editoriale di CosmicJocker

Danziamo sulla merda quotidiana. Senza turarci il naso, ma aspirando a pieni polmoni.

Trucchiamoci da conigli mannari e rosicchiamo i crani dei servi.

Maledetti! E maledetti noi che siamo loro, loro che sono in noi.

Lecchiamo il viso delle loro figlie con la bava alla bocca, pisciamo sui loro figli dopo aver mangiato asparagi cotti.

Strisciamo nei loro giardini e impicchiamo i loro cani, vomitiamo Bonarda frizzante sulle croci dei loro altari.

Stupriamo le loro case, umiliamo i loro padri, bruciamo gli album delle loro famiglie.

Quanti sofismi, troppi sofismi... Volete mettere?

Quel gran figlio di troia di dio ci ha dato gli artigli no?! Facciamo a pezzi le loro Serie A, i loro mutui, le loro serie TV.

Basta con 'sta minchiata dell'età "adulta"! Compromessi, lavoro, moglie, figli, senso civico, ecc... ecc...È questo essere adulti? Davvero c'è qualcuno così coglione che dà importanza a queste cose?

Ma rifugiamoci piuttosto in un bosco e pensiamo alla rabbia, alla velleità, alle approssimazioni dei vent'anni. E dopo averci pensato per un mese accoltelliamo a morte il nostro migliore amico.

E invece siamo quì a parlare di dischi, libri, film e cazzate del genere. Magari facciamo pure qualche manifestazione e sentiamo di essere stati utili, di aver fatto qualcosa. C'è qualcosa di più ridicolo di questo?!

Ballate con me figli di troia, io ballerò con voi.

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editoriale di perfect element

Io sono vecchio.

L'evidenza anagrafica lo certifica.

Ieri, mi sono avvicinato carponi all'ultima frizzantissima moda dei tik-tokers, ovvero, la declinazione trash su misura per bimbi-diarrea, dei famigerati 15 minuti di notorietà sdoganati da quel gran pezzo di guru di Andy Warhol.

La miccia che ha fatto scattare in me il morboso interesse verso questa succulenta ed estremamente ggiovane novità è stata la video intervista a Gabriele Vagnato ( webstar, membro di Newtopia di Fedez ); il quale ha appena pubblicato la sua prima fatica in prosa dal divertentissimo, nonché spregiudicato, titolo : ' La mia vita è una sfiga '.

Chissà perché sono tentato di credergli sulla parola....

Vogliamo definirlo un atto di fiducia estrema?

Pare, comunque, che il libro abbia anche una trama è sia pregno di una comicità tanto tagliente, quanto irriverente; quindi, a tutti gli effetti, un must-read.

Gli addetti ai lavori, tra l'altro, spergiurano che al giovin virgulto non piaccia indossare le mutande; fatto che potrebbe rappresentare la molla che ha scatenato un successo così clamoroso.

Torniamo a noi.

I tik-tokers sono i fruitori di una piattaforma internettiana ed alcuni tra loro sono entrati prepotentemente a nutrire la lista di idoli dei ggiovanissimi, insieme ad influencer e trappers.

Creano video musicali brevissimi ( 15 secondi di durata massima, che è comunque un tempo maggiore rispetto alla durata media dell'amplesso di un mio collega, noto frequentatore di postriboli svizzero/tedeschi ).

Insomma, in un momento storico in cui ricorrere all'abuso di sostanze psicotrope può tranquillamente definirsi una valida soluzione a medio termine, diventare un tik-toker può sicuramente rappresentare un ottimo canale formativo con evidenti prospettive di crescita personale e di carriera.

Rimane il fatto che sono vecchio e, di conseguenza, potrei errare.

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editoriale di Motoko

Seguo questo sito da anni, molti più anni di quanto io ricordi esattamente. Per molto tempo la mia presenza é stata silenziosa quindi discreta ma attenta. Da qualche tempo sono (più) partecipe, perché? Perché...

