editoriale di nes
"Il Leone da tastiera" è quell'individuo... Aspetta, aspetta, ascoltatevi 'sto pezzo prima, che rende bene il mood (solo il mood, per il resto c'entra cazzi. https://www.youtube.com/watch?v=ZgyV58rXH0U "Il Leone da tastiera" è quell'individuo che passa le giornate su internet a... Ok, ok: è una pagina che non troverà troppi… di più
editoriale di Confaloni

Alcuni giorni fa sono state pubblicate notizie riguardanti le condizioni di salute di Alain Delon. I familiari hanno espresso preoccupazione dal momento che l'attore (all'età di 88 anni) sta seguendo un ciclo di cure intese a contrastare un linfoma a lenta evoluzione. L'attore sembra non passarsela bene, avendo confessato di essere stanco di vivere, come a voler fare intendere che un suicidio assistito sarebbe il minore dei mali giunti a questo punto.

Leggere simili notizie fa sempre impressione, specie se si tratta di personaggi un tempo alla ribalta in quanto attori o attrici. Il successo meritato, accompagnato dalla salute, possono indurre a credere che le ingiurie del tempo che scorre non valgano per sé stessi, ma solo per altri. Ma ovviamente la natura non guarda in faccia a nessuno e il decadimento senile arriva gradualmente, tanto che tempo fa si è appreso il motivo per cui da anni un attore di vaglia come Jack Nicholson non recita più: semplicemente non riesce più a memorizzare le battute di qualsiasi copione. E questo non gli giova proprio anche psicologicamente.

Prima ho scritto " suicidio assistito" e so che dietro simile formula nel recente passato italiano si sono verificati casi umani di grande risalto. I nomi di Eluana Englaro, Dj Fabo hanno interrogato tutte le nostre coscienze su quel ponderoso tema chiamato fine vita, ovvero fino a che punto vale la pena tenere in vita artificialmente persone cerebralmente morte. Insomma: in tali condizioni ci si trova di fronte ad una vita degna? E allora non sarebbe il caso di consentire una morte dignitosa? Un dilemma tosto e va detto che solo nel 2019 la Corte Costituzionale ha dichiarato non punibile l' assistenza medica al suicidio assistito. Resta comunque un vuoto legislativo poiché lo Stato italiano non è ancora riuscito a legiferare chiaramente sull' intera tematica e intanto ogni Regione tenta di emanare norme su una materia così spinosa, senza riuscirci.

Certo è che non si tratta solo di quei casi in cui le persone sono mantenute artificialmente in vita. Mi è venuto da pensare a coloro i quali, più o meno anziani, non trovano più i necessari stimoli per vivere. Il pensiero della decadenza senile può spaventare, così come può insorgere uno stato di depressione psicologica da cui non se ne esce. Mi aveva colpito apprendere, nel 2011, della decisione presa da uomo politico brillante e a suo tempo fascinoso come Lucio Magri ( fra i fondatori de "Il Manifesto") che, afflitto per la recente scomparsa della moglie, si era recato in Svizzera da un amico medico per sottoporsi a pagamento al suicidio assistito. Una decisione estrema e discutibile per chi crede nel valore sacro della vita. Eppure non penso che si possa imporre altrimenti a chi è ben determinato a decidere di compiere un passo liberatorio, se non si vuole più soffrire (e senza bisogno di recarsi in Svizzera per pagare un simile servizio). Resta il dilemma angoscioso di quale scelta adottare e lì si è soli con la propria coscienza.

 di più
editoriale di MauroCincotta66

ABBASSA IL VOLUME, urla mia moglie dalla stanza accanto, CHE VIBRA TUTTO!!! E in effetti ha ragione: è finalmente arrivato l’ultimo degli Stones e non ho resistito a metterlo subito sul piatto a volume non usuale (basso) per non alterare gli equilibri familiari, ma quando il Macca schiaccia il fuzz e comincia ad andarci giù pesante con il basso in “Bite My Head Off” non ho resistito ed ho posizionato la manopola del volume a metà range, come faccio di solito nei miei ascolti (rigorosamente) solitari, immaginando ad occhi chiusi il simpatico vecchietto che gode come un pazzo nel produrre quel suono che deve far vibrare tutto!

Fortuna vuole che l’arzilla nonnina che abita nell’appartamento accanto è sorda come una campana e la giovane coppia del piano di sotto alla mia domanda: “disturbo quando ascolto ad alto volume?” ha commesso un errore – per loro – imperdonabile: confidarmi che gradiscono i miei gusti musicali; come invitare Hannibal Lecter a cena! Ma, tant’è ad oggi non ho (ancora) ricevuto visite dalle forze dell’ordine, bontà loro.

Nell’epoca in cui si dibatte tra vinile e digitale - dibattito tra audiofili che ritengo superfluo e che ho risolto come faccio di solito quando possibile, ovvero affidandomi ai fatti: se l’opera è stata registrata prima dell’avvento del digitale, cerco di accaparrarmi un vinile prima stampa o ristampato comunque prima del 1986, se successivo va bene il CD o anche lo streaming ma con qualità CD (44,1 kHz; 16 bit) - vorrei, invece, spendere due parole sull’ascolto quale esperienza “fisica”. Tra tutte le arti la musica è quella che mi affascina maggiormente per una caratteristica peculiare: l’assenza di un oggetto fisico per la manifestazione artistica: il musicista per mostrarci la sua opera si “limita” a muovere l’aria creando onde sonore che raggiungono non solo il nostro orecchio ma impattano anche su tutto il nostro corpo.

La storia racconta che la musica sia antecedente all’uso della parola e che i primi strumenti siano stati strumenti a percussione ma, probabilmente, la forma più primitiva ed elementare di “strumento musicale” è stato il battito delle mani. Sin dall’origine è stata usata in funzione di intrattenimento, rituale o danza, e per alleggerire le fatiche del lavoro. Chi ha avuto modo di leggere le poche cose da me pubblicate su Debaser sa già che sono un appassionato di Rock/Blues che trae origine, quindi, da quel Blues che si trova a stretto contatto con le funzioni primordiali della musica unendo percussioni potenti a testi strazianti: ascolti la melodia ma sotto senti un battito che ti agita le viscere e, a prescindere da cosa dica il testo, senti che c’è qualcosa in più.

E poi, è arrivata la stereofonia! E con essa le sperimentazioni sul palcoscenico sonoro con artisti che spendevano mesi negli studios, primi fra tutti The Beatles e Jimi Hendrix, creando effetti in grado di aumentare la percezione musicale: l’inizio di …And The Gods Made Love di Hendrix è caratterizzato da “spirali sonore” della chitarra distorta di Jimi che ad un certo punto sembrano letteralmente decollare! Ma per gustarle appieno occorre necessariamente che il volume sia adeguato.

Infine, essendo io una persona rispettosa, non posso certo andare contro le istruzioni fornite per la fruizione di un prodotto: se le note riportano “to be played at maximum volume” assecondo la volontà dell’artista, e con piacere! Per favore buttate gli auricolari nel cesso, o meglio, usateli per le conversazioni telefoniche perché la musica pretende altro.

 di più
editoriale di JackBeauregard

Il 30 aprile 1989, 36 anni fa ci lasciava Sergio Leone, stroncato a sessant'anni da un infarto. Per molti anni, in occasione di questo anniversario mi è capitato di scrivere qualche riga per ricordarlo. Adesso ne sono passati parecchi dall'ultima volta che ho scritto. Cercando nel mio piccolo archivio, alla fine ho ritrovato questo che segue, che scrissi a 10 anni dalla sua morte, e che rimane forse la cosa migliore che ho scritto. L'avevo inviato su un newsgroup di usenet che frequentavo assiduamente all'epoca. L'ho lasciato così com'era allora, senza ritocchi e magari con qualche ingenuità ed eccesso di entusiasmo di troppo e che forse adesso non ripeterei, ma mi sembra che abbia comunque conservato la freschezza e la spontenità di allora. Buona lettura.

--------------------------------------

SERGIO LEONE - TEN YEARS AFTER

“Guarda guarda chi si vede: il fumatore. Ti ricordi di me, amigo?… Ma sì, El Paso.”
“Il mondo è piccolo”
“Sì, e anche molto cattivo… Prova a accendere un altro fiammifero…”
“Abitualmente fumo dopo mangiato. Perché non torni tra dieci minuti?”
“Tra dieci minuti fumerai all’inferno. Alzati”

Questo scambio di battute tra Lee Van Cleef (Col. Mortimer) e Klaus Kinski in “Per qualche dollaro in più” è solo uno dei tanti memorabili dialoghi presenti nei film di Sergio Leone, di cui oggi, 30 aprile, ricorre il decimo anniversario della scomparsa.

Essendo ormai diventata una mia consuetudine, da quando frequento IACine, omaggiare ogni anno, in questa data, il mai abbastanza rimpianto regista italiano, che ho amato fin dall’adolescenza in maniera quasi viscerale, in occasione del decennale, ho deciso di andare un po’ a ruota libera, pescando tra i ricordi e le sensazioni che mi hanno sempre suscitato i suoi film.

“Al cuore Ramon, quando vuoi uccidere un uomo devi sparagli al cuore!”
Il primo e più famoso teorema della filmografia leoniana (“Quando un uomo con il fucile incontra uno con la pistola, quello con la pistola è un uomo morto”) viene confutato nel finale di “Per un pugno di dollari” dall’eroe biondo, senza nome e senza passato (Clint Eastwood) che, terminato il suo “compito”, se ne va in groppa al suo mulo senza una metà precisa.
E’ l’inizio della leggenda e della fortuna che avvalsero a entrambi (Leone e Eastwood), i quali si incontreranno anche nei due successivi film per poi lasciarsi definitivamente, seguendo ognuno la propria strada.

Ma la figura dell’eroe solitario, individualista e un po’ anarchico rimarrà una costante di tutta la produzione di Leone, attraverso i personaggi di Armonica (Charles Bronson) e John (James Coburn) fino ad arrivare a quello più completo, il malinconico e perdente Noodles, interpretato in maniera magistrale dal grande Bob De Niro.

Questo, come il tema dell’amicizia virile da una parte e la spietata visualizzazione della violenza dall’altra, saranno gli elementi cardine del discorso cinematografico di Leone, ai quali bisogna aggiungere, per avere un minimo di completezza del quadro, il tocco ironico sempre presente a vari livelli e spesso nelle situazioni più tragiche.

Ovviamente l’ironia, che la fa da padrona in tutta la trilogia del dollaro, raggiungendo il suo apice ne “Il buono, il brutto, il cattivo”, pian piano viene stemperata nella trilogia americana, quando il gioco si fa più serio, e arriva a toccare note molto amare nel dialogo finale tra Noodles e Max al termine di “C’era una volta in America”:
“Un amico tradito non ha scelta. Deve sparare!”
“Vede senatore Bailey, in passato abbiamo ucciso per molti motivi, ma il suo caso non l’avremmo mai accettato”
“E’ il tuo modo di vendicarti?”
“No, è solo il mio modo di vedere le cose.”

