editoriale di sfascia carrozze

Il piccolo Mariolino ha due piccoli pappagallini in gabbia che gli son stati regalati qualche giorno addietro dal papà per il compleanno.
Sono uno rosso e uno verde.

Un bel giorno Mariolino mentre gioca vicino alla gabbietta, inavvertitamente urta l'asta sulla quale è appesa e questa prima oscilla e poi cade di schianto liberando di colpo i due uccellini.

I due poveri volatili non essendo più abituati dopo qualche metro di volo incerto e zigzagante poggiano le proprie esili zampettine sui rami più alti dell'albero di mele piantato proprio di fronte alla finestra.

[LO SO CHE NON STATE ANCORA RIDENDO A CREPAELLE: ABBIATE PAZIENZA E, SOPRATTUTTO, FEDE]

Mariolino, disperato e singhiozzante, chiama a gran voce la sorellina più grande, Mariolina!

[PORCO BOIA! NON E' COLPA MIA SE I GENITORI NON SONO MOLTO FANTASIOSI COI NOMI]

"Mariolina! Presto.. son scappati i pappagallini! Sono volati nell'albero di mele!
Per favore, ti prego, ti supplico, aiutami a prenderli prima che volino via!
"

Mariolina invero un po' seccata (giocava con Barbie e Ken, nonostante i suoi 33 anni) prende la scaletta e la appoggia all'albero.
Saliti gli ulltimi pioli sparisce per qualche istante in mezzo ai rami.

Dopo un po' scende velocemente i gradini della scala e porge a Mariolino solo uno dei due pappagallini.

Mariolino:
"Ma.. perchè hai preso solo quello rosso? L'altro dov'è? E' volato via?"
Mariolina:
"No, Mariolino, vedi, ti spiego una cosa che quando diventerai grande capirai: l'altro, quello VERDE, era ancora acerbo!"

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editoriale di Martello

Tanto tempo fa (mica tanto in realtà) andavo al liceo, non avevo i capelli lunghi e ero fissato con la musica. Chi ha la fortuna di essere del Valdarno saprà dov'è San Giovanni Valdarno (indovina un po' dov'è? Non l'avrei mai detto). Ecco, io andavo lì a scuola e ogni giorno per tornare a casa mia (che era sempre nel Valdarno, ma un po' più defilata) dovevo prima prendere un autobus che mi avrebbe portato a un autostazione per poi aspettare mezzora per prendere un altro pullman che passava per le strade più defilate d'Europa, dove paesi sconosciuti quali Comugni, Campogialli e soprattutto LA TRAIANA passavano come passavano le madonne del conducente. A volte capitava che quell'autobus che mi avrebbe portato all'autostazione lo perdessi miseramente e che dovessi aspettare il prossimo (che di solito arrivava dopo una quarantina di minuti). Non avendo mezzo posto dove sostare un attimo, tra panchine delle fermate strapiene e bar dove faceva un freddo bestia, l'unico posto dove potevo e volevo sostare era un negozio che vendeva strumenti e CD: ora come allora porta il nome di Musicomania.

Quella era la mia palestra, dove mi sono formato musicalmente: il proprietario mi conosceva da tempo e anzi fu lui a istruirmi sull'idea di musica (per esempio al fatto che il CD sia superiore al caldo LP, per la qualità del suono) ed è lì che comincia a formarmi una mia identità musicale e a spendere i miei primi soldini in CD e LP. Il primo credo sia stato uno di Frankie hi nrg (se non erro Ero un autarchico), poi col tempo andai a scoprirmi Bersani, Silvestri, Litfiba, De Andrè e di recente anche gli Eugenio in via di gioia (ascoltateveli tra l'altro, sono fantastici). Poi man mano che andavo avanti a CD e soldi spesi, comincia a girare anche altri luoghi in cerca di altri negozi in cui vendessero atri CD (che Musicomania stava cominciando a scarseggiare per i CD), ma per quanto mi sforzassi nel Valdarno non riuscii a trovare nient'altro. Fu un periodo buio, vuoi per la pressione scolastica, vuoi per la mia ossessione non placata, ero disperato (si ok, allora c'erano sia discogs che amazon, ma non avevo nessuna carta di credito e se i miei scoprivano che avevo usato la loro erano cazzi amari). E nel momento di massimo sconforto fisico e spirituale, ti ritrovi a pregare Gesù Crì per un segno, un luogo dove poter stare fuori dal mondo per un quarto d'ora e dedicarsi alla propria passione. Ben presto arrivò la risposta.

Era gennaio circa ed ero ad Arezzo con degli amici a prenderci qualcosa da mangiare e magari una birra se non ci sgamavano (allora avevo un amico maggiorenne e che quindi poteva bere alcolici, io invece avevo l'apparenza di un maggiorenne). Fu in un attimo, un momento fatale e meraviglioso che mi risvegliò: una vetrina strapiena di CD, LP e una scritta che recitava CORY MUSIC. Abbandonai i miei amici al loro destino e entrai come Berlusconi sarebbe entratonella figlia di Mubarak e lì trovai il paradiso: all'interno una marea di musica in tutti i formati possibili. Fu lì che scoprii la magia dei Queen, i capolavori dei Pink Floyd e le parole fuori da tutto di De Gregori. Era una miniera d'oro che ancora non ho ancora finito di spolpare e con molta probabilità ho speso più soldi lì che in bollette. I miei amici ovviamente mi avevano mollato per andarsi a prendere un caffè a un bar lì vicino, ma volta per volta che ci tornai anche loro lo esplorarono con me e si rivelarono molto curiosi riguardo ai formati vari e ciò mi ha veramente stupito: per me ha significato la vittoria dei musicomani, che la musica è un concetto universale e che riguarda tutti, anche i più scettici e i più idioti.

E per formare il triangolo amoroso tra me e la musica arriva un terzo negozio, situato nel centro di Firenze. E' arrivato il momento di parlare del leggendario DISCHI ALBERTI. E' lì che ho trovato una catarbia di CD, anzi ha tutt'ora un catalogo più vario rispetto altri due. E' grazie a quel negozio che ho comprato i dischi a cui sono più legato, in primis Fotoricordo di Jannacci che tutt'ora reputo il miglior disco italiano, ma è anche il luogo dove ho scoperto il progressive grazie a un CD dei Perigeo che porta il leggendario nome di La valle dei templi.Lì ho fatto anche la scoperta di uno dei miei gruppi italiani preferiti, gli Zen circus: mi ricorderò per sempre quel momento in cui ho visto la copertina di Andate tutti affanculo e istantaneamente i era già nella mia mano.

Ora che ho finito di scrivere queste righe in cui principalmente parlo di quanto io sia impazzito per la musica, mi viene in mente come allora avevo forza di volontà da vendere: a quei tempi c'era già amazon che consegnava pacchi in tempi brevi e ora come allora mi rifiuto di comprare su quel sito, perchè alla fine amazon vende di tutto e non si basa solo sulla musica, invece decido di dare i miei soldi a un negozio, che esso sia in un vicolo a San Giovanni,in una strada di Arezzo o nel centro di Firenze ci guadagna vendendo questi supporti e con l'arrivo della musica digitale questi negozi hanno meno clienti e col tempo probabilmente chiuderanno e tutti saremo costretti a usare internet per acquistare musica. Questo è il messaggio: ora che potete andate nei negozi, comprate la musica che vi piace e lasciate stare internet per i vostri acquisti (oppure potete anche comprare su discogs, i negozi vendono anche lì).

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editoriale di zaireeka

Da un po’ di anni, per chi ancora non lo sapesse, sono un appassionato (dilettante) di “scienza e filosofia della coscienza”.

E allora ne voglio un po’ parlare anche qui, direttamente, lo ho “minacciato” ed ora lo faccio, cominciando dalla cosa fondamentale che penso di aver capito.

La coscienza è come la musica, musica per pianoforte.

Anzi, è il pezzo più straordinariamente complicato da suonare al piano che sia stato mai concepito.

E, come per i pezzi più complicati di Liszt o Rachmaninov, una volta imparati, l’unico modo di eseguirli è, mentre li si suona, abbandonare le mani sulla tastiera senza pensare razionalmente alle note sul pentagramma e ai tasti da premere, o a qualunque altra cosa sia relativa alla difficoltà del pezzo, così per la coscienza, se la si vuole continuare a “suonare”, bisognerebbe evitare di porre attenzione (razionale) sui suoi passaggi più ardui, le sue fughe, i suoi segreti, le sue magie.

Però gli scienziati (e i filosofi) della coscienza, specialmente alcuni, sono testardi e senza paura, per cui…

Qual è la differenza fra un triangolo e un rettangolo? Come facciamo a capire che un poligono è un triangolo e non un rettangolo?

Il primo ha tre lati e il secondo quattro.

Qual è la differenza fra il rosso e il verde? Come facciamo a capire che una cosa è rossa e non verde?

Non lo sappiamo. Semplicemente lo capiamo.

Ha senso dire che due cose sono diverse se non riusciamo a capire perché sono diverse?

Ha senso dire che una cosa esiste ed ha una sua identità se non riusciamo neanche a definirne l’essenza?

E fra queste ci posso mettere tante cose, moltissime di quelle che popolano abitualmente la nostra coscienza, per primi i colori, non ultima l’amore...

I colori, però, hanno un piccolo problema fondamentale.

A differenza dell’amore che è una cosa astratta, frutto, come direbbe Piergiorgio Odifreddi, di una “reificazione”, evidentemente un'idea umana, tutte le cose del mondo materiale sono colorate, da sempre, ma non esiste nessuna proprietà della materia ed in particolare delle superfici che possa essere lontanamente identificata con il colore.

Qualche esempio di vera proprietà della materia?

La durezza è una proprietà della materia, la conducibilità elettrica è una proprietà della materia.

I colori non esistono in se, nel mondo.

Quello che noi percepiamo come colore è la nostra reazione soggettiva a particolari configurazioni di stimoli esterni sul nostro corpo (sul nostro apparato visivo), stimoli esterni trasportati dalla radiazione elettromagnetica proveniente dagli oggetti del mondo (la foglia di un albero, una goccia di sangue), o da altro..

Più configurazioni di stimoli esterni, anche diverse tra loro, possono causare in noi lo stesso colore (provato mai a chiudere gli occhi premendo con forza sulle palpebre e ad osservare lo spuntare di un bellissimo violetto nel campo visivo, che non si sa da dove spunti?).

Questa reazione soggettiva e qualitativa, che i filosofi hanno battezzato “quale" (in questo caso di colore), è ineffabile per gli altri ma anche a noi stessi che ne facciamo esperienza.

Ineffabile perché se dovessi provare a descrivere a parole, agli altri ma anche a te stesso, cosa provi a vedere il rosso, cosa è il rosso (o il violetto, nell'esempio sopra), avresti grandi difficoltà..

Comunque sia sei convinto (non è vero?) che questa “sensazione di rosso”, per come la provi tu, il colore rosso, la conoscano anche tutti gli altri.

Al contrario dei qualia gli stimoli esterni sono, insieme alle loro reazione sul corpo, oggettivamente osservabili dall’esterno.

Il dualismo (quello filosofico, quello cartesiano) afferma che entrambe le cose, qualia (sensazione interna e soggettiva di rosso, sensazione di verde, sensazione di blu, ecc) e stimoli esterni, esistono entrambi in mondi separati e siano indipendenti.

Un po’ come da un lato, su un computer, due porte usb, e, da un’altra parte, in uno scatolone, un mouse e un disco esterno.

E a piacere puoi prendere dallo scatolone il mouse e collegarlo sulla prima usb e poi prendere il disco esterno e collegarlo sulla seconda, oppure viceversa.

Oppure lasciare computer da una parte e scatolone dall’altra, due "mondi" separati.

Da questa convinzione deriva che in linea teorica il quale del rosso (la sensazione di rosso) può essere causato in me dalla configurazione di stimoli esterni che in te è causa del quale del verde (che in te provoca la sensazione di verde).

In pratica se guardiamo entrambi una goccia di sangue e la foglia di un albero entrambi diciamo che la prima è rossa e la seconda verde (perché entrambi dall’inizio abbiamo chiamato così quelle nostre sensazioni soggettive) ma in verità i colori che percepiamo sono invertiti (oh, mio Dio, che incubo..).

Tale ipotesi (inversione dei qualia) viene rigettata dai filosofi materialisti come la conclusione di una reductio ad absurdum per rigettare in toto il dualismo.

In pratica è per loro la dimostrazione che non può esistere un mondo esterno e materiale (quello degli stimoli fisici e delle reazioni ad essi, oggettive e osservabili sul corpo) e dall’altro lato, separato, quello mentale, interno e “spirituale” cui appartiene l’anima umana (quello a cui appartengono i qualia e le sensazioni soggettive).

A ben pensarci, non esiste, ad una analisi introspettiva, nessun confine fra i due mondi.

Parlando del gusto, se dopo un po’ di anni ribevo una marca di birra che mi piaceva tanto ed ora non mi piace più, riesco a capire e ad essere certo, senza fare indagini presso la fabbrica di birra, se è la birra che è cambiata o sono i miei gusti che sono cambiati?

Il confine a pensarci bene non esiste.

Per cui stimoli esterni (la birra sulle papille gustative) e reazioni soggettive (il gusto percepito della birra) devono appartenere necessariamente ad un unico mondo, che, se non si vuole credere che sia tutto un sogno (oh, mio Dio, no..), deve essere quello materiale.

Ma i qualia, come un pesce che messo fuori dal mare, che rappresenta il suo mondo naturale, è destinato a morire, una volta messi fuori dal mondo mentale allo stesso modo sono destinati a scomparire.

I qualia quindi, i colori, i sapori, gli odori non esistono, del resto non siamo stati mai capaci di definirne l’essenza..

O, meglio, aggiungo io (e qui la cosa si fa un po’ difficile, per cui chi vuole e chi è arrivato vivo fino a qui può saltare direttamente all'ultima riga..), i qualia esistono, ma esistono solo di un esistenza minore, non assoluta, in quanto servono a trasportare all’interno della coscienza solo “asettica” informazione “relativa” sul mondo fisico, che è quella che serve a noi essere umani…

In pratica il verde è il verde solo in quanto diverso da tutti gli altri “colori”.

I colori servono solo a tracciare e riconoscere forme, confini delle cose all’interno del mondo.

Se ne esistesse solo uno non sarebbe possibile.

In pratica se il mondo fosse meno complesso, o meglio, se noi avessimo la necessità di percepire il mondo a un livello minore di complessità, forse “esisterebbero” solo due colori, bianco e nero (senza alcuna scala di grigi).

Quindi sarebbe come una mappa di 0 e 1.

E l’informazione contenuta in questa mappa non cambierebbe se si invertissero 0 e 1.

Se si invertissero bianco e nero.

Ma lo stesso discorso vale se i numeri non sono solo 0 e 1, se sono molti di più 0,1,2,3,4, infiniti per quanti i colori del mondo.

Se si scambiassero di posto un certo insieme di colori del mondo, se il cielo senza nuvole di mezzogiorno diventasse rosa e la pelle della modella sul giornale di moda diventasse azzurra, dopo un po’ di tempo non noteremmo più nulla di strano.

Gli occhi rosa di quella attrice che abbiamo sempre amato ci ricorderanno sempre i colori del cielo senza nuvole di mezzogiorno, perché sta la il "significato" dei colori, ricordarci cose.

E dopo un po’ troveremmo di nuovo naturale chiamarli azzurri.

Questo è quello che asserisce certa moderna scienza (e filosofia) della coscienza, nelle figure di alcuni suoi eminenti esponenti (Daniel Dennett, Thomas Metzinger, Douglas Hofstadter, ed altri).

Sarà vero?

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editoriale di zaireeka

Quale è il segreto della felicità?

Non sono uno scienziato e neanche un filosofo di professione, ma voglio immaginarla.

Pensare sempre e solo al presente e al futuro nella speranza e convinzione di trovare in esso la ragione e la “causa” di tutta la tua vita.

A differenza di una pallottola argentata sparata dal mare in direzione del cielo, destinata prima o poi a fare il viaggio di ritorno e a perdersi nuovamente nell’oceano.

Guidata solo dalla gravità, senza altra causa del suo percorso che non sia la gravità stessa ed il modo in cui è stata sparata.

In questo siamo diversi, per dono divino, o del caso, da tutti gli esseri viventi.

Ed il passato perso, gli anni andati?

La pallottola, se lo desidera, può tornare indietro seguendo il percorso inverso, fino al momento in cui ha spiccato il volo, senza violare nessuna legge fisica.

Ma questo fa parte della felicità della pallottola, non della nostra...

Noi possiamo e dobbiamo solo ricordare, senza esagerare, con nostalgia a volte amara, intrisa di rimpianti e rimorsi, a volte dolce, ma mai avvelenata dal rancore che tarpa le ali a quel che resta del nostro volo, il cielo che abbiamo attraversato.