É difficile spiegarne la ragioni. Non ho mai avuto l'ambizione di scrivere delle recensioni, ho sempre reputato giusto per me il ruolo di lettore e spettatore ma qualcosa é cambiato. Negli ultimi anni ho intensificato i miei ascolti, le cose più strane hanno richiamato cose ancora più strane e alla fine di questo processo conoscitivo la domanda é stata: tutto ciò a cosa porterà? Che direzione sta prendendo la musica? Esistono delle microevoluzioni quasi impercettibili oppure stiamo assistendo indifferenti a un cambiamento epocale del quale non vogliamo renderci conto?

La mia generazione non é quella della maggior parte di voi (almeno così mi pare), allo stesso tempo però é nei vostri ascolti che mi rispecchio. É principalmente nella produzione degli anni 60, 70, 80 e 90 che mi ritrovo e in quella mi beo. É normale, quindi, che anche nella produzione contemporanea io ricerchi le stesse sonorità, come tutti voi. Quasi nessuno escluso.

Allo stesso tempo mi rifiuto di credere che tutto nasca e si esaurisca in quegli anni, forse é solo che a quei suoni ci siamo abituati ed é difficile uscire dalla comfort zone. Serve una presa di coscienza, senza questo passo resteremo vincolati alle vestigia del passato, in pratica voglio dire: non vi capita mai di sentirvi degli archeologi musicali anche ascoltando dischi usciti ieri? A me si, spesso.

La nostra é una scelta, in un certo senso giusta, perché dalle basi non si sfugge. Ma questa si rivela anche un'arma a doppio taglio quando diventa celebrazione e idolatria.

Forse, il nostro, é un processo involutivo.

La musica é il riflesso di una società e la nostra società é cambiata, radicalmente, dagli anni 60, 70, 80 e 90. La musica é per forza la rappresentazione di ciò che siamo e mi rifiuto di credere che siamo una copia carbone.

La verità é che non mi basta più nulla e anche la birra l'ho finita (era chiaro, no?).

Per protesta sta sera ascolto solo Chopin.

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editoriale di algol

Affinchè la sofferenza di uno diventi il sollazzo di (spero) molti.

Per dare un senso più alto al Dolore e dar libero sfogo al sottile piacere per la disgrazia altrui, che in Germania chiamerebbero Schadenfreude.

Ma anche per turpe cazzeggio ecco a voi l'ode sull'emorroide, per elisione detta EmorrOde:

Percepisco dei tizzoni

Di severe infiammazioni

Ergo occorre prenotare

Ecodoppler transrettale

Contrastanti le emozioni

Già pregusto le intrusioni

E mucose esplorazioni

Meste le deflorazioni

Le mie terga non han pace

Come se cagassi brace

Il mio ano incandescente

Sembra un punto fluorescente

Tetra luce di una notte

Di dolore che m’inghiotte

Frizza, scotta, brucia e pulsa

L’esistenza rende insulsa

In balia del mio disagio

Risoluto eppure mogio

Lo sfintere assai dolente

Mi avvicino reticente

Allo studio ventisette

Con le chiappe belle strette

Orsù guarda l’orifizio

Poni fine tu al supplizio

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editoriale di Flame

Superman vola.

Già, ma come ci riesce?

È stata mai data una spiegazione?

Per dire, Ironman vola.

Vola perché la spinta dei propulsori che ha su mani e piedi glielo consentono. Ora lasciamo stare che ciò sia impossibile per mille motivi, il fatto è che viene data una spiegazione al suo volo, fantatecnologica fin che si vuole, ma viene data: vola per quel motivo.

Lamù vola.

Ci riesce in base al principio cardine dell’universo che recita: phiga motor mundi.

Se è in grado di muovere il mondo, vuoi che non riesca a muovere qua e là, su e giù, una ragazza di … esageriamo … 70 kili?

Superman è evidentemente, clamorosamente, inesorabilmente sprovvisto della forza che muove il mondo.

Quindi come fa a volare?

Pare spostarsi nello spazio in ogni direzione semplicemente perché lo vuole. Occorrerebbe quindi capire quali forze attiva consciamente o inconsciamente la sua volontà che generano istantaneamente il moto del suo corpo nello spazio.

Non ci sono evidenze che faccia uso di qualche tipologia di propulsione, come nel caso di Ironman.

Almeno che non si tratti dei suoi peti.

