Soundgarden: Louder Than Love
CD Audio Ce l'ho ★★★★
Mi piace parecchio, da sempre è il mio preferito del Giardino del Suono. Più viscerale del maturo "Superunknown", più rifinito del grezzo "Ultramega Ok" è il compromesso perfetto raggiunto dalla musica della band, il disco più compatto e "quadrato". Lo considero uno dei migliori dischi Rock/Hard-Rock usciti a cavallo tra anni '80 e '90. In più questa è la miglior formazione dei Soundgarden ed è al suo massimo, con Yamamoto, gran bassista, importantissimo anche in fase di composizione dei brani. E poi un cantante/autore bravissimo, un chitarrista bravissimo, un batterista pure lui in gran spolvero e quello che viene fuori è un disco molto omogeneo, anche nella qualità dei brani. Oh, io non arrivo a definirlo capolavoro, o considerarlo uno dei "miei" dischi fondamentali, giusto perché considero i Soundgarden degli ottimi allievi che, pur facendo una porca figura, non hanno superato i maestri (le varie ispirazioni della band le conosciamo tutti, non sto qui a ripetere il loro listino della spesa), insomma questione di gusti però questo di fatto trovo sia un disco che rasenta la perfezione, ha solo ottimi brani, dal primo all'ultimo, non un cedimento, non un punto debole, non una canzone poco riuscita, scorre liscio-liscio, è un blocco unico di ottimo hard-rock 2.0. Bellissimo.
Sparklehorse: Good Morning Spider
CD Audio Ce l'ho ★★★★★
Sparklehorse: Distorted Ghost EP
CD Audio Ce l'ho ★★★★
Buon ep. Quant'è bella "Happy Man" ? E quanto lo è nell'elettricissima versione "Happy Pig" con finale medley che riprende "Pig" ? Poi altra bella cover di un pezzo di Daniel Johnston, dopo "Hey, Joe" qui c'è "My Yoke is Heavy". Insomma un buon lavoro, buon intermezzo tra "Good Morning Spider" e "It's A Wonderful Life".
Sparklehorse: It's a wonderful life
CD Audio Ce l'ho ★★★★★
Ultimo disco di una triade di capolavori, questo gioiello datato 2001; altro splendido centro per Mark Linkous-Sparklehorse. Disco di una delicatezza spiazzante solo a tratti spezzata ("Piano Fire" "King of Nails" e il momento-follia di Tom Waits in "Dog Door"). Canzoni meravigliose una dopo l'altra e collaborazioni sfruttate alla perfezione (Waits, PJ Harvey e John Parish, Dave Fridmann, questi due oltre a suonare basso e piano in alcuni pezzi sono anche co-produttori). "Eyepennies" eterna...
  • Psychopathia
    16 mar 14
    ho solo quello dal titolo impronunciabile, che è bellissimo. mi sa che questo me lo compro presto
  • hjhhjij
    16 mar 14
    Vivadixie è er mejo ma anche questo... Diciamo che questo è più malinconico, ecco. E ci sono affezionato perché li ho scoperti con questo, attirato da Waits.
  • SilasLang
    16 mar 14
    Rare volte ho avvertito una tristezza così straziante. Solo certe cose degli Eels si avvicinano..
  • hjhhjij
    16 mar 14
    Tra i coevi forse... Ma prima c'è stato sempre Nick Drake, il capostipite.
  • De...Marga...
    16 mar 14
    Sono ignorante in materia e deduco che quanto prima dovrò sopperire a questa lacuna. Posso partire quindi da qui o mi consigli un altro inizio?
  • hjhhjij
    16 mar 14
    Uno a caso dei primi tre, vai tranquillo.
  • SilasLang
    16 mar 14
    eh vabbè, Nick è Nick! Alla fine il filo conduttore è sempre quello: gente non proprio allegra, con un talento allucinante, che spesso ahime è uscita di scena come sappiamo. E pare se la sia scampata, almeno...per ora ;)
  • SilasLang
    16 mar 14
    TUTTI i primi tre, caro De Marga.
  • De...Marga...
    16 mar 14
    Mille grazzzie siete due fantastici ragazzi. Provvederò anche se la mia poca predisposizione per i siti da cui si può usufruire musica, renderà il tutto problematico...ma ne verrò a capo. Ho letto che il cantante ha fatto una brutta fine.
  • SilasLang
    16 mar 14
    e, a quello mi riferivo..si è suicidato due-tre anni fa.
