svegliamoci.

Un ragazzo che va dallo psicologo, nel 2024 è ancora visto come un ragazzo che ha deti problemi e che quindi non è adatto a stare in società, perché in società dobbiamo tutti essere perfetti. Mi piacerebbe star inventando queste affermazioni o esagerando, ma le sento ogni giorno e ogni giorno mi fanno venire il sangue Amaro.

Come risolvere dunque?

Alla fine la cosa che noi tutti possiamo fare è stare vicino a chi si mostra in difficoltà e sforzarci a capire quando lo nasconde.

Noi abbiamo il dovere morale di aiutare chi da solo non riesce più a stare e di dargli un motivo per vivere, perché alla fine chi vogliamo prendere in giro, senza quello nessuno di noi andrebbe avanti.

Il fenomeno dei suicidi si combatte nell'empatia e nell'altruismo quotidiano e siamo tutti responsabili di questo, uno ad uno, nei confronti di chiunque trascorra, o abbia trascorso, il proprio tempo con noi.

La soluzione deve passare attraverso la comprensione e non essere vincolata ad una richiesta di aiuto... dall'altra parte però vi prego, per chiunque non riesca ad uscire dal labirinto dello sconforto, chiedete aiuto, parlate, uscite sfogatevi, incazzatevi, piangete, reagite per far vedere a questo mondo di merda che voi ci siete e siete un'entità forte è vogliosa di vivere... vi prego, fatelo anche per me.

Non voglio arrendermi a questa tempesta di fine maggio...

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editoriale di MauroCincotta66

Rischiarati da una luce azzurrognola tre piccole creature dalla testa enorme stanno appollaiate ai tre lati di un enorme tavolo triangolare, le scosse elettriche degli abitanti degli abissi marini che si vedono oltre le belle vetrate con motivi goticheggianti, lanciano flash che proiettano lunghe ombre nell’enorme stanza disadorna e luccicante di metalli pesanti rendendo l’atmosfera ancora più sinistra.

Il confronto è alquanto acceso, lo si capisce dalla frequenza del ronzio che caratterizza il modo di comunicare di questi assurdi alieni, ogni livello di incazzatura in più corrisponde ad una tacca dell’interruttore del frullatore. Adesso Alcor è arrivato alla tacca III (penultima dei comuni frullatori) e sta inveendo contro Callipo: “… ma no ma no ma NOOOOO! Callipo non si può attaccare adesso! Sono ottomila anni che aspettiamo pazientemente, vabbè che per noi sono solo dodici ma, anche per noi, non è poco e non è il caso di rischiare di mandare tutto a gambe all’aria!”

Callipo è il generale a capo delle forze armate presenti sulla Terra e, chiaramente ed ovviamente, ascrivibile a quella fronda che, noi terrestri, abbiamo convenzionalmente definito “falchi”. Le sue considerazioni non muovono, peraltro, dalla voglia di metter mano alle armi, anche se sono ottomila (o dodici) anni che continua a lucidare la ferraglia di distruzione: vuole attaccare perché è convinto che i terrestri a breve distruggeranno il loro bel pianeta con tutte le risorse preziose che hanno portato gli alieni a risiedere in pianta stabile in questa periferia dell’universo, così lontana dalla loro galassia che si può tornare in famiglia solo per le feste comandate (Mattanza spaziale e Commemorazione del Rais galattico) un anno si e uno no.

Ritrovando la calma necessaria che un dignitario del rango di Alcor deve avere (è discendente diretto dell’Entità Generante Bigtunafish e cugino di primo grado dell’attuale signore assoluto del loro pianeta, il divino Tsukiji), abbassando il ronzio alla tacca II del frullatore continua: “Che poi, cosa vuoi che succeda? Sono così stupidi che non si sono accorti della nostra presenza. È stato sufficiente costruire il nostro rifugio a soli 11 km dalla superfice e loro che fanno? Continuano a sondare l’universo profondo con i loro ridicoli trabiccoli e noi siamo sotto il tappeto che gli succhiamo idrogeno abbestia ahrgh ahrgh ahrgh! Sarà sufficiente, come fatto finora, monitorare le radiazioni nucleari e, in caso, intervenire immediatamente. Al limite ci giochiamo la Russia e/o gli USA, poco male”.

Compostamente accucciato sul suo lato di tavolo e per nulla turbato dal ronzio scatenato dai due convitati, la “colomba” Riomare è persa nei propri pensieri. Sono ottomila (o dodici) anni che ciclicamente assiste a questi duri confronti che si risolvono in nulla, ovvero rinviando la decisione a momenti migliori (o peggiori). Pensa, quindi, che la cosa migliore sia stare zitto certo che nessuno chiederà la sua opinione. Dopo i primi quattromila (o sei) anni di presenza sulla Terra, il suo ruolo di eminenza grigia della spedizione ha perso gradualmente d’importanza. Ma questa volta non va così. Alcor si ricorda dell’ultima trovata di Riomare e pensa sia giunto il momento di rinfacciargli il totale fallimento della sua genialata di un annetto fa.

Quindi, moderando ulteriormente il ronzio fino all'ideale prima tacca di frullatore, rivolgendosi con tono mellifluo alla “colomba” attacca: “Ma cosa ne è stato dei due emissari che abbiamo inviato per sondare le emozioni degli umani? Da quanto mi si riferisce, più che ubriacarsi e fare comunella con un demente amante della musica Blues, non sono giunti ad una chiara conclusione. Anzi, La bellezza salverà il mondo sembra sia un concetto sempre più confinato a pochi poveri illusi. Lo stesso V.d.M. fan del Blues è convinto che l’umano abbia preso una china così pericolosa che lo sta pericolosamente e irreversibilmente impoverendo nell’animo. Basta vedere come si odiano l’un l’altro e di certo non si salvano coloro che leggono libri, vanno alle mostre, ascoltano musica, vanno a cinema e a teatro. In buona sostanza, se non si autodistruggono, sarà un piacere eliminarli dalla faccia dell’universo”.

Riomare non si scompone, dall’alto della sua immensa scienza universale affinata dall’arte umana di cui, segretamente, è diventato cultore e studioso da quattromila (o sei) anni, ha capito che anche se i due balordi inviati non hanno concluso nulla (se non portargli delle meravigliose casse di Sassicaia del 1998), che anche se il patetico amante del Blues ha perso la speranza nell’umano, basterà che solo uno (1!) continui a credere fermamente nel concetto di Fedor, per far sì che l’umanità tutta continui ad ergersi al di sopra degli altri esseri viventi, spaziali compresi. Anzi, soprattutto spaziali se senz’anima quali sono loro. Sa che, se ci sarà un futuro, dovrà essere un futuro di convivenza che potrà scaturire solo da una vera profondità etica in cui grazia e moralità si possano, finalmente, congiungere, dove l‘unione virtuosa della conoscenza con l’amore generi i frutti pensati da Bigtunafish (o da Dio, o da Atahualpa).

Fine (?)