A pensarci bene quella dei peti non è un’ipotesi da scartare. Un’ ipotesi poco affascinante forse, ma potenzialmente in grado di spiegare il fenomeno.

Una creatura del genere sarebbe certamente in grado di emettere peti in grado di sollevarla da terra, si dovrebbe trattare però di peti insonorizzati ed inodore, stando a quanto è possibile desumere da fumetti e film a lui dedicati.

Da quanto mi risulta non sono mai state documentate lamentele da parte di gente che lo frequenta, in merito a suoi rumori, e soprattutto odori molesti.

La cosa potrebbe essere spiegata dall’utilizzo di un filtro. Potrebbe trattarsi delle sue mutande rosse. Questo spiegherebbe anche perché le indossa sopra i calzoni.

Inoltre si dovrebbe trattare di peti emettibili, direzionabili e variabili in intensità a suo piacimento, peti la cui emissione non richieda uno sforzo che gli causi smorfie facciali.

Somma, ipotesi strana ma da tenere in considerazione.

Un’altra ipotesi potrebbe essere quella che superman sia in grado di generare un campo gravitazionale ad intensità variabile che si oppone a quello della terra.

Questa ipotesi pone però diverse questioni da risolvere.

Innanzitutto per generare un campo gravitazionale in grado di sollevarlo da terra dovrebbe aumentare la sua massa in proporzione. Dando per buona questa ipotesi va subito osservato che se lo fa, ci riesce senza variare le dimensioni del suo corpo, perchè dai documenti a nostra disposizione, non risulta che diventi più grande/grosso quando vola.

Quindi se aumenta la sua massa, lo fa aumentando la densità di tutto ciò di cui è fatto. Diventa insomma un piccolo buco nero. Ma come riuscire a creare dal nulla della massa di tale entità o disfarsene a piacimento per aumentare/diminuire il proprio campo gravitazionale?

Un metodo “carrarmato” per riuscirci potrebbe essere quello di mangiare moltissimo o di fare un mucchio di ginnastica a seconda delle necessità, sfruttando il vecchio trucco dei cavalieri d’oro, e cioè di fare entrambe le cose alla velocità della luce così da nascondere al resto del mondo la parte, diciamo, meno elegante dell’atto di volare.

È evidentemente un metodo molto farraginoso, e poi spiegherebbe gli spostamenti in verticale (mi allontano/mi avvicino alla terra), non quelli orizzontali per cui dovrebbe di nuovo entrare in gioco una qualche forma di propulsione.

Potrebbe trattarsi di una tecnica mista peto gravitazionale.

Ma il campo gravitazionale creerebbe altri problemi di cui non si ha notizia nei documenti ufficiali che riguardano superman.

Un problema sarebbe sicuramente dato dal fatto che il suo campo gravitazionale avrebbe effetti su persone ed oggetti a lui vicini.

Un altro problema sarebbe costituito dalle risorse che gli occorrerebbero per aumentare la sua massa al punto da creare l’effetto voluto. Probabilmente un solo suo volo costerebbe le risorse di tutto il pianeta.

O forse la soluzione potrebbe essere ... beh potrebbe essere ... il beige.

Poi finalmente sono riuscito a prendere sonno.

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editoriale di nes
"Il Leone da tastiera" è quell'individuo... Aspetta, aspetta, ascoltatevi 'sto pezzo prima, che rende bene il mood (solo il mood, per il resto c'entra cazzi. https://www.youtube.com/watch?v=ZgyV58rXH0U "Il Leone da tastiera" è quell'individuo che passa le giornate su internet a... Ok, ok: è una pagina che non troverà troppi… di più
editoriale di hypnosphere boy

Grazie

Per il riconoscimento di "Gran Visir della Recensione" che ritengo in larga misura immeritato. L'ho scritto molte volte e lo ripeto: delle oltre 70 Derecensioni scritte dal 2006 al 2017 (11 anni ) salvo pochissimo. "Man-Amplified" dei Clock DVA, "Eleven:Eleven" dei Coptic Rain, "The Infinite Circle" di Sophia, "Kveikur" dei Sigur Ros. Anche su queste quattro ho forti dubbi. Potendo, metterei off line tutto il resto, come nell'ultima strofa di "Hurt" dei NIN "if I could start again / a millions miles away (... )" ma purtroppo non si può.