  • hjhhjij
    16 mar 14
    "il cantante" per la precisione, era in realtà l'unico vero membro del gruppo. Mark Linkous= Sparklehorse poi tutti musicisti che ruotavano di disco in disco.
  • hjhhjij
    16 mar 14
    Eh si certo sono d'accordo con S. TUTTI i primi tre. Ma è bello anche il quarto eh, solo non così bello come i primi tre.
Spike Lee: 25th Hour
DVD Video Ce l'ho ★★★★★
Spike Lee: Inside Man
DVD Video Ce l'ho ★★★★
Stanley Donen: Charade
DVD Video Ce l'ho ★★★★★
AARF: Attoroni (Matthau, Grant, Coburn). AUDREY. Registone. Filmone.
Stanley Kubrick: Shining
DVD Video Ce l'ho ★★★★★
L'horror e il thriller psicologico ai suoi massimi livelli. L'accoppiata Kubrick-Nicholson è devastante. Ennesimo 5 stelle di Stan.
Stanley Kubrick: Arancia Meccanica
DVD Video Ce l'ho ★★★★★
Epocale, sconvolgente, scioccante, violento, eccezionale, finale da urlo. Uno dei 10 film più belli di sempre. Non spendo altre parole perchè non ne ho, dico solo che i primi 30-40 minuti e il finale da soli valgono già il 10, tutto il resto si limita a consolidarlo. Storia.
Stanley Kubrick: Full metal jacket
DVD Video Ce l'ho ★★★★★
Uno dei più grandi registi di sempre sforna uno dei 5 film di guerra più belli di sempre. Grottesco e amaro il primo troncone, davvero geniale, mentre il secondo, in Vietnam, è più convenzionale ma è ugualmente un pugno nello stomaco, per realismo e crudezza. L'inutilità della guerra e ciò in cui la guerra trasforma dei semplici ragazzi. Capolavoro immenso.
Stanley Kubrick: Eyes Wide Shut
DVD Video Ce l'ho ★★★★
Il film è quasi un capolavoro eppure, paradossalmente, è uno dei peggiori di Kubrick (questo dovrebbe far capire l'immensità di questo regista e l'altezza delle vette da lui toccate). Grande, grandissimo film, con molteplici chiavi di lettura, scene potentissime, una grande Kidman e un Tom Cruise in una delle sue più convincenti interpretazioni. Splendide regia e fotografia e degno di nota il finale. L'eccellente epitaffio di uno dei più grandi registi della storia.
Film enorme. Crudele, spietato, cinico, il primo grandissimo capolavoro di Stanley Kubrick rimane tutt'oggi tra i suoi film più belli. Non ha difetti, la regia è meravigliosa, la sceneggiatura è di ferro, le prove di Kirk Douglas e di McReady assolutamente strepitose. Probabilmente il più grande film antimilitarista di sempre. La scena dell'esecuzione, nella sua semplice, spietata crudeltà, è di una forza visiva impressionante. Il finale è uno dei più profondi e riusciti di sempre.
  • FrenkyWestSide
    29 mag 14
    Il terzo più bello di Kubrick dopo Arancia e 2001. Tutti questi film e cd che possiedi (credo materialmente e non sul computer scaricati) fanno parte di un'eredità paterna/materna(dubito materna) o è frutto del tuo danaro? Scusami, una piccola curiosità xD
Leggere la definizione perfetta dell'utente Barracuda Blue, prego. Un disco bellissimo, privo di sbavature e ricchissimo di spunti e idee geniali, canzoni perfette si susseguono una dietro l'altra. Scorre liscio come l'olio nella sua miscela di generi così perfetta grazie a due compositori eccezionali come Fagen e Becker. Un brano per tutti, quello che mi esalta di più in assoluto, probabilmente "Charlie Freak". Una meraviglia.
  • Gli sono molto legato.
    Per via di un bellissimo risveglio mattiniero di tanti anni fa: ero nella mia stanzetta da studente universitario fuori sede, solo soletto che il mio compagnuccio di stanza chissà dove era finito a passare la notte.
    Accendo la radio portatile di fianco al letto per svegliarmi del tutto ed è appena partita "Ricky Don't Lose That Number"... Appizzo immediatamente le orecchie: mi piace tutto, il groove del pianoforte bello alto nel mix, gli accordi ricercati e un po' jazz, i cori acidi e urbani. Alla fine del brano per fortuna il disc jockey svela titolo e gruppo, consentendomi di prendere mentalmente nota.