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editoriale di splinter

[Premessa: questo articolo non fa riferimento agli utenti di DeBaser, tutti più o meno colti e con una più o meno seria cultura musicale]

Da quando ho cominciato a navigare nel mare della musica non ho potuto fare a meno di notare quanto la musica commerciale ascoltata da gran parte della popolazione sia tremendamente vuota: è priva di arrangiamenti di spessore, non c’è una prestazione strumentale di rilievo, non ci sono idee, non ci sono passaggi degni di nota, non ci sono melodie ben studiate e costruite, non c’è una sperimentazione; ci sono solo una manciata di suoni poco udibili, un ritmo da ballare e qualche parola d’amore. Quando ho cominciato ad esporre le mie critiche ed opinioni sul mondo musicale moderno e a far notare agli interlocutori la piattezza di quel panorama pop non ho potuto non notare l’approccio ignorante, superficiale, poco costruttivo, addirittura infantile con cui la gente rispondeva alle mie osservazioni. Inoltre non mi sono affatto sfuggiti gli appellativi con cui critici, recensori ed opinionisti vengono continuamente apostrofati: “invidiosi” (di cosa poi???), “irrispettosi”, “moralisti”, “criticoni”! Quello che mi accingo a fare è elencare ed analizzare alcune delle risposte più comuni ricevute…

- “Eh ma ognuno ha i suoi gusti”. Ma grazie al cazzo, che risposta scontata, come se non lo sapessimo che ognuno ha i suoi gusti… Non hanno capito che la valutazione di un’opera non è un fatto di gusto personale ma è una vera e propria analisi delle sue molteplici sfaccettature e di tutta una serie di svariati fattori circostanti, e che quest’analisi dovrebbe essere, per quanto possibile, imparziale. Ecco, è proprio il valore dell’imparzialità, del senso critico, dello spirito analitico, quello che non è stato loro insegnato fin dalla tenera età, loro non sanno fare una valutazione ragionata che esuli dal loro gusto personale, che sia libera da un certo edonismo di fondo, per loro il gusto personale è l’unico parametro di valutazione, per loro “mi piace” = “è un capolavoro”.

- “Eh ma ha/hanno venduto milioni di dischi”. Per loro il successo è un insindacabile indice di merito artistico. Quando fai successo per la gente vuol dire che automaticamente sei bravo, sei un artista, sei autore di capolavori inestimabili. Fatemi capire bene… quindi se io metto il microfono al water mentre cago e registro i rumori, vendo il disco e faccio successo allora vuol dire che automaticamente ho fatto un capolavoro?! Se tutti si buttano dalla finestra allora vuol dire che è una cosa giusta? Beh allora io seguendo la stessa logica potrei dire che Hitler era un grande uomo perché aveva migliaia e migliaia di seguaci, o che fumare è una cosa giusta perché lo fanno milioni di persone (sono esempi volutamente estremi ma che rendono l’idea)… Dai, ma non potete pensarlo veramente! Se aveste un minimo di testa capireste un semplice concetto, che vi spiego io: quegli artisti mediocri che tanto vi piacciono fanno successo non perché sono i più bravi sulla terra ma semplicemente perché la gente non conosce altro e non si sforza di conoscere altro, la macchina mediatica propina quello e tutti ascoltano solo quello, che inevitabilmente fa successo.

- “Eh ma sono un gruppo pop, non si può pretendere chissacché” (frase pronunciata più che altro da persone un po’ meno ignoranti, che in qualche modo riconoscono l’esistenza di una musica sostanzialmente migliore)… Ah quindi essere pop diventa una giustificazione per fare delle cagate immonde? No, carissimi, NO, il pop, anche se ambisce a piazzamenti piuttosto alti, è comunque un genere musicale e come tale dovrebbe essere assolutamente curato e ben dettagliato negli arrangiamenti. Pop in passato sono stati i Tears For Fears, i Toto, i Supertramp, i Depeche Mode, i Talk Talk, ma avevano (alcuni tuttora hanno) arrangiamenti ben notabili, di altissimo livello, ben in evidenza, protagonisti, a volte perfino complessi, rimaneva sempre e comunque musica, non rutti e scorregge.

- “Eh ma dai, evolviti un po’”… Fermi tutti… IO devo evolvermi??? Sì, mi sono sentito dire anche questo!!! Qua siamo davvero all’apice, alle comiche, persone che non sono mai andate oltre le canzonette chiedono a gente che ogni giorno si sforza per scoprire nuova musica di evolversi, il bue che dice cornuto all’asino! Cari miei, noi siamo evoluti e siamo in evoluzione continua, voi invece siete rimasti fermi lì e da lì non vi schiodate mai; e in ogni caso evolversi non vuol dire aprirsi alle peggio porcherie, anzi, essere evoluti vuol dire anche saper riconoscere il cattivo gusto e fare il passo indietro quando il passo avanti porta al burrone!

- Arriviamo così al trattamento più stupido, infantile ed ignorante riservato a chi parla e chi fa della critica musicale: “rispetta i gusti altrui” oppure “non devi permetterti di criticare le scelte degli altri”. Fatemi capire bene… fare delle analisi sulla musica ed arrivare a decretare che si tratta di prodotti scadenti vuol dire mancare di rispetto? Esprimere un parere negativo è mancanza di rispetto? Vi siete forse dimenticati che siamo in democrazia e che democrazia vuol dire essere liberi anche di dire cose spiacevoli? Sembra che la gente si senta quasi minacciata dalle opinioni dei critici! Cosa cambia a voi se noi ci esprimiamo negativamente? Chi vi impedirà di ascoltarvi la vostra musica di merda? Ma poi di cosa avete paura? Che veniamo lì a casa vostra per bastonarvi perché avete dei gusti discutibili? O semplicemente che magari possiamo avere ragione e che le vostre certezze possano crollare? Il vostro è un atteggiamento che denota presunzione e prepotenza! Dimostrate di non sapervi confrontare con gli altri, specialmente con chi è più esperto e ferrato di voi, la persona più esperta vi incute timore perché avete paura che possa smascherare la vostra ignoranza; non sapete mettervi in discussione, non siete in grado di interpellare la vostra coscienza, non volete proprio crescere e maturare come persone; perché altrimenti vi porreste delle domande, fareste dell’autocritica, magari ascoltereste anche qualche nostro “consiglio per gli acquisti” e vi si potrebbe aprire un mondo a voi sconosciuto, magari migliore e più bello di quello che conoscete, e un giorno potreste anche ringraziarci per la scoperta. Invece no, volete rimanere lì nel vostro porto sicuro e guai a chi prova a farvi uscire. Inoltre, con il vostro voler sopprimere l’opinione altrui, denotate una mentalità fascista e retrograda (secondo me ancora inconsciamente radicata nella popolazione italiana media), ma paradossalmente agli occhi vostri i dittatori che vorrebbero imporre la mentalità agli altri siamo noi, anche qui è il bue che dice cornuto all’asino.