Su DeBaser: è invece una realtà sorprendente e bellissima. Sorprendente per la inattesa longevità e capacità di rinnovamento che ha dimostrato (ed è merito di tutti: Editor, Staff, DeRecensori) sorprendente perché comunque sia l'archeologia storica del rock e degli altri generi è stata scandagliata per intero, parallelamente alla descrizione in tempo reale dell'attualità del rock e altre lingue del comune linguaggio musica-leggera (se posso). Sorprendente infine perché è davvero folto il pubblico dei lettori esterni. Con un lieve imbarazzo ho una volta sentito un mio amico dire "io leggo DeBaser e Rockerilla". Questo benché le mie recensioni in gran parte siano da cestinare mi fa sentire orgoglioso di essere (stato?) attivo. DeBaser è un involucro dotato della potenzialità interattiva di un social ma con i limiti dell'utilizzo e permette di sviluppare il senso di una "community" non infinita (come le piattaforme FB, Instagram, Twitter). DeBaser si sviluppa attorno a uno-due topics. Questo omogeneizza i mezzi espressivi. Tornando a me: il fatto è che scrivere recensioni musicali è un sogno che inseguo dall'età di 17 anni. Nel corso del tempo ho imparato ad apprezzare quelli che a mio parere sono i migliori critici: Fabio de Luca, Aldo Chimenti, Eddy Cilia, Carlo Bordone, Claudio Sorge, Federico Guglielmi, Alberto Campo. Ho studiato i loro stili quando ancora SA e Ondarock non esistevano. Nel web ho scritto con una insistenza maniacale a vari e-journals e la risposta è sempre stata:"_______". Finché quest'anno la webzine iyezine.com (spero si possano fare i nomi) mi propone di scrivere per loro. Dopo mesi di titubanza io declino. Perché è chiaro che non si può improvvisare qualcosa che non si è mai iniziato ad imparare. Ma non importa: perché su DeBaser e su SentireAscoltare e su Metallized e Rockol e Ondarock e... leggo delle stupende recensioni e va da se che chi le scrive ha un vero talento. E questo mi fa piacere. È tutto.

Ah: non ho ancora capito perché quella rece sui PWOG abbia oltre un mln di visualizzazioni... fosse almeno stata scritta in modo... commestibile ; -)

Ciao dalle periferie del sogno... W DeBaser. Takk fyrir.

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editoriale di macaco

Vi siete mai chiesti per quale motivo nella fase successiva ad un avvenimento che é massicciamente diffuso dai media, si concatenano spesso altri avvenimenti della stessa natura?

Incidenti di aereoplani, calamitá naturali, disastri ambientali. Ricordo che nelle settimane successive all´incidente della TAM all´aereoporto di São Paulo, ne seguirono altri di minor gravitá, e sono certo di molti altri esempi dei quali purtroppo non serbo memoria.

Partendo dal presupposto che esiste una causalitá che lega questi fatti, fino a poco tempo fa lasciavo soddisfatto il mio dubbio relegando questa causalitá al modo operanti dei sistemi di informazione, che sensibilizzati su di un argomento o un contesto in voga, danno una maggior copertura e enfasi a tutti i fatti che hanno una natura simile, portando all´opinione pubblica relati che in altri momenti non susciterebbero molto interesse.

Questa teoria l´ho elaborata come un tampone, non mi pareva molto soddisfacente, infatti questa settimana sono venuto a conoscenza di una teoria molto piú interessante e che si armonizza bene nel campo delle mie ricerche personali.

Si basa sulle teorie quantiche del cervello-mente e della coscienza unitiva. Che piú semplicemente, in questo specifico contesto, chiameró legge di attrazione.

La legge di attrazione definisce che tutte le forme di pensiero, e gli stati emozionali generano delle onde elettromagnetiche, che rilasciate, ritornano a noi con la stessa frequenza con le quale sono state emanate, ma con ampiezza differente. Se si eroga amore, si riceve molto piú amore, se si emana miseria, si riceve miseria. Una persona con debiti, se non smette di pensare ai debiti, ne riceverá altri ancora. L´universo poi non concepisce le negazioni, per questo si dice che é altamente improduttivo fare le campagne contro qualcosa. Non si dovrebbe, ad esempio, mai manifestare contro la guerra, ma solo a favore della pace.