    Con gli Steely Dan ero ancora al palo nel senso di un'unica, inevitabile familiarità con "Do It Again" che aveva impazzato qualche anno prima nelle radio e nelle discoteche.
    Dopo un annetto possedevo tutti i cinque/sei album fino a quel momento pubblicati: musica impagabile, una gioia della vita.
Ulteriori passi avanti per Fagen & Becker in quest'album, dopo il già notevole esordio. Da questo disco comincia a diventare complicato individuare brani trascurabili o cali di qualità, qui siamo già pericolosamente vicini alla perfezione. 8 canzoni una più bella dell'altra, l'una con più spunti dell'altra, dove nel pop certosino della band si fondono alla perfezione tutti i generi possibili della musica uessei, dall"Americana" che esplode nel ritornello stupendo di "The Boston Rag" fino all'irresistibile prurito R&B/Black di "My Old School" passando per il Jazz di "Your Gold Teeth" e spesso tutte queste influenze sono in realtà mescolate assieme, creando uno stile unico, marchio di fabbrica di questi due geni della musica "POP". Dovessi scegliere un pezzo per tutti da questo disco, direi "Show Biz Kids", ecco, questa canzone mi manda fuori di testa. Sublime.
  • hellraiser
    19 set 17
    Mi piace più il debutto ma niente da dire, grande album
  • hjhhjij
    19 set 17
    Oh si, con loro un disco vale l'altro si intende, le differenze sono sempre minime.
  • ziltoid
    19 set 17
    Mai sentito e non credo di trovare la voglia in questo periodo, ma anni fa il cd di pretzel logic girava spesso in macchina, bello bellissimo
  • hjhhjij
    19 set 17
    Ecco con "Pretzel Logic" è proprio impossibile non utilizzare il termine "Capolavoro".
  • zappp
    20 set 17
    e The Royal Scam?
  • hjhhjij
    20 set 17
    Direi che è ancora meglio, ancora più sublime e maturo. Come ho detto altre volte tutta la loro discografia è di altissimo livello, ma da Pretzel ad "Aja" hanno infilato in sequenza 4 capolavori uno meglio dell'altro. Banalmente, proprio "Aja" per me è la vetta ultima.
  • zappp
    20 set 17
    sai cosa mi dispiace?
    E' che fra live ufficiali e semi-ufficiali ancora non ho sentito un live definitivo all'altezza di tutto questo ben di Dio.
  • hjhhjij
    20 set 17
    Purtroppo è vero. C'è il grande live definitivo dei Little Feat, ad esempio, che è immenso, ma non c'è quello dei Dan.
  • zappp
    20 set 17
    quello dei Feat è un monumento.
  • hjhhjij
    20 set 17
    Epocale.
Steely Dan: Aja
CD Audio Ce l'ho
Eccellente esordio a cui seguiranno grandi e indiscussi capolavori. Questo non è ancora a livelli titanici ma è comunque parecchia roba e Fagen/Becker sono già due autori eccellenti, con il loro pop in cui confluiscono svariate influenze musicali con un'armonia e un equilibrio miracolosi. Già circondati da session-man di gran talento (Jeff Baxter alla chitarra in molti brani, per dirne uno), i due genietti ci regalano in questo primo disco canzoni superbe come "Do it Again" "Fire in the Hole" (la mia preferita) e "Turn That Heartbeat Over Again". Ah, io adoro "KIngs" e "Only a Fool Would Say That". Grande inizio di una grande storia.
  • amarolukano
    28 set 16
    Grandi, Gaucho però rimane il top , mi dispiace .
  • bluesboy94
    29 set 16
    E' sicuramente un esordio brillante, tuttavia, come già detto di recente, "Royal Scam" e "Aja" sono i loro due capolavori!
