editoriale di macaco

Mio nonno si sposó con la camicia nera.

Non era fascista.

Tutti i parenti democraticamente cristiani.

Le suore ci proteggevano dai mangiabambini con lo scudicrociato.

Le maestre comuniste ed il prof. di italiano col gilet rosso.

Disegna una falce e un martello sul quaderno scolastico, mio zio mi disse in tono beffardo.

Da ragazzino, mentre strappavo Sorgo Halepense tra le file di granoturco, pensai che il socialismo fosse una buona cosa.

Mia nonna guardando la tv disse che Craxi era un bell´uomo.

I miei voti andarono tutti a rifondazione, rifugiandomi nella certezza che mai avrebbero vinto.

Le ideologie sono belle fino a quando si applicano, o fino a quando non si applicano.

Le ultime illusioni si spensero fra il brindisi di Dario Fó e quel “ma fate qualcosa di sinistra!” di Nanni Moretti.

Dire di essere di sinistra é rimasto cool, nonostante tutto.

Fascisti veri non li ho mai conosciuti, forse si vergognano, giustamente.

E mentre giochiamo al rosso contro il nero, lassú mescolano sangue e carbone guidati dall´ideologia del Dio mercato.

Ideologia, ne voglio una per vivere?

No grazie, mi bastano i princípi immanenti alla mia co-scienza la cui applicazione dipende solo dalla mia determinazione. Le ideologie dovrebbero essere un effetto naturale conseguente di una coscienza collettiva e non la causa che le forma.

Invertire le premesse é un esercizio da considerare sempre.

CAZUZA

Ideologia

Meu partido
É um coração partido
E as ilusões estão todas perdidas
Os meus sonhos foram todos vendidos
Tão barato que eu nem acredito
Eu nem acredito
Que aquele garoto que ia mudar o mundo
(Mudar o mundo)
Frequenta agora as festas do "Grand Monde"

Meus heróis morreram de overdose
Meus inimigos estão no poder
Ideologia
Eu quero uma pra viver
Ideologia
Eu quero uma pra viver

O meu prazer
Agora é risco de vida
Meu sex and drugs não tem nenhum rock 'n' roll
Eu vou pagar a conta do analista
Pra nunca mais ter que saber quem eu sou
Pois aquele garoto que ia mudar o mundo
(Mudar o mundo)
Agora assiste a tudo em cima do muro

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editoriale di De...Marga...

Tutti o quasi sul Deb sanno che vivo in Ossola, la parte più a nord del Piemonte. Sulla cartina geografica è quella punta che si incunea tra il Canton Vallese a sinistra ed il Canton Ticino sulla destra in territorio elvetico. Da Domodossola dove vivo si irradiano sette vallate più piccole, una più bella dell'altra; le mie preferite e quelle che frequento maggiormente in tutti i mesi dell'anno sono la Valle Anzasca, che termina a Macugnaga con la mastodontica Parete Est del Monte Rosa, e la Valle Formazza la più isolata e confinante con entrambi i cantoni svizzeri appena citati.

Durante la scorsa estate le mie belle valli sono state letteralmente invase da orde di turisti, in numero ancora maggiore rispetto agli scorsi anni. In massima parte proveniente dalla province di Varese e Milano. Persone poco abituate alle escursioni, impreparate e con delle attrezzatture (vedi scarpe indossate) in molti casi totalmente inadeguate. Sono accompagnatore escursionistico della sezione del Club Alpino della mia città ed ho una conoscenza del mio territorio elevatissima, frequentando le mie montagne ed i miei sentieri fin da bambino.

Purtroppo quest'anno più volte ho incontrato sul mio percorso questi escursionisti "della domenica" che si improvvano camminatori esperti (ma dove!!) e decidono di punto in bianco di compiere attraversate senza conoscere minimamente il territorio. Fidandosi della traccia GPS scaricata sul telefonino, ma dimenticando che basta salire di quota sopra i 2000 metri per perdere la connessione internet, soprattutto quando si sconfina in Svizzera; ne consegue che mi è capitato di incontrare gruppi di persone che vagano senza sapere in effetti dove stanno andando; vi racconto a questo punto un episodio a tal proposito.

Allora era il 9 agosto e decido di effettuare il classicissimo giro dei Tre Passi che da Riale di Formazza con un lungo tragitto ad anello di circa 20 chilometri ti porta fino ai 2500 metri del passo del Corno per poi ritornare a Riale. Una bella escursione sempre su sentieri di facile percorrenza, ma vista la lunghezza del percorso e gli oltre mille metri di dislivello a salire, occorre avere una buona preparazione fisica. La montagna va SEMPRE rispettata mi preme ricordarlo ogni volta. Avendo una buona gamba ed un ottimo allenamento parto da più in basso, da Canza, località famosa perchè Marco Pantani durante il giro del 2003 effettuò il suo ultimo scatto in salita...ed io ero li presente!!!, e ne consegue che i chilometri che dovrò effettuare salgono a 31; ma non ci sono problemi per me. Adoro queste escursioni così lunghe...ma proseguiamo perchè voglio arrivare al nocciolo della questione.

Sono più o meno le 2 del pomeriggio e sono già a buon punto visto che ho superato il Passo del Corno, massima elevazione di giornata; devo percorrere ancora una decina di chilometri, tutti in discesa. Appena sotto di me vedo un gruppo composto da una dozzina di escursionisti salire con passo molto rallentato verso il Passo; li raggiungo in pochi minuti e chiedo dove si stanno dirigendo. Il capofila, teoricamente la guida e quello che dovrebbe conoscere il percorso e sapere dove sta conducendo i compagni, mi dice con assoluta tranquillità testuali parole: "Guardi in effetti non lo sappiano perchè il telefonino non funziona (aaarrgghhh...!!!). Dobbiamo raggiungere un bivacco qui in Svizzera e scendere poi verso il Passo San Giacomo. Forse dobbiamo procedere a sinistra verso il Passo della Novena o dovremmo proseguire da dove lei arriva?".

Per un attimo sono senza parole, incredulo. Penso addirittura che stia scherzando, ma non è così è tutto vero.

OK siamo ad Agosto e la giornata è splendida; ma siamo a 2500 metri di altezza e vi assicuro, per provata esperienza, che a quelle quote nel giro di mezz'ora le condizioni climatiche possono d'improvviso cambiare. Con l'arrivo anche della neve nei casi peggiori.

Aggiungo che questo gruppo di dementi, età media ben oltre i 60 anni, non ha con se un ricambio adeguato di vestiti. Hanno tutti zaini poco voluminosi e dubito che possano contenere dei maglioni, dei guanti, dei berretti pronti all'uso in caso di bisogno. Per quanto mi riguarda anche nelle giornate d'estate più calde ho sempre nel mio capiente zaino un giubbotto pesante, un pile leggero ed uno pesante, un paio di guanti ed un caldo berretto. Mai prendere sottogamba, mai scherzare con la montagna. Ed infatti quante volte si legge di tragedie avvenute per aver preso alla leggera un percorso in apparenza facile...ma torniamo al mio incontro.

Mi qualifico come accompagnatore escursionistico e con le buone, anche se avrei voglia di "sbottare" contro di loro a parole, spiego il percorso da seguire, in pratica stanno facendo il giro al contrario rispetto al mio. Dovendo ancora effettuare molti chilometri con continui saliscendi almeno fino al Passo San Giacomo, li invito ad aumentare la loro blanda andatura perchè ci vorrano ancora almeno quattro ore per tornare a Riale. A questo punto una donna della comitiva, con fare prepotente ed altezzoso, mi dice che non devo preoccuparmi per loro perchè sono in vacanza fino a ferragosto e non esiste problema d'orario per il rientro nell'abitazione che hanno affittato.

Ed allora "esplodo": fate un po' come volete coglionazzi (in verità non uso un simile epiteto ma capiscono che mi sono piuttosto arrabbiato). Vi meritate di perdevi, restare bloccati di notte a quelle quote ed essere costretti a richiedere l'intervento dell'elisoccorso svizzero. Dovendo sborsare qualche migliaia di Franchi babbei!!!

Non aggiungo altro e non li saluto nemmeno; riprendo la mia strada con un'acidità di stomaco dilagante. Per fortuna le visioni che si aprono davanti a me, Punta dei Camosci, Arbola, Blinnenhorn (tutte cime oltre i 3000 metri) mi fanno stare subito meglio. Un toccasana per me.

Ecco questo è solo un episodio, ma potrei raccontarne molti altri; come di quella famiglia con due bimbi piccoli sul Ghiacciaio del Belvedere, anche qui intorno ai 2000 metri, con le ciabatte da mare, i piccoli, e sandali senza calze i genitori!!! E' la verità credetemi...

Ad Maiora.

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editoriale di sfascia carrozze

Qualcuno di Voi, lì, si è mai chiesto il motivo per il quale da bambini, soprattutto per le Sacre Cerimonie come il Battezzo, la Comuniçao e la Gresima i nostri genitori ci
costringevano a vestirci nel peggior modo possibile et immaginabile?