Da questa teoria si deduce che quando l´attenzione pubblica é focalizzata su un preciso argomento, tante sono le emanazioni in quella frequenza che la coscienza (individuale e unitiva) collassa la funzione d´onda, ossia rende concrete quelle che sono solo possibilitá latenti nel mondo trascendentale, manifestandole nella realtá percepibile, come avvenimenti originati dalla stessa nostra emanazione nella coscienza unitiva.

Se ci nascondiamo nella quiete del determinismo materialista, non riusciremo mai ad accettare una cosa del genere. Fortunatamente il materialismo é bello che sepolto, per ció é necessario cambiare i nostri parametri che sono ormai superati. Una nuova comprensione delle manifestazioni sembra essere l´unico cammino di salvezza da un mondo nel quale non ci riconosciamo piú.

La comprensione in chiave unitiva (o monistica in contrapposizione al dualismo) dei principi che regolano la meccanica quantistica, sono la chiave per la comprensione di tutti i misteri dell´uomo raccolti in millenni di esoterismo, mitologie, misticismo, compresi tutti i fenomeni paranormali.

La sfida é grande ma dobbiamo raccoglierla, altrimenti rimarremmo indietro.

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editoriale di Bubi

... il posto era isolato. La strada polverosa. Muretti di pietra la costeggiavano e tutt'intorno crescevano erbacce e cespugli. M'incamminai lungo un sentiero che si staccava dalla strada e scendeva verso il basso, costeggiando i bordi di un precipizio scosceso, aspro, quasi impraticabile. Una stradina che perdendosi nelle piste create da animali selvatici, mi portò ad uno spazio rado. Era primavera e sul quel dirupo impervio e brullo, avevano trovato la forza di crescere e fiorire, mandorli, ciliegi, qualche cespo di rose selvatiche e alberi dalla folta chioma. Un tappeto di rami e foglie d'ogni colore formava il sottobosco e io sentivo il profumo della vegetazione umida. Sotto, cinquanta metri più in basso, c'era il mare. Le onde mosse dal vento si rovesciavano rumorosamente sulle rocce e si ricoprivano di schiuma bianca. Mi piaceva guardare. Vedendo quello spettacolo, ogni superbia di noi umani, avrebbe dovuto placarsi e farci tornare ad un assennato rapporto con la natura e la nostra vita. Vedendo quello spettacolo, era facile perdersi nell'illusione che ad un creato così bello, corrispondesse un altrettanto nobile indole di noi umani. Ma sappiamo che non è così.

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editoriale di loStraniero

Fai in tutti i modi per sottrarti, per scomparire, magari vuoi startene da solo sul divano a prendere in giro il biondo Donald, a fare le pernacchie al #metoo, quando invece una folla assiepata fuori dalla finestra del tuo profilo Facebook torna incessantemente a chiedere tue notizie. Il nuovo album? Tu pensi che lo hai appena fatto un disco. Una decina di anni addietro se non ricordi male (controlli pure Wikipedia per essere sicuro). Certo possono sembrare tanti, ma lo avete ascoltato bene? Era una cosa complicata, lo abbiamo scritto apposta perché durasse almeno una ventina. Garanzia Tool (non si accettano resi, siamo i più fichi, no?). Mossi quindi da compassione, abbiamo persino mandato in giro il Mainardo a trollare qua e là.

Digli che esce quando è pronto.

E' pronto quando è il momento giusto.

Il momento giusto è una congiunzione astrale a noi favorevole in un periodo di tempo non determinabile a priori.

Digli che ogni riff, ogni loop può sembrare uguale, ma noi lo rifiniamo con la qualità artigianle di una volta. Certo che siete un po' noiosi. Nel frattempo Io, il vostro capitano Mainardo, mi faccio un giro con i Perfect Circle, non è una questione di soldi, ma nello yacht da 300 m inizio a starci un filo scomodo.