Non è da meno, tuttavia, un altro grande scambio di battute alla fine di “C’era una volta il West” tra Armonica e Frank, sullo sfondo della ferrovia che avanza inesorabilmente (il progresso) e che sta per cancellare definitivamente le mitiche figure del vecchio e selvaggio West:
“E così hai scoperto che non sei un uomo d’affari”
“Solo un uomo”
“Una razza vecchia, verranno altri Morton e la spazzeranno via”

Sono così tante le cose che emergono dalla visione dei suoi film, che viene da chiedersi se Leone stesso fosse sempre stato pienamente consapevole di tutti gli aspetti, le connessioni, i sentimenti e le sensazioni che è riuscito a far scaturire, a provocare e a suscitare con le immagini, o se il tutto sia stato solo il frutto di una grande abilità istintiva, di un talento naturale e innato che ha trovato sfogo in quel grande mezzo artistico che è il cinema.
Non lo so, forse è un po’ dell’uno e un po’ dell’altro. Poco importa però, visti gli eclatanti risultati raggiunti.

Ci sarebbero, ovviamente, tanti altri aspetti da prendere in considerazione, da quelli spettacolarmente tecnici, che vanno dall’uso particolare dello zoom agli stupefacenti dolly e piani sequenza (uno su tutti: l’arrivo di Jill alla stazione in “C’era una volta il West”), al montaggio (vedi il triello de “Il buono, il brutto, il cattivo”), all’utilizzo della musica, che forse mai come nei film di Leone, ha avuto un peso così determinante nella riuscita delle opere. Ma non voglio tediare ulteriormente chi è arrivato a leggere fino a questa riga, e soprattutto mi auguro, in futuro, di poter riuscire a sviscerare altri temi al riguardo.

Oggi, a conclusione di questo umile e modesto omaggio, voglio ricordare quella che per me resterà per sempre la più bella sequenza di tutti i suoi film:
un uomo si rialza da terra, dopo che una cannonata l’ha fatto cadere da cavallo e si ritrova ai margini di un cimitero con le tombe disposte in cerchio. Parte un tema musicale inedito (e che verrà sfruttato solo in questa sequenza) e l’uomo inizia a correre tra le tombe. Alternando campi lunghi a primi piani e a soggettive, in un crescendo musicale sempre più alto, assistiamo per quattro minuti alla ricerca affannosa dell’uomo che terminerà davanti alla croce con su scritto Arch Stanton.
Protagonista, ovviamente, il grande Eli Wallach!

L’ultima immagine prima dei saluti va, invece, al fermo sul sorriso di Bob De Niro, l’ultimo fotogramma girato da Leone. Un sorriso enigmatico, che lascia lo spettatore nel dubbio se tutto quello che ha visto nelle quattro ore precedenti sia realmente accaduto o sia solo un sogno, il frutto della fantasia di un consumatore di oppio.
Ma ha forse un senso porsi questa domanda, quando tutto il cinema, in fondo, non è altro che un sogno.

Con immenso amore

 di più
editoriale di Taddi

La tenacia, quella voglia di non farsi sopraffare dal destino, quel desiderio di mostrare il dito medio alla vita e di non mollare mai appartiene a pochi uomini e donne.

La tenacia può avere una caratteristica, ad un certo punto ti ripaga. Non capita sempre, certo, ma quando capita capisci il senso di tutti i sacrifici. Voglio raccontarvi una storia, quella di Steven Bradbury. In rete esiste un video della gialappa’s in cui Steven viene volgarmente perculato, ma prima di guardarlo continuate a leggere.

Lo short track è una gara di velocità su ghiaccio con pattini, senza corsie dove si raggiungono velocità di oltre 50 km/h. Dovessi paragonarlo ad un brano musicale, chiederei ad Arianna Fontana, la medaglia olimpica italiana più giovane (meno di 16 anni), “cavaliere” e pattinatrice di short track. Rimanendo sul Deba chiederei aiuto sicuramente a Lorenzo, a me viene in mente Guerrilla radio… Ma non divaghiamo.

Steven è nato a Sidney, 14 giorni prima di me ed ha sempre amato la velocità, sia sul ghiaccio che sulle auto. Lui si impegna, partecipa ai mondiali di short track vincendo un oro nel 91, bronzo nel 93 e argento nel 94, gareggia alle olimpiadi di Lillehammer del 1994 (partecipò anche un certo Alberto, mio concittadino) e riesce a portare a casa un bronzo nella staffetta. Strada in discesa? A 21 anni sei nel pieno vigore fisico, nulla ti può fermare, nulla tranne 111 (centoundici) punti di sutura a causa della recisione dell’arteria femorale durante una gara, conseguente perdita di oltre 4 litri di sangue, con alte probabilità di morte.

Sopravvive, ma passa i successivi 18 mesi in riabilitazione. Lentamente ricomincia, torna a gareggiare, ma non è più lui, la magia è scomparsa. Nel 2000 un altro incidente (frattura del collo) lo blocca per altre sei settimane. Steven però ha un sogno, gareggiare ancora alle olimpiadi per l’ultima volta, a Salt Lake City nel 2002. Ha quasi trent’anni, ma riesce ugualmente a qualificarsi per il suo paese, non certo famoso per i suoi ghiacciai e parte senza nessuna speranza di conquistare una medaglia. Gli sport invernali non sono molto praticati in Australia…

Non credo ai miracoli, ma nello Utah qualcosa di simile è successo. Steven nella batteria 1000 metri short track riesce a qualificarsi per i quarti, acciuffando l’ultimo posto disponibile. E’ già felice così, gareggerà i quarti di finale olimpici dello sport che ama. Si qualificano i primi due alla semifinale, arriva terzo. Fine, si torna a casa.

No, non è finita, viene squalificato il giapponese, viene ripescato. E’ sua la semifinale. E’ inutile di cercare di capire cosa prova Steven, ve lo lascio immaginare.

La semifinale la corrono in cinque, tre cadono per colpa del quarto che viene squalificato. E’ in finale!

Accanto a lui ci sono i mostri sacri dello short track, il commentatore italiano prima della partenza dice: “Fuori dalla lotta, quasi certamente c’è solo Steve Bradbury” Franco Bragagna.

Steven non sta bene, gli fa male la gamba operata, parte malissimo, viene subito distaccato dagli avversari, ma all’ultima curva succede qualcosa di incredibile, un groviglio di corpi distesi sul ghiaccio e lui che li evita. L’americano si rialza, tenta il recupero, ma Steven, sgomento passa per primo il traguardo.

Primo oro australiano nella storia delle olimpiadi invernali. A fine gara, intervistato disse: Non ero sicuro se avessi dovuto festeggiare oppure andare a nascondermi in un angolo. Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della gara. L’ho vinta dopo un decennio di calvario.”

Steven Bradbury.

 di più
editoriale di Geo@Geo

È passato molto tempo, molto tempo. Non pensavo ti avrei più rivisto, non è possibile incontrare delle persone nell'ultimo anno, giusto? Invece è capitato.

Eravamo entrambi a una conferenza, forse perché lavoriamo nello stesso campo, ma giurerei che non ci era mai successo prima. Eravamo piuttosto vicini, nella stessa stanza e mi hai anche riconosciuta, cosa che mi ha particolarmente lusingata. Numerosi gli interventi dei colleghi e anche gli sguardi, o almeno mi pareva.

Il tempo passava veloce, pochi minuti e l'evento si sarebbe concluso. Piano piano la stanza si svuota, e quando tocca a me, sono un po' indecisa, ma alla fine esco, con un ultimo sguardo che però non hai incrociato: mi sa che abbiamo cliccato contemporaneamente sulla X in alto a destra dello schermo, e dopo un obbligatorio "vuoi abbandonare?", clicco sul "si".

 di più
editoriale di zaireeka

Mia figlia ha 18 anni, ed ha fretta di navigare e spaccare il mondo.

Ma il mondo non necessariamente somiglia a lei.

In particolare il padre, che è un po’ la sua nave pirata, che le vive per giunta in casa.

Lei ha fretta, io ho fretta di rallentare la sua fuga.

A volte litighiamo.

Credo ancora troppo all’Italia, alla terra dei miei genitori, e troppo poco all’Europa, non parliamo di quanto creda al mondo.

Forse ne ho un po’ paura.

Non c’è niente da fare, loro, i millenials e dintorni, sono cittadini del mondo, l’Italia non basta.

Si sentono, almeno, europei.

Non hanno paura.

Si sentiva soprattutto europeo sicuramente Antonio Megalizzi, morto a Strasburgo con una pallottola nella testa, nel mezzo del suo sogno di raccontare da giornalista una nuova Europa, un giorno.

Ho visto in TV lo spezzone di un video in cui, da innamorato dell’Europa, parlava a degli studenti di un’ Europa oggi incapace del tutto di mettere in pratica e far capire alla gente le cose buone in grado di pensare (la solidarietà, la condivisione dei migranti) e in compenso perfettamente capace di mettere in pratica e far conoscere alla gente quelle sbagliate o perfettamente inutili (l’imposizione sul colore standard delle banane).

Come non dargli ragione, se ancora ci potesse sentire.

Ora, mia figlia non vuole fare la giornalista, ma ha fretta, più o meno come Antonio.

Ed io sono preoccupato per come va il mondo, e non voglio che il mondo la deluda, se non di peggio.

Volevo dedicarle una canzone che rappresentasse il percorso, ed ho trovato “Hey Jude”.

Sulle note di Hey Jude me lo sono immaginato così.

Dopo aver schiarito la voce, una partenza calma, senza fretta.

Ma con convinzione, del resto non le manca.

Poi, dopo la strofa, un ritornello (beh, del resto, almeno all’inizio, ogni tanto bisogna pure tornare a casa), in leggera discesa, con un piccolo coro a darle una leggera spinta per vincere la corrente.

E così avanti per un po’, senza fretta, ma con convinzione.

Ed infine, quando i tempi sono maturi ed il sogno è troppo grande per tenerlo ancorato alla terra, il volo ed un esplosione di gioia.

E tutto il mondo a farle il coro.

Compreso me.

 di più
editoriale di CosmicJocker

"Per molto tempo sono andato a letto presto la sera" diceva il caro buon Marcel.

Io solo per due mesi, in concomitanza di voragini economiche che ho cercato di livellare e che, dopo cena, mi lasciavano steso a pelle di leopardo con tanto di fauci spalancate per il gran caldo.

E, si sa, nella Palude Padana la canicola è sempre invariabilmente accompagnata dal funesto gironzolare degli alati-demoni-succhia-sangue (volgarmente detti zanzare) che tormentano il riposo de(gl)i (in)giusti una volta entrati nelle loro magioni.

Se avete esperienza di torturatori di cotal fatta, sarete certo a conoscenza dei loro modus-operandi più diffusi:

C'è la zanzara lenta e greve (già per metà gonfia di sangue) che quando si appoggia al vostro delicato corpicino, lo fa in modo talmente massiccio (ma forse è il caso di dire "alticcio") che avete tutto il tempo di arricciarvi i baffi e sistemarvi il monocolo all' occhio destro prima di spiaccicarla sdegnosamente.

C'è quella veloce e ronzante che ama ballarvi intorno prima di cibarsi di voi e che richiede un po' di astuzia supplementare: lungi dal seguir il suo strepitìo svolazzante (del quale dovete diffidare come del canto di una Sirena), dovete immobilizzarvi e tenere gli occhi bene aperti. La sua velocità la rende imprudente e nove volte su dieci si posizionerà su una porzione di pelle ben visibile: uccidetela allora, dopo che vi ha succhiato un poco. Il prezzo da pagare per la sua morte sarà una puntura soltanto.

C'è infine la più pericolosa fra tutte. La silenziosa e leggiadra zanzara mordi-e-fuggi. Astuta come il Sistema e vorace come un Padrone lei non vi dà requie: pensate che vi stìa mordendo? No, è suggestione. Lei ora si nasconde. Forse è andata via? No, è stanchezza. Lei ora vi morde. Con lei l'astuzia non è sufficiente, ci vuole quel qualcosa in più chiamato Fortuna.