E' vero: anche oggi ci vestiamo perlopiù da cani, ma almeno lo facciamo facendo finta che sia il frutto di una nostra stilistica scelta personale quand'invece attesta solo il fatto che quando hanno distribuito il Buongusto noi eravamo assenti (ingiustificati).

Il dramma assumeva tinte ancor più grottesche nel caso in cui prima di Te in famiglia aveva visto la luce qualche altro extraterrestre tipo un fratello o una sorella (quindi più grande di te).

Perchè in questi casi l'abito "da cerimonia" non poteva che essere il medesimo di quello usato da Lui o da Lei qualche anno prima di Te.
Anche se Lui era più halto o meno grasso di te.

Ora: già il fatto di fare la comunione (senza liberazione) ti sembrava vagamente di intuire che fosse una pagliacciata pazzesca con tutta quella storia che dovevi prima raccontare le tue innocenti marachelle al prete, ma che la dovevi fare per forza dopo esserti sciroppato mesi-e-mesi di devastante catechesimo; altrimenti erano cinghiate e battipannate fino a farti esplodere le natiche a mò di Krakatoa.

Ma torniamo all'abito:
per la Prima Comunione il mio sontuoso abito ereditato dal fratello maggiore (un elegante completo giacca & pantolone forse in mistoraso) aveva un colore particolare: era marrone.

Ma non era marrone-e-basta: era esattamente color cacca.

In realtà non so se si tratti di un colore tuttora in uso o se lo fosse stato all'epoca.

So che c'era quello e quello dovevo indossare.

Il tutto era abbinato a una camicia.
Sempre marron.
E le scarpe, ad libitum, marron.

Insomma ero vestito proprio come una cacca.
Anzi da cacca.

La tonalità del pigmento era più o meno quella di quando hai esagerato con la frutta di stagione matura.
Non so se avete presente.

Ovviamente alla sequela di
"Ti piace? Guarda come stai bene!"
la risposta "NO!" non era contemplata tra le tue opzioni.

Mi chiedo sinceramente se i miei genitori avessero contezza di presentare dinanzi all'altare di Cristo un nanerottolo abbigliato esattamente come un ciocco di sterco.
Io, ve lo dico, avrei preferito farlo vestito da Goldrake.

Ma a pensarci bene forse è stato givsto così: altro non era che l'antifona di ciò che avresti vissuto quando un giorno (forse mai) avresti raggiunto l'età dei tuoi genitori e che Loro all'epoca, volendoti bene, non ti avrebbero mai voluto dire neanche se sottoposti a tortura.

Però almeno la coccarda gigante sul petto me la potevano risparmiare.

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editoriale di pier_paolo_farina

Primo giorno in zona "arancione". E' un secondo lockdown, o quasi (per ora)... speriamo che sia l'ultimo.

Ne approfitto per parlare di me, nel senso dei miei amori musicali. In particolare come essi sono grosso modo catalogati nella mia mente ed immaginazione.

La musica mi ha salvato la vita, mi ci sono appoggiato costantemente, ha dato un senso a tutto come poche altre cose al mondo, mi ha ordinato la mente, scacciato la noia, scatenato i sentimenti, consolato i dispiaceri, conciliato il sonno e rasserenato il risveglio ecc. ecc.

Catalogare (tenendola aggiornata) una propria passione non è necessario nè indispensabile ma... utile. Almeno per come son fatto io. Mi aiuta ad aver più facilmente presenti i miei gusti e le mie inclinazioni, le mie tendenze e le mie voglie, la mia storia. Cominciamo dunque:

_La mia entità musicale preferita sono da sempre i Led Zeppelin (primo LP acquistato "Led Zeppelin III"; il giorno dopo "Led Zeppelin II"; poi incredibilmente "Beggars Opera Act One", poi "Pendulum" dei Creedence, "Very 'Eavy Very 'Umble" degli Uriah Heep, "Deep Purple in Rock", "Led Zeppelin I", "Death Walks Behind You" degli Atomic Rooster, "Relics" dei Pink Floyd" e poi... non mi ricordo più, forse "Watt" dei Ten Years After. Che tempi!

Le mie trenta entità musicali preferite sono attualmente, in ordine semi sparso: _Led Zeppelin _Saga _Doobie Brothers _Beatles _Eagles _Genesis _Supertramp _Gentle Giant _King's X _Steely Dan _Toto _Deep Purple _Boston _Blackberry Smoke _Thunder _Atlanta Rhythm Section _Patto _Kingdom Come _Yes _Blue Oyster Cult _Elton John _Grand Funk Railroad _Tempest _38 Special _Cheap Trick _Chicago _Rush _Porcupine Tree _Tears for Fears

I miei dieci cantanti preferiti sono al momento: _Freddie Mercury _Mike Patto _Chris Cornell _Steve Perry _Robet Plant _Greg Lake _Danny Bowes _Daryl Hall _James Dewar _Don Henley

I miei dieci chitarristi favoriti: _Jimmy Page _Jeff Beck _Ollie Halsall _Ian Chricton _David Gilmour _Ritchie Blackmore _Ty Tabor _Steve Lukather _Neal Schon _Buck Dharma

I miei dieci tastieristi preferiti: _Kerry Minnear _Tony Banks _Jim Gilmour _Elton John _David Paich _Hugh Banton _Keith Emerson _ Brian Auger _John Lord _Ken Hensley

I dieci bassisti: _John Entwistle _Geddy Lee _Andy Fraser _Jaco Pastorius _Chris Squire _Mark King _Mel Schacher _Ray Shulman _Jack Bruce _Andy Pratt

I batteristi: _John Bonham _Ian Paice _John Hiseman _Jerry Gaskill _Jeff Porcaro _Rod Morgestein _Marco Minneman _Harry James _Neil Peart _Stewart Copeland

I trenta dischi da isola deserta (non più di uno per artista): _"Who's Next" _"Led Zeppelin IV" _"Boston I" _"Pink Moon" (Drake) _"Tumbleweed Connection" (Elton) _"Wolf City" (Amon Duul II) _"Triage" (Baerwald) _"Magical Mistery Tour" (Beatles) _"Hunky Dory" (Bowie) _"Broadcast" (Cutting Crew) _"Deep Purple in Rock" _"Hysteria" (Leppard) _"The Captain & Me (Doobies) _"Desperado" (Eagles) _"In the Can" (Flash) _"Selling England by the Pound" (Genesis) _"Three Friends" (Gentle Giant) _"Survival" (Grand Funk) _"High Tide" _"Thick as a Brick" (Jethro) _"Faith Hope & Love" (King's X) _"Roll'em Smoke'm..." (Patto) _"Power Windows" (Rush) _"Worlds Apart" (Saga) _"Abraxas" (Santana) _"Crime of the Century" (Supertramp) _"The Seventh One" (Toto) _"Close to the Edge" (Yes) _"Steve McQueen" (Prefab Sprout) _Pronounced Lehnerd Skinnerd

Le venti principali idiosincrasie (gente famosa, mitica, stravenduta, strasentita, osannata che personalmente vivo, caso per caso, con: indifferenza, moderato interesse o completo disinteresse, senso di generale sopravvalutazione ecc.): _Bob Dylan _U2 _Bruce Springsteen _Michael Jackson _Brian Eno _Clash _Guns & Roses _Lou Reed _Patti Smith _Jefferson Airplane _Fletwood Mac _Talking Heads _Tom Waits _Velvet Underground _Rem _Radiohead _Muse _Eric Clapton _Peter Gabriel _Nirvana

Tutto qui. Un caro saluto e buon ascolto quarantenato!

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editoriale di algol

Si sa.

Quanto più alta è la statura del Villain tanto più epica sarà la dimensione eroica del suo antagonista.

Il cattivo è l'unità di misura del buono, della sua dedizione, sagacia, forza ed astuzia. Il suo corrispettivo speculare, ma in negativo. In definitiva la sua dimensione.

Probabilmente è stata tutta colpa della visione a 10 anni de “L’Impero colpisce ancora”, il cui choccante finale lasciò un segno indelebile nella mia psiche ancora in formazione, coriacea quanto il molle ventre di un calamaro di Humboldt.

Ci volle un po' per realizzare che la pellicola era davvero terminata, Luke con una mano in meno e un padre di troppo, Han Solo cristallizzato, la resistenza spazzata via.

Troppo.

Così oggi capita di abbandonarmi a perfide derive, con sadico accanimento sui più sensibili nei panni di algol, mi dedico ad ascolti dalle tinte poco rassicuranti in pellegrinaggio presso i luoghi della mia psiche meno presentabili (Babadook docet).

Gli utenti più datati già conoscono la mia malvagità, eccovi un esempio di cui vado particolarmente fiero: tempo fa vidi un cieco che avanzava spedito come il Titanic verso i raggi di una bicicletta parcheggiata sul marciapiede … beh, me ne sono stato dall’altra parte a gustarmi la scena, ridendo a crepapelle quando quella cazzo di bacchetta oscillante andò inevitabilmente ad incagliarvisi trascinando il resto del malcapitato. Hehheheh.