stephen king: carrie
Cartaceo Ce l'ho ★★★★
8/10
stephen king: le notti di salem
Cartaceo Ce l'ho ★★★★
8,5/10
8/10
stephen king: a volte ritornano
Cartaceo Ce l'ho ★★★★★
9/10
stephen king: it
Cartaceo Ce l'ho ★★★★★
9,5/10
stephen king: misery
Cartaceo Ce l'ho ★★★★★
9/10
stephen king: il gioco di gerald
Cartaceo Ce l'ho ★★★★
8,5/10
stephen king: il miglio verde
Cartaceo Ce l'ho ★★★★★
9/10
stephen king: mucchio d'ossa
Cartaceo Ce l'ho ★★★★
8/10
stephen king: buick 8
Cartaceo Ce l'ho ★
3,5/10
stephen king: l'occhio del male
Cartaceo Ce l'ho ★★★★
7,5/10
stephen king: cell
Cartaceo Ce l'ho ★
3,5/10
Steve Hackett: Beyond the Shrouded Horizon
CD Audio Ce l'ho ★★★★★
Bellissimo disco dell'Hackett "tarda fase", riascoltandolo mi è piaciuto anche di più dei primi ascolti di qualche anno fa. Addirittura lo preferisco di "un'anticchia" a "Out of the Tunnel's Mouth" che già era molto bello e non tentenno nel dire che è uno dei suoi dischi "elettrici" che preferisco, in tutta la sua vasta discografia. La nuova band è rodata e l'ispirazione è alta. Di belle canzoni qui ce ne sono a bizzeffe, a dire il vero non ce ne è nemmeno una che non mi convinca. Hackett non rinuncia del tutto a qualche eclettica variabile, come il rock-blues di "Catwalk" (sezione ritmica Chris Squire-Simon Phillips, 'na bomba) o la doppietta esotica dai sapori medio-orientali di "Waking to Life" (voce solista della cognata di Steve, Amanda Lehmann, anche chitarra ritmica e controcanti vari nel resto del disco) e "Two Faces of Cairo", due grandi brani. Ma è un eclettismo molto misurato, non esasperato. Per il resto va sul sicuro, senza brillare per fantasia (c'è un tema melodico che ricorre per quasi tutta la prima metà del disco) ma con un'ispirazione melodica eccellente (quel tema, per dire, è da brividi) e la sua chitarra qui è un'ira diddio-shubniggurath-horus o qualsiasi divinità si voglia. Le canzoni sono tutte molto belle, ne piglio due ad esempio "Loch Lomond" e "A Place Called Freedom" (dalle sonorità più da ballad americana, come "Looking for Fantasy" bella anche lei), stupende. Ci stanno anche gli intermezzi con chitarra classica. Oh, niente, per me è un discone.
Prima di venir fulminato da una delle mitiche esibizioni dal vivo dei King Crimson (da Bobbo Frippo in particolare), nei mesi estivi del 1969 (Hyde Park), una delle passioni musicali del giovane Hackett, passione mai sopita, era quella per il Blues e il R&B, quello delle radici e di Chicago anche, ma con particolare dedizione per il Blues bianco British, fucina di straordinari chitarristi. E allora in un decennio in cui ha fatto un po' di tutto, perché non realizzare un disco in cui dilettarsi a suonare e comporre un po' di Blues ? E il risultato è assai piacevole secondo me. Ci sono alcune cover, i pezzi più radicalmente Blues (e che dire dell'energico uno-due iniziale "Born in Chicago"-"The Stumble", un inizio perfetto) come anche la title-track ad esempio, ma la maggior parte sono scritti da Hackett che nei brani più riusciti si concentra su una lettura più moderna del Blues e ci infonde anche tocchi di "hackettismo" qua e là rendendo il tutto molto personale (e che bei pezzi sono "Tombstone Roller" e "Big Dallas Sky", ed anche un pezzo più standard e divertente come "Footloose", gran tiro). Hackett si diletta personalmente anche all'armonica, e la suona piuttosto bene, mi pare. Certo non è un capolavoro del genere, alcuni brani pur gradevoli lasciano poco, non è uno dei più viscerali esempi di Blues bianco, ma la passione (e con lui non c'era da dubitarne) Hackett ce la mette eccome, e il disco risulta bello, vivo, convinto, non un annoiato esercizio di stile.
  • Ce l'ho questo disco. Una delusione: ad Hackett manca proprio il giusto approccio al blues, quel lasciarsi andare prerogativa di altri suoi colleghi (Page, Beck, Moore...). E dire che di tecnica ne ha sull'armonica.
    Il blues è una musica facile tecnicamente, difficilissima emotivamente. Bisogna nascerci, e Hackett è nato per altre cose.