Orbene, in una di quelle sere in cui sul divano le palpebre mi si stavano chiudendo a doppia mandata fu proprio una mordi-e-fuggi a usarmi la cortesia di farmi vista.

Vi risparmio l'esposizione di tutte quelle tecniche di difesa, di tutto quell' arsenale di conoscenze che ogni Padano d.o.p. (di origine prolungata) mette in pratica fin dalla più tenera età per esorcizzare questi vampiri. Vi basti sapere che la mia gatta, accovacciata sulla poltrona, osservava con una certa commiserazione tutti i miei maldestri (e inutili) tentativi e il suo sguardo pareva dicesse: "Povero, povero il mio essere umano!".

Sfinito, sudato, punto e, ormai, completamente sveglio mi sono accasciato sul divano maledicendo tutto il corollario di Dei e semi-Dei di cui sono a conoscenza fino a che... Ho visto la zanzara svolazzare impavida vicino alla mia gatta...

ZAC!!

Un solo balzo. Preciso, netto, senza esitazioni.

Esplosività muscolare, tempismo perfetto e zanne ben appuntite...

... Così si rovescia il Sistema, così s'inghiotte il Padrone.

 di più
editoriale di luludia

(Luce)...

Siamo tutti in grado di annusare l'aria. Qui ad esempio c'è un bel silenzio, scariche di energia buona o qualcosa del genere. Quale genere fate voi.

Per capirci potrei citare quel film che dice che le canzoni stanno in piedi da sole. E allora, ok, questo posto sta in piedi da solo. Sto parlando del laboratorio di falegnameria per utenti con handycap fisico o psichico.

Dell'aria vi ho detto? Si? Sarà per via di quell'aria che tutti sembrano tenere a quello che fanno? Possibile che ci sia tanta salute in un posto pieno di gente messa malissimo?

Vi dirò, i laboratori son anche il mio lavoro. Teatro, poesia, collages, filastrocche. E quell'aria che vi dicevo pure io sono un esperto. E non lo dico tanto per dire. Michele il falegname però è di un'altra categoria. Lui e le sue favolose casette per uccellini buone soprattutto se di uccellini non ne avete.

Non tutti i Mangiafuoco riescono a trasformarsi in Geppetto.

(Ombra)

Il capo parla, i sottoposti confermano.

Quelli che contano -psichiatri, assistenti sociali, responsabili d'area- si beano della messinscena. Della messinscena e dell'ordine...

Oggi poi non siamo soli. E' presente una pletora di guest star di passaggio: il tizio in viaggio premio, il guru dalla voce di velluto, lo stagista dal sorriso di circostanza. Un fottuto tre per due, un black friday di mercoledì.

Scopo del brain storming è dirci quanto siamo fighi. Un sixty nine party in socialese stretto alla faccia di Mr. Wolf.

Tutti i discorsi son pieni di nauseanti paroline magiche -relazione, scambio, dialogo, confronto- ma quel che conta è il

sottotesto iper cinico.

L'utente X non ci è mica stato affidato per farlo star meglio ma per risolvere gli immani casini ( in famiglia, al bar sotto casa, in fila al supermercato) che da un po' (ovvero da sempre) si ostina a provocare. Insomma, beccatevi sto tizio, tenetelo lontano dal richiamo della foresta e fate in modo che non si senta più parlare di lui. Ecco perché non ci sono mai problemi.

Del resto mica vorrai dar l'impressione di non essere in grado di gestire la situazione? Poi finisce che di X non te ne mandano più. Un mercato...

E così il brain storming non è che uno squallido gioco delle parti. Si parte con il caffè e si finisce a ridere delle battute del capo.

Mai che un'anima pura, a suo rischio e pericolo, rompa il giochino, mai. A parte il sottoscritto. E a parte Michele...

Michele, uno che sembra il gigante gentile di quella vecchia, vecchissima pubblicità. “Gigante, pensaci tu...”

Non solo, una delle più belle risate che io abbia mai visto.

Beh, un giorno Michele divenne il nostro coordinatore. Dalle casette per uccellini al nostro centro di mattoidi.

Merda, a chi cazzo era venuto in mente di fare coordinatore uno così? Erano forse impazziti?

Noi eravamo abituati a persone di merda, oppure a gente costretta a mostrare il peggio di sé. Che ci faceva in mezzo a noi un perfetto gentiluomo?

Poi, un bel giorno, quella riunione...

Nessun cappello introduttivo. Nessuna dritta. Nessuna imbeccata. Nessun filtro. La parola alle anime sperdute. Ovvero il caos.

Ecco allora l'urbanissima psichiatra che dice “cazzo” in pubblico per la prima volta in vita sua. L'assistente sociale che sgrana gli occhi. Miss scoreggia di rana che invita a non essere “epidermici”, a ritrovare l'essenza del progetto. E io godo come un pazzo.

Il sixty nine party in socialese stretto va clamorosamente a puttane.

Il meglio (anzi il meglio/peggio) però deve ancora venire.

Passa qualche giorno e Michele viene convocato dal presidente e dalla responsabile d'area. E lui cosa fa? Si esibisce nella sua famosa risata.

“Tutti a dirmi che la riunione era stata un disastro, che era tutto sbagliato, tutto da rifare e allora dai, mi è venuto da ridere...”

Alla fine l'hanno rimandato, con sua grande gioia, a fare casette per uccellini.

E quelle casette son proprio belle, ve l'assicuro...

 di più
editoriale di isidax

Quella sera Paolo prese tre sveglie, le caricò a quindici minuti di distanza una dall'altra, poi le mise dentro una pentola prima di infilarle sotto il letto. Pensò: “Così è sicuro che le sento, stavolta non posso non svegliarmi”.

Poi spense la luce, prese un libro e alla luce di una torcia elettrica lesse per qualche ora.
Arrivarono puntuali, come sempre le quattro del mattino, la prima sveglia strillò per tre minuti inutilmente così come la seconda e la terza; nell’altra camera i genitori di Paolo si guardavano e decisero di non svegliarlo, a loro questa storia della gita a Montisola col gommone non piaceva troppo, avrebbero preferito portare il proprio figlio a fare una gita in Vaghezza, una passeggiata fra i boschi della Val Trompia avrebbe fatto dimenticare a tutti la calura di quel luglio cittadino.

Bruno parcheggiò la nuova Vespa 125 ET3 primavera nel cortile, salì le scale facendo attenzione a non fare troppo rumore, era domenica ed erano solo le cinque del mattino, Paolo avrebbe dovuto farsi trovare in strada ma sicuramente dormiva ancora.
Bussò alla porta, bussò un po’ più forte alla porta, poi ancora più forte.
Quel mattino Paolo uscì senza neanche salutare.

Da Sulzano a Montisola il braccio di lago non è di neanche un chilometro, a sedici anni remando di buona lena ci metti un attimo, e mentre i due amici remavano l’adrenalina cresceva, una giornata da soli in spiaggia e poi avevano adocchiato una parete da scalare a mani nude, sarebbe stato più emozionante di quando pisciarono dal campanile del paese o di quando si buttarono a capofitto giù per la cava. Altro che le impennate con l’Aspes Yuma o il Caballero.

Altre volte Bruno ritornò a casa di Paolo, entrava e rimaneva in piedi senza parlare guardava i genitori, le sorelle e il fratello più piccolo, non parlava, poi dopo qualche mezz’ora tornava a casa sua.
Le visite a casa di Paolo continuarono per qualche mese poi si fecero sempre più rare fino ad esaurirsi completamente, dicono che poi abbia ripreso a parlare.

Io non l’ho più rivisto, di quell’estate ho solo ricordi di merda, anche se forse è stata l’unica volta che mio padre mi ha stretto a sé.

“Scoprire la natura mia ha sempre affascinato, ma, all’alba della vita, la natura mi ha ripreso in grembo”


 di più
editoriale di MikiNigagi

«Mi sono rotto il cazzo della critica musicale. Non siete Lester Bangs, non siete Carlo Emilio Gadda. Si fa fatica a capire cosa scrivete, bontà di Dio!».

Ho a lungo meditato su queste parole dei Lo Stato Sociale. Ma invano, avendo fin da principio raggiunto il grado di consapevolezza sufficiente ad agire, sentire, in senso contrario a qualsiasi indicazione, direttiva stilistica e comportamentale, ipotesi ideologica, propugnata dai Lo Stato Sociale, e dalla maggioranza già di per sé affatto silenziosa della quale si sono fatti tra i più efficaci, grottescamente iconici, innecessari portavoce.
Se questo poi potrebbe leggersi come si assiste agli spari sulla Croce Rossa, basterà far notare come in certi casi sia la Croce Rossa, dalle feritoie dei suoi cingolati pesanti, a spararci raffiche addosso. Mentre noi per difenderci abbiamo solo queste quattro tavole di compensato, e la merda per tenerle su. E siamo anche mezzo nudi, e tremiamo di freddo e terrore.

Bisognerà dunque emulare le gesta descrittive barocche di Carlo Emilio Gadda: fare che siano gli oggetti disposti, le musiche, a suggerire le forme espressive da adottare. Le chiavi di ascolto, diverse come son diverse le musiche, per tentare di comprederne la natura fino all'infinitesima componente, il più breve intervallo, ogni singolo colpo di grancassa. In una nevrosi di subordinate rigonfie di lessico, spregiudicate neoformazioni come spregiudicata è la linea vocale blinkeggiastica di questa The Future che proprio adesso la mia Trust Dixxxo sta diffondendo, seconda traccia del centottantaduplice disco dei The World Is A Beautiful Place & I Am No Longer Afraid Of Ammettere che ho imparato a suonare bene, a fare gli arpeggi che nel periodo del post rock andavano strabene, ma da ragazzetto mi piacevano gli AFI, e adesso che la cosa del post rock è andata, e va di moda il passato brutto, guarda cosa ti combino. In un nevrotico gliommero la cui dissoluzione sia possibile solo per identificazione della forza che è forza vitale, motrice e matrice dell'intero universo, in ogni musica e in ogni tappo di sughero, borsa da donna, calzino, abat-jour; eppure imperscrutabile, indefinibile, irriducibile a parola.

Armarsi di sciarpe di seta, e pipe, ascoltare Mozart, come il padre di Kyle nella sua fase di ispirazione letteraria da recensore per Yelp. South Park.

Appicciare incensi alla naftalina, alla cenere macerata dalla pioggia, alla brezza di alghe decomposte sul lungomare di Alghero, al fegato di suino, e poi stilare un piccolo vocabolario di lemmi assonanti; quindi impiegarlo per restituire, per mimare, anche al lettore più distratto, la voce di King Krule nel suo nuovo The OOZ.

O piuttosto fare come Lester Bangs, riprodurre, fin dal gesto meccanico di battitura sulla tastiera, i ritmi febbrili degli anni settanta, i virtuosismi sui toni alti dei cantanti dai capelli lunghi; battere sui tasti con la stessa violenza di un allegro Bonzo ubriaco, e leggere sullo schermo che quelle frasi lapidarie, secche ma rimbombanti bombastica, vi aderiscono perfettamente. Farne professione, guadagnare, esserci sotto per poi esserci dentro, per raccontare tutto e raccontarsi sempre al meglio, in una anti-agiografia che tracci la mappa della perdizione italiana musicale e perimusicale. Sempre col cinismo di chi Mannarino lo conosce, ci ha bevuto dalla stessa bottiglia, e ti dice che guarda: un coglione così... e poi lo sa, perché la musica viene fuori come viene fuori, e con esattezza.