Lo rifarei … lo so, sono una brutta persona.

Quindi nel vano tentativo di superare i miei atavici traumi oggi vi tedierò con la mia personale classifica dei cattivi cinematografici / fiction, dall’ottavo al primo posto, “A rebours” come direbbe Huysmans.

8 Tinky Winky, Laa Laa, Dipsy, Po (I Teletubbies)

Lobotomizzanti

Pensate quello che volete, ma sono sicuro che fanno parte di un diabolico programma di devastazione della psiche di generazioni di piccoli umani.

Se li incrociate sterminateli senza pietà.

Anche il sole-bambino è piuttosto inquietante.

Pure il trenino Thomas, ma questo è un altro editoriale. Forse.

7 Darth Vader (Star Wars)

L’archetipo

Iconico, che aggiungere?

La sua scintillante teca, il respiro meccanico, la fusione corporea ad elementi cibernetici a rappresentare l'incubo di assoggettamento dell'uomo alla macchina e la perdita della nostra identità.

Concetto quest’ultimo portato all’estremo dai Borg di Star Trek.

Ma anche il percorso di fascinazione al Male, da umano a inumano, è rimarchevole, ci interroga su quanto la Paura sia un potente motore nei processi di deriva morale.

Anche collettivi.

Peccato per la democristianissima conversione finale, uno spot per il cristianesimo che nemmeno il peggior Innominato uscito dalle pagine manzoniane.

Ovvero, puoi sterminareprevaricaredistruggere fare esplodere pianeti ma se, anche un secondo prima di trapassare ti penti (ma per davvero eh, giurin giuretta e non incrociare le dita che ti vedo) allora puoi andare nel Regno dei Cieli e della Phorza, ballare con gli Ewoks e scurdammoce o passato.

Che poi sarebbe il sacramento della Confessione.

Comunque voglio essere un padre amorevole come Vader.

6 Loki (Mitologia nordica)

L'ambiguità

Multiforme, insinuante, ingannevole, infido, calcolatore, corrotto, dispettoso.

Eppure capace di slanci inaspettati.

Loki offre una variegata panoramica: è una divinità norrena, ma quanto sembra terreno nelle sue grette mire?

Sfaccettato, come l'animo umano, che alberga abissi e vette.

Convincente Tom Hiddleston nella trasposizione cinematografica in Thor.

5 Souther (Ken Shiro)

La disciplina

Vabeh, mi rifiuto di pensare che esista ancora qualcuno ignaro della drammatica vicenda di estremo sacrificio. Molto nippo.

A volte il lato oscuro è un cammino impervio da intraprendere, una pedagogia da abbracciare.

E così l'amato Maestro impartisce l'ultima lezione facendosi uccidere per mano dell'allievo. Non avrai debolezze se non avrai nulla per cui soffrire, per cui temere.

Estirpa l'amore, e non soffrirai. Questa la genesi (vedi Darth Vader), la banale superfilosofia, la tentazione anestetizzante, la promessa di un’eterna aponia.

Ma quante volte ci illudiamo che la distanza emotiva possa metterci al riparo dalle delusioni che il prossimo inevitabilmente ci infliggerà?

Personalmente è un meccanismo di difesa che ho adottato.

E poi ieri soffiandomi il naso mi è partita una sonora scorreggia, segno evidente che pure io tengo i punti di pressione invertiti.

4 Il Colonnello Hans Landa (Bastardi senza gloria)

Geniale

Il bieco utilitarismo nel completo abbandono di qualsiasi principio etico, che non sia la propria affermazione personale.

Ma condito da intuizione, sottigliezza, acume e arguzia, financo classe. In una parola "Intelligenza"

Impossibile non collocare Christoph Waltz nel mio Olimpo personale, per me che anche nella vita reale preferisco mille volte avere a che fare con uno stronzo intelligente piuttosto che con un coglione ricolmo di buoni propositi.

Lo so, è una mia debolezza, ma tutto ciò che percepisco come stolto mi irrita irrimediabilmente.

3 Agent Smith (Matrix)

La freddezza

Infatti è una macchina, il suo monologo al cospetto di un Morpheus agonizzante, che accomuna la razza umana per modalità di adattamento e impatto all'ambiente al virus, è da applausi a scena aperta.

Il disprezzo, sublimato dalla maschera luciferina e asettica di Hugo Weaving, addirittura condivisibile.

2 Joker (Il Cavaliere Oscuro)

Destabilizzante

Nel secondo Batman della trilogia di Nolan inutile girarci attorno, il superbo Joker di Ledger fa paura.

Qua il concetto di Male assurge a vette di apologia eversive.

Talmente radicale da spingersi alla massima volontà e capacità di corruzione. Finalizzata ad imporre la sua anti – moralità a ad estenderla come un morbo disgregante dell’ordine sociale prestabilito, dimostrando che caos e assenza di connotati morali definiti sono costitutivi dell’essere umano.

Sostanzialmente un male altamente ideologico, autoaffermante, per questo spaventoso.

1 Lo Xenomorfo (Alien)

La purezza

Questo inarrestabile membro corazzato è animato da una forma di ostilità assoluta, totalmente priva di qualsiasi sovrastruttura ideologica, spoglia di motivazioni che non siano mera furia brutale e annientatrice diretta a tutto ciò che è "altro da sé".

Odio incondizionato, primordiale, innato. Ontologico in quanto costitutivo della natura di una creatura che all'unidirezionalità intransigente del comportamento teso alla distruzione aggiunge componenti morfologiche unicamente concepite per offendere.

La sua bocca vuole ucciderti.

Le sue diramazioni vogliono ucciderti.

I suoi stadi larvali vogliono ucciderti.

Addirittura i suoi fluidi sono letali.

Ogni suo gesto è finalizzato alla tua distruzione.

Come dice Bishop, ammirevole.

Ma la vera domanda è.

Quale il vostro cattivo preferito?

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editoriale di Ildebrando

Reduce della lettura della rappresentazione teatrale "Baal", da cui è tratta "La ballata per una ragazza annegata" (Milva canta Brecht), mi sono reso conto di quanto sia necessaria la conoscenza diretta delle cose al fine di poterne avere le giuste suggestioni. Sovente ho provato una malinconica e romantica tristezza, ascoltando le note del brano in oggetto. Tuttavia, leggendo l'intera opera da cui è tratto, sono giunto a quello con un senso di estraniamento; privo di languori o compianto e quasi innervosito dal trovare una tale punta lirica come prodotto di un personaggio vestito di nefandezze.

La "ballata per una ragazza annegata", pezzo di un crudo realismo, sintetizza uno dei momenti di piena lucidità di Baal, il protagonista dell'omonima rappresentazione di Bertold Brecht. Animato da una certa intransigenza, sfaccettata da punte frequenti di noia verso chi, di volta in volta, blandisce la sua vena lirica o la vilipende, Baal é tutto delineato dall'ancestrale eco del suo medesimo nome.

Originaria figura di spicco della mitologia fenicia, Baal, con il passaggio al monoteismo giudaico, iniziò ad indicare una statuetta materiale, simbolo della idolatria dell'uomo verso i falsi dei.

Parrebbe, in questo senso, emblematico, un passaggio della rappresentazione brechtiana in cui viene chiesto a Baal se crede in Dio e questi risponde:

"Credo in me stesso ma si può sempre diventare atei".

É qui, probabilmente, condensato il motore dell'intera opera.

Baal vorrebbe credere in se stesso come uomo, ma per rendersi tangibile e auto-comprensibile, necessita di gettarsi in un costante stato di ebbrezza attraverso i fumi dell'alcool, come se una reale ubriacatura gli potesse rendere più sopportabile l'intima estasi prodottagli dalla sua stessa vena poetica. Ancor più a fondo, Baal vorrebbe credere in se stesso come poeta, ma il sentimento vivo di rigetto verso la natura corrotta dell'esistenza, lo spinge a cercare impressioni di purezza nella poesia, che pure fatica a sgorgare, e di cui mendica il seme in fanciulle che, simbolicamente ed ostinatamente, sono definite come "illibate", nonostante appaiano come madidi fiori del male baudelairiani.

Così, il vivo sentimento del contrario che sgorga in Baal dallo scontro tra la sudicia esteriorità e la sua trasfigurante interiorità, si spingerà sino a produrre in lui la necessità di un gesto rinnegatorio: un gesto omicida, a cui seguirà la sua gretta morte, pressoché priva di rimorso.

In ogni gesto del protagonista, del resto, c'è una costante nota di cinismo che finisce, poi, per macchiare anche la sua stessa fine; un correlato del distacco che si presenta come primo germe della "terza voce" brechtiana.