Noi siamo semplici esseri umani.

“Più simili ad arcobaleni e miraggi che ad architravi o macigni, sospesi fra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, siamo imprevedibili poemi che scrivono se stessi, vaghi, metaforici, ambigui, e a volte straordinariamente belli” (B. Pascal/D. Hofstadter)

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editoriale di Bubi

Cari miei, vi racconto di una passeggiata sulla spiaggia di tirrenia il ventisei luglio dell ottantadue. Non svelerò se quello che accadde era reale, magico o immaginario. Dove sono adesso non si applica la logica terrena. Qui non c'è il bene e non c'è il male. Non c'è niente. Anche il tempo non ha alcuna importanza, scorre, ma calcolarlo non serve a nulla. Perché qui, cari miei, non è un bel posto, qui, devo tener conto della morte ogni momento. Però può anche diventare un posto leggero, desiderabile addirittura, certi momenti, mi sembra incantevole. Succede quando aggiungo invenzioni romantiche ai miei ricordi tristi. Poi, quando le racconto, mi perdo in quelle storie, mi commuovo, gioisco, provo meraviglia, sento brividi, percepisco mille sensazioni. Vivo di questo, di passioni immaginate che addolorano o danno felicità. Reinventare il mondo, trasformare fantasie in emozioni, mi serve per non morire completamente, per continuare, in qualche modo, ad esserci. Se racconto di una passeggiata sulla spiaggia, la faccio diventare un viaggio carico di esperienze emotive, se penso ad un temporale, lo immagino come l'opera d'arte d'un pittore. Vengo al racconto. La spiaggia era battuta da un temporale e...

... dopo la pioggia la spiaggia era come una cartolina in bianco e nero. Spessi strati di nubi tingevano il paesaggio di tonalità scure. Alcuni raggi di luce si erano fatti strada attraverso le nuvole, rivelando la bellezza dell'eterno spumeggiare delle onde, definendo i bordi della Gorgona. Un vecchio fissava il mare, ma non godeva della vista, piangeva. Una ragazza seduta a gambe incrociate, passava il rossetto sulle labbra stando bene attenta a fare un contorno senza sbavature, una donna teneva una borsa in mano e, sotto braccio, un libro. Nel mare, galleggiavano pigramente centinaia di bagnanti, i ragazzini sollevavano schizzi. In un attimo la spiaggia si animò e prese colore. Se guardate bene, vedete Isabella che gioca con un cane nero. Poco distante ci sono io, sto in mezzo all'acqua inginocchiato fino al l'ombelico. Non bado né alle nuvole né allo spumeggiare delle onde, le mie labbra sono incollate a una bottiglia di sambuca nascosta in un sacchetto di plastica. Finisco lo schifoso contenuto dolciastro in un fiato. È disgustosa ma non importa. Piscio nel mare e lascio bottiglia e busta a galleggiare sulle onde. Poco a poco comincio a non capire più un cazzo...

Per diversi minuti la pioggia riprese intensa e su quella miracolosa cartolina rimasi con Isabella, il cane e una signora che camminava sulla riva. Una bella signora con la pelle liscia e bianca. Uscii dall'acqua e raggiunsi Isabella che stava giocando col cane. Mi sedetti vicino. Dissi: «Ci vieni con me a Tangeri?» Isabella scosse la testa: «A Tangeri? Perché Tangeri? Comunque non potrei, soffro di cuore.» Confrontai mentalmente i fianchi e le gambe di Isabella con quelli della signora. Continuai: «chi soffre di cuore non può volare con l'aereo?» lei sorrise: «A quelle altezze... che guardi?» «Niente, guardavo se c'era un bar, qualcosa... Se l'altezza non va bene, diciamo al pilota di volare basso...» Conclusi sorridendo e lasciando la frase sospesa. «Ma sei spiritoso!» ribatté impermalita. Isabella mia, Isabellona mia, Isabella che, chissà perché, volevi essere la mia. Dolce Isabella che tenevi sempre il cuore nel luogo sbagliato e non lo capivi. Intravidi di nuovo la signora. Gli occhi corsero alle sue deliziose gambe. Muoveva le anche come non avevo mai visto fare a nessuna.

Era una giornata magica. La pioggia aveva smesso di cadere. C'era il sole, la spiaggia si animava e si svuotava. Era in bianco e nero, subito dopo prendeva colore. Era come i miei pensieri e i miei stati d'animo e tutto quello che attraversava la mia vita, ora bianco, ora grigio, ora luminoso, ora senza speranza. La spiaggia era di nuovo popolata da migliaia di persone e, immersa tra tutta quella gente, Isabella stava carezzando il cane. La signora dalla pelle bianca era tornata sui suoi passi, si era seduta sul gavone d'un pattino a pochi metri di distanza. Trasse dalla borsa un arancia avvolta in un foglio di stagnola, accavallò le gambe ed iniziò a sbucciare il frutto. Cercavo di costringermi a non guardarla, ma non era possibile. L'immaginavo in intimo nero. Lentamente le tolsi le calze, il reggiseno, infine, finalmente, la smutandai. Aveva la fica bionda e due bei capezzoloni grandi. Il corpo era morbido e la chiavavo come Dio vuole. Le bocche si trovarono, le lingue si sfiorarono più e più volte, la carezzavo, la stringevo. Gustavo tutti i suoi sapori. Che bello, mi suonavano i campanellini in testa.

La signora mi notò, ripose l'arancia nella stagnola e andò via. La guardai allontanarsi, finché, sculettando meravigliosamente, svanì nell'archivio dei miei ricordi belli. Non la vidi più. Isa aveva smesso di giocare col cane, mi veniva incontro. Ero ancora eccitato e il costume era gonfio. Dissi a me stesso: «Brutto stronzo che non sono altro, non posso andare avanti così.» Prima che Isabella mi raggiungesse, mi gettai di nuovo in acqua. Quando riaffiorai, salutai con la mano ed esclamai: «vieni è calda!» allo stesso tempo pensavo: «di cosa sto parlando?... Devo trovare due o tre birre.» Uscii dall'acqua prima che lei potesse considerare una scelta. Con gli occhi cercai un bar. Isabella era in piedi, ferma a qualche metro di distanza, mi guardava. Cercai di capire cosa stava pensando ma era impenetrabile. Mi incamminai sul bagnasciuga e Isa mi seguì. Mi vedeva barcollare mentre cercavo di tenere una linea dritta, continuò ad osservarmi anche quando mi accasciai esausto sul bagnasciuga. Non sapeva cosa fare. S'inchinò e mi guardò con affetto. Forse, avrebbe voluto farmi una tenerezza. Invece lasciò che vivessi a fondo il malessere e aspettò che tornassi fermo sulle gambe e fossi passato dal pensare: «Mi sento una merda,» ad uno stato diverso. Una condizione che mi permettesse articolare parole con un senso. In spiaggia tutto stava al posto giusto, le signore che leggevano settimanali sotto l'ombrellone, l'ambulante col frigo portatile a tracolla. In quel quadro non ci combinavo un cazzo. Che tristezza, era tutto molto triste.

«Bella vero?» «Chi?» «Chi? Lo sai benissimo, quella signora, quella che passeggiava vicino a noi, quella che si è seduta sul pattino...» «Eh?» «Eh? Fai finta di non capire? Non sono scema... non c'è bisogno che rispondi... non stai bene, si vede, riprenditi và...» Isa socchiuse gli occhi. Si figurò che quella situazione fosse un invenzione. Immaginò che eravamo amanti insieme ad altre coppie innamorate. Che stavamo a flirtare in un bar di Marina di Pisa. Si sorseggiava una tazza di tè freddo e si chiacchierava d'amore e di cose futili. Pensò che il discorso cadesse su quando, all'inizio dell'estate, seduti su una panchina di marmo, ci baciavamo. Che tra un bacio e l'altro, le avevo detto: «sei il mio amore e lo sarai per sempre.» Per qualche istante fu presa da un infinita tristezza. Un grosso lacrimone le corse giù per una gota. Stava piovendo di nuovo ed erano gocce portate dalla provvidenza. Col viso coperto di pioggia e lucciconi che le tremolavano tra le palpebre, Isa si rasserenò e continuò a guardarmi amabilmente. Il suo sguardo mi avvolgeva come un caldo abbraccio. La sfiorai e lei si strinse a me. Rimanemmo così a lungo. Senza parlare. Mi sentii sollevato ma la tristezza non se ne andava. Uno stato d'animo misto di ansia, paura e sofferenza mi consumava e non mi abbandonava mai. Il volto era segnato da durezza, nello sguardo non c'era espressione, non mostravo né felicità né sconforto. Non usciva nulla, tutto era controllato. Gli occhi, i miei occhi, non conoscevano lacrime, mai erano riusciti a bagnarsi.

Avevo un gran bisogno di riposare, volevo dormire stretto a lei. Non dovevo cercare lontano. Era lì. Fragile e incompiuta. E non cercavo di figurarmi che eravamo fatti l'uno per l'altro. Con lei non volevo qualcosa di speciale, ci stavo bene e questo era abbastanza. Era il mio riparo e, adesso, dopo molto tempo, mi sono convinto che amore sia trovare un rifugio e saperlo dare. Ero incompiuto anch'io. Le mie cose dell'amore non funzionavano e non funzionava neanche tutto il resto. Mi consumavo in una ossessiva ricerca di appagamento sessuale. Due seghe al giorno erano la regola, ma me ne facevo quasi sempre un paio in più. Cercavo il piacere senza sapere cosa fosse, cercavo la felicità senza averla mai provata. Credevo fossero nel godimento e nello sballo. Nel mio cazzo di vita, aveva un senso, era inevitabile, direi. Non conoscevo altro. Con Isabella sarebbe stato diverso. Forse. Però non mi suscitava pensieri erotici, niente da quel punto di vista. Non pensavo nemmeno di scoparla, non mi si sarebbe alzato, già lo sapevo. M'ero fatto un paio di sciagattate tra i venti e i ventitré, sempre ubriaco e pompando col solo scopo di venire, senza piacere, solo per dimostrarmi che lo potevo fare. E poi, gli altri e gli amici lo venivano a sapere, e questo, era più importante di tutto. Col tempo, però, diventava sempre più difficile. Quando lo facevo, mi passavano per la testa un infinità di pensieri che non avevano niente a che fare con: fare l'amore. Non era fare l'amore, non c'era alcun tipo di coinvolgimento, non si comunicava un cazzo, si faceva e basta. Quando si finiva stavamo abbracciati, abbracciati e soli. Meglio una sega. Se mi concentravo su una fantasia erotica funzionava alla grande. Però l'amore non c'era neanche lì. Quello lo volevo da Isabella. Assolutamente. L'avrei voluta sempre vicino a me, ma per passarci un pomeriggio insieme e non andare in crisi, dovevo sbronzarmi. Era assurdo, lo so, ma che vuoi farci, ero così. Passavo le giornate con una donna che non volevo scopare perché l'amavo. Il pensiero di portarmela a letto mi faceva venire un'ansia terribile. È possibile anche questo. Però, stati d'animo belli come quelli che avvertivo vicino a Isabella, mai li avevo provati. Con tutto ciò, le mie fantasie erano per donne che non conoscevo, donne che mi interessavano solo per avere orgasmi. Donne immaginarie che erano esattamente come piaceva a me. Con Isabella non poteva essere esattamente come piaceva a me. Con lei, potevo vivere la relazione solo come decidevano le emozioni provate da entrambi, per quello che accadeva. Non potevo metterle parole in bocca e farle sentire i sentimenti che preferivo. Questa era la mia vita, tenere fantasie romantiche, alcool e seghe. Non sapevo cosa fosse vivere da "normali," e, per loro, i "normali," ero un povero demente. Sicuro. Però, se hai il superalcolico a portata di mano, te ne freghi di critiche e problemi, non ti arriva nulla. Vivi a testa di cazzo, cerchi altre teste di cazzo e passi il tempo a far niente a sperare niente e dire cazzate. Poi ti addormenti. E quando sei di nuovo sveglio, la prossima bottiglia di roba di merda sta già aspettando. Lo so, non è una buona soluzione, era la mia soluzione.

La pioggia cadde più volte prima che facesse buio. Ero ancora disteso a terra e Isa si sdraiò accanto a me. Tutt'intorno picchiettavano gocce d'ogni colore. Cadevano sulla sabbia, sull'acqua, su pacchetti di sigarette gettati via, su flaconi di crema solare dimenticati, sulla carcassa di alcuni cani morti, su bottiglie e buste di plastica. Acqua, colori e luce, creavano sulla costa piena di immondizia, la stessa magia della pioggia che bagnava rami e foglie, nel bosco di pini descritto dal D'Annunzio. Col viso rivolto al cielo, in silenzio, ascoltavamo il ticchettio regolare delle gocce, sembrava una sinfonia, anzi, uno strumentale rock, pareva d'ascoltare: One of These Days, dei Pink Floyd. Le stille di pioggia scendevano regolari e pennellavano colori su ogni cosa. Si era formato un paesaggio nuovo, mi sembrava d'essere dentro una stampa di Banksy. La spiaggia scottava sotto il sole rovente e l'aria era carica dell'odore di terra marcia e animali putrefatti. Pensavo che la natura fosse a disagio con quel sudiciume sparso addosso, che sentisse il dovere di prendere le distanze da ciò che era in contrasto con la bellezza che da sempre aveva creato. Ora non penso più che la natura capisse il bello. Nemmeno che sia, in qualche modo, partecipe delle cose cui noi diamo importanza.

Isa ed io ci lasciavamo inzuppare continuando a stare col naso all'insù, abbagliati dal sole e dalla colorata apparenza di quel mondo di fantasia. «Cosa ti piaceva di lei? Le gambe? Come muoveva i fianchi o il culo? O tutti e due? O le tette? Avrà avuto... quaranta? Uhm, una quarantina tutti, ma, poteva averne anche di più, anche cinquanta. Era messa bene, davvero. Complimenti signora! Perché non ti sei avvicinato e non gliel'hai detto? Meglio di no, vero? Sei un timidone, guardarla e farsi le fantasie è più facile...» Ombre e luci si davano il cambio assumendo il colore delle nostre sofferenze e delle nostre gioie. Quelle gocce che ci bagnavano erano le nostre emozioni. Il vento ce le disegnava addosso in mille sfumature di colori e toni. Stavamo stretti stretti e molti sentimenti si alternavano: entusiasmo, noia, euforia, tenerezza. La pioggerellina li dipingeva sulla carne con magiche pennellate di rosso, lillà, verde, blu. Isa sembrava un dipinto surreale. Le gocciole si erano combinate su tutto il corpo formando un complesso intreccio di linee e macchie colorate. Bizzarrie cromatiche che parevano disegnate da mani d'artista. Sembrava una bellissima maschera di carnevale. Provate ad immaginarla coi suoi grandi occhi gialli, il viso dipinto da fantasie colorate, i capelli arruffati, bagnati dalla pioggia multicolore. Era l'incanto dei sensi. Mai avrebbe voluto abbandonare quel travestimento variopinto. Invece, poche ore dopo, lavò via i colori e quello che generavano nella mente.

Non sapevo se quello che stavamo vivendo fosse vero o la creazione di una mente, la mia, impazzita per i troppi eccessi. Non sapevo se pioveva o se era bel tempo, ma presto mi fu chiaro che nelle stille di pioggia c'erano tutte le emozioni che è possibile provare. Mi piovevano addosso e mi avvolgevano. Che bello. Mi piaceva essere preso da stati d'animo colorati. Una sensazione mai sentita mi attraversava e mi faceva stare bene. Era la sensazione della libertà dalle droghe, della percezione dei sentimenti e stati d'animo, della presa di coscienza della propria fragilità. Proprio io, che credevo di non provare niente. Se affoghi tutto nell'alcool, inevitabilmente, quello che più desideri è proprio ciò di cui l'alcool ti priva. A quel tempo non percepivo niente. Adesso si, ora so anche amare, ma qui, non ho la possibilità di esprimere stati d'animo. L'unico modo è sentirli dentro. Ci riesco inventando racconti di fantasia o ricordando quelli infelici, veri. Stando qui, nonostante la mia condizione, ho imparato i sentimenti. Non potrei capire né me stesso né gli altri se non li conoscessi. So perché originano, li sento e comprendo facilmente chi li ha. C'è anche chi vive senza averli e chi non li manifesta perché non sa gestirli. Io tanti anni fa, ad esempio. A quel tempo, amarezze e gioie erano uguali. Affogavano nel liquore che stavo bevendo e andavano via ancor prima di arrivare. Poi, sparivano anche dalla memoria. Ma qui molte cose sono cambiate, ho anche imparato a piangere. Mi capita spesso. Poi rifletto. Su tutto, più che altro sui casi della mia vita, cerco di capire quello che al tempo mi ero precluso e come mai. Cosa sarebbe potuto essere se. E piango di nuovo.