Fare tutto per esprimersi, fare il minimo per farsi capire: si scrive di musica per un'esigenza conoscitiva che richiede l'impiego di sinestesie anche le più azzardate, calchi dal francese, metafore osate e sperimentalismi formali e strutturali, e senza mai la presunzione di afferrare il punto; figurarsi di spiegarlo. Tutto il resto è esercizio sterile, come guardare la musica al microscopio con l'occhio chiuso come Frank Drebin, e catalogare senza mai chiedersi cui prodest: enciclopismo.
Bisogna scrivere troppo o troppo poco, e sempre con criterio: la lunghezza di un testo ne è parte integrante, carattere paratestuale; comunica quindi a sua volta, o perlomeno contribuisce a comunicare. E scrivere con alterigia, manifestando una competenza che dev'essere oltre la soglia dell'avrei-potuto-scriverlo-anch'io. Una competenza che dev'essere competenza reale, con solidi contenuti e elementi anche ideologici. Rivolgendosi a iniziati, sì, ma con il senso di inclusione per chi iniziato non è, ma ha una connessione a internet e possibilità di controllare i riferimenti, curiosità di capire quel che sulle prime gli sembra uno sfoggio insensato di proprietà di linguaggio.

Può sembrare che non ne valga la pena. Ma anche solo perché i Lo Stato Sociale dicono il contrario, capisci che.

 di più
editoriale di Ermes

Le annotazioni che seguono sono integralmente estrapolate da:

Wu Ming 1, La Q di Qomplotto. QAnon e dintorni. Come le fantasie di complotto difendono il sistema, Alegre, 2021, pp. 133 ss.

Una bussola nella tempesta.

Errore comune è negare tout court l’esistenza dei complotti, col risultato di sminuire qualunque denuncia e di chiamare complottismo ogni inchiesta scomoda o manifestazione critica.

Tanto premesso, si tratta di capire cosa distingue i complotti veri (ipotesi di complotto) da quelli immaginari (fantasie di complotto).

Al centro delle fantasie di complotto la forma mentis del cospirazionismo: mentalità che vede la logica del complotto all’opera in ogni ambito e per ogni evento, fino a mettere un Grande Complotto al centro del funzionamento del sistema, esagerando il ruolo della volontà nella storia, una Volontà che sembra tutto prevedere e tutto ottenere, attribuita a lobby o supercaste pressoché onnipotenti.

Ma in che cosa consiste il complotto? Si ha complotto se ci sono questi tre elementi: primo, più di una persona; secondo, segretezza; terzo, intenzione di nuocere. Devono esserci tutti e tre. Se non c’è la prima, non è un complotto, perché non si complotta da soli; se non c’è la seconda, non è un complotto, ma un’azione alla luce del sole; se non c’è la terza, non è un complotto, al massimo un piano per organizzare una festa di compleanno a sorpresa. Puoi chiamarlo complotto, se vuoi, ma non c’è l’intenzione di nuocere.

Detto questo, torniamo al punto di partenza: cosa distingue i complotti veri da quelli immaginari?

I complotti reali tendono a presentare le seguenti caratteristiche:

  1. Hanno un focus preciso e un fine facilmente riassumibile.
  2. Coinvolgono un numero di attori limitato.
  3. Sono messi in pratica in modo imperfetto, perché la realtà è imperfetta.
  4. Terminano una volta scoperti e denunciati, cosa che di solito avviene dopo un periodo piuttosto breve, anche se gli effetti possono persistere a lungo […].
  5. Non sono raccontabili senza la loro epoca: sono immanenti a una fase storica e diventano passato insieme a essa.

I complotti fantasticati tendono a presentare le seguenti caratteristiche:

  1. Risultano sfocati e dispersivi, perché hanno il fine più vasto immaginabile: dominare, conquistare o distruggere il mondo.
  2. Coinvolgono un numero di attori potenzialmente illimitato, che cresce a ogni resoconto, dato che chiunque neghi l’esistenza del complotto è presto denunciato come complice. Secondo ogni logica, più persone sono al corrente di un complotto e più quest’ultimo è instabile e a rischio fallimento. Soltanto nella forma mentis cospirazionista, che rovescia la logica dei complotti reali, un complotto è tanto più solido e destinato al successo quante più persone ne fanno parte.
  3. Il loro svolgimento è coerentissimo, perfetto, tutto è attuato secondo i piani e nel minimo dettaglio, tutto fila liscio. Qualunque cosa succede era stata prevista. Se qualcosa sembra essere andato storto è perché doveva sembrare che andasse storto.
  4. Proseguono, vanno avanti indefinitamente anche se descritti e denunciati in innumerevoli libri, articoli e documentari.
  5. Sono astorici, trascendono ogni epoca e contesto. Sono in corso da decenni, secoli, millenni. Mentre se uno sente ‘Watergate’ o ‘piazza Fontana’ gli viene in mente una precisa epoca, ‘complotto giudaico-massonico’ evoca un complotto che dura da sempre ed è senza fine.

Ricapitolando, al centro della scena una coppia concettuale:

Ipotesi di complotto: servono a indagare complotti specifici e situati, orientati a un fine preciso, che solitamente cessano dopo essere stati scoperti, o al momento della loro scoperta sono già cessati.

Watergate, il programma Cointelpro, strategia della tensione.

Fantasie di complotto: riguardano sempre una cospirazione universale, che ha come fine la conquista o la distruzione del mondo intero da parte di società segrete, confraternite occulte, ‘razze infide’, singoli individui descritti come onnipotenti burattinai, conquistatori alieni.. o un’alleanza di tutti questi soggetti. Una cospirazione costantemente denunciata eppure sempre in pieno svolgimento, da decenni, da secoli.

Illuminati, piano Kalergi, George Soros che muove i fili del mondo, Bill Gates che ci controlla con nanochip nei vaccini, scie chimiche, Cabal di pedosatanisti.

Il confine tra questi due poli non è rigido: per un verso, dalle ipotesi di complotto è possibile scivolare nelle fantasie di complotto; da altro verso, le fantasie di complotto possono essere messe in circolo da cospiratori veri.

* * * *

Non sono mai riuscito a uscire. Abito per sempre un edificio che sta per crollare, un edificio intaccato da una malattia segreta (un sogno di Baudelaire, riportato da R. Calasso, L’innominabile attuale, Adelphi, edizione kindle, pos. 119).

 di più
editoriale di iside

...Ancora una volta bussai alla tua porta e non lo feci per me.

-Nina devo parlarti-

-So già cosa vuoi dirmi è inutile-

-Nina usciamo che devo parlarti-

-Va bene, ma solo perché sei tu-

Fuori sotto al portico c'era il solito gruppetto di amici che si caricava l'ennesimo cyloom, uno gridò:

-Lasciala perdere lo sai che ti fai del male-

Lei stava per per alzare il medio le presi la mano e la guardai negli occhi, la portai via stringendola a me.

In auto io guidavo in silenzio lei restava rannicchiata sul sedile del passeggero,

dopo un paio di ore mi disse:

-Dovevi parlarmi-

-Si ma adesso sto guidando, dove vuoi andare?-

-Se andassimo alla rocca a vedere l'alba?-

-Fa un freddo cane stanotte, non mi sembra il caso-

-Hai sempre la coperta in auto no?-

-Si, credo di si...penso abbia ancora il profumo di te...-

-Figurati dopo tutti questi anni, chissà quante volte l'hai usata ancora-

-Devo dirti una bugia?-

Alla rocca c'era un freddo pazzesco, ci mettemmo nei sedili posteriori sotto la coperta abbracciandoci per scaldarci e intanto cominciammo a piangere.

Lentamente sorse il sole e ancora non avevamo parlato ma cosa c'era da dirsi?

-Nì non andare-

-Lo amo-

-Nì ha l'AIDS rischi di morire-

-Lo amo non posso vivere senza di lui...Promettimi che non mi cercherai mai più-

Accesi l'auto e ritornammo verso casa, io con gli occhi pieni di lacrime e lei sempre con lo sguardo oltre al finestrino. Arrivati sotto casa sua non feci neanche in tempo a fermarmi che lei s'era già catapultata fuori, io restai a guardarla ma lei non si voltò nemmeno per un saluto. Era la prima volta che se ne andava senza darmi un bacio. Mi avviai verso casa, sotto al portico c'erano le birre lasciate dai soliti tossici e al primo cassonetto buttai la coperta. Non so per quanto tempo non uscìi da casa se non per andare a lavorare, nello stereo tre dischi di Faust'o andavano a rotazione continua.

Trentanni dopo ci siamo rincontrati abbracciati, baciati, coccolati, passeggiando mano nella mano come fidanzatini, ci siamo raccontati le nostre vite, le nostre miserie, i figli, le gioie e i dolori...

Lei, al solito, è sempre incasinata io, al solito, mi offro come spalla su cui piangere anche se non ho più la forza di tanti anni fa.

 di più
editoriale di luludia

Allora, essendo tripolare mi dovete dire tre volte buongiorno e magari farmi anche tre caffè, non uno...

Da un certo punto di vista poi, trovandoci abbastanza bene in tre (e in un equilbrio direi discreto), forse un giorno potremmo persino allargare la famigliola...

Che, dove si mangia in tre, si mangia anche in quattro...

E quindi probabili me stessi che fate capolino avvicinatevi senza paura...

Ma di che parlavo?

Ah si, parlavo di equilibrio discreto, o di discreto equilibrio...

Ma tutti sanno che l'equilibrio non è altro che una forma più riuscita di follia o, come diceva Bergman, una maschera credibile...

E' molto importante avere una maschera credibile, ti permette persino di essere abbastanza folle senza paura di finire in manicomio o in un qualsiasi servizio di diagnosi e cura che dir si voglia...

Il problema è sempre quello, per esempio finché ce n'è uno di Bob Dylan va bene, ma immaginatevi un mondo dove tutti sono Bob Dylan...

Non è possibile...

Ci sono gli eletti, forse anche per una questione di culo, o sempre per quella storia della maschera credibile...

Poi ci son quelli che dovrebbero togliersi dalla testa l'idea di essere eletti...

Si dice nei libri di scienze che il bradipo mena vita arboricola e non è molto intelligente...

Ma siamo tutti bradipi, di Bob Dylan ce n'è uno e probabilmente è un bradipo anche lui, solo che è riuscito a trovare il modo di farvelo dimenticare e, in segreto, anche lui mena vita arboricola e non è molto intelligente...

Ma avrei potuto dire Morrison, Lou reed, un poeta o chissà quale altro artista...

Toglietevi dalla testa l'idea di essere degli eletti...

Procuratevi piuttosto una maschera credibile...

 di più
editoriale di kloo

Salve a tutti amici debasici, è con gaudio che vi annuncio che il prossimo presentatore di Sanremo sarò io, me medesimo. Ho deciso che la 69a edizione di Sanremo doveva essere un testacoda cosmico, una nuova era per la canzone italiana.

69 è simbolo di democrazia.
69 è simbolo di buon gusto.

Per questo ho deciso che i 2 co-presentatori della prossima edizione del festival saranno:

Max Collini (Offlaga Disco Pax/Spartiti) e
Sabrina Salerno.