"Quando, poi, nell'acqua
Il livido corpo marcì
Accadde, ma adagio
Che Iddio la scordò
A poco a poco
Prima scordò il suo viso
Poi le mani e i capelli
Una carogna fra tante carogne"

Questo scrive Baal per la donna che lo amava e che, da lui scarsamente apprezzata, muore suicida.

"Ci avremmo le uova, adesso, se non se le fosse mangiate lui. É il colmo: rubare le uova, quando è già steso sul letto di morte! [...] Che mancanza di riguardo. Uova in un cadavere!"

Riflette uno sconosciuto innanzi al corpo esanime di Baal.

Una carogna tra tante carogne...

Che venga dissipato ogni senso di pietà!

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editoriale di rafssru

Sono fan dei Pooh da 22 anni, da quel 1998 in cui andavo in vacanza ad Eboli ascoltando il loro Best dell'anno prima, fino al concerto al Palasele di Eboli, 29 ottobre 2016, ultimo mio concerto loro visto dal vivo, nonché penultima data in Campania della loro carriera. Da Eboli a Eboli.

Sul Debasio c'era chiaramente la voce Pooh, e anche quella di Roby Facchinetti, Red Canzian e Dodi Battaglia. Mancava solo Stefano D'Orazio, della formazione 1973-2009. E non mi soprendo neanche. Stefano era quello meno appariscente dei quattro, sia perché suonava sempre dietro, alla batteria, mentre gli altri tre erano più in vista, sia perché forse, in proporzione, era quello strumentalmente meno dotato, al punto che qualcuno ha ipotizzato che ci fosse una persona che suonava davvero la batteria, e Stefano facesse solo la parte. Stefano però è stato il secondo paroliere oltre a Valerio Negrini, ed ha dato tantissimo sotto altri aspetti. È stato l'uomo manager della band, che anche grazie a lui ha varcato la soglia dei 50 anni di attività. Stefano era l'unico non sposato dei quattro, almeno fino al 2017, quando nel giorno del suo 69esimo compleanno ha convolato a nozze con Tiziana. È stato colui che, dopo 38 anni, ha abbandonato la band, ha avuto il coraggio di rompere un disegno così perfetto, per poi riapparire sette anni dopo nella reunion, alla quale ha partecipato anche un vecchio compagno di avventura come Riccardo Fogli. Ma è stato anche colui che, nel 1971, aveva soppiantato addirittura Valerio Negrini, il fondatore della band, scomparso nel 2013. Soppiantato sia allo strumento, sia nella stesura dei testi. Stefano ha scritto tantissime belle canzoni, una su tutte "50 primavere" dedicata ai genitori. È stato l'unico dei quattro a non avere una discografia solista basata su album di canzoni, bensì su musical, ben quattro, senza considerare Pinocchio, che è stato anche album in studio: Aladin, la versione italiana di Mamma mia, W Zorro e Cercasi Cenerentola.

Stefano l'ho incontrato una sola volta, il 23 ottobre 2014, insieme a Manuel Frattini, che ha raggiunto dopo appena un anno. Ho due foto con lui e un autografo, un video per mia mamma, e gli feci anche una domanda, sulla differenza tra comporre testi per canzoni e comporre musical, e gli sono stato vicino per mezz'ora mentre parlava di musical con un allieva all'università di Salerno. Fu una giornata memorabile, di quelle che pensi "capita una volta nella vita, quando queste persone non ci saranno più ricorderemo sempre questo momento". E infatti è arrivato il momento di ricordarlo.

Rip Stefano D'Orazio (12 settembre 1948 - 6 novembre 2020).

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editoriale di JOHNDOE

80 pari pari e sto
Che tanto che te frega
La vita tua l’hai fatta
E pure si sei morto
Già ce lo sai che tanto sei immortale
Te rivedremo su la televisione
Su un teke teke su na cassetta dentro ar tubo ndo te pare giggè
Che adesso stamo male ce sta er virus
E mica è vita questa
Giusto dar bagno alla cucina senza mascherina
Hai fatto bene a annattene giggè
E dopo cena un uischetto alla tua memoria che alla salute pare brutto, c’hai salutato te
Un whisky maschio senza raschio cor fischio come te pare
Bona la prima giggè artro che stop
Che cuer regista nce capiva gnente
Grazie de tutto giggè
Speramo de volette sempre bene come tu ce l'hai voluto a noi

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editoriale di ALFAMA

PER CHI ABITA SASSARI DINTORNI VENDO CD USATI 3/2 EURO

MUSICA ABBASTANZA INTROVABILE IN NEGOZIO DALLA DISCOGRAFIA DI TIM BUCKLEY ALLA INCREDIBLE STRING BAND ( SOLO ESEMPIO) INDUSTRIAL/ POP ORCHESTRALE/ELETTRONICA, ANNI 60 E VARI GENERI

GIANLUIGI 0796045937 ORE PASTI PER APPUNTAMENTO

OFFERTE DA 2/3 EURO IN BASE ALLA VENDITA

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editoriale di Ildebrando

Quello che gli ammiratori della Pantera di Goro, hanno amato di "Milva e Dintorni" é sicuramente la mano di Franco Battiato. Sintetizzatori, violini, ritmiche serrate; non si può negare che la musica di Battiato abbia una ariosità tutta sua. Senza parlare dei testi citazionali; quasi degli elenchi su cui cala l'ombra dell'assurdo; l'essenza più vera della nostra esistenza, sospesa su di un insondabile ragione, forse solo immaginaria. "Milva e dintorni" è, probabilmente, l'approdo di un lavoro iniziato tre anni prima, senza che lo si definisca come il cammino da un perfettibile a un sempre più imperfettibile, o quasi. É definibile, piuttosto, come il terzo episodio di una serie, maturato e plasmato su di un nuovo incontro e una nuova personalità.

L'inizio di questa serie ideale è "Capo Nord" (1980) di Alice.

Un suggestivo trait-d'union tra "Milva e Dintorni" e "Capo Nord", é ravvisabile, ad esempio, nei due brani "Bazar" e "Poggibonsi", in cui si respira l'afosa stanchezza delirante di lontane piagge esotiche:

"Bevo acqua ossigenata, prendo una pipa, mi stendo sull' erba e fumo oppio al largo del Bazar" [Bazar]

"L'ultimo giorno di liberazione vedemmo i guerriglieri del Bengala sfilare come bellezze al bagno a Cesenatico" [Poggibonsi]

Ed un suggestivo fil rouge lo si ritrova anche tra:

"Sarà l'odore della pelle tua, sarà il colore che ti regala il sole, sarà che il mare mi fa liberare vecchi tabù e idee un poco strane" [Sarà]

"E una notte mi sorprese, insieme nella stanza, con le mani un po' tremanti, accarezzarti il ventre, sgomenti di paura, danno dell'educazione" [Tempi Moderni]

Dove si incontra il sapore agrodolce dell'Amore sensuale, sospeso ed esasperato da pudori instillati dalla crescita avvenuta sotto un'ala troppo ortodossa.

Nel secondo episodio della serie: "Alice" (1981) troveremo, per fortuna, una esortazione a lasciarsi andare:

"Tu non devi avere paura mentre senti la sua mano che ti sfiora lentamente la gola non è detto che ti voglia ammazzare, ma forse lui ti vuole solamente accarezzare" [Non devi avere paura]

Ma, ancora una volta, in "Capo Nord" si ritrova persino il germe di quel che sarà di Milva e Battiato, ancora più lontano, in "Svegliando l'amante che dorme". Il brano di chiusura "Guerriglia urbana", suona, infatti, in maniera bellica e cosmica come "Via Lattea" e "No time, no space".

In definitiva: chiunque rimpianga "Milva e dintorni" come pezzo unico di cui mai se ne avrebbe abbastanza, tenga in considerazione anche i due lavori che Battiato fece con Alice, prima di volgersi verso Milva, e non ne sarà deluso!

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editoriale di macaco

Una questione risolta e irrisolta mi accompagna in questi ultimi tempi (spero non tempi ultimi), in certi momenti aleatori nell´arco della giornata con una predilezione del dormiveglia.

É apparsa cosí, non ricordo come, e tutt`ora fluttua fra le onde del mio campo mentale.

Oddio... é una cosa che puó sembrar semplice e banale, non sto di certo parlando dell´equazione di Schrödinger, o dell´universo olografico, eppure la sua (o mia) semplicitá da spazio a certe elucubrazioni che andró brevemente ad esporre.

La domanda é: Zerovirgolanoveperiodico é uguale a uno?

La risposta a una domanda binaria é inutile senza la sua giustificazione.

Io rispondo si, con una certa sicurezza, o vorremmo veramente considerare rilevante una parte infinitesimale dell´infinito? Questo lo si puó affermare senza avvalersi della libertá che la matematica spesso si prende nell´approssimare.

Osservando la formula si nota come da un lato ci sia la ripetizione di un numero all´infinito, e dall´altro il simbolo piú semplice, una linea verticale, l´unitá. Vorrebbe forse dire che infinito e unitá coincidono? Avremmo cosí bisogno di rivedere la nostra idea di unitá, mentre la nostra idea di infinito resterá l´unica che puó essere, un´idea invissuta. Chissá invece cosa si potrebbe sentire percependo il tutto dentro l´uno.

