Prima di riscoprirlo letteralmente con "Ecco", recuperato non tanto tempo fa, questo bel disco del 2003 era quello che avevo ascoltato di più e assimilato meglio di Fabi. I suoi dischi che ho ascoltato di più, ma in periodi del tutto diversi, sono proprio le due "pietre miliari" della sua carriera, quelli con cui ha compiuto un passo avanti rispetto alla produzione precedente: prima con questo, che ha segnato una prima maturazione artistica e un netto passo avanti rispetto ai primi tre dischi, piacevoli ma ancora acerbi e poi con il gioiello del 2012, con il quale è entrato nella fase di "completa maturità". Già con "La cura del tempo" comunque iniziano i dischi più validi di Fabi, indubbio buon gusto per la melodia (tipo "È non è"), arrangiamenti raffinati, con tocchi di varietà e colore al punto giusto (il sax di "Ora e qui" e "Il negozio di antiquariato", gli archi, la fisarmonica in "Nel centro", tutti attorno all'onnipresente accompagnamento di chitarra acustica e del pianoforte, con tanto di solo al moog di Adriano Pennino in "Lentamente", che fa molto seventies, in un contesto di pop/cantautorato che invece è perfettamente figlio del suo decennio e di quello precedente. Canzoni delicate, bei testi, ottimi musicisti (c'è Marangolo alla batteria, Di Battista al sax), verso la fine diventa forse un po' ripetitivo, gli manca quel senso di "completezza" e "solida varietà" che arriverà con "Ecco", ma questo disco rimane comunque uno dei più validi di Fabi, ascolto gustoso.
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