Isa era tutta bagnata e sorrideva, ma c'era un velo di amarezza in quello sguardo. Ed io, avevo una gran voglia di capire cosa c'era dietro quella infelicità nascosta. «Non riesco a detestarti» «Perché?» «Perché... non è colpa tua se sei così, lo sei diventato. Da piccino, eri di certo anche un ragazzino sveglio... se ora sei diventato... un cretino, si, perché lo sei, se no, non berresti e non faresti tante altre cose che fai, tipo, mancarmi di rispetto...» «Mi dispiace...» «Ti dispiace? Se una cosa ti dispiace davvero, non la fai...» «Va bene, non...» «Non so se crederti, mi lasci senza parole. Prima mi manchi di rispetto e poi dici che ti dispiace... ma, si ripeterà, ci scommetto. E la prossima volta ti dispiacerà di nuovo.» «Isa... è una cosa che... come posso dirlo... non so spiegare adesso...» «Certo, la prossima volta se starai bene, ti farai capire. Vale, la prossima volta sarà domani e starai male di nuovo. Stai sempre male. E come mai stai male? Perché c'è chi si preoccupa per te. Quello che vuoi, lo ottieni stando male. Così hai trovato chi ti vuole bene perché si preoccupa per te. Se qualcuno si preoccupa per te, ti basta. È il tuo modo di sentirti amato. Credo che non ne conosci altri. E allora, non cerchi nemmeno di cambiare, continui a fantasticare e vivere di questo amore raccogliticcio.» Mi guardò rammaricata, continuò: «Scusa, davvero, non voglio essere cattiva, ma non voglio nemmeno essere ipocrita, ti dico solo quello che penso, senza avere la presunzione di essere meglio di te, davvero.» Con gli occhi bagnati, disse ancora: «Io non sono meglio di nessuno, e non sono nemmeno quella che può dire cosa sia l'amore e come si fa per essere amati. Una cosa però, la posso dire, nascondendosi dietro ad una sbronza, puoi al massimo ottenere la compassione di qualcuno. L'amore mai.» «Ti faccio pena?» «Vale ti considero molto di più di quello che nascondi nell alcool.» Tacque alcuni istanti per asciugare la gota bagnata, poi continuò: «Però, ora, invece che dei tuoi problemi, per una volta, parlerò di me e di cosa desidero per me. Per una volta.» sottolineò. Poi avvicinò le labbra al mio orecchio: «Sai che? Vorrei mettere il mio cuore nel posto giusto, e... ho molta paura a metterlo nelle tue mani...» Ecco, mettere il suo cuore, la sua vita, nelle mie mani, diceva. Lei aveva paura e io mi sentivo angosciato. Non credevo di essere all'altezza. E poi, non volevo responsabilità, nessuna, quella, meno che mai. Interruppi: «Isa, sei infelice o felice, ora?» «Non lo so, spero solo che il futuro non porti altra infelicità... ma, adesso, no, non sono infelice.» Di nuovo le si bagnarono gli occhi, era facile al pianto e la invidiavo per questo. Avrei voluto prenderla in braccio e sorriderle dolcemente, darle un segno, ma non riuscivo a farlo. Adesso, dopo mille altri avvenimenti, so che l'aveva capito. Sapeva che il mondo di sogni e illusioni vissute fino ad allora, mi avevano portato a vivere in una sola dimensione, quella di non saper esprimere niente nel mondo reale. «Guarda sono tutta macchiata, quella strana pioggia...» «Non sei macchiata sei colorata e quella pioggia ti ha dipinto addosso l'abito più bello, un abito che cambia ad ogni istante e ti fa più bella ancora.» Biascicai con la bocca impastata. Isa sgranò i suoi bei occhi rossi e sorrise. Continuai: «Se la bellezza è data dall'armonia e dal colore, sei la più bella di tutte.» Si girò dall'altra parte, non voleva essere vista quando si commuoveva. Non appena le passò, mi guardò e mi donò un sorriso radioso.

Continuava a piovere e cercavo goffamente di rimettermi in piedi. Proseguivo a pensare che dovevo fissare le labbra ad una bottiglia. Ero convinto che avrei camminato per sempre sulla strada del l'infelicità, che mai sarei riuscito a crearmi una vita dove le vicende scorrono in modo naturale. Che avrei continuato a far finta che, in fondo, le cose non andavano poi così male. Ma ero il ritratto del l'infelicità. Eppure, bastano sincerità e coraggio, per vivere senza temere lo sguardo degli altri. Ma come potevo, allora? Sincerità e coraggio, certo, ma quanto è difficile tirarli fuori se non l'hai mai fatto. E non sarebbe bastato farli miei per un'ora e neanche per vent'anni. Son cose che devi imparare presto e puoi permetterti di perderle solo il giorno che ti calano nella fossa. Non si può vivere in un mondo fatto di bugia e paura.

Passarono le ore, passò la sbornia e la sera eravamo ancora vicini, sdraiati sulla sabbia. Faceva freddo e non riuscivamo a dormire. Quella sera c'era una luna piena che mi incantava. Ma in quell'occasione, fu crudele. I suoi raggi risvegliarono tutti gli stati d'animo che ci erano piovuti addosso nelle gocce colorate. Rancore, noia, gioia e invidia si erano svegliati nello stesso momento. Volevano essere vissuti. Cercai di dare espressione simultanea a tutte quelle le ansie che mi assalivano, ma non si può. Istintivamente chiusi gli occhi. Caddi in una disperazione che mi portò a rivivere in pochi istanti, immagini, odori, attimi vissuti ed emozioni provate nel passato. I raggi di quella spietata luce mi avevano portato via anche il resto della mia poca forza. Stavo steso a terra, esangue, privo di armi e coraggio. Isabella era seduta tenendo le mani sulle orecchie. Immobile, isolata, tratteneva il respiro e tremava. Anche in lei si era destato il vissuto segreto. Tutto quel dolore risvegliato, le bruciava dentro le composizioni colorate e le procurava dolorose lacerazioni sul corpo. Le guardava atterrita senza avere il coraggio di toccarle. Fu presa da sudori freddi, vertigini, nausea. Si strinse nelle braccia ed a bassa voce, quasi implorando, disse: «aiutami.» Non feci in tempo a rispondere che già era sotto la doccia. Fece scorrere l'acqua e lavò via gli insopportabili motivi multicolore. Le lacerazioni erano scomparse, si rilassò e tornò a sdraiarsi vicino a me. Mi strinse una mano e in poco tempo il sonno la raggiunse. Per un paio di minuti lasciai la presa, corsi al mare, mi gettai tra le onde, mi feci un bagno e cancellai quei dannati arabeschi.

In breve rientrai nel solito stato di torpore, di nuovo tutto era come prima. Andai a sdraiarmi. Subito cercai la sua mano e guardai la luna e il cielo stellato. Immaginavo che la vita fosse facile, che quella sera tutto era possibile. C'era un gran silenzio, non si udiva nemmeno lo sciacquio delle onde sulla battigia, vedevo il cielo cliché e sentivo la presenza di Isabella, vicino. Potevo dormire. Come il vecchio Santiago, desideravo sognare di stare in spiaggia e giocare coi leoni. Sognai che ero al mare, ma i leoni non c'erano. C'era Isabella che giocava con un cane nero. Io stavo in mezzo all'acqua, reggendo una bottiglia di sambuca. Bevvi il ripugnante contenuto in un fiato, pisciai nell'acqua e lasciai la bottiglia a galleggiare sulle onde. Poco a poco cominciai a non capire più un cazzo. A quello aspiravo. Guardavo Isa giocherellare col cagnolino e mi sentivo innamorato più che mai. Dei leoni neanche l'ombra, però sul bagnasciuga c'era una signora che camminava in disparte. Una bella signora dalla pelle bianca. Senza rimpianti, tornai nel mio guscio abituale. Nel mio universo delle emozioni travolgenti, superficiali, solitarie.

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editoriale di TataOgg

Su questo sito siamo davvero poche donne, credo sia dominio pubblico, pure un sasso lo noterebbe. Anche un cieco lo vedrebbe.

Abbiamo interessi differenti, ascoltiamo musica differente, parliamo in maniera differente, commentiamo cose diverse e interagiamo con utenti diversi.. ma quando ci incontriamo è un vero piacere. Credo sia lo stesso piacere che provano i sardi quando si incontrano fuori dai confini dell'isola...

Andiamo, ajò! A chi di voi è capitato di andare a un concerto in piazza e non vedere una bandiera dei quattro mori sventolare e in breve non trovarci radunato sotto un bel gruppo di isolani che non si erano mai visti prima, che bevono mirto e ichnusa insieme, tanto che a volte sembra la sfilata di Sant'Efisio?

A Nessuno di voi è capitato perchè non è mai successo che due sardi sconosciuti non si scambino due parole se si incontrano sul continente. Siamo un milione-e-sei e sembriamo un miliardo. Ma siamo e restiamo quattro gatti.

Come le donne su Debaser.

Perchè non ci sono donne su Debaser?

Forse le donne non amano la musica? Forse le donne non guardano i film? Forse le donne non leggono? Forse le donne non scrivono?

Perchè su Debaser le donne son così poche?

Perchè è necessario fare una rassegna di “musica solo al femminile” per ri-scoprire le donne musiciste? Perchè scopro solo ora che le donne nella musica elettronica sono state storicamente importanti? Perchè è necessario fare una classifica di musica al femminile, non bastava quella di musica mondiale? Perchè non si fa mai una classifica di musica al maschile? Perchè la classifica di “musica al maschile” fa ridere solo a pensarlo? Perchè certe donne si fingono uomini per essere accettate quali scrittrici? Perche le donne regista sono poche? Potrei davvero continuare all'infinito.. Ma pare che abbiamo vinto, noi donne.

Questa settimana ho avuto modo di confrontarmi con qualcuno di voi sul femminismo. Una mia battuta rivolta al redattore di una recensione nel quale viene menzionata la parola “POMPINO” (scusate il maiuscolo ma sono una reduce della lettura del libro di Lenny Bruce e non riesco proprio a trattenerlo, è colpa tua Dolce Nobile!) viene interpretata quale accusa verso il recensore stesso, come se lo tacciassi di maschilismo. Fa più ridere il fraintendimento della mia battuta che la mia battuta, scritta male – lo ammetto- ma, letto e compreso il testo della recensione non avrebbe dovuto lasciar spazio a interpretazioni vaghe. Tant'è.

Quello che non fa ridere per nulla è quello che segue.

Scopro infatti di essere stata trollata dal femminismo.

Scopro che il femminismo ha vinto (grazie car_, non sapevo dell'esistenza del “redpill”, o forse la mia mente non reputandolo importante l'ha rimosso tempo fa... non so, ho la memoria selettiva, è un mio limite), scopro che l'uomo è vittima della donna, scopro in pratica che buona parte degli utenti ha una gran confusione mentale riguardo determinati temi.

Ora non voglio perdere tempo a citare articoli, perchè quando un tema è complesso non si può leggere un articolo e capire un argomento in poche righe, così, dall'oggi al domani, e farci un editoriale su Debaser.

Per chiarire faccio un paragone: Mi sono laureata e in cosa consista esattamente la professione che esercito grazie al mio titolo di studio lo scopro ogni giorno, ogni giorno è nuovo, ogni giorno devo aprire un libro e studiare, ogni giorno cambiano le leggi e le applicazioni-e-implicazioni sono tanto numerose che studio più ora di quando frequentavo l'università.

Come se non bastasse devo certificare il mio aggiornamento-costante, pena problemi legati all'iscrizione all'ordine professionale.

Allo stesso modo credo che per capire il movimento femminista oggi sia necessario un approccio lento e graduale ai temi trattati. Perchè per poterne seriamente parlare serve cognizione di causa, serve addentrarsi nei temi e serve capire le ragioni profonde che lo muovono e che lo fanno evolvere continuamente. Se credete che il femminismo si riduca a pochi postulati di colore “rosa” fidatevi, avete sbagliato tutto. Rivedete le fonti dal quale attingete le informazioni o almeno integratele.

Ed io è questo che faccio da anni, leggo.

E vivo sulla pelle certe discriminazioni di genere ogni giorno della mia vita, da quando sono nata, anche se lavoro e sono indipendente. Faccio un esempio: questa società mi vede strana perchè sono una donna e a quasi 40 anni non son sposata e non ho figli. Vi rendete conto?! No, non vi potete rendere conto se non siete donne e/o non siete discriminati per qualche vostra libera scelta/diritto.

Ma non voglio entrare nel merito dei cazzi miei (posso usare la parola cazzo senza essere considerata fallocentrica e scurrile, si? Mi è concesso? Si possono usare le parole? Tutte? Lenny ti amo, lo sai, e voglio bene anche a Lector) e risponderò a una sola delle cose suggerite dall'editoriale RedPill, e lo farò con qualche domanda (altre domande si, datele voi le risposte che siete bravi), tanto la verità in tasca non ce l'ha nessuno.

Volete vedere che a un uomo non è consentito tenere il proprio figlio dopo un divorzio perchè in una famiglia “tradizionale” è la donna che fino a ieri è stata relegata al ruolo di unica educatrice/nutrice? Volete vedere che questo “tenere” in casa la donna per secoli, in un rapporto davvero impari, vi si è rivoltato contro in una maniera di cui state - solo ora - cominciando a vedere i risvolti tragici? Volete vedere che non riuscite a dare un nome a questa cosa (si chiama discriminazione, benvenuti nel club)? Volete vedere che anche il luogo comune per cui “una coppia lesbica” forse-Si e “una coppia gay” Invece-Meglio-di-No, Non possono crescere un figlio in autonomia, fa parte di questo processo, di questo vicolo cieco in cui vi siete (ci siamo) cacciati?

Volete vedere che il machismo di cui vi fregiate da anni, come insensibili, donnaioli, gli unici che possono stare scapoli tutta la vita senza che si utilizzi un termine spregiativo come ZITELLA per definirvi, alla fine vi sta talmente stretto che state dando le colpe a noi? Volete vedere che, quindi, anche il machismo è una cazzata sovrumana?

Volete vedere che non c'è un corrispettivo maschile di “femminismo” perchè c'è già il femminismo che si occupa anche dei temi “maschili”, quelli per i quali soffrite anche voi? Si, è così. Non vi state aiutando demonizzandolo.

La battaglia “femminista” è iniziata anche con temi che oggi sembrano futili, ma ci sono stati anche dei temi importanti tuttora, come la pillola e l'aborto (ad esempio) che son state conquiste per TUTTI, donne e uomini compresi. E voi non potete negarli con un editoriale, con un commento sotto una battuta non capita sotto una recensione. Io non lo accetto e non sto zitta.

Se per voi sono femminista allora sappiate che io non reputo l'affidare il figlio al genitore di sesso femminile sia la miglior scelta, se la famiglia fosse flessibile e entrambi i genitori avessero lo stesso ruolo e importanza per i figli, allora i figli potrebbero stare indifferentemente con l'uno o l'altra, in base a scelte logiche e non supposte. Ed è quello che credono anche molte femministe come me (forse tutte, quelle vere almeno). Perchè vivo sul pianeta terra non sulla Luna.

E questo è solo un esempio tra i tanti introdotti dalla pillola rossa.

La cosa straordinaria è essermi scoperta femminista oggi, è da ridere proprio.

Il femminismo, quello vero, si batterà anche per voi.

Vi permettete certi atteggiamenti perchè qua siamo poche, non perchè il Deb debba diventare il Regno delle Amazzoni che combatte il Genere Oscuro Maschile, quello cattivo, ma perchè è facile fare i duri quando si è in maggioranza. Provate a mettervi nei miei panni e discutere di tutto questo da soli, con/contro tutti voi.

Io ho le spalle larghe, vi auguro lo stesso.

Ah, dimenticavo... a me gli Uomini piacciono molto! Tanto per chiarire ;)

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editoriale di iside

Cioè, avete presente nascere e crescere in un posto chiamato La Noia?

Già, ti è toccato crescere in un borgo dove nessuno capita per caso, sbagliando strada o cercando qualcos'altro, lì chi ci va ci va perché deve.

Che t'importa se la sera gli ultimi duecento metri devi farli al buio più assoluto e, nelle notti di luna piena la tua stessa ombra ti mette paura? Però è bello nelle sere d'estate sentire i grilli cantare e rincorrere le lucciole o al pomeriggio andare al fiume spogliarsi e fare il bagno. Ogni tanto l'acqua sembra diversa sarà per colpa della fabbrica di detersivi un po' più a monte, meglio! Così dopo a casa puoi cenare senza lavarti.

Hai quattordici anni non puoi stare chiuso in casa, ogni sera affronti la strada buia e vai al bar in paese, l'oratorio...