Un modo di dimostrare la formula é secondo la geometria; il cilindro é un cono col vertice all´infinito.

Per concludere un accenno al numero 9 che appare con caparbitá ipnotica.

Di solito a lui piace nascondersi negli angoli piú reconditi. Per scovarlo peró, basta dividere l´angolo del cerchio sempre a metá e sommare gli algoritmi dei gradi cosí ottenuti. Il risultato sará sempre nove. Esso si mostrerá solo ai 90 gradi, senza malizia. Molte altre son le curiositá su questo numero, con le quale potrete divertivi scoprendole. Per ora chiudo qua e vi lascio alla vostra gioia.

Quindi se volete anche voi irrorrare i vostri neuroni com una dose di sana pazzia, sostituite le pecorelle con questa formuletta.

Buona notte!

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editoriale di Falloppio

Sono un dormiente.

Lascio i Depeche Mode nel 1984 con Gore che prende a martellate un palo della luce e Gahan che lancia pentole giù dalle scale. Periodo di Blasphemous Rumours. Video inguardabile. Musica coinvolgente. Poche altre band dell’epoca spaccavano così con l’elettronica. I teenager vivevano questo movimento, Electrical New Wave, entusiasti. Yo tambien. Ci consideravamo Carbonari. Eravamo in pochi a vantarci di conoscere Tora! Tora! Tora!, My Secret Garden, Something to Do.

Poi esce Black Celebration e li lascio andare alla deriva della musica. Gore era passato dal palo della luce a martellare i miei coglioni. Sento ancora parlare dei Depeche. Ma sono nel dormiveglia e se ascolto, dimentico. Quindi meglio non ascoltare. Perdita di tempo.

Dopo 35 anni, mi risveglio. E che cazzo, i Depeche ci sono ancora.

Guardo un loro concerto e scopro che Gore suona la chitarra e la suona anche male. Non sta più dietro le tastiere a deliziarci con qual suono synt molto 80’s. Hanno persino un batterista che tra l’altro, ha una strumentazione da fare invidia al tour di Palasport dei Pooh. E Gahan? Gahan sembra sempre lo stesso. Voce ipnotizzante e grande presenza sul palco. Il viso di uno che ha vissuto fino in fondo. Un duro dei film in bianco e nero. Ricorda Clark Gable di Via col vento. Allora riprendo in mano tutta la produzione post Some Great Reward. Black Celebration è un discone. Cazzo perché dormivo quando è uscito? E poi? Poi Strangelove, Little 15, Never Let Me Down Again. Ma mica finisce qui. Il bello deve ancora arrivare. Personal Jesus e Enjoy the Silence sono un’accoppiata da brividi. Posso metterle in loop per ore. E come un trattore, macino tutto fino a Spirit.

Torno a fare il dormiente.

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editoriale di Caspasian

La distruzione sistematica dei valori che sempre più ci travolge passa anche dalla chiusura dei negozi di dischi. Le fonti e i luoghi di aggregazione senza fini di lucro (specialmente psichico) devono essere eliminate per espandere a tappeto un controllo totale del "consumatore".

Tutte quelle situazioni accomunanti che creavano incontri, discussioni, confronti sono ormai bandite. Il grande inganno della tecnologia come evoluzione dell'essere umano è stata implementata, la ciliegina sulla torta sarà il microchip.

La peste ha contagiato tutti e tutti sono "felici" di essere assistiti financo nell'atto dell'andare di corpo. Non si è capito che quel buco serve solo per evacuare e non per "accogliere", ma usando quell'entrata le agevolazioni ce lo mettono letteralmente nel culo.

Chi è nato già "tecnologico" non immagina le sensazioni da essere umano che si potevano avere quando quei sabati pomeriggio "si partiva alla caccia", con due soldi in saccoccia ma pronti a tutto.

Sostanzialmente era il viaggio l'essenza di tutto. Arrivati poi al negozio non importava se compravi qualcosa, se avevi i soldi, se non trovavi quello che avevi in mente di prendere, ormai eri lì, inattaccabile, eri arrivato, ce l'avevi fatta... Eri nella tua isola e spaziavi libero senza catene, eri in compagnia nella tua solitudine.

Tra il nuovo e l'usato ti sbizzarrivi nella tua assenza, non c'erano più confronti, il senso di unità ti apparteneva e ti sentivi bene lì dove c'era posto per tutti, dove tutti erano nella stessa barca, dove tutti tifavano una sola squadra.

E non mi si dia del patetico, qui non ci si piange addosso, sto solo constatando una cosa: eravamo felici!

Un utente nel 2007 su un blog sintetizza l'inevitabile, ma attenzione, i nuovi giovani transumanesizzati non butteranno solo i CD dei padri...

Argonath scriveva: "Disfunzioni... che bei tempi... c'annavo du' vorte a settimana tra er '90 - '92 a sbavà sui ciddì che numme potevo comprà; già manco quelli... vicino all'università c'era un negozzietto andove i ciddì se potevano affittà e io meli scopiazzavo su musicassetta.... poi ho fatto i sordi e mò sò pieno de ciddì che le mie figlie tra 15 anni butteranno ar cesso...
Ammazza che traggedia."

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editoriale di kosmogabri

E poi improvvisamente, una sera che rientri a casa e ti immergi nei social, leggi una notizia che ti gela il sangue nelle vene, non ci credi, non può essere vero, è così assurdo. Un figlio che uccide il padre, in quella villetta di periferia in provincia di Alessandria. Cerca di bruciarne la salma in giardino. Il ragazzo ha poi confessato. Poche righe su un portale di notizie che definiscono l'orrore più assoluto. Tu quel padre lo conoscevi. Anche se a distanza di chilometri su chilometri. Un'amicizia virtuale che durava da più di quindici anni. Che poi dicono di questi social, ma a volte sì, certe amicizie sono più inossidabili di quelle nella realtà. Come in un mondo parallelo ma non per questo meno importanti.

Tu quel padre lo conoscevi, quante volte avete parlato di musica, di libri, di cinema, qui su Debaser e su altri forum, e su facebook. Di emozioni, di piacere, di bellezza. Quante volte avete chattato raccontandovi le vostre preoccupazioni, i crucci, gli insuccessi. Quante volte quel padre ti ha consigliato o rassicurato. Una presenza costante, su cui fare affidamento. E i suoi messaggi di coraggio durante il lockdown, intrisi di pazienza. E i suoi ultimi post su facebook, quel libro che aspettava con impazienza. Niente faceva presagire la tragedia. Ma è avvenuta. Brutale, incomprensibile, atroce. Disumana.

Impossibile definire il turbinio che ruota vorticosamente nella tua testa. Vortice che che provoca solo vuoto. Un vuoto che mai più sarà colmato dalla intelligenza, cultura, signorilità, arguzia, curiosità, passione di questo padre. Altre parole non sono esprimibili.

Addio Voodoomiles.

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editoriale di Falloppio

L'anno 2020 è stato un calcio sui coglioni per la musica indipendente. Poveri musicisti (la parola musicista forse è troppo per chi non suona per professione, più corretta la parola musicante). Poveri noi.
Suonare dal vivo una volta al mese per prendere quattro spiccioli e investirli subito per comprare della nuova strumentazione. E continuare a spendere in sala prove e in benzina per andare in giro a cercare altri locali.
Così l'anno della pandemia ha dato un bel colpo secco a tutto. Un colpo di spugna sul bancone per togliere gli aloni dei bicchieri della birra che chi suona, conosce bene.
Il musicante beve.
Chi suona ha sempre sete. Ricordo il mio chitarrista Francesco che dopo un concerto voleva andare a fare rissa con il gestore del locale perché non voleva pagare. Perché non ci paghi? Cazzo! Perché il tuo chitarrista ha bevuto 23 Ceres! Fra perché hai bevuto 23 Ceres? Perché avevo sete.
Se fai musica hai sempre la gola arsa. Qulacosa brucia dentro.
E nel 2020? Punto a capo. Cosi si può dire "C'era una volta". E come sarà il dopo? Quien sabe.
Certo che io dopo 14 anni di inattività decido di far uscire il mio disco il 15 marzo 2020. Lockdown. O come dicono i francesi "confinement', parola che spiega meglio il periodo. Stop. Tutti fermi. Tutti in casa. Via la musica, su la mascherina.
La voglia di suonare non è più una priorità. Almeno non lo è per gli altri. Gli artisti, quelli veri, con la diretta streaming. Gli altri, noi, con un disperato WiFi con il quale non riesci neanche a parlare con WhatsApp. Perché la voce va a scatti, le immagini si bloccano saltellando.
Una giusta selezione naturale. Chi ha i mezzi in qualche modo riesce ad andare avanti per gli altri buio pesto
Provo a immaginare un futuro prossimo. Ma faccio fatica. Si ricomincerà a suonare dal vivo, nei pub, nelle birrerie, ma sento che qualcosa si è spezzato, incrinato, un segnale distorto. Non si parla più di procedere in salita, questa è l'ora dell'arrampicata.
L'energia non c'è più. Consumata dall'omicidio dell'idea, della genialità, l'eliminazione dell'artista da strada
Non gliene frega un cazzo a nessuno della minoranza. Una minoranza di Rockers.
Cosa si può fare? Si ricomincerà senza strategie. Con tanta voglia di suonare. Perché musicante ha sempre sete.
Flavio ordina delle birre medie.
Chi vuoi bere? Questo giro lo offro io.