Alla luce di tutto ciò vorrei mettere le cose in chiaro. Non critici ed opinionisti non siamo né moralisti, né invidiosi, né irrispettosi! Semplicemente facciamo le nostre osservazioni e lo facciamo in maniera obiettiva e imparziale, valutando ciò che ascoltiamo con un approccio analitico, cerchiamo di individuare pregi e difetti di ciò che ascoltiamo; anzi, vi diciamo di più, a volte siamo pungenti anche verso i nostri stessi artisti preferiti, a volte addirittura troviamo il pelo nell’uovo anche in cose che ci piacciono, perché sappiamo scindere il gusto personale dalla valutazione oggettiva. A me ad esempio ogni tanto piace ascoltare gli Imagine Dragons ma non mi sogno mai di considerare i loro dischi dei capolavori, anzi vi individuo un sacco di difetti, perché analizzandoli se ne individuano parecchi, sono un fan dei Nickelback ma riconosco che hanno evidenti limiti sotto molti aspetti. Aggiungo che se vuoi portarmi al cinema senza farmi addormentare mi devi portare a vedere qualche commediola italiana di quelle da ridere… ma non mi sognerei mai di definire questi filmetti capolavori del cinema, né di considerarmi un amante del cinema, sarei ingiusto e perfino disonesto. Voi invece no, non siete capaci di condurre un’analisi impersonale, perché non siete stati educati a farlo, vi hanno inculcato che è solo ed esclusivamente un fatto di gusto personale e chi si è visto s’è visto. Poi per carità, nessuno ci garantisce che le nostre analisi siano tassativamente giuste ed insindacabili, sono soggettive anch’esse (altrimenti la critica musicale non avrebbe ragion d’esistere), però sono fatte con la testa… e secondo me comunque l’opinione personale alla fine sbatte contro un muro chiamato “evidenza”, quella a cui è praticamente impossibile arrendersi; possiamo discutere su chi sia più grande fra Yes e Genesis, come fai invece a non ammettere la superiorità dei King Crimson rispetto ad esempio ai Green Day, o dei dipinti sofisticati di Caravaggio rispetto ai tagli sulle tele di Lucio Fontana, o di Messi rispetto a Borriello?!

Ma soprattutto… Noi la musica l’abbiamo esplorata in diverse sfaccettature, siamo andati a spulciare nei dischi di nostro padre oppure semplicemente non ci siamo accontentati di ciò che il sistema ci propinava e siamo andati in profondità documentandoci sui vari siti e sfruttando le potenzialità offerte prima dal peer-to-peer e poi dai servizi di streaming. Abbiamo ascoltato diversi suoni, diverse forme di espressione, diversi generi, ed esplorando qua e là ci siamo resi conto di quante cose imponenti, grandiose, sofisticate ci siano nell’immenso panorama musicale, ma anche quanto vuota, piatta e povera sia la musica commerciale. Parliamo con cognizione di causa, con le orecchie di chi ha ascoltato, di chi conosce. E voi invece? Che ne sapete della musica? Che titolo avete per parlarne? Voi vi siete limitati ad ascoltare le quattro canzoncine offerte dalla stazione radio di turno e avete conosciuto solo il lato più superficiale e inconsistente della musica, siete stati abituati ad un beat che pompa nello stereo o ad un banale testo d’amore; non siete cresciuti con vostro padre che vi guidava ad ascoltare con attenzione l’intro di pianoforte di “Firth of Fifth” o l’assolo di turno di David Gilmour o di Keith Emerson, siete cresciuti con vostra madre che guardava “Non è la Rai” e vi faceva ballare e battere le manine sul beat della hit da discoteca del momento, o che ascoltava i versi amorosi di Laura Pausini mentre faceva i mestieri, che visione della musica potrete mai aver coltivato? Chiaramente una visione estremamente limitata, per voi la musica è quello e soltanto quello, canticchiare, ballare, pomiciare, basta. Quando qualcuno vi chiede che musica ascoltate rispondete “un po’ di tutto” dando prova pratica della vostra ignoranza, con quel tutto sappiamo benissimo che intendete solo la musica pop perché sotto sotto siete quasi convinti che non esista altra musica. Solo all’occorrenza fate finta di avere un’anima rock solo perché ascoltate Vasco Rossi o Ligabue, o peggio vi fingete amanti della lirica e dell’opera solo perché ascoltate Il Volo o Andrea Bocelli, poi quando arriva il vero rock o la vera musica classica fate una faccia stranissima. Quelli sono gli unici generi meno commerciali che forse conoscete, quando qualcuno vi dice che ascolta musica “non commerciale” la vostra mente va subito al rock o al metal; per voi non esistono progressive, ambient, trip-hop, psichedelia, post-rock, blues, country, jazz, folk, ska, industrial e chi più ne ha più ne metta. Per voi la musica non è una chitarra che costruisce un blues, una fuga al pianoforte, un bell’assolo di sintetizzatore, non è sperimentazione, non è ricerca e studio di linguaggi alternativi, non è costruire qualcosa di interessante o artistico che catturi l’attenzione, che susciti curiosità, non è un utilizzo intelligente della strumentazione; anzi, siete abituati a così tanta pochezza che quando sentite qualcosa che va appena fuori dagli schemi radiofonici a cui siete abituati, qualcosa di appena un po’ più “suonato” e “musicale”, a voi sembra roba totalmente aliena, per voi persino la chitarra di Mark Knopfler o un tappeto di organo Hammond sembrano qualcosa di stranissimo; e chi ascolta quel qualcosa di strano per voi non è semplicemente “uno che ha una cultura musicale”, per voi è un pazzo o un “alternativo del cazzo”, magari pure “uno che si droga”, per voi persino i metallari sono solo una banda di drogati; e quando qualcuno vi fa notare che non capite nulla di musica voi che fate… lo attaccate, lo zittite, gli implorate di rispettare i gusti altrui, semplicemente non volete ammettere che è più ferrato di voi sull’argomento, vi dà quasi fastidio che venga fuori la vostra poca conoscenza in materia.

Quello che voglio dirvi è… beh, innanzitutto che ci dispiace che non vi interessiate a scoprire la musica nelle sue diverse forme, che vi accontentiate di così poco nonostante il ricco arsenale da cui poter attingere; ma soprattutto vi diciamo che non c’è niente di male ad ammettere che non sapete nulla di musica, ad ammettere la vostra ignoranza circa un qualsiasi argomento, riconoscere le proprie lacune è da sempre un grande atto di onestà, se anziché attaccarci perché vi bacchettiamo vi limitaste a dire “mmmh, guarda, non sono un grande appassionato di musica, ascolto un po’ quello che passa il convento” fareste senz’altro più bella figura, risultereste autocritici, onesti, maturi, vi rispetteremmo sicuramente di più, così facendo invece risultate presuntuosi, arroganti, lasciatemelo dire, persino comici, per non dire ridicoli. Davvero, per la vostra onestà intellettuale, magari sforzatevi di ascoltare nuova musica e nuovi suoni, ma se non volete farlo almeno astenetevi dal parlare di musica!

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editoriale di Jaco2604

Hanno ancora senso le competizioni europee che si basano sul voto popolare nel 2024?

Mi ritengo seccato... l'eurovision ha uno slogan "uniti per la musica" ma a me non pare di vedere né l'unione, né la musica.

Vi risparmio il giudizio musicale, parliamo di euro-pop, dance, musica commerciale in generale, quindi sono appassionato perché è comunque il più grande contest musicale e si scopre sempre musica nuova, però il livello è quello che è... rispecchia un popolo che da anni ormai ha perso l'uso dell'udito.

Detto questo, la musica sparisce sia per la scarsa qualità, sia perché da tre anni a questa parte viene soppiantata dalla politica.

Ora, tre anni fa potevo anche capirlo, l'Ucraina era appena stata invasa e si respirava (giustamente direi) nell'aria una sorta di spinta solidale verso la nazione invasa in qualsiasi contesto, perciò hanno vinto anche l'eurovision.

L'anno scorso la cosa sembrava essere tornata normale: consapevolezza che c'è una guerra in corso (anche se, a dirla tutta, quasi ci si stava dimenticando ci fosse) ma la gara musicale è gara musicale, perciò deve vincere LA CANZONE migliore (a detta del pubblico senza orecchie).

Quest'anno alla guerra Ucraina si è aggiunta la guerra Israeliana e siamo tornati al punto di partenza.