L'oratorio è l'unico locale nel raggio di 10 chilometri che ha il pingpong e il calciobalilla, resti a giocare con gli amici d'infanzia, che poi gli amici d'infanzia mica te li scegli sono solo quelli che han fatto le scuole con te, poi a casa ci devi tornare e ci sono quei ultimi maledetti bui e insidiosi duecento metri... Inutile chiedere a qualcuno di accompagnarti, sono tutti cagasotto, così come tutte le sere sei solo, dietro di te le ultime case del paese e davanti il nero della notte, allora corri, corri, CORRI!! Fino a sbattere il naso alla porta di casa.

Poi viene il giorno che la tua vita cambia, qualcuno (con un sorriso addosso*) ti dice: ti accompagno io a casa, qualcuno (con un sorriso addosso*) ti dice: giochiamo insieme dai*.

Di colpo non hai più quattordici anni, di colpo sei la troia del paese.

Eppure tutti ti ricordano come un ragazzo sorridente, sempre felice, quello che girava in bicicletta cantando a squarciagola "belle la vita se te la dà" parafrasando il Carrozzone di Renato, quello che quando gli davamo un passaggio in auto non aveva paura a dirci "stò andando al cinema a succhiare il cazzo ai vecchi, mai che venga qualche bel ragazzo come voi." Quello che quando gli davo mille lire lo sapevo che erano per l'eroina, quello che ebbe cinque minuti di popolarità quando andò a "Domenica In" e si mise a palpare il culo a Pippo, quello che voleva cambiare il nome del paese natio in "culobeato" perchè se lui avesse parlato trequarti dei bigotti del paese avrebbe dovuto divorziare.

Bella la vita!

Se te la dà!

*cit. Qualcuno Mi Renda l'Anima Renato Zero

C'è Un posto Caldo

forse nella foto c'è pure lui.

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editoriale di stampaestera3


Il Covid-19 non è riuscito a bloccarli, i libri sbarcano sul Web. Circa un centinaio di librerie in tutta Italia rappresentano, da ieri, il volto «offline» del Salone del Libro, che oggi apre la propria edizione «extra» con lo storico Alessandro Barbero (ore 19, diretta su salonelibro.it come tutti gli incontri in programma), in attesa della fiera che dovrebbe svolgersi in autunno. Il direttore, Nicola Lagioia, parla di «festa nazionale del libro» perché i librai hanno allestito le loro vetrine a tema Salone, mentre alcuni di loro, in altre città, trasmetteranno le dirette degli eventi come audio di sottofondo all’interno dei loro locali.

Libri su libri, insomma. L’esperimento online, però, potrebbe diventare un modello, che parte da Torino per estendersi, chissà, anche ad altre fiere e manifestazioni. "Questo è tipicamente torinese — dice Lagioia — perché Torino e il Piemonte sono un po’ i laboratori d’Italia". Fra i molti sostenitori della veste online – che si spera limitata solo a quest’anno... – trova posto lo scrittore bolognese Mimmo Parisi.

In questi tempi disabitati ho osservato, come tanti del resto, un mondo alieno. Comandato da alieni. Perché i virus provengono per forza da qualche parte che non ha un vero contatto con gli umani. Non ci si può arrendere a loro, ma la società dovrebbe fermarsi – cosa ampiamente successa, anche se per forza! – e interrogarsi sulle proprie priorità. Si è nella fase 2, ma non credo che il messaggio della pandemia sia arrivato. Non si è visto nessuno dei politici, dei grandi imprenditori, degli artisti ultra famosi, di qualsiasi individuo che detenga un grande potere economico sui suoi simili fare un vero gesto di solidarietà affermando, ‘Da questo momento si riparte davvero alla pari. Tutti, nessuno escluso, si avrà diritto a una vita dignitosa che passa, per esempio, dal livellamento degli stipendi . Perché uno statista non ha bisogno di ricavare 20mila euro al mese per essere uno statista... ‘ Nessuno ha voluto mettere fine agli egoismi. Peccato, è stata un’occasione mancata. Ma non bisogna disperare, il futuro è futuro perché quando arriva ti lascia a bocca aperta: chi si aspettava il Covid-19?"

Mimmo Parisi inoltre ha annunciato la prossima pubblicazione del suo nuovo romanzo, La ragazza degli oceani. Il libro ha come fil rouge un evento fantastico che cuce, con precisione, situazioni attuali come il tema del lavoro, e la speranza che il mondo possa e debba essere migliore di quanto prometta.

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editoriale di pier_paolo_farina

Non so a voi, ma a me il Coronavirus ha portato via tre amici e mezzo, e rischiato di portarmene via un quarto.

Il primo ad andarsene è stato Raniero. Mio compagno di banco in quinta liceo. Non so quanti compiti in classe di matematica gli ho passato, e quanti suggerimenti quando veniva interrogato.

Un po’ bullo, più grande di me di un buon anno e mezzo, con quella faccia senza paura e lo sguardo diretto, senza timidezza. Puntava le donne con naturalezza e ne conquistava parecchie, attratte dalla solita alea da maschio alfa, tosto e coraggioso. Poi se ne stufava subito, o forse erano loro a mollarlo non gliel’ho mai chiesto. Fatto sta che niente mogli e niente figli, solo una lunga fila di conquiste.

Tu non capisci un cazzo di donne…” mi aveva apostrofato solo un paio d’anni fa ad una cena di classe. Avrei voluto rispondergli cosa cazzo ne capiva lui che non aveva avuto mogli, cresciuto figli insieme a qualcuna, e probabilmente neanche mai il cuore spezzato per una di esse. Ma ho lasciato perdere… certamente si stava riferendo soltanto ai miei gusti estetici, e poi sarebbe stata un uscita da rosicone.

Ne ammiravo/temevo/rosicavo il coraggio di vivere, di aver affrontato quegli anni difficili e formativi fra i quindici e i venti a testa alta e sguardo fiero e calmo, periodo che io avevo vissuto con ben maggiori dubbi e prudenze e difficoltà. Ma forse anche lui a suo modo era preda di qualche insicurezza: si mangiava le unghie a sangue, ricordo… non aveva che mozziconi d'unghia in cima alle dita. Solo che non dava proprio a vedere le sue incertezze, era uno smargiasso naturale.

Da giovanissimo aveva cominciato a fare musica, era cantante in un complessino che girava i locali. Io all'epoca ancora mi baloccavo a casa con la chitarrina, senza grossi progetti se non di imparare a suonarla sempre meglio.

E’ stato lui che un giorno d’inizio terza liceo mi disse di lasciar perdere quei 45 giri pop che mi vedeva ogni tanto in mezzo ai libri, e di ascoltare per bene i 33 giri dei Led Zeppelin (e chi cazzo erano?), “i migliori del mondo”, che avevano al tempo fatto uscire il loro terzo album.

Sono passati cinquant’anni e il mio gruppo preferito sono rimasti quei quattro là. Grazie Raniero.

Giorni dopo, un altro mio compagno Enzo mi disse “…ma che Led Zeppelin, domani ti porto io un disco che spacca!”. Il giorno dopo mi mise in mano “Deep Purple in Rock”. Conoscevo già “Black Night”, ma la botta di quei quaranta minuti al fulmicotone mi lasciò basito.

Un mese dopo un altro mio compagno di classe, Attilio, mi allungò “Paranoid” dei Black Sabbath dicendomi il solito “sentiti questo!”. Conoscevo già “Paranoid” ma quando partì il riffone di “War Pigs” con tanto di sirena antiaerea mi venne il più forte dei formicolii alla nuca. Che tempi.

Raniero era un po’ stronzo, ma generoso. A diciott’anni aveva preso subito la patente e mi portò colla sua Mini di seconda mano, insieme a suo fratello Roberto (futuro pianobarista sui transatlantici, ora è in quarantena al largo del Brasile) e al suo batterista Tiziano, al mio primo concerto: Deep Purple al palasport di Bologna (alle tre del pomeriggio! Usava così).

Va su il gruppo di apertura certa Premiata Forneria Marconi e fanno solo cover (si erano appena messi insieme). Aprono con “21th Century Schizoid Man”, poi mi ricordo “Bourée” e “Gypsy”. Bravi!.

Poi arrivano Blackmore e soci. Magnetico l’uomo in nero… si attaccava agli amplificatori e grattava la Stratocaster sui bordi delle spie, e chi ha mai vito una cosa simile? Ho sedici anni... Non capisco ancora un cazzo di chitarra e di musica, percepisco solo il magnetismo del chitarrista e, curiosamente, mi resta impresso il suo mento estremamente sfuggente.

Siccome ero bravino a scuola e lui no, Raniero mi chiedeva sempre di andare a studiare a casa sua, con grande riconoscenza di sua madre che vedeva in me il ragazzo giudizioso e affidabile che a lei non era toccato. Un’oretta sui libri e poi, invariabilmente, lunghi ascolti dei suoi già numerosi dischi (gli giravano i soldi grazie alle serate nei locali) dallo stereo vicino al letto. Senti questi! Chicago… Senti questi! Atomic Rooster… dopo di che si finiva in cucina a mangiare la nutella a cucchiaiate (quando non c’era la madre).

La musica ha salvato la mia vita e Raniero è stato la persona più decisiva per farmi avvicinare ad essa.

Ora aveva sessantasei anni e un polmone quasi del tutto compromesso da tre pacchetti al giorno di Marlboro per quarantacinque anni. Il virus ha maramaldeggiato su di lui, che ha resistito in terapia intensiva per una decina di giorni prima di arrendersi, il dieci di marzo.

Come si è infettato? Facile: era andato a vedere le finali di Coppa Italia di basket di metà febbraio tutte nel palasport della sua città. Otto squadre fra lombarde, venete, emiliane, sarde, pugliesi, col loro seguito di migliaia e migliaia di tifosi, molti già belli infettati e che hanno invaso hotel ristoranti bar e pizzerie, inconsapevolmente seminando la strage qui da noi.

Raniero ed altri, ancora a febbraio pochi giorni dopo le finali di basket, si ritrovano tutti in un localetto vicino al porto. Suona il gruppo di Eugenio, il cui cantante Giancarlo a sua volta non s’era perso una partita al palasport nei giorni scorsi. Eugenio e Giancarlo sono miei amici: montavamo insieme ad altri futuri ingegneri sul direttissimo Milano Lecce delle sette e zero nove ogni mattina, per raggiungere l’università distante sessanta chilometri. Giancarlo zompava sul predellino e poi nel vagone, quelli col corridoio laterale. Apriva la porta del primo scomparto, ne usciva invariabilmente un tanfo misto di piedi, flatulenze, bucce d’arancia e allora lui gridava “Grisù!!” e passava al successivo. Finché ne trovava uno decente e provvisto dei quattro cinque posti a sedere che servivano a tutti noi.

Eugenio era una persona splendida: ingegnere elettronico, titolare della cattedra di musica elettronica al Conservatorio, progettista di sintetizzatori, compositore di musica elettronica, diplomato in pianoforte a diciannove anni, fantastico pianista jazz, suonatore di organo Hammond amico personale di Brian Auger.

Da lui si andava a studiare i primi esami del biennio. Quand'eravamo cotti a forza di risolvere equazioni e sviluppare serie e introitare leggi fisiche, ci si trasferiva intorno a lui seduto al pianoforte in salotto. Emerson, Elton John, Beatles, Debussy nei giorni più di voglia. Era di un altro pianeta.

Un giorno c’erano i Traffic in giro per il centro della nostra città. La sera prima li avevamo visti suonare al palasport. Jim Capaldi ci spiegò che era saltato il concerto successivo a Udine e perciò avevano un giorno buco senza impegni. Li portammo da Eugenio (non tutti, solo lui, Winwood e il percussionista Reebop), nella cantinazza delle prove. Eugenio si mise al piano Rhodes, Winwood all’organo, Reebop alla batteria. Qualcuno di noi al basso. Giancarlo (fluent English) alle relazioni pubbliche. Ci diedero dentro per due ore, poi Winwood chiese una chitarra. Qualcuno si scapicollò a casa e recuperò una Gibson per l’allora ventiseienne rockstar inglese. Ho una foto in cui mi si vede abbarbicato sopra un tavolo mentre sotto di me Winwood si strimpella la Les Paul.

Eugenio diversamente da Raniero non aveva patologie pregresse serie, che mi risulti. Sessantasei anni appena compiuti, fresco di pensione ma mi aveva appena spiegato che lavorava poù di priam, tutti lo chiamavano il Comune gli industriali gli ex allievi. Ma la forza del virus in quei giorni e in quei luoghi era infinita, ha resistito intubato per un mese buono fino al cinque aprile, poi se n’è andato facendomi piangere come un vitello perché, se c’era una persona che non meritava questa sfiga, era lui. Quante belle chiacchiere, quanta disponibilità, quanto talento, quanti ricordi, quanta riconoscenza! Mi manchi, Eugenio.

Giancarlo invece ce l’ha fatta: è stato una decina di giorni in ventilazione forzata e poi in qualche modo ne è uscito. Appena saputo che l’avevano rimandato a casa a finire la convalescenza, immaginando la sua situazione, le sue paure e forse i suoi rimorsi (seppure ingiustificati), gli ho solo whatsappato un bentornato e un ti voglio bene. M’ha risposto “Anch’io, amico mio” e bona lè, come dicono i bolognesi. Basta e avanza.

In quel cazzo di localino, a veder suonare Eugenio e Giancarlo, insieme a Raniero e a tanti altri, c’era anche Sergio, sessantaquattro anni, altro musicista sebbene dilettante (insegnante d’inglese il suo lavoro). Lui assai più naif… chitarra per lo più acustica ed esibizioni per lo più per strada, senza paura anche a sessant’anni. Anche in Australia, dove era schizzato da giovane per evitare il servizio militare che aborriva, lasciandomi in custodia la sua Gibson diavoletto, debitamente restituitagli un paio d’anni dopo al suo ritorno.

Anche lui buono e caro, un pezzo di pane. Meno affascinante del talentuoso Eugenio, dell’estroverso Giancarlo e del cazzuto Raniero, ma un giusto.

Quando decisi di imparare a suonare la chitarra lui già si destreggiava più che decentemente sull’attrezzo ed io gli stavo davanti con gli occhi di fuori a carpire qualche accordo e qualche posizione. Con gli anni, grazie al mio carattere più organizzato e alla mia costanza, ero diventato uno strumentista assai più completo di lui, ma gli sono grato per gli inizi, e gli ho sempre invidiato la forza e la sicurezza dello strumming colla mano destra… un vero ritmico, un verso busker da strada.

Il povero Sergio l’hanno rimbalzato fra Senigallia, Fabriano e Jesi, dove poi se n’è andato, il venti di marzo. Aveva la polmonite, ma il primo tampone era stato negativo e hanno perso giorni preziosi (e pericolosi per chi gli stava vicino!) a tenerlo in reparto normale. Poi l’hanno sbattuto già bello che intubato a destra e a sinistra in reparti specializzati Covid ma era troppo tardi e ci ha rimesso la pelle, solo e tapino.

Il suo dottore gli aveva prescritto antibiotici e tachipirina, lui se ne è stato una buona settimana colla febbre a trentanove prima di decidersi a correre al pronto soccorso. Viveva da solo, e non voleva rompere i coglioni a nessuno. L’umiltà non paga, in questo paese dove se non alzi la voce vuol dire che non esisti.

Sergio non lo meritavi neanche te. So io chi lo meriterebbe.

E per soprammercato, un giorno di aprile ho saputo che se n’era andato anche il mio antico vicino di casa e d'infanzia Massimo. Abitava al primo piano della palazzina dove io stavo al terzo ed ultimo. Insomma, a cinque sei sette otto anni giocavamo insieme a nascondino, a pallone, colle biciclette, coi fucilini, coi pattini.

Poi ci siamo persi per sempre di vista, io in un'altra città, lui a fare l’assicuratore in questa, mi dicono. Come cavolo si sarà infettato non ho idea… forse anche a lui piaceva il basket ed era andato in quel palasport pieno di cremonesi, canturini, milanesi, veneziani infettati.

Sono in lutto, ragazzi. Per me non è solo questione di mascherine guanti e distanze. Io ho i miei morti, e i ricordi della mia gioventù con loro, che ogni tanto m’intristiscono la giornata.

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editoriale di Ildebrando

Ho sottoposto ad un amico l'ascolto di "Il dilemma" di Giorgio Gaber e ne ho avuto una brevissima conversazione.

C'è da dire che mi sono arreso dopo le prime battute, constatando l'inutilità di ulteriori parole.

Un tempo, forse, sarei stato più entusiasta e avrei difeso le mie convinzioni, ma da tempo mi sono disluso e converso solo con chi credo mi stia capendo.