(Scritto a cazzo dal cellulare)

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editoriale di kloo

Quando l'età era tenera i ricordi si sfumano e si possono racchiudere in un arco temporale che va dal 1993 al 1997, quello era il periodo dei viaggi con papà che siano vacanze o per fare commissioni. Il mangianastri, dell'uno grigio prima e della tipo nera poi, era l'unico mezzo per poter ascoltare musica in macchina.
Mio padre era (è) un patito di progressive rock e hard rock e degli ann' 60 e 70 (prima metà) in genere, le meno scontate:

In Hiding
Hymn For The Children

Nothing Left To Lose
Autumn
Come Away Melinda
Lazy

Poi ce ne sono tante altre che ora non arrivano ma che se necessario aggiorneranno questo editoriale.
La seconda fase è quella MTV, quindi, canzoni che ascoltavo assieme a mio fratello più grande di 6 anni nel periodo tra il 1997 e il 2001.

Smack My Bitch Up INVERNO 1997-1998
Intergalactic PRIMAVERA 1998
Acida PRIMAVERA 1998
Life ESTATE 1998
Deeper Underground ESTATE 1998
Music Sounds Better ESTATE 1998
Ava Adore ESTATE 1998
I'm Think I'm Paranoid ESTATE 1998
Narcotic AUTUNNO 1998
If You Tolerate This AUTUNNO 1998
Fly Away INVERNO 1998-1999
My Favourite Game INVERNO 1998-1999
My Name Is INVERNO 1999 (NBA 1998?)
Praise You INVERNO 1999
Flat Beat PRIMAVERA 1999
Valvonauta ESTATE 1999
Freestyler ESTATE 1999
Scar Tissue ESTATE 1999
Rollin' INVERNO 2000
Rock DJ ESTATE 2000
One More Time INVERNO 2000-2001
Stronger INVERNO 2000-2001
Starlight AUTUNNO 2001


E tantissime altre in cui la mia memoria inganna.
Dopo gli anni delle medie tutti si assestò: I miei fanatismi divennero metastasi, Napster/Emule/Winmx divennero di uso comune ed il sapere musicale diluito e senza tempo e la mia cultura musicale si ampliava fino ad erodere il conosciuto.
Arrivò QOOB ed i primi acquisti, il passaggio al negozio di dischi e le prime band brufolose.

EXTRA:

Trigun
Celebrity Deatmatch
Daria
Excel Saga
NGE
Slam Dunk


e ancora

Daltanious

Daitarn III
Demetan
Nana
Carletto

Memole
Bia

Vultus V
E' Quasi Magia
Occhi di Gatto
Ken


Buon Ascolto...

.









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editoriale di Stanlio

O meglio, alcune canzoni dei miei ricordi dal ’65 al ‘74:

Viva la pappa col pomodoro credo fosse all'incirca nel ’65 avevo 6/7 anni e la sentii (vidi) alla tv…

La Bambola era una sera d’estate e stavo sotto le lenzuola nel mio primo collegio (a S. Vito Al Tagliamento) la musica veniva da fuori chè tenevamo le finestre aperte per il caldo…

Il Silenzio anche questo lo mettevano quasi sempre la sera in collegio quando andavamo a dormire (marò che tristezza) e mi piaceva un sacco…

Senza luce - Piccola Katy qui ero nel secondo collegio (a Conegliano) in camera di amici più grandi…

Probabilmente fu la prima in ingles Let It Be e ed ero nel mio 3° ed ultimo college (a Milano) ci rimasi per le medie e le superiori in totale 7 anni…

Niente da capire la mia prima vacanza con gli amici, 15 giorni in tenda prestataci dal prof. di educazione fisica, a Marina di Massa…

E niente (siccome mi si stringe il cuore) mi fermo qui che poi uscii dal collegio e dal mondo della scuola (dove m’ero abituato) e quel poco che imparai mai mi servì veramente (a parte leggere e far di conto ed anche un po’ di francese e un po’ più d’inglese…), per entrare nel nuovo mondo dove mi trovo tutt’ora e a cui non mi sono ancora abituato…

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editoriale di zaireeka

Premessa fondamentale:

Questa mia cosa non vuole essere l'ennesima rivisitazione ed emulazione di "Alla ricerca del tempo perduto" di M. Proust o di "Anima mia" (il programma televisivo) bensì nasce dalla constatazione che la musica ed in particolare l'ascolto di alcune canzoni si è legato per sempre, nella mia memoria, in maniera a volte misteriosa, a singoli episodi della mia vita.

Il mistero nasce dal fatto che a volte nè la canzone nè l’episodio sono in indimenticabili (ci sono stati tanti altri ascolti di quella canzone e ho vissuto altri episodi simili in altre circostanze), e allora forse c’è qualcosa che mi sfugge che mi porta a ricordare quella strana coppia..

Penso che comunque questi episodi, insieme alle canzoni su cui sono scolpiti, siano preziosi perché le vedo un po' come delle pietre miliari, che in se possono anche non avere un particolare valore (in fondo sono solo pietre), ma aiutano ad orientarsi e soprattutto a capire quanta strada si è fatta e come in fondo si è rimasti sempre uguali, apparentemente cambiando.

Ho cercato di elencare le prime che mi venivano in mente (nel periodo in questione per quanto mi riguarda, forse verrà una seconda parte), sarebbe bello che qualcun altro lo facesse, così, per conoscersi meglio, di me penserete, forse, che sono solo un clandestino che si spaccia per capish, o lo sono diventato solo con il corso degli anni :-)...

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Erba di casa mia (marzo 1972):

La prima canzone da adulti che ho davvero adorato, la ascolto registrata, direttamente dalla tv, sul registratore a bobina di mio padre, in stanza di mia sorella.

Non pensarci più (Novembre 1974):

Una domenica sera, il giorno più triste della settimana, sul televisore in bianco e nero a casa di alcuni miei zii.

Kung fu fighting (Giugno 1974), Ramaya (Luglio 1975):

Pura gioia infantile, dimenandosi e stupido come solo un bambino sa essere senza sentirsi tale, in un giorno di vacanza come tanti.

Michelle (Agosto 1976):

Ascoltando questa canzone, la imparavo a suonare sulla mia prima chitarra (una Eko) in un albergo di montagna nella Sila piccola (Calabria). Io e mia sorella abbiamo da poco scoperto i Beatles.

'A canzuncella (Ottobre 1977):

La suonavo alla chitarra a casa di un mio amico vicino di casa, sto affrontando i barrè. La madre aveva preparato il riso allo zafferano, un colore giallognolo, disgusto totale.

Dimentica Dimentica (agosto 1977):

Sempre in quel villaggio di montagna, la sento al juke box e mi prende un magone terribile, sempre colpa delle vacanze che stanno finendo...

I’ll write a song for you (maggio 1978):

Di ritorno, di notte fonda, da una gita delle medie. La radio sul pullman la trasmette. Indimenticabile atmosfera.

How Deep is your love (dicembre 1979):

Ad una festa di compleanno, la mia compagna di classe del ginnasio per cui mi sono preso una grande cotta mi invita a ballare apostrofandomi “il più carino della classe” (vabbè, c'era sotto anche un gioco di parole..) ed io timido come un koala rifiuto..

Stella di mare (agosto 1979):

Ne ho già parlato.

Feste di piazza (agosto 1980):

Sono un fan scatenato di Bennato. Provo a suonarla e a cantarla, munito di chitarra e armonica a bocca (il supporto per tenerla davanti alla bocca fatto da me con un filo di ferro abbastanza robusto...), davanti a un pubblico di amici, nella loro casa al mare. Un po’ per sfottermi mi chiamano Benny..

Fifth of firth (ottobre 1983):

Nel salone di casa dei miei, ho scoperto da poco i Genesis grazie a un collega universitario, le mega-casse Sansui sul mobile di pregio del salone (mia madre si lamenta della cosa...) suonano a tutto volume.

Sinfonia n.5 di L.V. Beethoven - Primo movimento (Giugno 1985):

E' da poco successa la brutta storia dell'Heysel. Ho appesi in camera mia articoli di giornale pieni di odio per il Liverpool e per i suoi tifosi, e per tutti gli inglesi. Affianco un immagine, tratta da una edizione in vinile della sinfonia, di H.V. Karajan che la dirige, in posa maestosa.