Non si distingue ormai la politica dalla musica, ed in generale da qualsiasi altro ambito... tutto viene perennemente politicizzato, come se ogni uomo o donna in Ucraina domani si svegliasse, leggesse per prima cosa il giornale e leggendo che sono stati la nazione più votata all'eurovision dicessero "ah che bello, adesso sentiamo la popolazione europea vicina, grazie della solidarietà, siamo terzi all'eurovision, chissene frega delle bombe che ci cadono in testa"... poi quando c'è da dare risonanza alle parole del popolo o del governo, la solidarietà sparisce... quando c'è da aiutare economicamente poi... quale guerra?

Il concetto lo trovo ancora più assurdo con Israele (seconda nazione più votata quest'anno con più 300 punti, o forse ne ha avuti pochi meno dell'Ucraina, insomma, siamo li)... hanno voluto mandare un messaggio pro Israele mediante il voto? E per chi esattamente? Mica possono dire "eh vedete, hanno votato più Israele di palestina", la Palestina mica c'è, lotta proprio perché non è nazione e, se vogliamo dire una bestemmia, non può partecipare ad un contest del genere in quanto non riconosciuta.

Perciò perché non mettere da parte tutti questi ragionamenti inutili e non godersi solo la musica??

La canzone di Israele è bella? Bene, la voto. Fa schifo? Bene, arriva ultima, punto.

Godiamoci la musica, la cosa più bella del mondo, ed essendo chiamati a votare esprimiamo il nostro parere utilizzando lo spirito critico di cui (forse) siamo stati dotati.

E invece no, siamo un popolo che deve mettere la politica ovunque, meno che dove va messa, come ad esempio con pacifiche proteste moderate (li dove devono mettere in mezzo la politica poi esagerano portando solamente caos).

A sto punto, se il voto deve essere politico, usiamo l'eurovision per eleggere i presidenti di ogni stato, tanto alla fine ci si basa su questo no?

Al netto di ciò, anche quest'anno ha vinto una cagata di canzone, ma anche quest'anno devo ringraziare una nazione che ha donato qualcosa di nuovo ed interessante alle mie orecchie: l'Irlanda (in copertina)... bellissimo il contrasto tra metal satanico e il calmo rif di chitarra e deep bass del ritornello, davvero qualcosa di particolare e non al solita cassa dritta che metterei in quel posto a chi l'ha inventata.

Grazie Eurovision Politics... anche quest'anno hai fatto il tuo, magari l'anno prossimo ci degneremo di mandarti una canzone decente, ma tanto finché non saremo coinvolti in qualche disputa geopolitica per il popolo non saremo interessati.

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editoriale di Stanlio

No niente, è che a seguito di un intervista ad Elio pubblicata recentissimamente sugli ascolti, ne ho vista un'altra (anzi ne sto visionando un'altra) dove praticamente viene riferito da Daniela Collu con la dovuta non chalance e con cadenza romanesca, che al GF filmavano tutto e quando dico tutto significa proprio tutto 24h e in ogni luogo dell'appartamento dove ahiloro, sopravvivevano i vari e le varie concorrenti.

Premesso che io non ne ho mai visto una puntata su non per qualche decina di minuti due o tre volte al massimo, per puro disinteresse e vale pure per l'isola dei famosi ecc.

Beh insomma quello che mi ha stupito (ma poi a ben ripensarci non più di tanto visto come vanno le cose a sto dannato mondo fin dai tempi di Adamo ed Eva) è che riprendevano con delle web cam ben occultate, e si guardavano sia in diretta che in differita, gli addetti al lavoro, tutto quel che succedeva tra gli sprovveduti partecipanti, perfino quando si scopavano tra loro che quando andavano in bagno a fare i bisogni e dulcis in fundo anche come si sciacquavano al bidet e gnente e che vuoi dire di più?

Probabilmente nelle carceri, negli ospedali, nei conventi, nelle caserme o in qualsiasi laltro uogo di aggregazione e non, ormai la privacy è un'utopia e lo sarà per sempre d'ora in avanti #forse o #forse no chissà, lo scopriranno solo vivendo!

PS ma son solo io così ingenuo/sprovveduto da non sapere che succedeva tutto ciò?

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editoriale di Pustnic

Sono in cassa integrazione, hallelujah. Posso dedicarmi al mio passatempo preferito, che poi è quello che facevo anche prima: fare scorregge sul divano. Ultimamente ho sviluppato un tecnica che mi permette di frazionare una grande in tante piccole. Il mio record personale è di 9 e non riesco a superarlo da più di un mese. Eppure mi alleno con i fagioli, i lampascioni e Signorini in TV, ma niente, nulla da fare. La TV la devo guardare di meno sennò vado proprio a diarrea. Ieri c'era Mida di Amici che scoppia a piangere in diretta e su Rai 3 un gruppo di palestinesi impolverati che ridevano. Forse ridevano di Mida.
'Spè che ritento, magari lo supero...UHMMM...uno...due...t...t...tre....quattro..UHMMMMM...niente, non sono arrivato manco alla metà, a saperlo prima ne avrei fatto una sola, bella potente. Certe volte mi affaccio nelle sale d'attesa dei medici di famiglia. Le avete presente? Cinque o sei sedie, un tavolino anni 80 e un paio di riviste tipo Oggi, Grazia e Novella 2000. Quando ero piccolo e trovavo Novella 2000, senza farmene accorgere staccavo le pagine dove c'erano le donne con le tette di fuori. Quando qualcuno se ne accorgeva gli dicevo che avevo preso una ricetta per mia madre. Stavo dicendo, certe volte mi affaccio nelle sale d'attesa e mentre tutti i presenti sono in silenzio, senza farmi notare, nascosto dietro l'angolo, faccio un scorreggia potente che fa sobbalzare tutti dalle sedie. Insomma, anche fuori casa cerco di occupare al meglio la giornata. Quando mi stanco rientro e mi rimetto in mutande come Dalla, pronto a scorreggiare colla TV. Salendo le scale certe volte ne faccio una per gradino, cioè sei. Tante volte però non mi riesce, ma si sa, l'hanno detto avantieri su Rai Scuola, per raggiungere gli obiettivi bisogna impegnarsi. Non scoraggiatevi mai, se vi impegnate raggiungerete sempre gli obiettivi dell vita. Ora vado perchè sta iniziando l'Isola dei Famosi e oggi non sono ancora andato di corpo.

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editoriale di Relator

1994 Guinea Bissau Una ragazza è in un villaggio africano.Il suo uomo spiega al gran consiglio degli anziani come evitare la dissenteria che li sta uccidendo.

1995 Rotterdam tre ragazze vengono ospitate dalla mamma di un amico olandese. La signora a 70 anni, ha trovato il "ragazzo", tecnico delle luci nella loro discoteca.

1999 New York Una giovane donna di 28 anni e già sposata è al suo primo viaggio di lavoro. Una donna bellissima di 40 anni le dice "a New York, non si può invecchiare"

2010 Italia Dopo intenso mobbing, una donna di 40 anni (ormai vecchia per il settore in cui lavora) si vede costretta a licenziarsi e lasciare il posto ad una ragazza più giovane. L'impatto è tremendo, ha dedicato la vita al lavoro, ha trascurato la famiglia nel nome del lavoro.

2024 San Marino Una signora di 52 anni da mesi lavora con i malati terminali. Una missione? No, ci è capitata, ha provato e ha visto che le piaceva. Molti, nonostante le sponde hanno anche altre misure di contenzione perchè non si facciano male o cadano dal letto. La mattina vanno lavati, cambiati, vestiti. Costano allo stato migliaia di euro al mese non "servono" più e pertanto sono rottamati.