  • hjhhjij
    17 ott 20
    Non sono molto d'accordo: tu lo metti a raffronto con i mostri sacri del genere mentre devi pensare che questo per lui era solo un "divertissement" d'omaggio e in quanto tale è anche di buona fattura. Gli manca la visceralità e il "fuoco sacro" dei grandi del genere, questo è chiaro e il Blues è una sua passione ma non il "suo mestiere", ma è un disco suonato quasi sempre con passione, energia e pezzi di qualità. Poi per carità, siamo lontani da qualsiasi vetta nel genere, ne è tra i dischi blues che non vedi l'ora di riascoltare quando ti vien voglia di Blues, è solo un lavoro molto piacevole. Senza metterlo a paragone con chi nasce con la "fiamma sacra del Blues", non posso concordare sul fatto che Hackett fosse, diciamo così, emotivamente fuori fuoco.
  • hjhhjij
    17 ott 20
    "Hackett è nato per altre cose." Poi per carità, questo è sacrosanto. Ma lo sa anche lui.
  • hellraiser
    18 ott 20
    Beh.. sai che non conoscevo per nulla e mi hai messo la pulce nell' orecchio... ci darò un ascolto, grazie
Steve Hackett: Cured
CD Audio Ce l'ho
Hackett do Brasil (parte prima). Uscito stressato e in overdose di aspirina dal tour di "Defector", Stefanuzzo decide di rifugiarsi insieme a Kim nel paese natio di lei, il Brasile, e rilassarsi bello bello per qualche mese, magari scrivendo un po' di canzoni tra un drink, un bagno e una scopata. E si, questo suo primo disco brasiliano (nessuna influenza musicale, è stato concepito e scritto lì) non è granché. Si sente che è il tipico album ultra-rilassato di un artista che fa musica in un momento sereno e senza impegnarsi troppo, così, a tempo perso. Anche Kim era in vacanza, nessun dipinto per copertina, solo una foto da lei scattata al marito, dove dall'espressione di Steve si evince la vastità del cazzo che gliene fregava di impegnarsi troppo a comporre, in quel momento. Ma questo tipo di pop leggero-leggero a lui non viene bene e l'album è zeppo di canzoncine molto scialbe (la più carina è "Hope I Don't Wake Up" anche se sembrano, per dirne una, gli Yes, quelli più o meno coevi ovviamente). Steve se lo canta da solo (orribile scelta) e infatti si salvano gli strumentali: bella "Air-Conditioned Nightmare" e il già all'epoca tipico brano per chitarra classica ("Cradle of Swans") che alzano il livello di un album tra i suoi peggiori in assoluto. Un paio di brani potevano esser meglio, forse, ma non sono stati, il resto è pop mediocre con orribili coretti e parti cantate.
  • hjhhjij
    6 set 20
    Partecipano solo Magnus, anche fumettista a tempo perso, alle tastiere, poi una comparsata del fratello John che in realtà era sceso in Brasile solo per la braciolata in spiaggia della domenica sera e un sassofonista, BIMBO Acock, che suona il sax piacione su "Picture Postcard".
Steve Hackett: Feedback 86
CD Audio Non la voglio
Eccolo qui, il peggior disco di Steve, la bruttata saggiamente occultata per 14 anni ma poi per qualche motivo pubblicata nel 2000 dalla sua etichetta, la Camino Records. Non se ne sarebbe sentita la mancanza. Non c'è niente da fare, il 1986 rimane un anno tremendo per molti grandi nomi del decennio precedente, ed è un anno a quanto pare particolarmente catastrofico per tutto ciò che ruotava o aveva ruotato in orbita Genesis (o quasi, c'era sempre "So" di Gabriel, che è un discone, ma anche quello è comunque il suo più commerciale e con un paio di poppettazzi modaioli spacca-classifica di cui uno, "Big Time", è 'na schifezza), il 1986 non risparmia nemmeno mr. Hackett, un anno in cui gli era pigliato di suonare il "rocchettino pompato" e l'AOR della miseriaccia sua. Avevamo il decente (per uno a cui piacciono quelle sonorità) album dei GTR in coppia con Howe come esempio e sarebbe bastato e avanzato ma in quello stesso anno Hackett aveva registrato altre canzoni pop-aorose con varie collaborazioni (Bruno Maggio, Bonnie Tyler, Chris Thompson) sulla scia dell'album con Howe (che qui non suona ma è co-autore di un brano, molte canzoni qui erano pensate per i GTR presumo). Per carità, un paio di canzoni sono carine nella loro pompata tamarraginpopaor, come quella cantata in duetto dalla Tyler e Thompson, ma qui è quasi tutto merda pura, pop-rock-aor della peggior specie, peggio di quello proposto dai GTR. Ah, Steve, come si vede che non era roba pettè...