I just called to say I love you (Febbraio 1986):

Il primo ballo con mia moglie, in un posto non eccessivamente magico, appena conosciuta.

Amori in corso (Marzo 1986):

A casa di mia moglie, su una poltrona, una in braccio all'altro. Su un piccolo stereo gira l'album che le ho regalato da pochi giorni.

Alta marea, Mare mare (Luglio/Agosto 1992)

Una sbandata per una collega, la classica “bottiglia che ti ubriaca senza averla mai bevuta”. In macchina, in fuga verso il mare, da solo.

Non sparare (Ottobre 1992):

Icaro è un grande album, Renato Zero è una passione della mia ragazza, momentaneamente ex, ascolto questa canzone, sono particolarmente stupido, ingenuo e sensibile, si vede dagli occhi. In macchina senza una meta, da solo.

La lambada, Guantanamera (Giugno 1995):

In viaggio di nozze a Cuba. In piscina, di giorno, e la sera, il ballo nazionale cubano.

Il ballo di S. Vito (Agosto 1997):

Sulla spiaggia, bagno di mezzanotte. Pura gioia infantile, canto a squarciagola, dimenandomi e stupido come non solo un bambino sa essere senza sentirsi tale...

Another lonely day (Giugno 2000):

Comprato l'album il giorno prima della nascita di mia figlia. Lo ascolto, da solo in casa, alle cinque di mattina, da mezzogiorno saremo in tre.

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editoriale di enbar77

Qualche anno fa, quando era da poco iniziata la mia avventura sul sito, avevo pubblicato una recensione piuttosto critica sul primo album dei Doors. Venni naturalmente subissato da improperi perché, principalmente, secondo chi credeva di saperne più degli altri, avevo osato non dargli un voto pieno. Nulla da eccepire sulla qualità del disco assolutamente altissima ma, il voto monco aveva una sua spiegazione: mi domandavo, sperando in una risposta esaustiva da chi ne sapesse più di me, quale sarebbe stato il peso specifico di Morrison senza i Doors. Qualcuno, non senza malafede, fece il bullo dicendo che i Doors senza Morrison (io mi interrogavo sul contrario) avevano scritto solo la pietosa “No me moleste mosquito”. I Doors erano un gruppo e non solo Jim Morrison. Lo ribadisco. Ognuno non poteva fare a meno dell’altro. Punto.

Allora mi domando ancora, chi era Jim Morrison? Morrison aveva talento da vendere, una personalità molto complessa a volte inerte o ad azione inerziale, vampirizzata da chi poteva trarci una qualsiasi forma di profitto. Era un ragazzo bellissimo che si trovò nel posto giusto e al momento giusto in una America martoriata dalle pessime notizie provenienti dal Vietnam e che sentiva la necessità di evadere, pur in modo stupefacente. Era fondamentalmente schivo, insicuro, caratterialmente debole ma molto passionale. I suoi pensieri, profondi, immortalati su montagne di taccuini, venivano molto spesso declamati (anche bene) ad un pubblico di pochi estimatori che riuscivano a coglierne il senso. Sapeva mescolare sesso e poesia, droga e misticismo. Un perfetto animale da palcoscenico che sapeva estasiare il pubblico con furiose danze sciamane, urla selvagge e brucianti provocazioni. In quegli anni ci poteva stare tutto. Anche quegli “inviti” al parricidio e ad un edipico incesto, molto spesso abbonati dalla feroce ipocrisia del bigottismo a stelle e strisce. I Beatles per molto meno furono crocifissi in sala mensa dal Ku-Klux-Klan e i loro album fecero la fine di Giordano Bruno. Un miserevole tentativo di arginare la “British Invasion”? Mah… Ci poteva stare tutto. Anche i voli d’angelo sul pubblico trepidante e i crolli sul palco tutte le volte che veniva fucilato dal Milite Ignoto. Però Morrison era anche una irriducibile testa di cazzo, oltre al fatto, fondamentale, che senza gli altri Doors non sarebbe mai diventato il mito tuttora vivente. E adesso non venite a dirmi che non è vero.

Morrison, forse, voleva essere un nuovo Lenny Bruce o un “poeta maledetto” e fu Manzarek, vero collante del gruppo, a cogliere per primo l’intensità dei suoi scritti, convincendolo a musicarli. Altrimenti, tutte quelle canzoni che ancora resistono ai tempi dell’attuale e indecoroso pattume musicale circolante, non sarebbero mai state scritte. Paul Rotchild, produttore e rollatore di canne da competizione, era uno che ci aveva visto giusto e giocò le proprie carte. Cosa sarebbe stata “Light my fire” senza l’abbrivio d’organo di Manzarek, l’assolo centrale di quest’ultimo che passa la palla ad un eccellente Krieger, il commento percussionistico sporco ed efficace di Densmore? Cosa sarebbe stata “People are strange” senza il riff di Krieger e l’intermezzo da piano-saloon di Manzarek? E quell’accordo echeggiante che chiude il brano infrangendosi sullo “…strange” distorto di Morrison? Fenomenale. La tastiera onomatopeica di “Riders on the storm”? L’assolo che brucia l’incursione di Mr. Mojo in “L.A. Woman”? Chapeau. E meno male perché nella versione presente sull’album omonimo, Morrison, innaffiato d’alcool, canta come se avesse una zolla di terra tra le tonsille. E il riff spagnoleggiante di “Spanish Caravan”? Le corde accarezzate per l’effetto straniante di “The end”? L’incursione di “Roadhouse blues?” E l’incipit di “Love me two times”, “Break on through”? “Strange days”, a mio avviso la più bella canzone del gruppo, racchiude tutto il potenziale dei Doors, impreziosita da una lisergica parte cantata, dalle percussioni tribali di Densmore e dal basso di Doug Lubahn. Certo, ovviamente senza Morrison tutto ciò non sarebbe mai stato creato. Quando ci stava con la testa, con il cuore e (non me ne vogliate), con il gioiello eretto, Morrison faceva emozionare. Senza di lui nessuna delle canzoni citate avrebbero beneficiato della stessa anima, così come senza gli altri le stesse non sarebbero mai diventate tali. Purtroppo, tranne l’album di debutto ed “L.A. Woman”, gli altri andarono piuttosto maluccio. Morrison pativa molto il successo fulminante dei Beatles e, alla faccia dello Scaruffone, li ammirava. Esiste una versione di “Tomorrow never knows” improvvisata con Jimi Hendrix, mentre Krieger, spesso e volentieri suonava le note di “Eleanor Rigby” nell’intermezzo di “Light my fire”. Nel 1968, su invito di George Harrison, Morrison fece visita ai coleotteri durante le sessioni del “White Album”, dove con tutte le probabilità partecipò ai cori di una delle tracks di “Happiness is a warm gun”.

Ma cosa voleva essere Morrison? Attore? Poeta? Cantante? Perché rifiutò il poderoso trampolino offertogli da Andy Wahrol? Perché riuscì a farsi bandire dall’Ed Sullivan Show? E Michael McClure? Francois Truffaut? Incomprensioni? Forse. Ma anche perché era una testa di cazzo. Mi dispiace dissentire da Manzarek quando questi si dolse con Oliver Stone per aver dipinto Morrison, nel film su di lui incentrato, come un pazzo e un ubriacone. Purtroppo e sottolineo purtroppo, lo era. Film che, tra l’altro, a parte qualche enfasi di troppo per questioni di romanzatura, lo descrive fin troppo bene e non solo sotto il profilo peggiore come alcuni critici sostengono. Nelle quasi 600 pagine della biografia di Stephen Davis, non esagero se in almeno 2/3, Morrison risulta completamente ubriaco, strafatto o entrambe le cose. Gli eccessi hanno contribuito fattivamente a consumarlo così rapidamente sul palcoscenico della propria vita. Cosa sarebbe diventato Morrison con qualche eccesso in meno, qualche rifiuto in meno e qualche ragionamento in più? Negli spettacoli dal vivo, niente di meglio per esprimere al massimo le proprie virtù artistiche come invece fu per Jimi Hendrix, sarebbe bastato abbandonarsi alle innovative performances di cui sopra: 7 volte su 10 veniva lasciato da solo, anche perché era difficile stargli dietro, dagli altri membri del gruppo, (Densmore ne risentiva moltissimo) sorretto esanime dall’asse del microfono o addirittura abbandonato dal pubblico tediato da sconclusionate e biascicate “Celebrazioni del Re Lucertola”, altrimenti suggestive se fosse stato quantomeno sobrio. Per non parlare delle volte in cui venne cacciato dagli organizzatori o trascinato giù dal palco e arrestato (11 volte) dalla polizia. Non si contano le volte che veniva ritrovato collassato sulle panchine o privo di sensi tra i cespugli di un parco dopo aver vomitato sui passanti. Spesso veniva sorpreso ad urinare in pubblico sul primo muro a disposizione o disprezzava esplicitamente le persone di colore etichettandole con il razzistissimo “Negri!”. Se la memoria non mi inganna ne fece le spese anche Arthur Lee dei Love ma come riassume chiaramente Davis:“Jim'spoteva tracannare due dozzine di bicchierini di whisky e una dozzina di birre senza darlo a vedere. Poi però bastava un altro bicchierino per trasformarlo in un barcollante, psicotico ubriacone che gridava – Negro! - per le strade…”. Spesso fu anche violento e non sono poche le donne che hanno assaggiato le mani (o le bottiglie) di un Morrison completamente stravolto da alcool o droghe, dove anche Janis Joplin, presa per i capelli ma non picchiata, ne seppe qualcosa.