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editoriale di Flame

Con l’ineluttabilità delle tasse da pagare a giugno, per le ultime festività natalizie è venuto a trovarmi, come da sempre, un mio lontano parente altolocato (anche se non ho mai capito fino a che punto siamo parenti), tale Prepuzio Diotti Bastoni Della Grossa. Per gli amici Zio, o anche Ziii.

Quest’anno si è presentato con un pacchetto di amaretti di Mombaruzzo del 1902 ed un mucchio di cattivo umore.

L’occasione mi è sembrata quella giusta per stappare lo spumante da reflusso gastrico garantito trovato dentro la confezione natalizia da 3,45 euri dell’Eurospin regalatami l’anno scorso da un mio collaboratore.

I colori

... scusa?

I colori, Flame! Prendi il giallo, ad esempio, ti sei mai chiesto se i tuoi occhi percepiscono il giallo come lo percepiscono quelli di un’altra persona?

Caschi male Ziii, nelle festività natalizie sono solito concedermi un sano encefalogramma piatto.

Resuscita le tue letargiche sinapsi, dai.

Devo proprio?

È d’uopo (cit.). Dicevo. Potrebbe essere che il giallo che percepisci tu, per me, se mi fosse possibile entrare nella tua testa, secondo i miei schemi sarebbe azzurro, o un colore che non ho mai visto in vita mia, o potrebbe non essere quello che io considero una sensazione visiva; potrebbe ad esempio rientrare nell’ambito del gusto, una gradazione di salato, o una sensazione mai provata prima, o forse, quella cosa che mi arriva per me potrebbe non essere una sensazione ma una constatazione. Voglio dire, magari tu percepisci le sfumature di giallo alla maniera in cui a me una persona pare più o meno perspicace ...

Interessante, davvero ... come sta zia Clotilde?

Bene, purtroppo, ci seppellirà tutti vedrai, anzi, se succederà non lo potrai vedere ... ma tornando a noi: a tutti e due hanno detto che la banana è gialla, entrambi siamo quindi d’accordo che ciò che ci dice il cervello sul colore della banana si chiama giallo, ma potrebbe essere che la sensazione che provi tu, se me la potessi trasferire così com’è, per me sarebbe tutt’altra cosa.

Ho una prova che smentisce subito la tua teoria Zii.

Quale?

I daltonici.

Cioè?

Come fanno i daltonici a sapere di essere daltonici se quello che dici tu è vero?

Lo sanno perché almeno una volta nella vita sarà capitato loro di incontrare una persona che dicesse: la banana è gialla e la mela è verde, mentre loro, ognuno a modo suo, banda bene, percepiscono il colore della banana allo stesso modo in cui percepiscono quello della mela.

Ok Zii, ma non è comunque possibile quello che dici, i colori sono radiazioni luminose ben precise. La radiazione gialla che arriva ai miei occhi è la stessa che arriva ai tuoi.

Molto vero quello che dici, però, una volta che gli occhi hanno detto al cervello: guarda che ci è arrivata una radiazione gialla, a quel punto è a discrezione del cervello scegliere che modalità utilizzare per informare la coscienza di ognuno di noi di quel fatto. E chi l'ha detto che il mio cervello debba utilizzare per forza le stesse modallità del tuo? E questo potrebbe valere per qualsiasi informazione che ci arriva dal mondo esterno: tatto, udito, odori ..., e noi questa cosa non la potremo mai sapere perché non ci è possibile entrare nella mente di un’altra persona.

Va beh, ma anche fosse, a te che ti frega?

Mi frega perché sono le percezioni sensoriali che plasmano il mondo nella nostra mente; se i sensi ci tramettono le informazioni sul mondo esterno in modo totalmente diverso da persona a persona, quelle percezioni sono illusioni, e la domanda che mi viene è: cosa c’è davvero la fuori? Di cosa è fatto il mondo?

Ma sta cosa non l’aveva già tirata fuori il tipo della pillola rossa/pillola blue, e probabilmente ancche qualche capiscione greco o tedesco?

Forse.

Un altro po’ di spumantino?

Vai.

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editoriale di Abraham

Non mi è mai fregato nulla dei Nirvana.

Quando Kurt decise che sì, l'opzione era definitiva, trotterellavo in bici senza posa.

Lustri dopo, per caso, per puro caso, mi imbattei nel lascito, ed ebbi paura. Ne ho tuttora.

Dice: se ci fai un editoriale dovresti rileggerla, perlomeno, quella lettera. Vero, sacrosanto.

Mi dicono, mi arriva l'eco che si è appena celebrato l'anniversario della sua dipartita, il suo addio.

Quel testamento mi ha stremato le viscere, mi ha voluto punire. O forse, mi ha voluto tracciare una strada.

Certo è che mi sono sentito meno solo, ma lui non lo saprà mai e, con il senno di poi, non gliene sarebbe importato per un cazzo.

Peggio o meglio dell'angoscia, della paura e della tristezza vi è il nulla. Un nulla che però è ancora pregno di amore, e quell'amore non dipende da te. Quindi, realizzi che il buco nero che ti avvolge non è sonno criogenico, le sferzate arrivano e come puoi concioliare il nulla cosmico, che molti erroneamente chiamano autodistruzione, con l'amore incondizionato ?

Non puoi, non devi.

Kurt è stato lineare, non ha chiesto di sentire troppo. Ha sentito troppo, semplicemente, e la sua essenza, l'energia, gli hanno fatto capire che era giusto così, che basta.

Non ha scelto, si è permeato. Si è adattato. Ha capito che si può vivere, che la vita merita, che c'è spazio.

Non sarà mai troppo tardi, fratello.