Volevo solo condividere questa breve esperienza, per rendere meno pesante la mia delusione.

AMICO: "Bellissime parole...ma sei minuti e mezzo per una canzone..."

IO: "Beh...credo che l'intensità non si possa sgranate come un melograno, con il rischio di frastagliarne la polpa. Ha bisogno di un tempo lungo e meditato; delle religiosità con cui si sgrana un rosario.

Abbiamo dimenticato la pazienza delle inquadrature e dei cambi di scena trascinati. Abbiamo dimenticato i lunghi primi piani che sfumano a fatica lasciandoci il tempo di meditare sulla scena appena vista. Abbiamo dimenticato il tempo prolifico del silenzio che scatena dubbi. Ci siamo abituati a film ed esistenze dalla inconsistenza da thriller dove la tensione è data dalla sola concitazione e dalla presa di sorpresa. Un rombo, un botto, un guizzo, uno stridio, un fulmine, un'esplosione...ansimare, scappare...

L'emozione, però, non sta in colpi di scena continui, non sta all'interno di brividi transitori.

L'emozione sta nelle sottotrame e nella capacità di leggere i simboli.

Ma nella centrifuga del "tutto e ora", del "fatela breve altrimenti mi annoio", non esistono sottotrame e simboli e le medesime trame vacillano.

Le belle parole hanno bisogno di essere contemplate. Perché sarebbero state anche in meno minuti, ma quante ne avremmo colte davvero?"

AMICO: "Non mi piace il melograno e non prego e mi piacciono i film tipo "Avengers" che durano tipo 8 ore"

Io non rispondo altro.

Penso ad Ivano Fossati e a quello che scrisse a commento di "Quando sarò capace di amare":

"Mi fa pensare alla fatica dei ragazzi, molti dei quali, nonostante tempi e apparenze sono alla ricerca continua di pensieri alti e adulti come questi. Spero che "Quando sarò capace di amare" attraversi anche la loro strada".

Poi penso ancora a Gaber:

La mia generazione ha perso...

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editoriale di Bubi

Il 29 aprile del 2020 la natura fermò la terra e parlò agli esseri umani, disse:

C'è una grande pandemia nel mondo, un virus, un minuscolo microrganismo si è infilato nell'ingranaggio del vostro sistema e tutto è andato in crisi. Da qualche mese siete nel panico perché vi sentite aggrediti e non sapete come fronteggiarlo. Molti di voi imprecano e lo chiamano: "maledetto virus." Ma, signori miei, questo piccolo organismo fa solo il suo lavoro così come lo fanno i batteri che ritenete "responsabili" di altre malattie. Voi l'avete cercato e il contagio è stato inevitabile, se foste rimasti al vostro posto, non sarebbe successo niente. Il virus non vi è nemico e non ha intenzioni ostili, maledirlo non è giusto e non serve a niente. Ho visto che vi state dando un gran da fare per cercare velocemente la cura. Sappiate però, che il pericolo non è soltanto per la vostra salute, è più che altro per il vostro sistema economico. Avete costruito un’economia globalizzata pensando solo alle merci ed ai capitali. Nessuna considerazione per i diritti dei lavoratori e ancor meno alla tutela dell’ambiente. Le regole più importanti. Avete trascurato troppi aspetti della globalizzazione, aspetti considerati soltanto come "costi" per l'economia. Ne risentiranno quasi tutti i settori, dall'export, alla moda, al turismo, al manifatturiero, nel vostro sistema tutto è connesso, se va in crisi una parte mette in difficoltà anche le altre. Il virus sarà la misura per capire se la vostra organizzazione è costruita su equilibri precari o se ha buone fondamenta.

Cari umani, vi dovete mettere in testa che non potete fare il processo a nessuno e neanche dare ad altri la colpa di quanto vi accade. Non avete nessun diritto particolare, siete lo 00,1% della vita su questo pianeta, abitate qui da cinque minuti e credete di essere i padroni. I virus e i batteri esistono da miliardi di anni, sono parte di me, sono la forma biologica più abbondante sulla terra, abitano in ogni essere vivente, in ognuno di voi ce ne sono migliaia di miliardi. Quasi tutti sono importanti per lo sviluppo delle vostre difese immunitarie e per mantenere l'equilibrio della vostra flora batterica. Senza virus e batteri non campereste un mese. Chi è maledetto o responsabile di qualcosa lo vedremo col tempo. Capiremo presto chi è fuori posto.

Non molto tempo fa c'era un mare bellissimo. Era il mio orgoglio, adesso è pieno di sporcizia di ogni genere, avete creato enormi isole fatte di plastica e lerciume. Tra pochi decenni non ci saranno più pesci, avete disboscato, distrutto barriere coralline meravigliose, tutti i ghiacci si stanno sciogliendo, il mare inonderà tutte le pianure e le zone costiere. Vi comportate come se io fossi cosa vostra e mi trattate come una serva, per voi sono ben altro che "madre natura!." Volete cambiarmi, così i fatti vostri, sono diventati anche i miei. Ma non avete capito che sono io che detto legge? Che tutto l'universo balla al ritmo dei miei strumenti?

Non faccio discussioni e non tratto, non ho principi morali né simpatie, l'unica cosa che faccio è applicare la legge, la mia legge! Secondo i vostri parametri sono una dittatura! Ma sono i vostri parametri, non i miei. Non studio per ottenere un risultato. Non mi sono mai messa al tavolo di lavoro per progettare un asinello o una rosa. Tutto è strutturato in modo che si vada avanti secondo una combinazione di caso e necessità, faccio prove e commetto errori. Anche voi siete una prova, fra non molto tempo sapremo se siete anche un errore. Perché io, cari umani, non faccio sconti, se qualcuno non mi si adatta, lo elimino, altri lo sostituiranno. Credete di potermi soggiogare, in realtà preparate la vostra sconfitta.

Per quanto mi riguarda, continuerò tranquillamente come ho sempre fatto. Non so neanche quanto durerò e neanche se avrò una fine, però ho sicuramente tanto tempo a disposizione, miliardi di anni, cambiare mi fà bene. Terremoti e vulcani non sono disgrazie, sono eventi che mi servono, la terra si assesta e ho una valvola di sfogo, con loro mi rinnovo. Ogni tanto lo faccio. Esattamente come fanno certe vostre signore che hanno l'armadio pieno di vestiti. Non c'è niente di male. Via col superfluo. L'ho già fatto tantissime volte nel corso dell'evoluzione. Sopravvive soltanto chi si adatta all'ambiente. I dinosauri non erano più adeguati a vivere in un mondo stravolto dall'impatto di un asteroide, amen, li ho fatti estinguere. Ma lasciarono spazio ad altre forme di vita, ci sono milioni di forme di vita proprio perché alcune possano scampare alle catastrofi. Qualcuna si salva ed avrà tempo per evolversi e occupare le nicchie ecologiche rimaste libere.

Detto tra noi, il bene e il male non esistono, ma supponiamo che ci siano, allora è male non avere rispetto per gli altri, è male essere presuntuosi. Vi considerate il centro di tutto e dite: "Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza." Dopo aver creato me in mille forme diverse, credete davvero che Dio abbia dato vita anche a voi, prendendo se stesso come modello? Ma per favore! Quanta immodestia! Ho fatto l'esperimento di farvi avere un cervello diverso dagli altri animali, un cervello capace di esprimere un linguaggio, immaginare e calcolare, capace anche di fare cose belle, siete gli unici ad averlo così. Ma forse mi sono sbagliata quando credevo che foste responsabili e capaci di autodeterminarvi. Fino a trecento anni fa ero soddisfatta di voi, ero felice quando vedevo che eravate capaci di scrivere bellissimi romanzi e dipingere in maniera altrettanto bella. Da secoli ormai, la sera, prima di addormentarmi mi piace ascoltare musica o dare un'occhiata alla cappella sistina, mi rilassa. Ho sempre ammirato i vostri filosofi, a proposito, ho fatto incorniciare questa frase di un vostro pensatore: «Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me.» Non male eh?

È pur vero che fin dai tempi più remoti vi siete scannati in continuazione gli uni con gli altri. Ma non ci facevo caso, sono fatti vostri. Non mi appassiona neanche vedere che siete avidi e senza scrupoli, che giudicate secondo pregiudizi, che siete vanitosi, invidiosi, ottusi, pigri, assassini, superficiali, vendicativi, egoisti, crudeli, avete bisogno di psichiatri, mangiate a dismisura, vi ubriacate, siete depressi, anoressici, prendete droghe, siete anche traditori. Potrei continuare ma rischio di annoiarmi, mi limito a dire: "voi umani non vi volete bene."

Avete anche deciso cosa è bello e cosa è giusto, approvo, avete bisogno di regole. Però nel sistema che si è andato formando, al principio di giustezza si è sostituito quello di convenienza. Guardate ai vostri politici e lo capirete meglio. I politici non fanno più niente perché è giusto, fanno soltanto quello che è utile. Per sé stessi. Cercano i voti usando slogan che siano capiti da chiunque. Il concetto deve essere semplice. E il contenuto? Quello non ha nessuna importanza. La parola "giusto" ha cambiato significato. Il sistema vi ha ridotto a fare quello che conviene, quello che non costa fatica, quello che porta un vantaggio immediato. E badate bene, non è un complotto, è più semplicemente un disordine del vostro ordinamento di valori. Del resto, dove c'è solo merce da vendere e merce da comprare, esiste solo l'utile e il denaro influisce a fondo sui desideri. Il consumo è divenuto fondamentale nella costruzione dell'identità e i soldi sono la vostra nuova forma di culto. Il progresso scientifico e la sua stessa comprensione si sono distanziati, la vostra capacità tecnologica ha già superato le vostre facoltà intellettive. Già oggi usate una tecnologia che non capite e che vi ha resi schiavi. Lavorate come l’algoritmo stabilisce, comprate quello che l’algoritmo comanda. Sinceramente, non riesco a vedere un colpevole perché dietro tutto questo non c'è una mente che ha coscienza di quello che fa. Il vostro sistema non pensa e non è in grado di prevedere. Un sistema non ha fantasia. Anche i vostri economisti mancano di fantasia, non sanno guardare al mondo come ad una realtà composta da molti elementi. Il pianeta terra, è un'architettura complessa. Dovreste saper guardare a tutte le strutture che la compongono, la parte ambientale, quella animale, quella sociale e capire come interagiscono tra loro. Gli economisti capiscono solo la parte monetaria. Credono di vedere il logico in un quadro che è diventato incomprensibile a tutti i livelli. Leggi su leggi si accumulano. La burocrazia è diventata indecifrabile. L'avete sovraccaricata. Oggi è talmente prolissa, ampollosa, equivoca, che i funzionari che dovrebbero applicarla non sono disposti ad assumersi alcuna responsabilità. E tutto si ferma.

Non avete mai avuto il controllo del sistema e oggi non avete la minima idea dove vi porterà. Gli economisti dicono che tutto si sistemerà, che le leggi del mercato si regolano da sole, che una volta trovato il vaccino al virus, l'economia tornerà a crescere. C'è anche chi parla di carbone pulito per altri mille anni, è uno col ciuffo biondo. Ma lui è un cretino! Per adesso di carbone pulito non c'è ombra. Dovreste sempre tenere a mente che illudersi e avere uno sguardo miope sull'insieme non può opporsi alla mia legge: "in un mondo finito non può esserci una crescita infinita, possibile che non riuscite a capirlo?" lo dico in altre parole: "il petrolio e il carbone tra poco finiranno!" Non c'è concetto più facile da intendere! Ma il biondone col ciuffo e gli economisti non ci riescono. Che stupidi!

Cari umani, almeno vi siete accorti che la politica non è più il luogo dove prendete le decisioni? Oggi la politica è decisa soltanto in base a criteri finanziari, e la finanza cosa fa? Ovviamente guarda alle risorse tecnologiche perché servono ad essere competitivi, non c'è scampo, si deve essere competitivi nel vostro sistema. La politica dovrebbe decidere del bene comune, ma alla fine, è la finanza a decidere cosa fare, sono i finanzieri ad avere l'ultima parola! Ma non vi sembra aberrante mettere il bene comune in mano a pochi uomini d'affari? A loro servono persone disposte ad eseguire anziché pensare, se non sbaglio è la vostra filosofia ad insegnare che non si può introdurre un’etica dove tutti eseguono e nessuno pensa. Oggi più che mai, ogni cosa è rapportata ai soldi, soldi e immagine sono diventati il mezzo con cui si giudica tutto. Anche le persone. Cari miei, ne consegue che la visione del mondo dettata da valori etici e morali sani, sta andando a puttane, invece il disordine del vostro sistema di valori sta raggiungendo il massimo livello. In questo disordine anche voi non siete più individui, siete modesti funzionari di apparati tecnici. A vent'anni già sognate di avere il Suv e poi andate col Suv, e cosa puoi aspettarti da uno il cui ideale è andare in Suv? Niente. Quello ama la vita comoda, va col Suv ed è contento così, non deve nemmeno sforzarsi per crearsi un'identità, tanto c'è già il Suv che gliela dà. Agli occhi degli altri però, ma che importa, quello che conta oggi sono gli occhi degli altri. Francamente a me non interessa quello che fate e quale sarà il vostro futuro, se tra cent'anni ci sarete oppure no, non esisto per comprendere il dolore e gli stati d'animo. Vi considerate anche intelligenti. Ma per voi, la vera intelligenza è sopravvivere!! Siete sopravvissuti a diverse glaciazioni, ma mai ad un periodo caldo come quello che sta per giungere, sarà la più grande sfida nella vostra storia. Superatela e sarete intelligenti. C'è una ragazza di diciassette anni che da un paio di anni vi sta mettendo in guardia sul pericolo che incombe, dovreste solo ascoltarla e poi fare le cose giuste. Ho dubbi, molti, molti, dubbi che ce la farete.

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editoriale di Taddi

Vorrei farvi una domanda molto semplice:
Che senso ha recensire un disco di 20, 30 o 40 anni fa, anche se ancora attualissimo, un capolavoro, seminale e bla bla bla? Mi permetto di farvi questa domanda perchè ho un dubbio. In quanti leggeranno lo scritto senza conoscere l'opera o senza conoscere minimamente il personaggio? Quindi quale valore si aggiunge?

Sul Deba ad oggi ci sono 26 recensioni di The Dark Side… Chi le ha lette tutte? David Gilmour ne è al corrente?

Certo, la 40ena cambia le percezioni rende più fluide le giornate, probabilmente mi faccio domande assurde, ma recensire Sam Cooke dopo 57 anni che senso ha? Chi legge non conosce già Sam? Cosa apprende di nuovo? Allora perché scrivere di dischi “vecchi”?

Io personalmente una risposta ce l’ho. Non è ego personale (almeno nel mio caso) è che rimpiangiamo tutti il passato, rimpiangiamo i negozi di dischi, rimpiangiamo lo scricchiolio del vinile, le copertine formato leggibile, l’apertura dell’LP sfregandolo rapidamente sui jeans, l’odore di plastica e cartone, la cura nella pulizia, le note con l’elenco dei musicisti…

Hey, hai visto, alle keyboards c’è … che ha suonato anche con …

Ed i testi? Quante volte con le cuffie, biro e foglio a risentire la frase incomprensibile per tradurla? I REM poi erano pazzeschi, Stipe farfuglia(va)… Solitamente finivo per graffiare il solco con la disastrosa caduta della puntina. Tok, tok, tok…Oggi quel mondo, quelle abitudini non esitono più e le rimpiangiamo, non perché eravamo giovani ed arzilli, semplicemente perché c’è stato un cambiamento ed esso è difficile da accettare. Ma il cambiamento maggiore c’è stato nella musica, ogni anno uscivano almeno 8/10 capolavori che rivoluzionavano il rock. Oggi? Qual è l’ultimo cd che avete comprato, ma soprattutto, di che anno è?

In ultimo, ma quanti punti interrogativi ci sono qui? (15)

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editoriale di Lao Tze

A volte li incontriamo, ma quasi mai li riconosciamo. Sembrano cinesi, ma sanno parlare russo e hanno nomi turchi. Li abbiamo conosciuti soprattutto grazie al Circo di Montecarlo e manifestazioni affini, dove li guardavamo fare acrobazie in sella ai cavalli, saltare o dar lustro alla loro fama di grandi contorsionisti. Il settore aerospaziale è il loro massimo vanto, fin da quando ospitarono quel cosmodromo che fu anche la prima base di lancio al mondo. Abitano un Paese grande quanto mezza Europa ma di cui i TG non parlano mai, esattamente come accade alla Repubblica di San Marino.

Se non, appunto, quando viene lanciato un missile o quando i Russi spediscono qualcuno in orbita. Allora sì, che finalmente si parla (poco) di questo Paese.

