Il celeberrimo esordio solista di Michele Campovecchio, in realtà allora Campogiovane, in quanto giovanissimo e talentuoso musicista appena 19enne quando concepì, compose e registrò questa ambiziosissima opera prima, ma già nel "giro" da diversi anni, cresciuto sotto l'ala protettrice di "tal" Kevin Ayers, nella cui band, a 16-17 anni, Michelino era già chitarra solista. Roba da niente, insomma. Il giovane genietto di Ayers decide poi di mettersi in proprio, a 19 anni, con un disco che è un'unica composizione di una cinquantina di minuti divisa in due parti e nella quale Michelino fa tutto da solo. Ma proprio tutto, o quasi. Oltre alla chitarra (con la quale si sbizzarrisce, fino a farla cornamusare nella parte II) suona lui stesso una quindicina di strumenti, fa tutto lui, in una prova di abilità polistrumentistica che pure Stevie Wonder ha esclamato "Eh la Madonna!" con la voce di Pozzetto. Infine cesella il tutto con un lavoro eccezionale di montaggio in studio. Sul contenuto che cazzo devo dire, lo conosciamo tutti, è bellissimo. Ovviamente è il disco più celebrato, sputtanato e anche sfruttato di Campovecchio, anche da lui stesso, visto che ci fa fatto la versione orchestrale, il capitolo II ("La Vendetta"), II-e-mezzo, III, "Tubular Bells va in città" "Tubular Bells d'Arabia" "Tubular Bells contro Maciste" e "Tubular Bells e la banda degli onesti". Anche basta Michè, dai.
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