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editoriale di JonatanCoe

Il tempo più che misurare la nostra esistenza ci cammina a fianco ricordandoci che le cose passano. Tante sono le cose che passano nella vita, alcune ritornano mentre altre vanno via definitivamente. Il tempo di mio padre qualche settimana fa è passato per sempre consegnandomi un nuovo tempo fatto di dolore e rassegnazione. Questo triste evento mi ha portato a riflettere sul rapporto individuale, il mio nella fattispecie, con lo scorrere inesorabile di questo imprevedibile fattore. Crediamo che il tempo sia una componente governabile, rilegando o rimandando al giorno dopo, al prossimo mese, all'anno che verrà, impegni cui non vogliamo far fronte oggi, ma non conosciamo assolutamente il tempo concesso alla nostra vita, cosicchè anche domani, facendo tutti gli scongiuri con doverose toccate nelle parti basse, potrebbe essere troppo tardi per tutto. Per questo motivo oggi mi sono concesso un pò di questo preziosissimo tempo per citare e ringraziare tutto quel che ha reso sinora la mia esistenza piacevole, guai e problemi permettendo. Non c'è ordine cronologico o maggiore importanza in questo flusso di parole ma solamente pensieri e ricordi verso quel che ha portato alla mia bocca un piccolo o grande sorriso, alla mia vita una concreta fisionomia spirituale. Allora grazie al fruscio del vinile, caldo nettare per le mie orecchie, all'odore dei libri, alla penna di Gianni Rodari che ha segnato la mia infanzia e la mia vita, ai pisolini pomeridiani nelle fresche stanze d'estate e la contemplazione del firmamento nelle sue notti, alle lenzuola profumate stese ad asciugare, alle pietre miliari che correvano oltre il finestrino della 127 del mio papà, agli occhi pietosi del mio Smith davanti alla ciotola vuota, all'orgoglio nella timidezza, alla poesia di Morrissey e il coraggio della fragilità ("Vorrei uscire stasera ma non ho nulla da mettere"), all'odore delle piogge estive, alle forti braccia che mi hanno adagiato sul lettino, alla tormentosa pace nei mari d'inverno e l'affascinante demone nelle fiamme dei camini. Grazie ai colori dell'autunno che incendiano la mia anima, al fresco ristorante degli alberi nei giorni di calura, alle prime luci dell'alba quando la città dorme ancora, ai gesti di cortesia inaspettati da uno sconosciuto, a Travis Bickle per avermi rivelato che non sono il solo, a Sarah e Elizabeth Webber stagliate speranzose verso un quiete tramonto. Grazie alle radio che trasmettono nella notte, alle luci nell'oscurità e all'oscurità negli anfratti di un giorno assolato, al profumo dell'erba appena tagliata, ai mandorli in fiore, ai campi di camomilla. Grazie al sole del pomeriggio che disegna sulle pareti della stanza il profilo delle persiane, al rumore dell'acqua che scorre nei rivi, all'odore di Palmolive nel bagno a casa di mia nonna, alle piante di basilico rigogliose nei secchi che una volta contenevano ducotone, ai muri imbiancati di paese, ai muretti a secco, alla neve che ovatta i paesaggi e la nebbia che confonde i contorni, ai pioppi brulli lungo i fiumi, alle lucciole, al verso dei grilli nella notte, alle spiagge desolate e al suono in lontananza dei jukebox. Escludo volutamente tutti i miei affetti poichè ci sarebbe un capitolo enciclopedico a parte.
Sicuro di aver dimenticato mille altre cose e altrettanto sicuro che mi verranno in mente appena terminerò questa mia scrittura, ritorno alla perdita del mio caro papà. Il suo cappello è ancora appeso all'attaccapanni, raffigurando un presente che ormai non c'è più, un passato persistente che fa male. Ma si sa, il tempo è crudele, inesorabile, inarrestabile. A onor del vero, in alcune circostanze, anche un pò clemente poichè ha concesso a mio padre di esternare tutto quel che non gli era riuscito in una vita. Un tempo tutto sommato infinitamente grande anche per me, per consegnargli un semplice profondo e sentito "Grazie papà".

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editoriale di MauroCincotta66

Ogni collezionista ha il suo “Gronchi rosa”, ovvero quel pezzo che ambisce ad avere e che, non necessariamente, è il più bello o il più importante o il più raro. È solo quello che, per una serie di circostanze, occupa la mente dell’amatore fino a quando non riesce ad aggiungerlo alla collezione; a quel punto sposta l’interesse verso altri lidi come un moderno Ulisse mai pago.

Fino a venerdì scorso, la mia ossessione era “All Things Must Pass” il triplo album di George Harrison. Chi ha provato ad acquistarne una copia, edita prima della rimasterizzazione del 2021 e in buone condizioni, sa che il mercato è assestato sugli 80/100€, fino ad arrivare a 1.000 € per una prima stampa Japan!

A questo punto, però, è giusto fare una precisazione: io sono un collezionista di suoni. La definizione non è mia ma mi è stata affibbiata da Paolo, titolare del negozio di vinili “Kandisky” e mi ci trovo come un paguro* nella conchiglia di un altro mollusco. In pratica ciò che cerco è un supporto che sia fedele all’opera, così come immessa sul mercato all’epoca della pubblicazione. Ovviamente in buone condizioni (per gli appassionati: mai sotto VG+) e, per ragioni di qualità, possibilmente stampato in Giappone o in Germania.

Ebbene, l’unione di queste esigenze con il dettato del mercato, mi ha tenuto lontano dal mio oggetto dei desideri fino a venerdì scorso, quando mi è stato recapitato il pacco proveniente direttamente da Tokyo. Solitamente non mi piace acquistare sul web, come San Tommaso devo esaminare con i polpastrelli se vi sono ferite nel costato. Però in questo caso dopo aver trovato, tra negozi e mercatini vari, solo copie italiane e a non meno di 100€, mi sono deciso e, approfittando di una pacifica riedizione leggermente traslata dell’asse di Berlino (Tokyo/Leipzig/Brescia), ho anche evitato IVA e spese di sdoganamento, assicurandomi il pezzo ambito, in stampa Japan e condizione NM, per “soli” 13.943 JP¥ (c.ca 86 €). Solo un accenno sul metodo adottato per “ammortizzare” le spese di spedizione: è stato sufficiente acquistare altri vinili in modo da spalmare l’onere su diversi pezzi (scrivetemi in privato per altri consigli su come spendere tanto!).

Ne è valsa la pena? Mai come in questo caso la risposta è problematica ed il motivo è presto detto.

L’opera è nota ai più, così come è nota la querelle sulla produzione di Phil Spector e sul “muro del suono” – marchio di fabbrica di Phil - il cui riverbero andrebbe a discapito della profondità e della chiarezza di voci e strumenti. Lo stesso George era stato tentato di remixare l'album per eliminare parte del riverbero, operazione poi condotta nel 2021, in occasione del 50° anniversario dell’opera, dal figlio Dhani.

Anche io, nei miei ascolti su Tidal, preferivo cliccare sulla versione del 2021 e adesso, ascoltato il vinile come si deve, devo confermare che, soprattutto in alcuni brani (“Wha Wha”, “What’s Is Life” e “Art Of Dying” su tutti), Spector ci è andato così pesante da rendere fastidioso l’ascolto, soprattutto ad alto volume.

A allora? Direte voi … Beh, semplice: 27 novembre 1970, la data di pubblicazione. L’istante reso eterno e che ha sancito la conclusione dell’opera e la consegna agli appassionati. Forse George ha dovuto digerire alcune imposizioni del produttore, forse ha dovuto fare più di una piega per non irritare la casa discografica, forse voleva qualcosa di diverso dal suono del sax di Bobby, … però, alla fine, quella che è stata pubblicata costituisce l’opera originale e questo è un fatto.

Gli studiosi ci hanno rivelato come Leonardo Da Vinci abbia lavorato alla “Gioconda” fino alla fine dei suoi giorni, mai pago, mai soddisfatto. Però, dopo la sua morte, nessuno ha mai pensato di dover fare un ritocchino alla Mona Lisa! Ripeto, massimo rispetto e anche gradimento per il lavoro di pulizia del figlio, però non è l’opera originale!

E poi, quello che mi fa pensare è che, se un giorno qualcuno mettesse dei soldi per lo sviluppo di una App che consentisse di ritoccare a proprio piacimento la musica, un po’ come si fa oggi con le foto, e la rendesse disponibile in accoppiata ad una piattaforma di streaming quale sarebbe il risultato?

* [ndr] il paragone con il paguro è voluto: come questi, so che dovrò cambiare conchiglia … ma qui e ora mi godo la situazione. Perché si, il relativismo mi avrà anche procurato la gastrite cronica, ma mi aiuta a vivere come Hirayama, il protagonista di Perfect Days, “in un’elegia appassionata delle piccole cose” (e in questo la musica, ahhhh la musica!).