  • hjhhjij
    12 ott 20
    Nota: Hackett si ripiglia alla fine, con gli ultimi due brani su 8 (è una raccoltina di inediti, per fortuna breve), uno il solito strumentale per classica (ma pure questo non è tra i migliori...) e soprattutto la bella "The Gulf" che non ci azzecca una mazza con il resto del disco (e se ha sonorità pop sono comunque lontane stilisticamente dalla pomposa plastica a tratti inascoltabile del resto del disco) e che avrebbe meritato spazio su un disco "vero" di Hackett non a fare il pulisci-discarica qui. Bel pezzo, che ovviamente non risolleva il disco dall'assoluta mediocrità. Stevù, "The Gulf" a parte, era meglio se lo lasciavi nell'oblio 'sto materiale.
Steve Hackett: Out Of The Tunnel's Mouth
CD Audio Ce l'ho ★★★★
Chiude benissimo il decennio il buon Steve, con un disco che, come da titolo, rappresenta il ritorno alla serenità e alla possibilità di comporre musica con la mente libera e in tutta tranquillità, dopo tre anni difficili nei quali l'ex moglie Kim ha cercato di levargli tutto, pure le corde di ricambio delle chitarre, perché si era scordata che il marito su "Invisible Touch" non ci aveva mica suonato e non gli uscivano sterline dagli orifizi. Qui Hackett abbandona l'eclettismo un po' esasperato di alcuni dischi precedenti e trova "il centro di gravità permanente" per così dire, in un album più "asciutto" e compatto, più deciso nella direzione musicale da prendere. Così facendo Hackett riesce a scrivere canzoni che uniscono alla perfezione l'anima elettrica e quella acustico-classica (perenne l'alternanza acustico-elettrico o la dicotomia introduzione con chitarra classica-cambio all'elettrica, in quasi tutti i brani ci sono queste soluzioni) con una scioltezza e una naturalezza che non sentivo da lui... Boh, forse addirittura dalle Mattine Spettrali. "Sleepers" è, a mani basse, la vetta del disco, un piccolo capolavoro, dove la chitarra elettrica di Hackett torna a singhiozzare (presente "Ripples" ? Ecco), ma tutti i brani vanno a meraviglia, giusto un paio meno convincenti ma comunque gradevoli. Bello bello.
Hackett do Brasil (parte seconda). Tre anni dopo Stefanuzzo e signora tornano in Brasile a comporre un po' di musica, questa volta con più convinzione rispetto alla vacanza ultra-relaxing di "Cured". Questo è un disco interessante, non strepitoso ma con alcuni bei pezzi e belle idee e forse un po' sottovalutato all'interno della sua discografia. Questa volta qualche influenza vagamente brasileira si sente, quantomeno nella scelta dei musicisti, tutti autoctoni (una nutrita schiera di percussionisti, ma non solo) esclusi Mosley e Magnus, ma visto che Hackett è un burlone, ecco che spuntano dal nulla richiami alla musica giapponese ("The Doll That's Made in Japan", con Kim alla voce nella parte della "giapponesina", ma sbucano fuori anche nell'ottima "What's My Name") con Hackett che suona il koto, cose così. Siccome è sempre un burlone, il disco si chiude con 40 secondi strumentali della canzone di "Pinocchio" della Disney, perché si. Anche "Myopia" è un pezzo molto particolare per i suoi standard. In "What's My Name" e Matilda-Smith... (ottimo brano, forse il migliore) c'è l'ottimo utilizzo delle percussioni (Brasile, non Africa, si, ma non è mai stato così vicino a Gabriel come in questi spezzoni di brano) "Taking the Easy Way Out" è una bella ballad e così via. Hackett qui sperimenta qualcosina di diverso ed è una delle volte in cui gli riesce bene. Secondo me un lavoro valido, disco da riconsiderare almeno un poco, perché non è affatto male.
  • hjhhjij
    9 set 20
    Sarà stata l'aria di casa, ma anche Kim è particolarmente ispirata, l'artwork è uno dei suoi migliori in assoluto, tra l'altro a "tema" Genesis ("Silent Sorrow in Empty Boats" presente ?).