Di cui non farò il nome, dato che a questo punto non è più necessario. Se io conosco questo Paese? Certo che no, non direttamente. Conoscerlo attraverso internet non è meno complicato, visto che ogni volta che vado ad aggiornarmi è cambiato qualcosa. A cominciare dalla capitale, che una volta si chiamava Alma Ata e poi è diventata Almaty, per poi spostarsi ad Astana (sì: quella della famosa squadra di ciclismo), precedentemente nota come Akmolinsk, in seguito come Celinograd, quindi come Akmola. Nel marzo del 2019 ha infine (?) assunto l'attuale denominazione di Nur-Sultan, ma non sappiamo ancora per quanto.

Ne so davvero poco, ma proprio qui sta il bello. Quel poco l'ho anche scoperto attraverso un'emittente satellitare che da qualche anno dovrebbe diffondere la cultura del Paese in giro per il mondo. Lunghi reportage sull'antica vita nomade con annesse leggende, sulle tende e sulla steppa. Tutto nella loro lingua, ma rigorosamente sottotitolati in inglese. Ogni cinque minuti campeggia in primo piano un'istantanea del colossale palazzo presidenziale, con la piazza e i giardini antistanti: sfarzo e scenari da fantascienza, da far impallidire la grandiosità sovietica e pure quella cinese (di cui sì, posso parlare).

L'immagine ultra-moderna, iper-tecnologica e digitalizzata di un Paese a cui mancava solo qualcosa, per definirsi completo.

Una scena musicale da esportare.

Certo, la tradizione non manca. Ma vuoi mettere far parlare di “noi” in tutto il mondo, con un prodotto nazionale moderno e in linea coi gusti dei teenagers occidentali e non solo? Vuoi mettere sfruttare i social media con relativo accumularsi/viralizzarsi di hashtags e followers e cazzi e mazzi? Vuoi mettere che persino in America ascoltino la nostra band di punta?

In Sud-Corea ce l'hanno fatta, ad esempio. Per di più, ce l'hanno fatta senza inventare nulla. Hanno importato il modello giapponese, lo hanno adattato al pop formato MTV e fabbricato i loro idoli su misura, ci hanno costruito sopra un'industria e lo show-biz globalizzato ha fatto il resto.

Sì, certo: Gangnam Style. Ma Gangnam Style fu solo la punta di un iceberg andao alla deriva e approdato nel giro di pochi anni in ogni angolo del globo. Il fenomeno K-Pop, oggi, è planetario: adolescenti del Paraguay ne conoscono boy e girl-bands esattamente come i loro coetanei olandesi. E fanno schizzare (a varie decine di milioni) le visualizzazioni delle loro clip.

Probabilmente, vostro figlio sta già ascoltanto K-Pop. Anche se non ve lo dice.

Canzoni cantate in coreano. Di cui nessuno o quasi, capisce il testo – ma da un po' ci sono i sottotitoli, perché il fenomeno - dicevo - è diventato talmente globale che ci si è dovuti attrezzare anche così.

Tanto la musica viene dopo. Prima ci sono look, hairstyle, management efficace. Un'immagine accattivante, sexy all'occorrenza ma senza strafare. E allora sì, che sei davvero sulla strada per il mito.

Al che, nella terra dei nomadi della steppa e dei cosmonauti si saranno detti: lo facciamo anche noi. Gli somigliamo pure, ai Sudcoreani. E poi si sa, che quelli fanno i furbetti con la chirurgia estetica. Noi non siamo da meno, neanche in quel campo.

L'anno zero della nuova musica è il 2015. Quell'anno la locale Juz Entertainment crea (dal nulla) i Ninety One. La prima boy band del neonato Q-Pop. Noi non ne sapevamo nulla, al massimo conoscevamo i Q-Disc (una volta).

Viste le premesse il successo arriva, immediato. Soprattutto fra il pubblico femminile (e minorenne) del Paese, che all'istante li decreta nuovi sex-symbol. Concerti sold-out, arene in tripudio, ospitate tv, crescita costante di followers. A coronamento di tutto, tour asiatico e performance al fianco delle superstars coreane Mamamoo, girl band con numeri da capogiro. Come se una rock band appena formata aprisse per i Rolling Stones. Per capirci.

Non poteva mancare il film-documentario, e pure quello è stato fatto. E così bene che documenta una realtà fatta non solo di fans e followers, ma anche di ostacoli e resistenze. Una grossa fetta del pubblico locale li osteggia per “oltraggio alla tradizione nazionale”, i loro concerti boicottati, il loro look giudicato “troppo gay”.

Valutate voi, al riguardo.

Non bastasse questo, dovevano proprio chiamarsi Ninety One. E si dà il caso che quel Paese abbia avuto l'indipendenza nel '91. Oltraggio alla storia, quindi, non solo alla tradizione. Non potevano chiamarsi Ninety Two o Ninety Three, no.

Sicché, i numeri del Q- Pop crescono. Continueranno a crescere anche nei prossimi anni, facile da prevedere. Ma non certo al ritmo esponenziale del K-Pop.

E non è tutto.

Fra i target iniziali dell'operazione, alla resa dei conti, solo uno sembra davvero raggiunto: quello di creare un'alternativa giovanile alla “solita” musica passata dalle radio nazionali. L'altro obiettivo, quello dell'esportazione globale del prodotto, è ancora lontano diversi parsec (tanto per restare in tema astronomico).

Paradossalmente, un artista di questo Paese ottiene visibilità oltre-confine solo se comunica e canta in un'altra lingua, per rivolgersi a un pubblico che parla un'altra lingua. Il prodotto non ha ancora abbastanza appeal internazionale perché i sottotitoli funzionino.

E chi possiede appeal di un “certo” tipo (chissà quale), vedi le pop-star locali Nazima e Dequine, canta e si esprime ancora in russo. Per il mercato russo e un pubblico fatto prevalentemente di Russi.

Ma non siamo severi... è ancora presto, per un bilancio.

Il K-Pop emerse negli anni '90, ma ottenne risonanza mondiale quasi un ventennio dopo.

Siete avvertiti.

E se suona come una minaccia, tanto meglio.

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editoriale di  Jimmie Dimmick

Ti dico la paura c’è. Non per il virus. Lì mi sento completamente impotente, ho capito, sto a casa e contribuisco, e io sto a casa eh, però se me lo piglio me lo piglio e suca. Se lo pigliano i miei, lo pigliano e suca. Sono impotente, non c’è motivo di avere paura, non serve a un cazzo.

Mi fanno paura invero le misure restrittive. Di per sé, nulla da dire. Se Mrs scienza comanda, obbedisco. E’ per il bene di tutti. Ma quanto ci costa il bene di tutti? Ocio fratello, terreno scivoloso, qua t’assaltano, puntano il dito e lapidano l’untore. A merda! E a mi nonna nun ce pensi!?

Calma, eeeeasy boy, io non esco mai, mai!
Metti per un attimo: a una certa finisce il lockdown, bella lì, però, eh però calma, il virus può tornare, non possiamo permettercelo, sapete cosa? Perché non ci decidiamo ad usare i mezzi che già abbiamo? E’ per il bene di tutti! Cioè a te cosa ti frega se io multinazionale monitoro tutti i tuoi spostamenti o che so raccolgo dati sul tuo stato di salute e li vendo ai vari governi che così tengono d’occhio il contagio? Se pagano cash? No, è più un baratto, uno scambio di favori. Ma a te che ti frega? Guarda la Corea del Sud! Lascia stare la cina, lì è dittatura, tu guarda la Corea del Sud.
Ecco mettiamo che noi tutti si dice, beh se è per il bene comune ok, guardando la Corea del Sud, e bella lì ci abituiamo, così come ci siamo abituati agli algoritmi dell’internet che sanno cosa vuoi meglio di te, e ti fanno fare le figure di merda con la donna che dice ma come mai c’hai sempre annunci di siti porno? Ma no cara è così per tutti. Eh, metti che ci abituiamo che t’arriva un sms della polizia che dice we cazzo fai al parco con Gigi? Vai a casa.

Ok, ok, è per il bene di tutti, vado a casa, anche se mi pare che si stia esagerando, massì si fa per parlare.

Poi metti che un giorno il 60% degli italiani si convince che Ciro è l’unico vero salvatore e che sti politici corrotti di merda lo rallentano, lui sa fare cazzo, poi si vede che è una brava persona, per lo meno ci crede, diamogli potere, leviamo dalle palle gli impedimenti burocratici, fatelo lavorare! E, porca troia, non so c’è un odore strano come di dittatura eeeeh paroloni! Negli anni ’20 del secolo ventunesimo nel cuore dell’Europa?!? In the heart of Europe?!?

Vabbè ma te fai finta, è teoria, siamo nel fantapolitico.

Ecco, bene, ora immagina questi strumenti di controllo sociale (si dice così no?) nelle mani di Ciro. Poi immagina che Ciro da bambino veniva picchiato sempre da un ragazzo che tifava Albinoleffe. Immagina che Ciro per un’associazione sua strana decide che tutti i tifosi dell’Albinoleffe sono delle merde. Capisci a me, non devo continuare, lo so, sei un tipo sveglio, l’hai capito subito dove volevo andare a parare, non ti sfugge niente capo!

Beh, si, però è per il bene di tutti, poi ci si penserà finita l’emergenza, a tempo debito, l’oggi è oggi, cazzo siamo in guerra! No dai, la metafora della guerra no, per favore, e neanche la retorica degli eroi te prego, dai, su, famo i seri.

Comunque spiegami il confine lo tracci tu? No, tu chi cazzo sei?, non conti un cazzo, chi lo traccia allora? Quand’è che si dice oh raga mo’ non è più per il bene di tutti, mo’ è per il bene di Ciro, fermi, mo’ basta. Quand’è che finisce l’emergenza? Dici beh Mrs scienza arriva dice oh raga è finita l’emergenza bella storia, e tutti si bella storia, e via si riparte dal via, tutto quello che è successo lo azzeriamo, alla fine è solo un grande buco nero nelle vite di tutti, via. Ma te l’ho detto il virus poi ritorna. Dici si ma poi ci sta un organo apposito, si occupa di diritto, sai nella società d’oggi è così, si vabbè allora però stiamo qui i giorni amico mio, allora spiegamelo tu io ti giuro che ascolto. Son qui per fare allarmismo, è la provocazione, non c’ho mica i mezzi per sostenere un discorso serio perché se no starei qui alle 4 di mattina a scrivere, ma ti pare?

Troppo sulla difensiva dici?

Io dico che magari quando tornerai ad uscire ti converrà lasciare il telefono a casa.

Magari forse non so, bum m’è già arrivato il primo sasso.

'Spè, dimenticavo:

Fando

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editoriale di zaireeka

Fantozzi: Buongiorno Megadirettore. Dunque, le volevo dire che purtroppo ho contratto una brutta malattia, che oltre a mettere a rischio la mia vita non mi permetterà per un po’ di lavorare e dunque di guadagnare abbastanza per sostenere la mia famiglia.

Megadirettore Ipergalattico: Ma scusi, in tutti questi anni non è riuscito a mettere qualcosa da parte? E’ un po’ che è con la nostra azienda. Non le ho sempre suggerito di limitare le spese ed essere più accorto a scialacquare denaro? Mi sembrava che qualche anno fa si fosse messo sulla buona strada..

Fantozzi: Si, certo, qualcosa la ho, ma non avevo messo in preventivo questa malattia improvvisa. Non lavorando da un po’, e chi sa quando lo potrò fare, i soldi presto finiranno. Mi rimane solo qualcosa per comprare le medicine, ma presto finiranno anche quelli.

Megadirettore Ipergalattico: Allora, d’accordo, vediamo che posso fare.. Diciamo che le do un anticipo, le faccio un altro prestito ad un tasso estremamente conveniente ma mi deve assicurare che lo userà solo per l’acquisto delle medicine, e solo per curare questa sua malattia. Non per dare cibo da mangiare alla sua famiglia, pagare il barbiere, pagare l’affitto, fare un regalo a Natale a sua moglie e a sua figlia. Solo per comprare medicine per la sua malattia.

Voglio però essere buono, lei avrà la possibilità di chiedermi un altro anticipo (del resto questa azienda è anche un po’ sua, e la possibilità che un giorno potesse aver bisogno di aiuto la avevamo già prevista in passato...).

Per averlo, le devo però ricordare, mi dovrà assicurare, se non muore prima, alla fine della sua malattia, oltre che di restituirlo con i dovuti interessi, anche di permettermi di decidere io, da ora in poi, come spenderà i suoi soldi, di decidere cosa si mangia a casa sua la domenica, che tipo di salame o prosciutto compra sua moglie, che modello di televisore acquistare, ecc., ecc.. Mi sembra un accordo ragionevole, che dice?

Fantozzi: Come è umano, lei…

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Che alternativa abbiamo a non finire così? In fondo è anche un po’ colpa nostra…

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editoriale di kloo

Stavamo tutti al consorzio per l'assegnazione del reddito di protuberanza e ruocco X aveva ricevuto l'indennizzo maggiore. Stavamo briscolando: io, sant'amesio, Santa clitilda e santo ridubertolo. Denari prende, io c'ho l'uovo il tre e il re bello, di prima mano, bestecemmio. La fila si fa lunga ed impetuosa, si mescola con le altre e dubito di uscirne vivo; entro il millennio. D'un tratto il nostro tavolino , di lambrusco munito , si spezza sotto i mortai Nemici. Bombe al cuoronavairus, dissero, scosse al 5G, supponemmo. In verità, vi dico, in cielo si vide una scia schimica e come una cerniera il cielo si aprì. Dal cielo in groppa ad un sbrutolodonte e con in mano la forcanza delle tenebre apparve GeGiù, e la volta si richiuse.

GeGiù alzó le mani al cielo e disse - che tutti voi possiate avere del fallo abnorme - e tutte le nostre mutande sorrisero. Tutti stavamo a 5 metri di distanza per la paura dell'inghippo della dietranza e ricevemmo per direttissima l'indennizzo maggiore. Ci accorgemmo, dopo sprucolosa analisi, che GeGiù di fallo rimase micrognoso. Decidemmo di far tutti assieme gregge, pure Santa clitilda, così prendemmo due manici di scopa e li incrociamo, appendemmo GeGiù con il superattack su questa "+ bislunga". GeGiù ci ringrazió e non poté non esimersi dal dire - questo governo non lavora con il favore delle tenebre. Subito fu giubilo tra gli indennizzati eccessivamente protuberanti ed il cielo si riaprì tra chiassi, cori e fanfare. Gegiù, però, sprofondó sotto la crosta terrestre e poté così giudicare Bruno Vespa, Emilio Fede e i 2 Meloni.

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editoriale di paolofreddie

Voglio essere sincero. Eccetto impedirmi di poter andare all’università e presenziare, a parte costringermi a prendermi lo sbatti di seguire le lezioni online, a parte permettermi di uscire solo per le necessità primarie riconosciute dallo Stato, il Coronavirus non ha fatto molto per condizionarmi la vita.
Fondamentalmente conduco la stessa esistenza di prima. Non vedo i miei amici, ok, ma anche prima li vedevo di rado, per mia scelta o per mia pigrizia/indolenza, conquistate in anni e anni di solitudine, in mancanza di qualcuno che mi ritenesse abbastanza figo per uscirci. Mi sono abituato per anni ad accettare passivamente di dover spesso rimpatriare, nella mia casa, ma principalmente in me stesso. Alla mia libertà non contribuiva il fatto che mia madre, per buona parte dell’infanzia e dell’adolescenza, non mi facesse uscire per delle sue paranoie. Ma non voglio perdermi in piagnistei e accuse, e non intendo eleggermi o farmi eleggere il Pink della situazione, con la madre iperprotettiva.

Tornando al discorso Coronavirus, la mia vita non è stata intaccata gravemente, devo ammetterlo. Lo ammetto perché sento di doverlo a coloro che veramente stanno patendo, e stanno provando sulle loro pelli la sofferenza vera di dover accettare di veder morire, o star male, un figlio o un fratello, o una fidanzata. Io neanche ce l’ho la fidanzata. E forse sono fortunato così. Mi scoppia il cazzo per la voglia di scopare, ma la stessa voglia, poco meno intensa, ce l’avevo anche prima; non avevo una ragazza prima, non ho una ragazza adesso; non ci provavo prima, a maggior ragione non ci provo ora.
Di cosa mi dovrei lamentare? Ho due genitori, separati ma ce li ho, e stanno bene. Ho una nonna, degli zii, dei cugini, e, come dicevo prima, ho degli amici, che non vedo, ma non per causa del Coronavirus. Ok, quando frequentavo le lezioni, li vedevo, ma erano incontri fugaci, erano guizzi – non si usciva veramente mai. Solo con un mio amico specifico, a cui sono molto legato, mi vedevo spesso.