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editoriale di Stanlio
Why not??? https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/10/17/al-via-la-raccolta-firme-per-chiedere-alla-ue-di-tassare-i-grandi-patrimoni-la-grande-ricchezza-la-nostra-campagna-con-oxfam/7322103/ https://www.oxfamitalia.org/lagrandericchezza/?utm_source=ilfatto&utm_medium=organico&utm_campaign=lagrandericchezza https://eci.ec.europa.eu/038/public/#/screen/home https://www.tax-the-rich.eu/ Firmate firmate firmate, io l'ho appena fatto!!! di più
editoriale di vibration

Dovete sapere che esisteva un paese ridente abitato da un popolo che amava cantare,spesso comunicava cantando.

La bellezza di questo paradiso è stato oscurata dalla governante, Una Strega che non capiva le parole cantate dal popolo,si sforzava ma proprio non capiva,ha chiamato medici, stregoni ma non trovarono un rimedio.

La strega temeva che il popolo cantando parlasse male di Lei, del suo modo di governare e senza che lei capisse una parola.

Viveva perennemente accompagnata dall'idea che le parole delle canzoni fossero contro di Lei, i consiglieri le dicevano che era una sua idea ma Lei non si fidava neanche di Loro..Non poteva più sopportare questa situazione quindi fece una legge ,Il popolo non poteva riunirsi ma soprattutto non si poteva più cantare, Se gruppi di persone si riunivano a cantare senza un permesso (che non veniva mai dato) venivano presi a manganellate dalla Polizia e alcuni venivano arrestati. La polizia non si metteva scrupoli se a cantare era un gruppo di ragazzini,mangannelate a volontà..

Nessuno cantava più, ma il popolo non era scemo pensava,pensava e si teneva tutto dentro finchè l'odio verso la Governante crebbe a dismisura finchè il cielo si fece sempre più buio e sul paese regno la tristezza e il malcontento.

Ma un bel giorno come per protesta il cielo si rischiarò e in alto fra le nuvole apparverò le parole delle canzoni vietate,la strega non poteva sentirle ma poteva leggerle e capì quanto era odiata. Fece esoterici incantesimi per cancellarle, per la rabbia ridusse in cenere i ministri, chiamò stregoni potenti in suo aiuto ma nulla le parole nel cielo non scomparvero anzi aumentarono.

La strega si difese sbraitanto che non erano parole del popolo ma una bieca macchinazione degli oppositori,di qulli che facevano finta di stare dalla parte del popolo ma pensavano di cacciarla per fare i solo propri interessi. Chiaramente nessuno le credeva, solo i pochi che le stavano vicino e avevano paura di perdere i propri previleggi.

Intanto le scritte nel cielo aumentarono, il popolo coraggioso scese in piazza e si uni in un unico canto di vittoria mentre la strega continuava a minacciare tutti ma i suoi poteri lentamente diminuivano.

La strega non poteva sopportare tutto questo , era rabbiosa e un incantesimo mancato la traformò in una figura dipinta su un muro quasi come un monito per il popolo a non credere alle promesse ,e ragionare prima di dare la loro terra in mano a chi aveva solo sete di potere e curare i suoi interessi riempendo la città di promesse e manifesti.

Con gli anni la figura sul muro si cancellò,passarono degli anni e il popolo dimenticò il passato governo, dimenticò la strega,dimementicò la lezione avuta sulla propria pelle . Passaro pochi anni , si dice solo cinque e in paese arrivò un mago che promise mare e monti, gioia per tutti e sempre giornate di sole. . Il popolo senza indugi lo elesse governatore consegnandoli il paese. Si dice che su quelle terre non splenda più il sole e le vie sono lastricate di statue di sale.

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editoriale di Poldojackson

E dopo il debunker, attenzione, adesso arriva il prebunker.

Innanzitutto demistifichiamo i demistificatori, perché è curioso che si chiamino debunkers quando il loro lavoro consiste sempre, soltanto e comunque, nel difendere le verità istituzionali a discapito di quelle dei cittadini.

È curioso perché l’origine del termine debunkers è esattamente l’opposto, ovvero, sbugiardare le istituzioni.

Intorno al 1820, il deputato della Carolina del Nord, Felix Walker, tiene un discorso di fronte alla contea di Buncombe. Più che un discorso diciamo uno sproloquio senza senso, nel tentativo di convincere il suo elettorato, che stava lavorando nel suo interesse.

E così Buncombe nel tempo viene abbreviato in bunk, acquisisce una k e viene coniato il termine to debunk che, letteralmente, significa demistificare uno sproloquio.

Quando le democrazie mettevano il popolo al centro, gli sproloqui da demistificare erano quelli del potere, non quelli di chi metteva in discussione il potere.

Adesso che le democrazie non sono più il potere del popolo ma l’amministrazione del popolo da parte del potere, anche il debunking si è adeguato.

Adesso arriva il prebunk. Che cosa significa prebunk? Cominciamo a spiegare chi c’è dietro. Jigsaw è una società di Google che mira a prevedere le minacce emergenti e a sviluppare nuove tecnologie per proteggere le società aperte. Da che cosa? Dalla censura, dagli estremismi, dalle molestie ma, soprattutto, dalla disinformazione.

Questo perché la disinformazione – lo dicono loro – può fuorviare le persone ed indurle a diffondere propaganda o a fomentare violenza e sfiducia nelle istituzioni. È il contrario del debunking prima maniera perché il popolo aveva il diritto, attraverso il giornalismo, di mettere alla prova le istituzioni democratiche. Il popolo le sfiduciava per definizione perché quello era il giusto modo di tenerle sotto pressione. Infatti, si diceva che i giornalisti erano i cani da guardia del potere, cioè quelli che difendevano il popolo dal potere, mentre oggi, sembrano piuttosto i cani da riporto del potere.

E allora, che fare? Semplice, secondo Jigsaw bisogna prevenire, che è sempre meglio che curare. Prevenire è la parola d’ordine di un mondo preordinato e prevedibile, un mondo rassicurante, ma un tale mondo esiste soltanto nella semplificazione binaria dei computer, che sono macchine a stati, dove l’introduzione di un certo dato, produce sempre un certo risultato.

Nel mondo reale non funziona così. Il mondo reale è più governato dalla Teoria del Caos, come diceva sempre Ian Malcolm, il matematico di Jurassic Park. Eppure, in un tempo dominato da questo governismo meccanicistico, dove l’uomo sembra convinto di poter amministrare la Natura, come l’apprendista stregone Topolino che faceva roteare le bacchette del mago un po’ a caso, in questo tempo, la metafora della prevenzione sembra avere contaminato ormai tutto.

Ma c’è di più. Secondo un noto professore di Cambridge, che è considerato uno dei massimi esperti, Von Der Linden, la disinformazione è come un virus, che si diffonde ed induce la gente a comportarsi in un determinato modo. Qualcuno sviluppa i sintomi, qualcuno no, insomma, si comporta come un virus, ma allora se è proprio come un virus, perché non possiamo immaginare di inoculare la gente? Inoculiamo! Già, inoculare.

Vi ricorda qualcosa? E allora, se bisogna inoculare, arriva il Prebunk. In Polonia, in Repubblica Ceca, in Slovacchia, Google ha fatto un esperimento: ha utilizzato la pubblicità su Facebook, su YouTube, su Twitter e su TikTok, per mostrare una serie di video che hanno inoculato gli anticorpi contro la disinformazione a ben 38mln di persone, la maggioranza di questi tre paesi e poi ha scoperto che rispetto ai “non inoculati”, questi hanno avuto la possibilità, con minore frequenza, di diffondere le famigerate false informazioni.