Non ci sarà il festival dei giovani ma a contendersi la vittoria finale ci saranno 20 Big divisi in 5 categorie (Canzone Italiana, Rap, Core, Elettronica, Wave). Ci saranno 4 serate dove nella prima suoneranno 10 big e nella seconda puntanta i restanti 10 big, di questi ne resteranno 2 per categorie che si esibiranno nella 3a puntata, alla fine della quale resterà un unico rappresentante per categoria che si contenderà la vittoria finale nell'ultima decisiva puntata. I voti saranno suddivisi come in epoca pre-rivoluzionaria: 1 voto dalla giuria tecnica, 1 voto dalla giuria critica e 1 voto dal voto del pubblico; ognuno presenterà le stelline (max di 5 minimo di 1) per ogni musicista in base alla media dei voti.

Le serate:
1a Serata:

- La serata inizierà con un monologo di Collini sull'importanza delle politiche di Tito in epoca post-SummerOfLove, il monologo sarà pronunciato totalmente in Slav Squat.
- Primo ospite: Jon Sudano canterà in Live Streaming la canzone vincitrice del festival 2018: Non Mi Avete Fatto Niente di Emrel Meta e Fabrizio Moro. Successivamente Sabrina Salerno intervisterà Sudano e si parlerà dell'importanza della regia dei suoi video.
- si esibiscono 5 big.
- Secondi Ospiti: Gli Einsturzende Neubeuten si esibiscono nel più classico concerto con torni, frese e flessibili sostenuti dal coro dei Metalmeccanici Uniti Per Il Bene Collettivo, a metà esibizione caleranno sul palco dei maiali pronti per il macello tramite lo sgozzamento. I Microfoni faranno riecheggiare tramite delay il verso dei suini per tutto il resto dell'esibizione.
- si esibiscono i restanti 5 big.
- Terzo ospite: Jukka Reverberi si esibirà con Max Collini in 2 canzoni degli ODP e 2 canzoni degli Spartiti con un encore con tutti I Giardini di Mirò.
- Viene svelato il presentatore del Post-Sanremo Gucci Boy che intervisterà i big della serata e svelerà i top 10 memes del 2018 appena trascorso.

2a Serata.

- La serata si apre con il duetto tra Sabrina Salerno e Max Collini in un mash-up di Gelato Al Cioccolato (Salerno) di Pupo e Cioccolata IACP (Collini).
- Primo Ospite: Simon Reynolds racconterà del suo nuovo libro sul glam mentre ad alternanza sul maxi schermo verranno passate esibizioni live di Bowie, T-Rex, Sweet. Sabrina Salerno intervisterà Simon e alla domanda: "ma cosa ne pensa lei dell'italo disco?" Reynolds risponderà: "potrei scriverci qualcosa in futuro".
- si esibiscono 5 big.
- mio monologo in dialetto veneto per far comprendere che il prodotto televisivo italiano non è unicamente rivolta alla fetta meridionale del paese.
- Secondo Ospite: Reunion degli Slint dove suoneranno Spiderland per intero.
- si esibiscono i restanti 5 big.
- Terzi Ospiti: John Zorn (con i Naked City) ed Ennio Morricone si lanceranno in una lunghissima suite dove verranno alternati i pezzi scheggia grindcore dei Naked City con le più famose colonne sonore dell'Ennio nazionale.
- Vengono svelate i 10 big che passano il turno da Gucci Boy che ha come ospite MCFierli che parlerà dell'importanza del pensiero critico esponendolo con grafici.

3a Serata.

- Primo e Secondo Ospite: Entrano sul palco per mano Piero Scaruffi e Piero Angela che parleranno di musica e corpo umano in un climax di sapienza e saccenza.
- Piero Scaruffi si lancerà in un monologo per spiegare l'importanza dei Royal Trux per il futuro della musica.
- suonano 5 big.
- Albano e Romina accompagnati da Moderat cantano Felicità.
- Piero e Alberto Angela spiegano l'importanza dell'orecchio e del perché ci saranno bisogno dei tappi in sala per i successivi ospiti.
- Terzo Ospite: I My Bloody Valentine sul palco fanno 3 canzoni (2 del nuovo disco forse ancora da uscire + You Made Me Realise/Holocaust Section da 30 minuti), per precauzione le sedie all'ariston vengono tolte.
- suonano i restanti 5 big in gara.
- Kevin Shields viene intervistato da Gigi Marzullo ed esordirà con: "Ma è più importante il rumore nella tua vita quotidiana o il silenzio nella tua vita d'artista?"
- Piero e Alberto Angela spiegano cos'è l'acufene.
- In post-serata Xavier Ramona presenta un mixtape comprendente tutti i suoi alter-ego, l'Ariston diventa un dancefloor e Gucci Boy passa tra le persone a domandare cosa ne pensano dei Gender.

4a Serata.

- Monologo di Max Collini sul motivo per il quale tutti dovrebbero guardare "Berlinguer Ti Voglio Bene " con conseguente riproduzione del film, ma ogni volta che Benigni sembra tirare una bestemmia il film si velocizza del doppio,.
- Primo ospite: Steve Albini si esibisce con i suoi Shellac.
- Intervista tripla tra Albini, Collini e Traini sull'importanza degli estremismi politici e non.
- Albini spiega al pubblico come registrare e produrre la batteria eseguendo tutti i passaggi minuziosamente in diretta internazionale.
- Secondo Ospite: Oneohtrix Point Never si esibisce con una jam da 20 minuti dove Sabrina Salerno si esibirà con il classico: Boys.
- si esibiscono i big rimanenti.
- Terzo Ospite: Trucebaldazzi si esibisce in Vendetta Vera e La Mia Ex Ragazza appoggiato dagli Shellac, memorabile l'urlo di Albini su "Free Trucebaldazzi"
- Federico Buffa racconta G.G. Allin.
- Viene annunciato il vincitore.

Le idee possono ancora variare, voi cosa vorreste sul palco Del Festival?

 di più
editoriale di sfascia carrozze

Non so se c'avete fatto caso, ma ogni regione del nostro scalcagnato stivale ospita luoghi e località musicalmente insospettabilmente DeGenerose.

Sì, ma in che senzo direte voi?

Per offuscarVi per benino le idee già di per se sconfuse dal logorio della vita moderna fornirò qualche plateale nonché esaustivo esempio di ciò che i miei lunghi studi han portato alla luce.

Ordunque, per cercare di analizzare il fenomeno sarebbe opportuno che ciascun_ sondi per benino quella che conosce (o dovrebbe conoscere) meglio.
E allora ecco a Voi la DeGenerosa e proto-nuragica Sardigna.

Allora aiò!

Se vi dicessi che il paese Doom per antonomasia della regione non può che essere Bauladu? Lo capiscono tutti che con questo nome non può che essere così (per estensione: Bauladoom).

A Pérdasdefogu troviamo del puro e bollente Hard Rock settantiano.

In quel di Palmas Arbòrea ci troviamo chiaramente in territorio Techno-Ambient.

Lei e Uri si contendonono lo scettro del Punk.

Perfugas e Trenuraghes quello del Thrash Metal.

Noragugume ovviamente è un concentrato di puro Giappo-Noise.

Escalaplano è ovviamente un borgo di chiara matrice Prog-Metal.

La affollatissima (più che altro di pecore) Soddì è chiaramente una metropoli street-rock: anche perché di strada ce n'è effettivamente solo una.

Santa Maria Coghinas è chiaramente l'anfratto più Cristian Rock di tutti.

Putifigari si capisce subito che è prettamente Foxcore alla L7.

Villanova Truschedu non può che essere un centro (centrino) dedito al desert-rock: anche perché ci vivono davvero in pochi (305).

E poi c'è Scano di Montiferro: puro Power Metal figlio di Thor, Odino o Megaloman.

Assolo non può che essere la patria per antonomasia degli sbrodolosi Guitar-Heroes: dicono che il sindaco sia Yingwie J. Malmsteen sotto mentite spoglie.

Non ultimo Urzulei che fa un po' genere a sè: son tutti seguaci di Orzowei o di Sampei a seconda dello schieramento politico.


Ecco:
la sfida è quella di scovare in quelle vostre inutili altre regioni in cui cercate di sopravvivere, i paeselli più FreeJazzPunkInglesi e farli metaforicamente incontrare in un epico incontro/scontro musico-geopolitico che ne lascerà in piedi solo uno e (si spera) ci farà sorridere tutti quanti.

Se però non vi piace il gioco perché sapete che avete già perso in partenza, ridatemi il supertele che me ne vado a casa.
E voi continuate a giocare con le pietre.
Rotolanti.

 di più
editoriale di Bubi

Cari miei, vi racconto di una passeggiata sulla spiaggia di tirrenia il ventisei luglio dell ottantadue. Non svelerò se quello che accadde era reale, magico o immaginario. Dove sono adesso non si applica la logica terrena. Qui non c'è il bene e non c'è il male. Non c'è niente. Anche il tempo non ha alcuna importanza, scorre, ma calcolarlo non serve a nulla. Perché qui, cari miei, non è un bel posto, qui, devo tener conto della morte ogni momento. Però può anche diventare un posto leggero, desiderabile addirittura, certi momenti, mi sembra incantevole. Succede quando aggiungo invenzioni romantiche ai miei ricordi tristi. Poi, quando le racconto, mi perdo in quelle storie, mi commuovo, gioisco, provo meraviglia, sento brividi, percepisco mille sensazioni. Vivo di questo, di passioni immaginate che addolorano o danno felicità. Reinventare il mondo, trasformare fantasie in emozioni, mi serve per non morire completamente, per continuare, in qualche modo, ad esserci. Se racconto di una passeggiata sulla spiaggia, la faccio diventare un viaggio carico di esperienze emotive, se penso ad un temporale, lo immagino come l'opera d'arte d'un pittore. Vengo al racconto. La spiaggia era battuta da un temporale e...

... dopo la pioggia la spiaggia era come una cartolina in bianco e nero. Spessi strati di nubi tingevano il paesaggio di tonalità scure. Alcuni raggi di luce si erano fatti strada attraverso le nuvole, rivelando la bellezza dell'eterno spumeggiare delle onde, definendo i bordi della Gorgona. Un vecchio fissava il mare, ma non godeva della vista, piangeva. Una ragazza seduta a gambe incrociate, passava il rossetto sulle labbra stando bene attenta a fare un contorno senza sbavature, una donna teneva una borsa in mano e, sotto braccio, un libro. Nel mare, galleggiavano pigramente centinaia di bagnanti, i ragazzini sollevavano schizzi. In un attimo la spiaggia si animò e prese colore. Se guardate bene, vedete Isabella che gioca con un cane nero. Poco distante ci sono io, sto in mezzo all'acqua inginocchiato fino al l'ombelico. Non bado né alle nuvole né allo spumeggiare delle onde, le mie labbra sono incollate a una bottiglia di sambuca nascosta in un sacchetto di plastica. Finisco lo schifoso contenuto dolciastro in un fiato. È disgustosa ma non importa. Piscio nel mare e lascio bottiglia e busta a galleggiare sulle onde. Poco a poco comincio a non capire più un cazzo...