Sono lontano dal focolaio di contagi, anche se ci si protegge anche qui da me, in centro Italia, non importa in quale città. Per come sono fatto, essendo cioè sfacciato, nonostante non sia un Cuor di Leone, non ho paura del Coronavirus – forse proprio perché non ho visto la gente morire, o non ho avuto notizia di persone a me care cadute vittima del virus, o reduci da esso.
Quando esco, per necessità primarie riconosciute dallo Stato e dal buonsenso, mi sento libero. Anche quando, talvolta, sono uscito per esigenza mia, di respirare e di vedere un po’ di mondo, per non impazzire, con la mia macchina, a finestrini chiusi, vagando per la mia zona, senza una vera meta, con la musica alla radio (che il cd nell’autoradio fosse dei Suicide o di Mike Oldfield poco importa), mi sono sentito libero – e mi sono detto “Che si fotta Conte, che si fotta la quarantena!”. Poi però mi sentivo in colpa, perché pensavo a quelli che avrebbero voluto uscire, ma restavano in casa, nonostante avessero plausibilmente molti più problemi di me, sia interiori che esteriori.

E io me ne andavo in giro per la mia zona, in macchina, ascoltando musica a volume medio-alto, giustificandomi che ne avevo bisogno. Ok, mi lavavo, e mi lavo, tutti i giorni, il corpo, le mani, la faccia; mi disinfetto; se devo scendere dalla macchina, mantengo le debite distanze; mentre viaggio tengo i finestrini chiusi, e se fa anche solo leggermente freddo, accendo il riscaldamento per uccidere il più possibile i batteri, oltre a riscaldarmi.
Ok, non ero – e non sono – un totale anarchico che se ne strafotteva della situazione intorno, però a volte mi son sentito profondamente usurpatore, qualcuno che si prendeva delle libertà proprio perché altri se le negavano. Proprio perché la maggior parte degli italiani rimanevano nelle proprie case, io me ne uscivo – in sicurezza, ma il punto è che uscivo – e prendevo le strade dove ero abbastanza sicuro che la pula non mi potesse fermare, e dopo una mezzora/un’ora d’aria, me ne tornavo a casa, tranquillo, come se avessi fatto una cosa punk.

Perché vi dico tutto questo? Forse perché, come avrete capito, è da qualche giorno che la voglia di uscire, e di infrangere più o meno legittimamente la legge, anche solo quel poco, non ce l’ho più. Mi sto dedicando alla scrittura, alla lettura, allo studio, a tante cose. Guardo film, leggo, ascolto musica, come ho sempre fatto.
Riuscirei a fare questo oggi, se prima non mi fossi preso certe libertà? Non lo so! Conoscendomi, probabilmente no. Ma non per questo ero più giustificato di altri a uscire, come non sono più giustificato di altri a rimanere in casa. Siamo tutti sulla stessa barca, ma non voglio scadere nella retorica che ci troviamo in un mare di merda. Ci trovavamo nella merda anche prima, solo che adesso la dobbiamo affrontare: non la possiamo evitare. Non possiamo voltare la testa. L’ho capito anch’io, che fino a giorni fa, nonostante la preoccupazione e la rabbia, cercavo dei modi per evadere, per far finta che fosse tutta un’invenzione quella che mi martellava il cervello, attraverso le voci della tv, di mia madre, di mia nonna via telefonica, dei miei amici.
Continuo a non avere paura del virus, ma rimango a casa, perché so di dovermi dedicare a ciò che mi piace e a ciò che mi tocca fare, e soprattutto, se continuassi a uscire, lo farei solo per ozio, e non per la necessità di respirare e di non farmi prendere l'attacco di panico. Se uscissi ora, mi sentirei veramente un coglionazzo punk wanna-be che, dietro la facciata di duro, ha ancora nella testa le canzoncine di Natale di quando era bambino.

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editoriale di joe strummer

«Si alza il vento, bisogna tentare di vivere».

Credevo di morire senza cinema, sei settimane fa.

Credevo di cavarmela con lo streaming, con i classici. «Tutti a casa mia».

Credevo che della pandemia avrei vissuto solo la noia, il tempo sospeso.

Poi le cose si sono fatte gravi, per tutti.

La morte l'ho letta, in infinite pagine del giornale di Bergamo per cui lavoro.

La morte l'ho pubblicata.

Ho assegnato e titolato articoli su lutti e lutti, su comunità lacerate dal dolore.

Prostrate.

Ho letto di chi ha perso il fratello e lo zio nello stesso, maledetto giorno.

Ho letto di paesi devastati, martirizzati. Ho letto di Nembro, dieci morti al giorno.

La signora dell'anagrafe, il bibliotecario, il tecnico del cineteatro.

Ho pianto per giorni, solo in casa o davanti a mia madre, a mio padre, mentre glielo raccontavo.

Ho pianto come mai in vita mia.

Ho visto la voragine sottostante.

Poi mio fratello ha iniziato ad avere la tosse, la febbre.

Mia sorella non si sentiva tanto bene.

I miei due zii hanno vacillato. Uno dei due l'ho visto sottile, a letto tutta la settimana.

Ho passato un mese che mi è sembrato un anno.

Lavorando dalle 7 di mattina a mezzanotte, all'una.

Ho fatto due lavori al giorno, per giorni che mi sono sembrati infiniti.

Ho letto la morte e accolto la vita di un vitellino, tra gli sforzi miei e di mio padre.

Ho mischiato la polvere del fieno e l'odore dell'alcol cosparso su ogni cosa.

Ho vacillato, al vacillare di mia madre per ogni colpo di tosse di mio fratello.

Ho ripensato a quando guardavo i film, come se fosse una vita precedente.

Ho lottato a testa bassa, stremato, senza che mi sfiorasse l'idea di mollare.

Ho sgridato mia madre per le sue fragilità. Perché dice di non riuscire a dormire.

L'ho coccolata con le bugie, perché lei la tv non la guarda più.

Ho visto i miei cari guarire, un po' alla volta.

Ho saputo la morte del padre di un collega, l'ho letta nelle sue parole stampate sulla carta.

Ho saputo la morte del nonno di un amico, l'ho sentita nelle sue parole al telefono.

Ho accettato il taglio dello stipendio. Mi sono incazzato per il taglio dello stipendio.

Ho visto infiniti programmi, letto analisi, teorie, statistiche, congetture, inchieste.

Ho visto qualche film senza riuscire a guardarlo, con il pensiero sempre altrove.

Ho pensato di aver perso qualcosa, di aver perso l'amore per l'inutile bellezza del cinema.

Cos'era la nostra vita prima di tutto questo? Una dolce luna di miele.

Credevo di essere cambiato, inaridito.

Coriaceo, ma senza spazio dentro.

Fino a oggi. Quando ho rivisto un pezzo del mio Miyazaki.

Ho capito che in qualche modo bisognerà tentare di vivere.

Anche dopo tutto questo.

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editoriale di Caspasian

Come Jodorowsky praticava il Cabaret Mystique come interposizione all’invadenza dell’ego, qui mi propongo di esporre un mio personale Cabaret Cynique, che di tutte queste manifestazioni di buonismo ne ho pieni i coglioni, aspettando tra poco l’assalto all’arma bianca ai supermercati. Andrà come deve andare, in ottemperanza a quello che ognuno di noi ha seminato, e che si “merita“. C’è la possibilità di comprendere quanto sono misere le istituzioni che governano il Mondo. Io mi trovo da millenni in quarantena, adesso tocca un pò a voi… e tante care cose a tutti.

“Domenica è sempre domenica“ (agli arresti domiciliari), chi è che la cantava? E questa? "Che domenica bestiale, la domenica (senza) te. Ogni tanto mangio un fiore (di plastica), lo confondo con la tua mascherina..." Oops forse non cantava proprio così.

Credere che i dinosauri siano esistiti veramente sta diventando sempre più una comica quasi come credere ancora alla teoria dell' evoluzione di Darwin, che tanti scambiano con quel "Enlarge Your Penis" che fa abboccare la frotta maschile che ancora non sa di essere omosessuale: una malsana illusione non si nega a nessuno. E gli alieni hanno costruito le piramidi e mio nonno (in carriola) aveva un bicazzomonopalla. Per non parlare dell' allunaggio Hollywoodiano e dell'11 settembre dove quei due "uno" sono due dita medie alzate. E voi adoratori della "colazione" dei Supertramp sappiate che i vostri eroi con quella copertina avvisavano della "caduta" già dal 1978, in barba alla cameriera "libertà".

Ma allo specchio cosa ci specchiamo a fare se non riusciamo a vedere neanche tutte quelle scie di "condensa" lasciate da tutti quegli aerei di "linea" che sorvolano i nostri cieli blu? Poi stranamente la scia persiste e dopo un po' si allarga a mo' di nuvola e il nostro bel cielo blu se lo fottono insieme a noi. Ma che devono fare nevicare ad agosto per darvi 'na svegliata?!? Venti-trenta aerei che giocano a tris, pergiunta barando su ics e cerchietti, e noi che fantastichiamo sulle loro esotiche destinazioni. Tranquilli, l'arrivo è un posto solo, il nostro culo.

A parte che le stanno facendo sempre più grosse che non si può più parlare di regìe occulte: è tutto lì davanti, alla luce del sole. Ne hanno accumulate talmente tante che da prima, dove dichiaravano i misfatti in maniera "velata", si passa ad oggi dove lo dicono apertamente, talmente il debito col karma (se così lo vogliamo chiamare) è incolmabile. Il conforto arriva dal fatto che non si cancella un cazzo! Non basta una bella doccia per darsi una ripulita, non basta più “dichiarare“, e questo vale per tutti. Prima o poi i sospesi verranno ritirati. Il fatto però è che non si apre gli occhi neanche davanti all'evidenza quanto il livello di intortamento è oggigiorno permanente.

E poi ci si attacca sempre all'inverosimiltà del "complottismo", quando si è stati educati a denigrare questa "Santa istituzione" (altro che l'inquisizione catto-giudaica), come si è stati educati alle ideologie, a votare, ai vaccini, al sesso, alle "buone maniere" disumane colonialiste occidentali, al supermercato, al sangue... E la dualità continua a dividere e nutrire l'inganno, quanti fardelli che crediamo nostri. Certo che oggi un autentico complottista bisogna andarlo a cercare cólla candelina, come faceva Diogene. Oggi il colpevole è chi denuncia il fatto, non chi lo commette. E un complottista che si rispetti, oltre a continuare a frequentare la vecchia versione del "Padre Nostro" in barba ai cambiamenti di gesuiti usurpatori, fa scattare "lo sguardo compassionevole" in tutte quelle circostanze dove gli interlocutori "cadono dalle nuvole" (delle irrorazioni aeree soprattutto) e ti osservano come se si stesse dicendo cose dell'altro mondo: lo sguardo compassionevole...

Sembra che entro la fine dell'anno verrà destituito quell'usurpatore del Vaticano di cui parlavo sopra, ma anche se fosse nel 2021 non è che ci acciliamo troppo. Je tocca… Certo che per tanti è dura vedere la piazza di S. Pietro vuota, si l'emergenza, ma simbolicamente è la fine delle religioni monoteiste che hanno fatto credere all'Io promulgando l'adorazione a Moloch (hanno messo pure la statua al Colosseo) come schiavitù occulta. Come la prenderanno i credenti? La solita crisi mistica paracula? Magari dopo ce la si farà a fare pagare l'IMU a tutto il patrimonio immobiliare che la chiesa cattolica possiede. E lì so' soldi...

E vorrei che il negro ritorni ad essere chiamato "NEGRO" per il rispetto verso questa razza. E che l' handicappato sia chiamato "handicappato" e non in quell' altro modo insultante e discriminante che cola uno schifoso falso pietismo. E i froci siano "froci" e non persone con una sessualità fluida. E gli spazzini facciano gli "spazzini e non "operatori de 'sto cazzo". E si pulisca non solo la spazzatura fuori, ma il più possibile dentro.

E ci sarebbe da auspicare che in maniera divertente la questione di essere in armonia con l’Unità, in poche parole vivere in verità, si risolva con una momentanea disfunzione vocale, a mo‘ di castigo divino, che coglierà in fallo qualsiasi individuo che dice o fà una cosa che non è in sintonia con la verità. La paralisi della mandibola basterebbe ad individuare chi è che ancora prova a fare il birichino, e più la fai grossa, più la dizione tarderà a tornare normale. Un‘ ora, un giorno, una settimana, un mese di farfugliamenti… Così da individuare tra la folla i mongoloidi tentativi di comunicare da parte dei bugiardelli. Va da se che ogni eventuale carriera politica è destinata a naufragare. “Karma uguale per tutti“, lo slogan. Un pò come risolvere i problemi del calcio introducendo il tempo effettivo di gioco. Ah, dimenticavo, la maggior parte dei medici, oltre che con la parola, se la rischiano forte anche con la deambulazione.

Ed è da criminali, da CRIMINALI ancora non accorgersi che la scienza ufficiale non è altro che scientista. E si continui a fare il vaccino di turno e ringraziare quel benefattore che è Bill Gates, si faccia pure la fila, e ringraziare mi raccomando... Tutta l'informazione è "contaminata", diciamo così, e la stessa inquisizione cosa fà? Crea la controinformazione, che mossa magistrale. Se la cantano e se la suonano e noi glielo abbiamo permesso affidandogli le nostre vite. E tutti che continuano ad abboccare all'amo.

Questo perchè le persone per non ammettere che non hanno capito un cazzo rimuovono rivelazioni e rimangono nel limbo di una sospensione inesistente, scoprendosi anche cattivi: "Come cazzo ti sei permesso di farmi vedere la mia merda e di cercare di cancellare da me quella fantasia che un giorno avrei potuto farmi un bocchino da solo senza l'asporto di alcuna costola... Come ti sei permesso!" Sempre pronto quel sasso per la lapidazione. Plebaglia… E la mia stima per l’abruzzese si tiene proprio per quella cosa lì. Non c’è cosa peggiore che essere decadenti come D’Annunzio, ma l’uomo del buco con la vestaglia intorno almeno ci ha messo la faccia con quelle due costole lì, magari ci si è fatto pure un brodino…

Forniti dal nemico di un' arma che ci autodistrugge, come quello specchio nero che ci portiamo dappertutto, siamo bello che fregati. La verità della nostra condizione che si può trovare in quel detto romanesco: "in culo ti entra, in testa no". La verità, ragazzi, la verità bisogna frequentarla per quella che è: unica e indissolubile. Le nostre "verità" sono opinioni, considerazioni, possessioni, non c'entrano niente con la verità. Purtroppo il nostro corpo necessita di accortezze tipo mangiare, "dire, fare, baciare, lettera ,testamento", e da macchina intercambiabile dovrebbe assolvere a quel ruolo, e invece no... Frastornati da pruriti materiali cediamo all'identificazione, e la carrozza comanda. Non siamo questo corpo! Criminali verso la nostra anima consumiamo i misfatti dell'ego non facendoci mancare nulla specialmente nel servire la menzogna. La miseria umana si manifesta sempre in maniera eclatante. E per decantare la gloria dell'Uomo ritorniamo sempre a quel "Enlarge your Penis" con l' aiutino del Viagra in aggiunta.

Anche se con la storia delle (ti conosco) mascherine ho recuperato quel significato ancestrale che il medio oriente ancor oggi ci vuol comunicare col loro universo femminile che ci nasconde i volti facendoci fantasticare attraverso la luce degli occhi dimenticati. E quando cammino per strada o vado a fare la spesa vengo inondato di un’infinita sensualità di sguardi femminili che fanno partire una libido cosmica che non ha niente a che fare con l’atto sessuale procreativo. Tutte le donne sono belle, tutte. Il cuore si riempie di segreti, e vorresti possederle tutte, accarezzarle, volere che il mistero non finisca mai e su un tappeto volante rapirle tutte in un serraglio di ammirazione e, estatico, gustare l’essenza de “Le mille e una notte“.

Ma lo sapete quando mi accorgo chiaramente della dipendenza dell' effimero che il sistema ci ha inculcato? Quando vado a ritirare gli incassi in contanti dai clienti da me serviti, negli ultimi tre-quattro ristoranti o negozi mi presento con un malloppo di banconote da fare invidia agli zingari, precisando che a ogni giro cambio l'ordine dei posti dove incasso cosicchè tutti si ritrovano ad ammirare Re Mida moderno. Ebbene quando tiro fuori il rotolone di banconote per dare il resto all' addetto del pagamento, vuoi che sia il manager, il cuoco, il cameriere, il commesso, il capo, il padrone... tutti, ma dico tutti (lì vediamo che non esiste differenza di casta) alla vista "dell'oro" magicamente cambiano, si "emozionano", la loro pupilla si dilata, un impercettibile tremolìo li coglie, la frequenza del battito cardiaco aumenta. Si sentono chiaramente i pensieri che scaturiscono alla vista di Dio! Pensieri di una violenza inaudita, ed io, per non prendermi quella bordata di negativo perchè obnubilati da quel riflesso di perdizione che gli fa' credere che i soldi sono tutti miei, mi affretto a spiegare che i soldi non sono miei ma è l' incasso della ditta e non il guadagno e che "magari fossero i miei" ma aimé sono solo ambasciatore che non porta pena. E simulo anche complicità per perfezionare il depistamento. E allora sono tutti contenti, non sono i tuoi i soldi, li devi restituire, sghignazzando dentro, e questa farsa si ripete ogni volta, da diversi anni, ogni volta. Incorreggibile quest'essere umano.