Anche la Courson, una eroinomane dalla mutanda allegra, contribuì attivamente e passivamente alla sua distruzione. Le litigate per motivi di gelosia sono state molteplici e furenti con relativo e reiterato scambio di conifere: lui con giornaliste o cameriere, lei con spacciatori o amici del momento. Più divisi che uniti dicevano di amarsi, anche se la presenza di lei si materializzava puntualmente quando sfasciava una macchina che lui prontamente gli ricomprava, quando doveva provvedere all’inventario di costosi capi d’abbigliamento di una improbabile boutique e quando doveva andare ad abitare in sontuose villette in affitto. Fino al triste epilogo, quando lo lasciò galleggiare imbolsito e pietosamente gonfio, in una vasca da bagno in Rue de Beautreillis a Parigi. Aveva 27 anni e ne dimostrava più di 40.

Qualche anno fa ho avuto la fortuna di visitare il dedalico cimitero di Père-Lachaise, non senza una mappa quasi inutile e una buona dose di pazienza. Quando sono riuscito a scovare la sua tomba, dopo essere inciampato su quella di Chopin e di Jacques-Louis David, ci sono rimasto male. Nessun pellegrino. La vecchia lapide divorata dai graffiti è stata sostituita e cautelativamente transennata, all’ombra di qualche quintale di gomme masticate. L’ho salutato e gli ho reso doveroso omaggio. Ma gli ho anche detto che era una testa di cazzo. E non venite a dirmi che non è vero.

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editoriale di Kiodo

Sento la necessità di dover aprire questo pezzo con una premessa utile a chiarire una volta per tutte alcuni punti riguardo la mia posizione: non sono un recensore musicale.
Addirittura non ho direttamente a che fare con la musica da anni. Molto più semplicemente, sono il tipo di polemista seriale che trova nella scrittura la sua migliore occasione per formulare pensieri di senso compiuto, del tipo che utilizza i versi delle canzoni come intercalare.
Penso in musica, scrivo per limitare la pessima abitudine di rimanere solo con i miei pensieri ed il confluire degli stessi attraverso sonore bestemmie che squarciano il silenzio dei pomeriggi feriali.
Perché si, sono un anonimo operaio e questo è qualcosa di particolarmente rilevante per questo editoriale.

Quando gli Spanish Love Songs uscirono con "Schmaltz", il secondo capitolo della loro fin quí giovane carriera (nonché l'album che mi iniziò al loro ascolto), avvertii in maniera pressoché netta la sensazione che quel disco fosse esattamente ciò di cui avevo bisogno.
C'è stato fin da subito qualcosa nel suo lirismo, un livello di onestà che sentivo mancare da altre band che avevo consumato di ascolti fino al giorno prima.
Fra i diversi elementi che personalmente mi parvero rilevanti del disco, quello che ha catturato in misura maggiore la mia attenzione è stato anche quello presentato nella maniera più inaspettatamente sincera: uno sguardo (veramente) onesto ad apatia e depressione.
Non si trattò assolutamente del solito disco su come le cose sarebbero andate meglio, ma su come non sarebbero mai andate.
Il che si rivelò utile, in un certo senso, ad affrontare un periodo non propriamente esaltante, togliendo la pressione e sostituendo la speranza con l'accettazione. Per citare un verso di "Haloa To No One:

“Potresti cambiare taglio di capelli, ma sembrerai sempre imbarazzante. Il tuo mal di schiena potrebbe anche alleviarsi, ma non ti riposerai mai. Potresti andare avanti, ma non ti sentirai mai importante. Potresti stare bene, ma non sarai mai il migliore. Quindi quando ti svegli e sai che non starai mai meglio: nasconditi sotto le lenzuola, la tua stanza sarà sempre un disastro. "

Con l'avvicinarsi della pubblicazione di " Brave Faces Everyone ", quindi, i miei colleghi di fanbase ed io eravamo entusiasti per il nuovo sforzo della nostra nuova band preferita. Detto questo, tutti mettemmo le mani avanti (ma dai?), come a scongiurare il fatto che probabilmente il successore di "Schmaltz" non avrebbe avuto la stoffa per raccoglierne il testimone.

Ed invece, gli Spanish Love Songs fecero qualcosa che non mi aspettavo, nel momento nel quale meno me lo sarei aspettato, di nuovo: mi sorpresero.

E, nel farlo, mi trovarono senza parole.
Consapevolmente o meno, sembró fin dal primo ascolto che " Brave Faces Everyone " riprendesse un discorso mai veramente concluso con " Schmaltz ", ma invece di infierire ulteriormente verso l'interno, il loro sguardo questa volta fosse rivolto verso l'esterno.

Attraverso gli stessi canoni di scrittura fatalistici di questa nuova corrente di "punk emozionato", gli Spanish Love Songs agitano il loro contenuto lirico per ottenere una nuova miscela e discutere sulle prime di capitalismo di classe e poi, una volta scaldato il motore, di gentrificazione, sparatorie scolastiche, abuso di droghe, traumi generazionali, abuso di potere da parte della polizia (ben lontani dai fatti di Minneapolis) ed altro ancora.
Tutto questo senza sacrificare il marchio di fabbrica, la straziante semplicità del loro modo di raccontare storie, realizzando quello che è un album punk-rock nell'accezione più squisitamente contemporanea del genere, profondamente personale e straordinariamente politico:

“Quindi, sto lasciando la città. Forse il paese. Forse la terra. Troverò un posto tutto mio, dove i coglioni non sono poliziotti che pattugliano i quartieri di cui hanno paura. E il resto di noi non si esaurirà spostando la gente del posto dai quartieri di cui abbiamo paura. Ora, se non venissimo salvati ogni volta dai nostri genitori saremmo morti. Cosa succederà quando saranno morti? "

-" Losers 2 "

In questo disco la band riesce a catturare le ansie e i fattori di stress del nostro momento attuale, senza prendere eccessive distanze dai propri privilegi. Di più, riescono a farlo senza sporcarsi di appropriazioni culturali dei simboli delle comunità oppresse a cui non appartengono:

"Hai detto 'l'ansia è il tema comune delle nostre vite di questi tempi'. Non posso nemmeno bere il mio caffè senza sfruttare qualcuno o rendere miliardario un altro milionario. Cosa ci vorrebbe per essere felici? Probabilmente inizierei con i loro soldi.

-"Optimism (As A Radical Life Choice)"

E tutto questo, la densità emotiva di temi mai così sentiti come oggi, esplodeva con la pubblicazione di "Brave Faces Everyone" in data 20 febbraio 2020, appena prima che la scia di eventi che tutti noi conosciamo si avventasse improvvisamente sulla nostra quotidianità, riducendoci come niente prima di allora a mucchi d'ossa e nervi scoperti.

Nel complesso, a distanza di 5 mesi da allora, mi scopro improvvisamente a non essere soddisfatto neanche un po' dalla risposta della maggior parte del movimento alternative/punk al momento che stiamo vivendo; senza fare nomi, è scioccante per me che non ci sia stata una sorta di rinascita del punk-rock.
Perché se da una parte continuo ad ammirare molte delle band di questa non-scena contemporanea con la loro apatia, con quell'atteggiamento "io ed i miei amici sul furgone e nient'altro", il fatto che in tempi di lockdown (tanto per fare un esempio) si siano preoccupati maggiormente di vendere ticket per show privati in streaming piuttosto che scendere in strada, per me è allarmante.
Sembra consapevolmente apolitico, in un momento che dovrebbe essere tutt'altro.

Ancora più interessante, almeno per quanto mi riguarda, il fatto che molte di queste band si allineino effettivamente al femminismo, o Black Lives Matter, o a qualche ideologia generalmente progressista, il che è grandioso, eppure faccio fatica ad ignorare il pruriginoso rimirarsi da parte di alcune delle suddette band nel riflesso di certi stilemi ed inevitabilmente finisco col chiedermi: è un fallimento della cultura e del genere di cui mi sono innamorato? Questa realtà vissuta al ritmo di meme non consente un esame più approfondito? Può esserci altro che esuli dal discorso "sbattimenti e deprenoia"?

Sono contento che così tante band di estrazione rock stiano prendendo posizioni nette allineandosi ad una forma di pensiero progressista, ma se all'atto pratico non si traduce nel materiale musicale, cosa stiamo davvero realizzando?

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