Per diversi minuti la pioggia riprese intensa e su quella miracolosa cartolina rimasi con Isabella, il cane e una signora che camminava sulla riva. Una bella signora con la pelle liscia e bianca. Uscii dall'acqua e raggiunsi Isabella che stava giocando col cane. Mi sedetti vicino. Dissi: «Ci vieni con me a Tangeri?» Isabella scosse la testa: «A Tangeri? Perché Tangeri? Comunque non potrei, soffro di cuore.» Confrontai mentalmente i fianchi e le gambe di Isabella con quelli della signora. Continuai: «chi soffre di cuore non può volare con l'aereo?» lei sorrise: «A quelle altezze... che guardi?» «Niente, guardavo se c'era un bar, qualcosa... Se l'altezza non va bene, diciamo al pilota di volare basso...» Conclusi sorridendo e lasciando la frase sospesa. «Ma sei spiritoso!» ribatté impermalita. Isabella mia, Isabellona mia, Isabella che, chissà perché, volevi essere la mia. Dolce Isabella che tenevi sempre il cuore nel luogo sbagliato e non lo capivi. Intravidi di nuovo la signora. Gli occhi corsero alle sue deliziose gambe. Muoveva le anche come non avevo mai visto fare a nessuna.

Era una giornata magica. La pioggia aveva smesso di cadere. C'era il sole, la spiaggia si animava e si svuotava. Era in bianco e nero, subito dopo prendeva colore. Era come i miei pensieri e i miei stati d'animo e tutto quello che attraversava la mia vita, ora bianco, ora grigio, ora luminoso, ora senza speranza. La spiaggia era di nuovo popolata da migliaia di persone e, immersa tra tutta quella gente, Isabella stava carezzando il cane. La signora dalla pelle bianca era tornata sui suoi passi, si era seduta sul gavone d'un pattino a pochi metri di distanza. Trasse dalla borsa un arancia avvolta in un foglio di stagnola, accavallò le gambe ed iniziò a sbucciare il frutto. Cercavo di costringermi a non guardarla, ma non era possibile. L'immaginavo in intimo nero. Lentamente le tolsi le calze, il reggiseno, infine, finalmente, la smutandai. Aveva la fica bionda e due bei capezzoloni grandi. Il corpo era morbido e la chiavavo come Dio vuole. Le bocche si trovarono, le lingue si sfiorarono più e più volte, la carezzavo, la stringevo. Gustavo tutti i suoi sapori. Che bello, mi suonavano i campanellini in testa.

La signora mi notò, ripose l'arancia nella stagnola e andò via. La guardai allontanarsi, finché, sculettando meravigliosamente, svanì nell'archivio dei miei ricordi belli. Non la vidi più. Isa aveva smesso di giocare col cane, mi veniva incontro. Ero ancora eccitato e il costume era gonfio. Dissi a me stesso: «Brutto stronzo che non sono altro, non posso andare avanti così.» Prima che Isabella mi raggiungesse, mi gettai di nuovo in acqua. Quando riaffiorai, salutai con la mano ed esclamai: «vieni è calda!» allo stesso tempo pensavo: «di cosa sto parlando?... Devo trovare due o tre birre.» Uscii dall'acqua prima che lei potesse considerare una scelta. Con gli occhi cercai un bar. Isabella era in piedi, ferma a qualche metro di distanza, mi guardava. Cercai di capire cosa stava pensando ma era impenetrabile. Mi incamminai sul bagnasciuga e Isa mi seguì. Mi vedeva barcollare mentre cercavo di tenere una linea dritta, continuò ad osservarmi anche quando mi accasciai esausto sul bagnasciuga. Non sapeva cosa fare. S'inchinò e mi guardò con affetto. Forse, avrebbe voluto farmi una tenerezza. Invece lasciò che vivessi a fondo il malessere e aspettò che tornassi fermo sulle gambe e fossi passato dal pensare: «Mi sento una merda,» ad uno stato diverso. Una condizione che mi permettesse articolare parole con un senso. In spiaggia tutto stava al posto giusto, le signore che leggevano settimanali sotto l'ombrellone, l'ambulante col frigo portatile a tracolla. In quel quadro non ci combinavo un cazzo. Che tristezza, era tutto molto triste.

«Bella vero?» «Chi?» «Chi? Lo sai benissimo, quella signora, quella che passeggiava vicino a noi, quella che si è seduta sul pattino...» «Eh?» «Eh? Fai finta di non capire? Non sono scema... non c'è bisogno che rispondi... non stai bene, si vede, riprenditi và...» Isa socchiuse gli occhi. Si figurò che quella situazione fosse un invenzione. Immaginò che eravamo amanti insieme ad altre coppie innamorate. Che stavamo a flirtare in un bar di Marina di Pisa. Si sorseggiava una tazza di tè freddo e si chiacchierava d'amore e di cose futili. Pensò che il discorso cadesse su quando, all'inizio dell'estate, seduti su una panchina di marmo, ci baciavamo. Che tra un bacio e l'altro, le avevo detto: «sei il mio amore e lo sarai per sempre.» Per qualche istante fu presa da un infinita tristezza. Un grosso lacrimone le corse giù per una gota. Stava piovendo di nuovo ed erano gocce portate dalla provvidenza. Col viso coperto di pioggia e lucciconi che le tremolavano tra le palpebre, Isa si rasserenò e continuò a guardarmi amabilmente. Il suo sguardo mi avvolgeva come un caldo abbraccio. La sfiorai e lei si strinse a me. Rimanemmo così a lungo. Senza parlare. Mi sentii sollevato ma la tristezza non se ne andava. Uno stato d'animo misto di ansia, paura e sofferenza mi consumava e non mi abbandonava mai. Il volto era segnato da durezza, nello sguardo non c'era espressione, non mostravo né felicità né sconforto. Non usciva nulla, tutto era controllato. Gli occhi, i miei occhi, non conoscevano lacrime, mai erano riusciti a bagnarsi.

Avevo un gran bisogno di riposare, volevo dormire stretto a lei. Non dovevo cercare lontano. Era lì. Fragile e incompiuta. E non cercavo di figurarmi che eravamo fatti l'uno per l'altro. Con lei non volevo qualcosa di speciale, ci stavo bene e questo era abbastanza. Era il mio riparo e, adesso, dopo molto tempo, mi sono convinto che amore sia trovare un rifugio e saperlo dare. Ero incompiuto anch'io. Le mie cose dell'amore non funzionavano e non funzionava neanche tutto il resto. Mi consumavo in una ossessiva ricerca di appagamento sessuale. Due seghe al giorno erano la regola, ma me ne facevo quasi sempre un paio in più. Cercavo il piacere senza sapere cosa fosse, cercavo la felicità senza averla mai provata. Credevo fossero nel godimento e nello sballo. Nel mio cazzo di vita, aveva un senso, era inevitabile, direi. Non conoscevo altro. Con Isabella sarebbe stato diverso. Forse. Però non mi suscitava pensieri erotici, niente da quel punto di vista. Non pensavo nemmeno di scoparla, non mi si sarebbe alzato, già lo sapevo. M'ero fatto un paio di sciagattate tra i venti e i ventitré, sempre ubriaco e pompando col solo scopo di venire, senza piacere, solo per dimostrarmi che lo potevo fare. E poi, gli altri e gli amici lo venivano a sapere, e questo, era più importante di tutto. Col tempo, però, diventava sempre più difficile. Quando lo facevo, mi passavano per la testa un infinità di pensieri che non avevano niente a che fare con: fare l'amore. Non era fare l'amore, non c'era alcun tipo di coinvolgimento, non si comunicava un cazzo, si faceva e basta. Quando si finiva stavamo abbracciati, abbracciati e soli. Meglio una sega. Se mi concentravo su una fantasia erotica funzionava alla grande. Però l'amore non c'era neanche lì. Quello lo volevo da Isabella. Assolutamente. L'avrei voluta sempre vicino a me, ma per passarci un pomeriggio insieme e non andare in crisi, dovevo sbronzarmi. Era assurdo, lo so, ma che vuoi farci, ero così. Passavo le giornate con una donna che non volevo scopare perché l'amavo. Il pensiero di portarmela a letto mi faceva venire un'ansia terribile. È possibile anche questo. Però, stati d'animo belli come quelli che avvertivo vicino a Isabella, mai li avevo provati. Con tutto ciò, le mie fantasie erano per donne che non conoscevo, donne che mi interessavano solo per avere orgasmi. Donne immaginarie che erano esattamente come piaceva a me. Con Isabella non poteva essere esattamente come piaceva a me. Con lei, potevo vivere la relazione solo come decidevano le emozioni provate da entrambi, per quello che accadeva. Non potevo metterle parole in bocca e farle sentire i sentimenti che preferivo. Questa era la mia vita, tenere fantasie romantiche, alcool e seghe. Non sapevo cosa fosse vivere da "normali," e, per loro, i "normali," ero un povero demente. Sicuro. Però, se hai il superalcolico a portata di mano, te ne freghi di critiche e problemi, non ti arriva nulla. Vivi a testa di cazzo, cerchi altre teste di cazzo e passi il tempo a far niente a sperare niente e dire cazzate. Poi ti addormenti. E quando sei di nuovo sveglio, la prossima bottiglia di roba di merda sta già aspettando. Lo so, non è una buona soluzione, era la mia soluzione.

La pioggia cadde più volte prima che facesse buio. Ero ancora disteso a terra e Isa si sdraiò accanto a me. Tutt'intorno picchiettavano gocce d'ogni colore. Cadevano sulla sabbia, sull'acqua, su pacchetti di sigarette gettati via, su flaconi di crema solare dimenticati, sulla carcassa di alcuni cani morti, su bottiglie e buste di plastica. Acqua, colori e luce, creavano sulla costa piena di immondizia, la stessa magia della pioggia che bagnava rami e foglie, nel bosco di pini descritto dal D'Annunzio. Col viso rivolto al cielo, in silenzio, ascoltavamo il ticchettio regolare delle gocce, sembrava una sinfonia, anzi, uno strumentale rock, pareva d'ascoltare: One of These Days, dei Pink Floyd. Le stille di pioggia scendevano regolari e pennellavano colori su ogni cosa. Si era formato un paesaggio nuovo, mi sembrava d'essere dentro una stampa di Banksy. La spiaggia scottava sotto il sole rovente e l'aria era carica dell'odore di terra marcia e animali putrefatti. Pensavo che la natura fosse a disagio con quel sudiciume sparso addosso, che sentisse il dovere di prendere le distanze da ciò che era in contrasto con la bellezza che da sempre aveva creato. Ora non penso più che la natura capisse il bello. Nemmeno che sia, in qualche modo, partecipe delle cose cui noi diamo importanza.

Isa ed io ci lasciavamo inzuppare continuando a stare col naso all'insù, abbagliati dal sole e dalla colorata apparenza di quel mondo di fantasia. «Cosa ti piaceva di lei? Le gambe? Come muoveva i fianchi o il culo? O tutti e due? O le tette? Avrà avuto... quaranta? Uhm, una quarantina tutti, ma, poteva averne anche di più, anche cinquanta. Era messa bene, davvero. Complimenti signora! Perché non ti sei avvicinato e non gliel'hai detto? Meglio di no, vero? Sei un timidone, guardarla e farsi le fantasie è più facile...» Ombre e luci si davano il cambio assumendo il colore delle nostre sofferenze e delle nostre gioie. Quelle gocce che ci bagnavano erano le nostre emozioni. Il vento ce le disegnava addosso in mille sfumature di colori e toni. Stavamo stretti stretti e molti sentimenti si alternavano: entusiasmo, noia, euforia, tenerezza. La pioggerellina li dipingeva sulla carne con magiche pennellate di rosso, lillà, verde, blu. Isa sembrava un dipinto surreale. Le gocciole si erano combinate su tutto il corpo formando un complesso intreccio di linee e macchie colorate. Bizzarrie cromatiche che parevano disegnate da mani d'artista. Sembrava una bellissima maschera di carnevale. Provate ad immaginarla coi suoi grandi occhi gialli, il viso dipinto da fantasie colorate, i capelli arruffati, bagnati dalla pioggia multicolore. Era l'incanto dei sensi. Mai avrebbe voluto abbandonare quel travestimento variopinto. Invece, poche ore dopo, lavò via i colori e quello che generavano nella mente.