E tutte quelle bombe atomiche fabbricate e inutilizzate. Inutilizzate? Non si spreca niente. C'è bisogno di un terremoto? Un maremoto? Detto, fatto: per distrarre da altre "operazioni" detoniamo qualche bombetta, tanto per fare passare il tempo.“Ci va sempre tutto bene, dobbiamo almeno simulare qualche difficoltà“. Quanti danni può fare la noia se non la si ama. E da qualche tempo, di tanto in tanto, compare questo rumorino di sottofondo, costante: uuuuuuuuu. Telefono alla base militare americana più vicina e li redarguisco un po' incazzato di non accendere l'Haarp, almeno il sabato e la domenica...

Grande cosa il progresso, con l' imminente attivazione del 5G possiamo anche buttare al cesso il nostro fedele fabbricacancro di forno a microonde con l'opzione fantastica che il nuovo sistema, oltre a graticolare il nostro cervello, veicola al meglio l'attivazione di virus "scappati" dal laboratorio per darsi una sgranchita alle gambe. E tutto questo gratis! E la parte esilarante non manca (ma come sono buoni questi padroni, pure due risate ci permettono di fare), le persone che si sono vaccinate per l'influenza si ammalano di... influenza! Della serie: attaccati a 'sto ceppo de cazzo! Da morire dal ridere. Ma la chicca è che c'è gente che sapendo che i vaccini, abbassando le difese immunitarie perchè non fanno sviluppare un'immunità naturale, procuravano al 100% quell'influenza che tentavano di evitare, SI SONO ANDATI A FARSI FARE UN SECONDO VACCINO. Le nuove frontiere del masochismo... o dell'encefalitismo?

Adesso con questa quarantena il tiro si alza a livelli cosmici, nel senso che quegli alieni cinici e vigliacchi in combutta con quei lucertoloni rothschildiani (e compagnia bella) in un summit tenuto ad Astana (altro che Bilderberg) si sono lamentati che le abduction non gli bastano più. Hanno aperto un nuovo canale televisivo sul loro pianeta dove trasmetteranno con successo una fiction intitolata "La pandeMia, non la Tua", dove si parla di un fantomatico virus che fa' più vittime del vegetarianesimo e del morbillo. "Fategli fare una passeggiata a quel virus, lo conosco bene è un amicone, l'abbiamo fabbricato personalmente per tutti, e che non si dica che non siamo generosi". Come si evince (quanto mi sta sul cazzo 'sta parola) il genere della telenovela si potrebbe inquadrare come "fratellanza catastrofica sperimentale" che nella seconda serie potrebbe evolvere in "scannamento catastrofico inevitabile".

Dall' altra parte del "complotto" l'Italia anche qui assurge a protagonista assoluta: solo lei è custode del segreto per eccellenza, il CONTROPACCOTTO. Già da qualche anno una nutrita congrega di scienziati cinesi staziona in quel di Napoli per carpire le nuance di questa tecnica. Supportati da personaggi patentati da millenni ad applicare suddetta arte, hanno necessitato anni e anni di addestramento per osmosizzare il sommo inganno. Da lì collaborazioni depistanti come l'apertura di esercizi commerciali con insegne che confondevano il progetto: ristorante "CiNapoli!" Fatto sta che la tecnica definitiva è stata per la prima volta applicata, e sembra con successo, in questi concitati tempi e circostanze. Il PACCO che i cinesi, in alleanza con la Russia, stavano facendo agli Stati Uniti sul fronte commerciale è stato messo in discussione dal DOPPIO PACCO che gli USA hanno cercato di fare, non riuscendoci sul fronte dei dazi, scatenando una guerra batteriologica portando, con la scusa dei giochi militari svoltisi a Wuhan, il virus "ufficialmente" in oriente con la prospettiva di una propagazione anche in Russia (4000 km. di frontiera con la Cina). Ma gli occhi a mandorla mi sà che se lo aspettavano… magari hanno neutralizzato il virus importato, magari si sono poi sparati un loro virus bello che pronto che ha provocato delle vittime ma non in misura catastrofica di come avevano preventivato gli Yankee con il loro. E‘ lì che c’è il CONTROPACCOTTO: ci ammazziamo un pò da soli (in questo caso l’11 settembre ha fatto accademia) e l‘americano non può dire niente visto che “ufficialmente“ l’azione di guerra è partita da loro. La nostra economia ne soffrirà una caccola et voilà la napoletanata è servita. Naturalmente prendetela come un’astrusa farneticazione, ma ragionando sui numeri e dati che escono fuori si potrebbe fare l’uno più uno senza che ci si scandalizzi più di tanto…

Fatto sta è che chi ha l'Italia ha tutto, ma l'Italia è dal Po in giù, e sono stato generoso. Infilo un po' di neoborbonismo (come lo chiamate voi) che mi appartiene per forza perchè è nel centrosud (Impero Romano, Magna Grecia) che dimora l' eccellenza animica dell'umanità. E questo lo sanno bene le superpotenze che la guerra si gioca a livello psichico e i pezzi grossi si sono reincarnati quasi tutti nella penisola. E come si mangia bene qui da noi... Adesso non lo so se passeremo dalla padella delle stelle a strisce alla brace delle bandiere rosse, ma c'è una buona speranza che sotto l'ala dell'aquila del Cremlino e dei panda cinesi potremo inondare quei due "continenti" di pecorino e affini, e quelli pagano in contanti.

Ma il problema imminente è che adesso la gente di quasi tutto il pianeta è interdetta nella sua caverna-casa, oltre che nella caverna psichica amplificata dalla paura, controllata financo a coprirsi anche la pseudo identità con una mascherina soffocante e che usa&getta in uno sconforto tutto il genere umano: "non potrò più lavorare da schiavo contento 8 ore al giorno (quelle ufficiali) per 1000 euro al mese (se faccio qualche fellatio in giro ci arrivo a mille...) e pagare le tasse, non potrò comunicare in piena libertà i miei umori mestruati su internet condividendo foto dove scolo la pastasciutta in tanga, non potrò più comprare quelle indispensabili inutilità, tipo macchinette elettroniche per scaccolarsi (e mi fermo qui senza esagerare), che l'algoritmo di Google mi suggerisce in pieno rispetto della mia privacy. L'assistenza è completa: facciamo tutto noi al vostro posto! E se non obbedirete abbiamo pronto l'esercito per farvi "ragionare": sparare sulla folla inferocita sarà legale, nel rispetto della nostra meravigliosa tradizione democratica. Insomma, abbiamo deciso o no di ridurre della metà il numero di viventi su questa terra?

Quel caro Google che ci fornisce strumenti indispensabili come Google CHROME e ultimamente il programma di grafica ADRENO, guarnendoli con simboletti satanico-pedofili, mascalzoncelli... Nei tanti omicidi che poi sono andati a finire in TV, nelle scene dei delitti c'erano sempre teste spaccate dove prelevano la pineale (ma che la usano al posto dell’oliva nel Martini?) e il sangue veniva aspirato e portato via per farci i gargarismi. Ma Hilly, la vuoi finire di mangiare costolette di neonato che tremi sempre di più? Avete tolto il tacito assenso a donare gli organi inserito nella nuova carta d’identità elettronica? No? Auguri…

Meno male che i filantropi continuano ad operare per il bene di noi tutti. Prendiamo per esempio quello col nome palindromo, si quello che Oliver Stone ci ha fatto un film. Con uno slancio di generosità eccelso questo personaggio cerca di salvare i poveri africani dalla fame e povertà. “PerlombelicodiNabucodonosor! (ha esclamato) Tutti hanno diritto ad un cellulare e uno spazzolino elettrico!“ E mandò in Africa i suoi scagnozzi finanziari a prestare quei 1000-2000 dollari che servivano a raggiungere l’Europa, aggiungendo che in Italia c’erano pure i bidet, per convincerli. Ti devi fare solo un pò di chilometri nel deserto, così approfitti per abbronzarti (al negro…), ma la crema con protezione solare la porti tu. Poi, raggiunta la costa, ti assicuriamo una bella crociera con incluso il brivido del naufragio simil Titanic. Optional tipo torture, stupro, sevizie, mangiati dagli alligatori mentre guadate il fiume, colera e affini sono inclusi nel prezzo. E come restituirò il denaro? No problem, quando inizierai a lavorare in Europa ci spedirai ogni mese il 15% di quello che guadagni, non vogliamo sapere come li guadagni basta che spedisci, qua la mano e firma. Ma se dovessi saltare qualche pagamento? Su questo ci possiamo mettere d’accordo, hai il bestiame, la terra… E se non basterà? Quanti reni hai? Ne hai ancora due? Lo vedi si trova sempre una soluzione. E poi nell’eventualità estrema siamo sempre pronti ad “adottare“ uno dei tuoi figli, basta che sia giovane, prima adolescenza sarebbe l’ideale. Lo si potrebbe far studiare in qualche istituto cattolico…

Mandano a forza i migranti (che sono tutti giovani) per arginare una eventuale rivolta del continente nero che può partire solo dalla voglia di cambiamento dei giovani, e se togli i giovani… E smerdano sempre più gli stati sovrani qui da noi. E come non rimpiangere Gheddafi, l’ultimo Principe, fatto fuori perchè stava sulla dirittura d’arrivo per sfanculare lo sfruttamento dell’occidente con una lega africana e guardava di buon occhio l’Italia perchè non fa parte dell’occidente. Il bacino del mediterraneo è solidale con se stesso. L’avrei voluta vedere la Francia colonialista senza i soldi africani che è corsa a bombardare uno stato sovrano con l’ordine partito da una figurina mangialumache, sodomizzato dalla Carla con un dildo nero nella dark room presidenziale.

Lunga vita a Loredana Bertè, una che di room presidenziali se ne intende e dove in quel di Washington, ad una cena col presidente ha avuto modo di conoscere un ospite speciale: Osama BL, si Osama, non Obama. L’unica che ha preso a calci in culo un cameriere del sistema com’è Borg. Mitica Loredana, cos’è che cantavi su una canzone? “Ho una farfalla sulla schiena, un pipistrello sulla schiena…“

Ma tornando ai nostri cugini d’oltralpe come non vedere l’attuale presidente che attraverso la dimostrazione della sua moglie-mamma attiva un proponimento subdolo di un’approvazione morale di scopare la propria madre. E l’andazzo è quello, incitare i giovani a fare quel cazzo che gli pare minando i fondamenti della famiglia. "E tu, vecchiodimmerda, se provi a dire qualcosa ti asfalto! Potere (e voto) ai sedicenni!" Vedremo…

Ed ecco che per smascherare queste pratiche diaboliche dobbiamo constatare che quei morti di sonno che praticano la new age non ci sono di aiuto, anzi rincoglioniti da musichette di uccellini e campanellini si autoschiavizzano con rilassamenti, ohm, pratiche ginnaste da fachirocerebrolesi, verticali dove il polo nord va al posto del polo sud, il testicolo destro al posto del sinistro, e il testicolo sinistro va non si sa dove. L’insensibilità del corpo raggiunta… ma forse gliel’hanno buttato al culo e non se ne sono nemmeno accorti, e da lì quel sorrisetto giocondiaco da “irrorazione“ mistica: la spada di fuoco! Mi risulta più trascendentale quando un nostro amico (di borgata, quella tosta) ci ha raccontato di un incontro sodomitico con la sua ragazza e del rumore provocato dall’immissione del pene “in quel posto“ che lui descrisse “come quando spacchi una pesca con le mani: STOCK!“ Quelle si che sono vibrazioni alternative. C’è a chi piace, mah…

Ed è per questo che la mia vanità impersonale mi porta a voler inevitabilmente “Segnare per la squadra dei vinti... Che altro è la mia vita da quando avevo diciassette anni se non l’eterna volontà di segnare per la squadra dei vinti?“ (Jan Zabrana, “Tutta una vita“)

E gli artisti, gli sportivi, che splendide persone che sono! Stanno inondando di donazioni, con i “loro“ soldi, fantomatiche associazioni, ospedali, enti, che benefattori! Ma voi siete davvero convinti che glieli danno per davvero tutti quei soldi a questi “campioni“? E i bambini li porta la cicogna, o nascono sotto i cavoli, mentre babbo Natale si beve una coca cola... Nel campo musicale cantanti scappate di casa senza ne arte ne parte ci elargiscono generosamente abboccamenti sessuali mostrandoci la lingua del loro bucio di culo, smignottano trasgressione. Ma chi vuoi far abboccare con quella lingua impastata e con quel culo puzzolente… Ma mi faccia il piacere… Ma lo dovrebbero frequentare veramente quel silenzio e non fare solo il gesto con la mano: Sssshhh! Sussurri sì, ma grida anche di quelli che tentano di uscire da quella firmetta sanguinolenta messa alla facilona su quel pezzo di carta fatta con pelle umana: “Lo hanno suicidato, poverino.“ Così abbiamo sfarfallato anche progetti Monarch e MK Ultra alla bisogna. Melius Abundare Quam Deficere. Urka!

E nell’ambito sportivo il più grande tennista di tutti i tempi si assurge ad eclatante interprete del pensiero transgender e promotore del transumanesimo proiettando i suoi quattro gemelli come modello XY: li faranno accoppiare insieme? Bisogna vedere che estrazioni adotteranno: doppio misto? Il raccapricciante dubbio rimane per ora sospeso.

Insomma se quell' assunto venduto di Bono (come tutto il circo degli "artisti") ci canta "dalla sua villa sulla scogliera con vista mare" al pianoforte (che borghese) la sua canzoncina del cazzo per "tirarci sù", siamo in una botte di ferro... O era una "vergine di Norimberga"?

E il riadattamento di Gioca Jouer di Claudio Cecchetto è presto fatto, si cambiano le parole e le pose ma si "marionetta" sempre alla stessa maniera, anche se questo passaggio non lo cambierei: "Ok ragazzi adesso cerchiamo di farlo meglio. Ricordatevi che si parte sempre da DORMIRE".

Che la ghigliottina assurga a nuova gloria? Revisioniamo questo chaos indotto. Diamoci un taglio. Ah, quanta gente ha maturato quel "privilegio"... ZAC!
"Quando tutto sarà finito voglio restarmene un po' tranquillo a casa".

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editoriale di Ildebrando

Penso a tutte quelle coppie separate dalla quarantena e mi domando se basterà loro la consolazione di sapere che l'altro esiste e che la sua vita ha acquisito, per opera di affinità elettive, il compito di seguire quella del compagno.

Non parlo degli amanti novelli il cui sentimento si risolve nel costante desiderio e per cui la lontananza, forse, è anche un improvviso stimolo all'anelito e alla ricerca dell'altro. Parlo, invece, di quelle coppie consolidate. Quelle coppie che stanno assieme da almeno tre anni, ma che non abitano sotto lo stesso tetto. Parlo, insomma, di quelle coppie, non più sostenute da una rivoluzione ormonale, bensì dalla sola propria motivazione. Non voglio dire che, alla fine di questa forzata distanza, non si ameranno più, ma lo faranno allo stesso modo?

La pelle di ognuno di questi amanti, terrà memoria delle carezze della pelle dell'altro? Le orecchie riconosceranno il suono preciso della voce amata? O il sentirla per lungo tempo solo per mezzo di chiamate, ne riconfigurerà l'orbita sonora, sino al punto in cui, finalmente liberi di rivedersi faccia a faccia, non servirà, a quegli amanti disavvezzi, una azione di riequalizzazione?

"Ho acquisito una confidenza tale col tuo corpo", scrivevo tempo fa, "che provo ribrezzo alla sola idea di toccarne un altro allo stesso modo". E se la perdessimo questa confidenza? Dovremo riconquistarla bacio per bacio? Dovremmo riconquistarla, amplesso dopo amplesso, di nuovo? O basterà, come nella più affettata delle rappresentazioni, sfiorarsi per sentire una mistica scintilla riattivare ogni nostra sopita reminescenza?

Ricorderà, l'altro, le nostre intemperanze, le nostre manie e i nostri impeti puerili?

Sopporterà ancora la musica che noi ascoltiamo e che viene tollerata per Amore, o, il lungo digiuno di questa penitenza non gliela farà più sopportare?

C'è tempo per farsi troppe domande, forse...

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