Steve Hackett: Tribute
CD Audio Mi manca ★★★★
Lo Steve Hackett per chitarra classica è sempre quello migliore, a mio gusto (sarà che adoro il suono dello strumento) anche quando incide un disco in condizioni di fortuna e in un periodo a dir poco complicato, ovvero in pieno divorzio burrascoso con l'ormai ex moglie Kim e in guerra anche col manager che gli avevano tolto anche la possibilità di registrare musica in uno studio (oh, per dirla in breve eh). Questo disco Hackett se lo è dovuto suonare e registrare in casa sua, in uno studio improvvisato, probabilmente mentre Kim stava lì a staccare la moquette dal pavimento per portarsi via anche quella (ragà, mi sa che ci ha detto culo che non è venuta a casa nostra a richiederci indietro le sue copertine dei dischi del marito, scherzo Kim, non fare causa a DeBaser). A parte il fido King alla produzione e al missaggio qui c'è solo Hackett e la sua chitarra. Basta. Nemmeno il fratello al flauto. Solo lui. Lui e gli autori classici omaggiati, perché qui Hackett si affida al porto sicuro di esecuzioni di pezzi altrui. Il più rappresentato è Bach, ovviamente, in fondo fu lui in origine ad aprire a Steve nuovi "Orizzonti" chitarristici, molti anni prima. E niente, sarà anche un disco fatto per necessità (era l'unico tipo di disco che poteva permettersi di fare in quel momento, di fatto) ma è pur sempre Hackett che suona alla classica Bach e compagnia. Una perla. Giù il cappello.
Un buon disco questo "Wild Orchids", nella media della produzione elettro-acustica di Hackett. Il difetto principale del disco infatti è che 17 tracce sono troppe e non tutte sono valide, e non aiuta l'estremo eclettismo stilistico delle varie canzoni, altra caratteristica che in Hackett mi piace e non mi piace, ad esempio qui sembra ci provi gusto a spiazzare l'ascoltatore con canzoni diversissime tra loro per generi, stili, atmosfere ecc. Alla fine la sua cifra stilistica è quella di non averne una, mi viene da pensare, e per quanto di solito mi piaccia la versatilità anche all'interno di uno stesso album, e apprezzi anche quella di Hackett, a volte con lui mi sembra sempre una cosa esageratamente forzata, di chi non ha mai capito (o se ne è sempre fregato, magari) di cosa mettere precisamente nei suoi dischi. Fortuna che la qualità media delle canzoni anche qui è più che soddisfacente. Qui ci sono pezzi acustici/classici/orchestrali (ancora la Underworld dello splendido "Metamorpheus") e pezzi elettrici, pezzi dolcissimi e quieti stupendamente bucolici ("To a Close") e pezzi nervosi e cupi, cover di Bob Dylan e brani che non penseresti mai "Minchia, questo è Hackett, si sente" (tipo "Down Street" che per inciso è una delle più belle o "Ego and Id" addirittura composta da John Hackett, flautista classico, ed è un pezzone elettrico incazzoso...), temi musicali che ricorrono, canzoni bellissime e altre decisamente meno ("Wolfwork"). Un po' incasinato, ma è un buon disco.
  • hjhhjij
    29 ago 20
    Nota a margine: è l'ultimo disco con la copertina dipinta dalla moglie Kim, che dopodiché diventerà ex-moglie. Peccato perché le sue copertine erano splendide, mi è sempre piaciuto il suo stile, era un modo originale di rappresentare il solito faccione dell'artista in primo piano (tipo la bella copertina di "Spectral Mornings") oppure anche qualcosa di più, in quelle più elaborate (vedi questa o quella favolosa di "Voyage of the Acolyte").
Steve Hackett: Wolflight
CD Audio Mi manca ★★
Il passo falso di Hackett nell'ultimo decennio, uno dei suoi dischi meno belli che tra l'altro è posto in mezzo a due album molto più ispirati. Ci sono un paio di canzoni non male (la title-track è bellina ad esempio, anche "The Wheel's Turning" ) ma per il resto lo trovo debole, piatto, molto deludente, poche idee e anche pasticciate. Ci sono melodie, arrangiamenti e soluzioni in parecchi brani che vorrebbero essere epici ma sfiorano il pacchiano, qualche volta lo incontrano proprio e gli battono il cinque, è un disco pesante da ascoltare, noioso, anche se qua e la in quasi tutte le canzoni c'è quel pezzo o quel passaggio di chitarra che ok, è bello, ma non basta. Terribilmente pacchiana anche la copertina... Belli i lupacchiotti per carità, ma l'effetto generale mamma mia, no. Per me, aspettando di ascoltare l'ultimo appena uscito, il decennio 2010-2020 è stato fruttuoso per Hackett da un punto di vista qualitativo, "Wolflight" unico mezzo giro a vuoto.