Non sapevo se quello che stavamo vivendo fosse vero o la creazione di una mente, la mia, impazzita per i troppi eccessi. Non sapevo se pioveva o se era bel tempo, ma presto mi fu chiaro che nelle stille di pioggia c'erano tutte le emozioni che è possibile provare. Mi piovevano addosso e mi avvolgevano. Che bello. Mi piaceva essere preso da stati d'animo colorati. Una sensazione mai sentita mi attraversava e mi faceva stare bene. Era la sensazione della libertà dalle droghe, della percezione dei sentimenti e stati d'animo, della presa di coscienza della propria fragilità. Proprio io, che credevo di non provare niente. Se affoghi tutto nell'alcool, inevitabilmente, quello che più desideri è proprio ciò di cui l'alcool ti priva. A quel tempo non percepivo niente. Adesso si, ora so anche amare, ma qui, non ho la possibilità di esprimere stati d'animo. L'unico modo è sentirli dentro. Ci riesco inventando racconti di fantasia o ricordando quelli infelici, veri. Stando qui, nonostante la mia condizione, ho imparato i sentimenti. Non potrei capire né me stesso né gli altri se non li conoscessi. So perché originano, li sento e comprendo facilmente chi li ha. C'è anche chi vive senza averli e chi non li manifesta perché non sa gestirli. Io tanti anni fa, ad esempio. A quel tempo, amarezze e gioie erano uguali. Affogavano nel liquore che stavo bevendo e andavano via ancor prima di arrivare. Poi, sparivano anche dalla memoria. Ma qui molte cose sono cambiate, ho anche imparato a piangere. Mi capita spesso. Poi rifletto. Su tutto, più che altro sui casi della mia vita, cerco di capire quello che al tempo mi ero precluso e come mai. Cosa sarebbe potuto essere se. E piango di nuovo.

Isa era tutta bagnata e sorrideva, ma c'era un velo di amarezza in quello sguardo. Ed io, avevo una gran voglia di capire cosa c'era dietro quella infelicità nascosta. «Non riesco a detestarti» «Perché?» «Perché... non è colpa tua se sei così, lo sei diventato. Da piccino, eri di certo anche un ragazzino sveglio... se ora sei diventato... un cretino, si, perché lo sei, se no, non berresti e non faresti tante altre cose che fai, tipo, mancarmi di rispetto...» «Mi dispiace...» «Ti dispiace? Se una cosa ti dispiace davvero, non la fai...» «Va bene, non...» «Non so se crederti, mi lasci senza parole. Prima mi manchi di rispetto e poi dici che ti dispiace... ma, si ripeterà, ci scommetto. E la prossima volta ti dispiacerà di nuovo.» «Isa... è una cosa che... come posso dirlo... non so spiegare adesso...» «Certo, la prossima volta se starai bene, ti farai capire. Vale, la prossima volta sarà domani e starai male di nuovo. Stai sempre male. E come mai stai male? Perché c'è chi si preoccupa per te. Quello che vuoi, lo ottieni stando male. Così hai trovato chi ti vuole bene perché si preoccupa per te. Se qualcuno si preoccupa per te, ti basta. È il tuo modo di sentirti amato. Credo che non ne conosci altri. E allora, non cerchi nemmeno di cambiare, continui a fantasticare e vivere di questo amore raccogliticcio.» Mi guardò rammaricata, continuò: «Scusa, davvero, non voglio essere cattiva, ma non voglio nemmeno essere ipocrita, ti dico solo quello che penso, senza avere la presunzione di essere meglio di te, davvero.» Con gli occhi bagnati, disse ancora: «Io non sono meglio di nessuno, e non sono nemmeno quella che può dire cosa sia l'amore e come si fa per essere amati. Una cosa però, la posso dire, nascondendosi dietro ad una sbronza, puoi al massimo ottenere la compassione di qualcuno. L'amore mai.» «Ti faccio pena?» «Vale ti considero molto di più di quello che nascondi nell alcool.» Tacque alcuni istanti per asciugare la gota bagnata, poi continuò: «Però, ora, invece che dei tuoi problemi, per una volta, parlerò di me e di cosa desidero per me. Per una volta.» sottolineò. Poi avvicinò le labbra al mio orecchio: «Sai che? Vorrei mettere il mio cuore nel posto giusto, e... ho molta paura a metterlo nelle tue mani...» Ecco, mettere il suo cuore, la sua vita, nelle mie mani, diceva. Lei aveva paura e io mi sentivo angosciato. Non credevo di essere all'altezza. E poi, non volevo responsabilità, nessuna, quella, meno che mai. Interruppi: «Isa, sei infelice o felice, ora?» «Non lo so, spero solo che il futuro non porti altra infelicità... ma, adesso, no, non sono infelice.» Di nuovo le si bagnarono gli occhi, era facile al pianto e la invidiavo per questo. Avrei voluto prenderla in braccio e sorriderle dolcemente, darle un segno, ma non riuscivo a farlo. Adesso, dopo mille altri avvenimenti, so che l'aveva capito. Sapeva che il mondo di sogni e illusioni vissute fino ad allora, mi avevano portato a vivere in una sola dimensione, quella di non saper esprimere niente nel mondo reale. «Guarda sono tutta macchiata, quella strana pioggia...» «Non sei macchiata sei colorata e quella pioggia ti ha dipinto addosso l'abito più bello, un abito che cambia ad ogni istante e ti fa più bella ancora.» Biascicai con la bocca impastata. Isa sgranò i suoi bei occhi rossi e sorrise. Continuai: «Se la bellezza è data dall'armonia e dal colore, sei la più bella di tutte.» Si girò dall'altra parte, non voleva essere vista quando si commuoveva. Non appena le passò, mi guardò e mi donò un sorriso radioso.

Continuava a piovere e cercavo goffamente di rimettermi in piedi. Proseguivo a pensare che dovevo fissare le labbra ad una bottiglia. Ero convinto che avrei camminato per sempre sulla strada del l'infelicità, che mai sarei riuscito a crearmi una vita dove le vicende scorrono in modo naturale. Che avrei continuato a far finta che, in fondo, le cose non andavano poi così male. Ma ero il ritratto del l'infelicità. Eppure, bastano sincerità e coraggio, per vivere senza temere lo sguardo degli altri. Ma come potevo, allora? Sincerità e coraggio, certo, ma quanto è difficile tirarli fuori se non l'hai mai fatto. E non sarebbe bastato farli miei per un'ora e neanche per vent'anni. Son cose che devi imparare presto e puoi permetterti di perderle solo il giorno che ti calano nella fossa. Non si può vivere in un mondo fatto di bugia e paura.

Passarono le ore, passò la sbornia e la sera eravamo ancora vicini, sdraiati sulla sabbia. Faceva freddo e non riuscivamo a dormire. Quella sera c'era una luna piena che mi incantava. Ma in quell'occasione, fu crudele. I suoi raggi risvegliarono tutti gli stati d'animo che ci erano piovuti addosso nelle gocce colorate. Rancore, noia, gioia e invidia si erano svegliati nello stesso momento. Volevano essere vissuti. Cercai di dare espressione simultanea a tutte quelle le ansie che mi assalivano, ma non si può. Istintivamente chiusi gli occhi. Caddi in una disperazione che mi portò a rivivere in pochi istanti, immagini, odori, attimi vissuti ed emozioni provate nel passato. I raggi di quella spietata luce mi avevano portato via anche il resto della mia poca forza. Stavo steso a terra, esangue, privo di armi e coraggio. Isabella era seduta tenendo le mani sulle orecchie. Immobile, isolata, tratteneva il respiro e tremava. Anche in lei si era destato il vissuto segreto. Tutto quel dolore risvegliato, le bruciava dentro le composizioni colorate e le procurava dolorose lacerazioni sul corpo. Le guardava atterrita senza avere il coraggio di toccarle. Fu presa da sudori freddi, vertigini, nausea. Si strinse nelle braccia ed a bassa voce, quasi implorando, disse: «aiutami.» Non feci in tempo a rispondere che già era sotto la doccia. Fece scorrere l'acqua e lavò via gli insopportabili motivi multicolore. Le lacerazioni erano scomparse, si rilassò e tornò a sdraiarsi vicino a me. Mi strinse una mano e in poco tempo il sonno la raggiunse. Per un paio di minuti lasciai la presa, corsi al mare, mi gettai tra le onde, mi feci un bagno e cancellai quei dannati arabeschi.

In breve rientrai nel solito stato di torpore, di nuovo tutto era come prima. Andai a sdraiarmi. Subito cercai la sua mano e guardai la luna e il cielo stellato. Immaginavo che la vita fosse facile, che quella sera tutto era possibile. C'era un gran silenzio, non si udiva nemmeno lo sciacquio delle onde sulla battigia, vedevo il cielo cliché e sentivo la presenza di Isabella, vicino. Potevo dormire. Come il vecchio Santiago, desideravo sognare di stare in spiaggia e giocare coi leoni. Sognai che ero al mare, ma i leoni non c'erano. C'era Isabella che giocava con un cane nero. Io stavo in mezzo all'acqua, reggendo una bottiglia di sambuca. Bevvi il ripugnante contenuto in un fiato, pisciai nell'acqua e lasciai la bottiglia a galleggiare sulle onde. Poco a poco cominciai a non capire più un cazzo. A quello aspiravo. Guardavo Isa giocherellare col cagnolino e mi sentivo innamorato più che mai. Dei leoni neanche l'ombra, però sul bagnasciuga c'era una signora che camminava in disparte. Una bella signora dalla pelle bianca. Senza rimpianti, tornai nel mio guscio abituale. Nel mio universo delle emozioni travolgenti, superficiali, solitarie.

 di più
editoriale di Stanlio

O meglio, alcune canzoni dei miei ricordi dal ’65 al ‘74:

Viva la pappa col pomodoro credo fosse all'incirca nel ’65 avevo 6/7 anni e la sentii (vidi) alla tv…

La Bambola era una sera d’estate e stavo sotto le lenzuola nel mio primo collegio (a S. Vito Al Tagliamento) la musica veniva da fuori chè tenevamo le finestre aperte per il caldo…

Il Silenzio anche questo lo mettevano quasi sempre la sera in collegio quando andavamo a dormire (marò che tristezza) e mi piaceva un sacco…

Senza luce - Piccola Katy qui ero nel secondo collegio (a Conegliano) in camera di amici più grandi…

Probabilmente fu la prima in ingles Let It Be e ed ero nel mio 3° ed ultimo college (a Milano) ci rimasi per le medie e le superiori in totale 7 anni…

Niente da capire la mia prima vacanza con gli amici, 15 giorni in tenda prestataci dal prof. di educazione fisica, a Marina di Massa…

E niente (siccome mi si stringe il cuore) mi fermo qui che poi uscii dal collegio e dal mondo della scuola (dove m’ero abituato) e quel poco che imparai mai mi servì veramente (a parte leggere e far di conto ed anche un po’ di francese e un po’ più d’inglese…), per entrare nel nuovo mondo dove mi trovo tutt’ora e a cui non mi sono ancora abituato…

 di più
editoriale di POLO

Leggendo capirete.
.
.
.
.