E adesso, sta per iniziare la sperimentazione anche in Germania. Esattamente come i vaccini, dicono gli inoculatori, il Prebunk non è efficace al 100% eh? I suoi effetti calano nel tempo e c’è sempre bisogno di nuovi booster… e via a produrre sempre tutti i mesi le dosi di richiamo. Un’inoculazione continua che serve a proteggere il popolo da se stesso, ci dicono, perché chi è vittima delle teorie del complotto, finisce per diventare un emarginato, finisce per perdere il lavoro, finisce per sperimentare una riduzione del reddito e un declino generalizzato del benessere.

Esattamente come accade a chi fa uso di stupefacenti, lo fanno per voi, sia chiaro! Mica per proteggere i loro interessi e i loro profitti. Loro darebbero qualsiasi cosa per vedervi felici e sorridenti! Anche a costo di indurvi una paralisi facciale…

Torniamo seri. Hanno foraggiato migliaia di debunkers e non è bastato. Adesso foraggeranno migliaia di prebunkers, ognuno a inoculare nel proprio paese ma qualcosa mi dice che non basterà. Quando si accorgeranno che l'uomo è nato per essere libero, che puoi imprigionare il suo corpo ma non i suoi pensieri e che non si può vaccinare contro la libertà di opinione, allora… come la prenderanno?

Eppure basterebbe così poco, basterebbe che invece che imporre verità calate dall’alto, imposte da multinazionali miliardarie, che perseguono obiettivi decisi da pochi, organizzassero in tutte le piazze del mondo, tante Agorà per rispondere alle domande, spiegare, decidere insieme cosa fare e cosa non fare. E un sistema del genere esiste però eh? Si chiama democrazia, questa sconosciuta.

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editoriale di MauroCincotta66

Ehiii Gic!!! Dove vai così di fretta pedalando in bicicletta?!?! E fermati con noi a bere un pirletto … se non ricordo male Campari, giusto?

Si, giusto ma grazie no gnari (devo pur usare le locuzioni locali per senso di appartenenza, dopo 25 anni!), non posso, scusate ma stamattina mi sono svegliato con le note di “How” di John Lennon nelle orecchie e devo, dico DEVO, andare a casa e dare soddisfazione alle trombe di Eustachio con tutto “Imagine”, dall’inizio alla fine. Poi, magari, tiro fuori la Rolls dallo scaffale e ascolto anche “Let It Be”!

Ma dai … ma perché non ascolti la musica andando in bici e così puoi fermarti con noi?

Perché? Perché ho detto che devo ascoltare, non sentire! Ascoltare, chiudere gli occhi e coinvolgere partecipativamente il pensiero stimolato dalle onde sonore. Non fare nient’altro, solo dedicare tutti i miei sensi al piacere dell’ascolto.

E poi c’è la liturgia dell’ascolto in vinile, con i gesti che si ripetono, sempre gli stessi: accendo il giradischi e l’amplificatore; estraggo il vinile dalla sua custodia invecchiata dal tempo e lo appoggio delicatamente sul piatto; prendo la spazzola antistatica e, mentre il disco gira, tolgo la polvere dall’interno verso i bordi; stacco il braccio dal suo supporto; lascio dolcemente cadere la puntina sul bordo del disco e, finalmente, dopo tanto operare l’agognata gratificazione: il suono. Una marea infinita di frequenze che solo il vinile riesce a rendere.

Mi siedo nello stesso punto del divano, sapientemente posizionato rispetto alle casse, e so già che non mi alzerò fino alla fine del lato A. Quando la puntina smette di suonare musica e restituisce il vuoto della superficie non incisa, esco dallo stato d’estasi e mi alzo per girare il disco e iniziare l’ascolto del lato B. Senza interruzioni, senza skip, senza shuffle, senza remote control. Senza limiti all’immaginazione.

Ho già accumulato circa 250 vinili cercando di scegliere con cura cosa acquistare. Prima i grandi classici, poi quelli che mi hanno accompagnato in momenti indimenticabili della mia vita, fortuna che i due insiemi sono decisamente intersecati! Agli estremi della valutazione secondo questo parametro, ci sono i vinili/swiffer e i vinili/porco. I primi, dopo un paio di ascolti se ne staranno sullo scaffale per tanto tanto tempo a catturare polvere. I secondi si fanno ascoltare dall’inizio alla fine, senza soluzione di continuità. Non si butta niente e ringrazi per i solchi vuoti tra una traccia e l’altra che ti fanno riprendere per un attimo il contatto con la realtà. In questo caso, ogni tanto devi resistere alla tentazione, perché l’ascolto usura il vinile. (E “Imagine” è decisamente un Gran Suino Padano, con due quarti posteriori – la title track e la citata How – buoni per il Culatello di Zibello!).

Non compero mai compilation (solo rare eccezioni) o versioni successive, rifacimenti, extra vari o canzoni escluse. Mi interessa il disco originale, (anche se ristampa, ma rigorosamente riprodotta prima dell’era digitale), e mi interessa capire come è nato e perché l’artista è arrivato in quel momento a fare quell’album. Oggi è possibile conoscere l’intera produzione di un artista attraverso l’utilizzo di piattaforme di streaming musicale e magari approfondendo con la visione di interviste e live su YouTube. Ma tutto ciò non ti servirà a capire. Tutto troppo facile. Le cose bisogna conquistarsele con pazienza e dedizione. Un po’ come quando si andava in biblioteca per trovare materiale e scrivere la mitica ricerca assegnataci dal prof.

E poi, Il piacere di possedere oggetti è un qualcosa che accompagna l’essere umano da sempre, basti pensare ai corredi funerari risalenti già all’età del rame. È in questo solco che nasce il desiderio di avere un elemento concreto che attui la passione verso un artista. La passione: la spinta propulsiva senza la quale questa pratica sarebbe una meccanica raccolta di oggetti. “Nell’oggetto, insomma, noi amiamo quel che vi mettiamo di noi, l’accordo, l’armonia che stabiliamo tra esso e noi, l’anima che esso acquista per noi soltanto e che è formata dai nostri ricordi.” (Cit. da “Il fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello)

Collezionare vinili è un’arte che si impara sul campo. Scoprire che le stampe migliori sono quelle giapponesi, sapere che I Pink Floyd etichetta Capital sono decisamente meglio di quelli EMI, che un vinile rimasterizzato è come una bambola gonfiabile, che il concetto di “Near Mint” di un greco non è uguale a quello di un tedesco! Vuol dire passione, pazienza e attenzione, con la consapevolezza che è tutto soggettivo.

Se, come me, ami la buona, vecchia musica (fino a metà anni 80), sei fortunato perché i dischi in vinile ti daranno il meglio dato che gli album erano nati per i vinili. E poi un disco in vinile non è soltanto un oggetto che consente di ascoltare musica trattata solo in modo analogico (e non è paglia …), è anche un oggetto visivo da consultare e mettere in bella mostra, come un’estensione culturale della nostra identità. Lo scaffale dei dischi parla di noi e non solo del nostro gusto musicale.

Qualcuno dirà: una boomerata. Certo che lo è. Per noi cresciuti a sbavare dietro le vetrine dei negozi di dischi, tutto ciò è un modo (stupendo) di tornare bambini e non c’è niente di meglio, per ricordarsi di amare la vita, che coltivare e proteggere l’immaturo che custodiamo gelosamente nel nostro profondo.

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