Dopo l'artisticamente poco fruttuosa vacanza brasiliana ad Hackett nel 1982 è toccato ricominciare a stressarsi e a litigare con la Charisma. Il risultato è questo disco, uscito l'anno seguente, dalla gestazione travagliata e che sarà l'ultimo pubblicato per la storica etichetta di Stratton-Smith (che all'epoca credo gestisse ormai ben poco...). "Highly Strung" mi piace, è un bel disco tutto sommato, superiore non solo a "Cured" (che grazie ar ca) ma per me anche a "Defector" e non mi preoccupo a dirlo. In parte segue ancora una strada molto pop ma molto meno e più raramente che nel precedente. I suoni, quando non sono troppo popposi-plasticosi, sono brillanti, vivaci, decisi, come la chitarra di Hackett che qui torna a fare più di un figurone. Insomma già solo "Casino Royale" (che diventerà un classico delle scalette live di Stefano) si mangia "Cured" e se vogliamo parlare di pop ottantoso "Cell 151" con la sua prima parte molto pop-ruffianosa comunque piscia in testa al pop-curediano. Tutti i pezzi più pop stanno al centro del disco e se "Weightless" e "Walkin Through the Walls" sono scarsine (le uniche del disco a non piacermi) apro l'armadio e tiro fuori lo scheletro: a me piace "Give it Away" la cosa più poppettosa-plasticosa mai fatta da quest'uomo. Tutto il resto sono brani di buonissima caratura ("India Rubber Man" è una delizia, "Group Theraphy" ottima e così via). Bel disco, per me.
  • hjhhjij
    6 set 20
    Ah: molto bello anche l'artwork schizofrenico di Kim, in tono con le sonorità brillanti dell'album. La cosa buona del divorzio dalla Charisma sarà che poco dopo questo disco, lo stesso anno, Hackett dirà "mavaffanculotuttiva" e pubblicherà il suo primo disco tutto per chitarra classica con un'etichetta indipendente (e guarda caso in questo disco non c'è nemmeno un pezzo per classica...). Il batterista in questo disco è Ian Mosley, di lì a un anno batterista dei Marillion, eh si, un po' come Fish che ha cantato nel disco di Banks, c'è questa netta aria di "allievo-maestro". Probabilmente Mosley è scappato nei Marillion dopo che Steve Hackett lo ha fatto suonare in una canzone come "Give it Away" comunque...
Steve Hackett: Guitar Noir
CD Audio Ce l'ho ★★★★
"Guitar Noir" è un bel disco di un artista giunto alla piena maturità, un lavoro raffinato, elegante e dalle atmosfere spesso soffuse, delicate quando non cupe o malinconiche. Questo è anche uno dei dischi in cui Hackett riesce a far convivere meglio la parte acustica e quella elettrica della sua musica, in costante interscambio e dialogo tra loro nella maggior parte delle canzoni, con l'ottimo aiuto delle tastiere di Magnus, seguendo una strada ben definita, ancora lontana da quell'eclettismo furioso che dominerà i suoi dischi del decennio successivo. Poi Hackett lascia che "anima" acustica e "anima" elettrica prendano strade separate e così escono due dei pezzi migliori, due strumentali, "Walking Away From Rainbows" per chitarra classica e "Sierra Quemada" che è il brano elettrico più tipicamente "suo" nello stile chitarristico, brano che sarebbe stato bene anche su "Spectral Mornings" per capirci. Gli altri due pezzi che elevano il disco sono "Vampyre With a Healthy Appetite" e poi, ovviamente, la splendida "There Are Many Sides of the Night" che attraversa da sola l'elettrico, l'acustico e persino l'orchestrale, tutto lo scibile hackettiano, la vetta del disco. Punto più basso, la simpatica ma isolata "Lost in Your Eyes" che stona con il resto e, francamente, è caruccia ma non un granché. Per il resto belle canzoni (in media) raffinate che contribuiscono a fare di "Guitar Noir" uno dei lavori più omogenei e riusciti dell'Hackett elettrico post-'79.