DENTE
FILM DELLA VITA: Io e Annie
LIBRO DEL CUORE: Cipì, Il Piccolo Principe
DISCHI DA ISOLA DESERTA: Closing Time (Tom Waits), Anima Latina, i primi due dei Belle and Sebastian
GUILTY PLEASURE: L’eredità su Rai1 tutte le sere prima di cena, cascasse il mondo
FRASE PER RIMORCHIARE: "sei fresca come una pesca sbucciata, un po’ come il mio ginocchio, ha!"
BUGIA CHE DICE PIÙ SPESSO: "ma no che non ci provo! al massimo ci guardiamo un film, dai vieni su"
COME INGANNA IL TEMPO QUANDO NON SUONA: fa un giro in bici sui navigli, guarda una serie su Netflix
PIZZA PREFERITA: capperi e acciughe

- - - - -

FRANCESCO DE LEO (Officina della Camomilla)
FILM DELLA VITA: uno a caso di Godard in bianco e nero, Transformers II
LIBRO DEL CUORE: le poesie di Mario Luzi, La macchina morbida (Burroughs)
DISCHI DA ISOLA DESERTA: Piero Ciampi - “Andare camminare lavorare”, The Strokes - “is this it"
GUILTY PLEASURE: gli ABBA, Sfera ebbasta
FRASE PER RIMORCHIARE: “sei leggera quando pieghi le cose, leggera come un mazzo di fiori neri sul cestino di una bici”
BUGIA CHE DICE PIÙ SPESSO: “ma non sono per la droga... mi servono per prendere l'acqua"
COME INGANNA IL TEMPO QUANDO NON SUONA: non si ricorda, dice.
PIZZA PREFERITA: wurstel e patatine

- - - - -

MANUEL AGNELLI (Afterhours)
FILM DELLA VITA: Pulp Fiction, Fight Club
LIBRO DEL CUORE: Fight Club (“Palahniuk ti prende davvero a cazzotti lo stomaco”)
DISCHI DA ISOLA DESERTA: Nebraska, Led Zeppelin IV, il primo dei Beastie Boys
GUILTY PLEASURE: non crede nel concetto di guilty pleasure: esistono la Bella e la Brutta musica. Se ci sono le chitarre è meglio, ma "non per forza”, “anzi”, gli piace “quasi solo altro, ormai”.
FRASE PER RIMORCHIARE: “in realtà i Nirvana non mi son mai piaciuti”
BUGIA CHE DICE PIÙ SPESSO: tutta quella storia che ha raccontato a Bonolis sulla volta che una tizia del pubblico voleva staccargli il pene è un’enorme cazzata.
COME INGANNA IL TEMPO QUANDO NON SUONA: panca piana e bilanciere, gioca a calcetto coi nuovi amici della tivù.
PIZZA PREFERITA: taleggio e noci

- - - - -

UMBERTO PALAZZO (Santo Niente, Castellina Pasi)
FILM DELLA VITA: Amici Miei
LIBRO DEL CUORE: non ha letto granché perchè il rock è stata la sua letteratura, comunque Underworld di DeLillo l’ha letto ed è rimasto folgorato, dice.
DISCHI DA ISOLA DESERTA: il primo dei Litfiba / Dark Side of the Moon / Unknown Pleasure / The Wall
GUILTY PLEASURE: “Dimmi dove e quando”, ma non se ne vergogna: il mestiere del dj - spesso lo dimentichiamo - è far divertire la gente.
FRASE PER RIMORCHIARE: “ho visto Solange in concerto e ho capito che il futuro della musica è donna”
BUGIA CHE DICE PIÙ SPESSO: "da sempre ascolto musica black" (ha cominciato nel 2012, leggendo su Pitchfork di tale Frank Ocean)
COME INGANNA IL TEMPO QUANDO NON STA SU FACEBOOK: suona.
PIZZA PREFERITA: margherita con l'aggiunta di bacon e maionese

- - - - -

FRANCESCO BIANCONI (Baustelle)
FILM DELLA VITA: Cul-de-sac, Ladri di biciclette
LIBRO DEL CUORE: Le particelle elementari (Houellebecq)
DISCHI DA ISOLA DESERTA: Histoire de Melody Nelson (Gainsbourg), Different Class (Pulp)
GUILTY PLEASURE: Lady Gaga, i post di Selvaggia Lucarelli
FRASE PER RIMORCHIARE: "noi ci siamo già visti in un’altra vita, vero? Passeggiavamo sulla Senna”
BUGIA CHE DICE PIÙ SPESSO: "sono perfettamente d’accordo con te"
COME INGANNA IL TEMPO QUANDO NON SUONA: legge, scrive, beve Coca Cola, fa l’amore.
PIZZA PREFERITA: calamari con mozzarella senza lattosio

- - - - -

VASCO BRONDI
FILM DELLA VITA: “Powaqqatsi” (Goffrey Reggio), "The Tree of Life"
LIBRO DEL CUORE: le poesie di Vian, Camere Separate di Tondelli
DISCHI DA ISOLA DESERTA: tutti quelli dei CCCP, la pecora di De Gregori
GUILTY PLEASURE: non ne ha, è trasparente, ammette sempre e non mente mai. Davvero.
FRASE PER RIMORCHIARE: le canta “Cara Catastrofe” o le regala un libro bello, ma generalmente sono le donne a venire da lui.
BUGIA CHE DICE PIÙ SPESSO: non ne dice.
COME INGANNA IL TEMPO QUANDO NON SUONA: va a farsi un giro sulla via Emilia oppure in Tibet
PIZZA PREFERITA: vegan.

- - - - -

TOMMASO PARADISO (Thegiornalisti)
FILM DELLA VITA: li ha scritti su Facebook, scelte ovvie tipo Love Actually, Riky & Barabba ecc
LIBRO DEL CUORE: “About a Boy” di Nick Hornby, letto dopo aver visto il film con Hugh Grant
DISCHI DA ISOLA DESERTA: tutti quelli di Venditti da “Cuore” in poi, Be Here Now degli Oasis (no, non Morning Glory: proprio Be here now!)
GUILTY PLEASURE: i cori fascisti in curva della Lazio
FRASE PER RIMORCHIARE: vabbè, dai.
BUGIA CHE DICE PIÙ SPESSO: "gli amici prima della donna" (stocazzo, ndr)
COME INGANNA IL TEMPO QUANDO NON SUONA: gioca a tennis, va in vespa, stalkera le ex.
PIZZA PREFERITA: marinara in riva al mare a Fregene

- - - - -

NICCOLÒ CONTESSA (I Cani)
FILM DELLA VITA: dice Borotalco per fare il romano verace, ma in realtà è Inception perché c’è la matematica
LIBRO DEL CUORE: "Infinite Jest", ovviamente. "Ragazzi di vita" quando si sente romano verace
DISCHI DA ISOLA DESERTA: “Sweetener" di Ariana Grande, “Discovery” dei Daft Punk, un best of del Califfo per fare il romane verace
GUILTY PLEASURE: anche lui come Agnelli dice di non credere nel guilty pleasure, con la differenza che sente la necessità di spiegare il perchè di tale risposta attaccando un pippone talmente lungo da indurre il sospetto che in realtà ci creda eccome, e che ne abbia a palate, di guilty pleasure, oltre a un casino di altri dubbi da risolvere con se stesso.
FRASE PER RIMORCHIARE: le canta “Without You” di Tobias Jesso Jr al piano pensando che funzioni
BUGIA CHE DICE PIÙ SPESSO: “non ho mai nascosto di voler fare questo e questo soltanto: il pop” (all’inizio, poco prima di intraprendere la scelta estetica del synth-pop, era indeciso se iniziare un progetto folk pastorale tipo Fleet Foxes, o roba coi droni alla Sun O))), o roba punk tipo Jay Reatard)
COME INGANNA IL TEMPO QUANDO NON SUONA: va a vedere su YouTube le vecchie partite di Totti con la magica per fare il romano verace, partite che non aveva mai visto prima per via di un (vecchio) malcelato snobismo del calcio; una diffidenza che oggi non prova più, perché odiare il calcio non è fico.
PIZZA PREFERITA: la romanaaaaaaa

(fine prima parte)

 di più
editoriale di macaco

I.

I miei genitori nacquero durante la seconda grande guerra. Io vicino alla prima crisi petrolifera.

Che la mia famiglia paterna uscí dalla mezzadria, grazie ad un buon padrone, é uno dei pochi fatti storici che conosca. Nonostante le origini contadine, le condizioni originarie dello sviluppo economico della loro generazione hanno qualcosa di irripetibile. Dopo il fascismo e la guerra, la vera forza motrice fu uno spirito di rinascita, con la ricostruzione materiale e l´edificazione della "meravigliosa" democrazia.

La mia infanzia al contrario non dovette subire alcuna privazione; riscaldamento a termosifoni, pavimento specchievole in granito, ampio giardino con merli e lombrichi, boschetti e campi da esplorare ed i Lego per il natale.

Poi la bolla dell´infanzia scoppia e il soffio fetido del pattume umano fa battere forte il cuore e girare la testa.

L´adolescenza sembra non finire mai. La ribellione é una cosa distruttiva, quando si manifesta é una forza contraria e deve mettere tutto in discussione.

Il potere peró lo sa bene e inverte tutte le forze contrarie neutralizzandole o giocandosele a suo favore. Come una vela controvento. Come il lottatore di tao chi chuan. E anche se non lo ammettiamo ne siamo tutti un poco consapevoli.

Il fuoco principale della ribellione colletiva in atto col decadere degli anni ottanta é il capitalismo nelle sue multiple facce; il materialismo, il consumismo, l´apparenza, il lavoro, i soldi.

I soldi maledetti, sono sporchi e puzzano di sudore

Tempo é denaro.

Nessun ricco entra nel regno dei cieli

E cosí mentre la massa operaia spende in minigonne per la macchina, gli alternativi scelgono la camice di flanella del papá, guardano Trainspotting e Fight Club, ma sono operai pure loro e spendono in ganja.

Intanto alla televisione passa un film col boss e una valigia di soldi, cocaina e revolver e al telegiornale un servizio su di un politico flagrato coi soldi nelle mutande.

II.

Non é un impresa da tutti cancellare parametri senza costruirne altri. La vera forza della ribellione non sta nel suo oggetto, ma in quello che ci si vuol lasciare al suo posto.

Costruiamo dei valori senza rendercene conto con le informazioni che ci circondano, soprattutto durante l´infanzia.

Se facessimo una lista onesta dei nostri valori, otterremo l´immagine della nostra vita, e se fra questi valori non ci sono i soldi sicuramente non saremo ricchi.

E se fra questi valori ci fosse la libertá, quale sarebbe il suo prezzo?

La gestione dei soldi dovrebbe essere un ramo della pedagogia. Nessuno della mia generazione avrebbe problemi economici oggi.

Il mantra politico del paradosso repressione e consentimento riverbera anche nelle strutture dei desideri, imprigionando nella sua polaritá lo spirito dell´uomo contemporaneo.

La coscienza dei meccanismi in gioco é la base per costruire una nuova realtá e la realtá di ogni persona e definita da valori.

É una sfida senza tregua, una lotta con noi stessi e non con il sistema.

E forse una vita non basterá.

III.

Forse...

 di più