Solo che poi una dichiarazione tira l'altra e finisci pure tu a credere che il nuovo album dei Tool sta per uscire. Raga, l'ho fatta grossa. Adesso che facciamo?

Guardate tengo in cantina delle registrazioni di scarto degli ultimi album. Le ho catturate a vostra insaputa mentre facevamo delle jam, si va beh, accordavamo gli strumenti, è lo stesso su. E si, sono uguali a tutto il resto, ma quelli credi che se ne accorgano? Ci piazziamo su uno di quei titoli un po' ambigui, criptici se vogliamo. Qualcosa tipo "Cosmoagotopy". Poi un aneddotto per giustificarlo lo si trova sempre. La copertina la recuperiamo al mercato delle pulci, lì si trova di tutto, magari anche qualche oggetto per la ultra deluxe gold edition. Millantiamo le solite cose di una produzione sfavillante per un minutaggio esagerato ed il gioco è fatto. Ma se si accorgono? (Seguono risate generali). Meglio si creano le fazioni. Gli amici fanatici che lo compreranno a qualsiasi cifra contro quelli che pensano sia sempre la stessa roba, senza contare quelli che sono certi che sia la stessa roba, ma pure più sciatta. Non dimentichiamoci dei musicisti per cui siamo l'assoluto e il resto è nulla a prescindere. Sono i miei preferiti quelli. Dai raga, ma siamo i Tool! (seguono risate) Appunto, mica lo facciamo uscire subito...tra tre anni, digli che ci stiamo lavorando su duramente (seguono risate sguaiate)...Ora penserete che stia per partire con:

  1. una tirata sull'evoluzione della musica dei Tool e di quanto loro vi prendano in giro: vi confesso che non l'ho nemmeno ascoltato il nuovo album e probabilmente non lo farò mai.

  2. Una lectio magistralis sul fatto che essere anti-commerciali è il modo migliore per vendere: nemmeno, mica tutti posso essere i Tool e nemmeno i Guns'N'Roses o altro...

  3. un sermone sul fanatismo ai nostri giorni: c'è sempre stato, era meno organizzato un tempo, si faceva meno sentire, oggi ti vesti di un # leggerissimo e vai via liscio come l'olio, troverai una folla come te...ah l'internet

E invece no. Da spettatore grato di questo enorme bailame, mi trangugio la mia bibita preferita e mi godo lo spettacolo. Per altro necessario a far andare avanti il carrozzone inutile che chiamiamo capitalismo. Dove il superfluo diventa necessità, se non culto. Dove la protesta per l' iniquità è fine a se stessa, è un gioco delle parti, una battaglia dei clic che si annullano nell'ennesima mattina di Autunno. Riusciamo a farci sentire stranieri persino a casa nostra. Nel vuoto cosmico apparentemente alimentato da uno spread di inutilità, ove le nostre mosse sono decise da algoritmi inconsapevoli, i Tool rappresentano così una necessità e sono lo specchio di ciò che abbiamo smesso di essere. (Alla fine un sermone lo hai fatto, sti scriba da quattro soldi, mah). Pensanti.

n.b. Ai Tool non è stato fatto alcun male durante questo sproloquio, persino il Mainardo sta bene e continua a trollare a più non posso. I Tool? Avrebbero potuto esser i Metallica, i Dream Theater o gli Iron Maiden. Non è una questione di fazione. Non sono loro il problema, ma forse sei tu lettore il problema o forse Io. Chissà.

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editoriale di macaco

É risaputo, a 27 anni molte grandi rockstar schiattano. Io che al massimo riesco a fare le prime dodici note di Smoke on the Water su una corda sola, invece scelsi la vita, che si tradusse nella volontá di compiere qualche attivitá fisica. Cosí fra libri, lavoro ed altre utilitá ed inutilitá quotidiane, mi sarei ritagliato il tempo per prendermi cura del mio corpo. Il problema era come.

Il mio esiguo storico sportivo si limita a due settimane di pallacanestro ed un allenamento di kickbox, senza contare le partitacce all´oratorio, nelle quali, sia per pigrizia, sia per non avere nulla alle spalle di cui dovermi preoccupare, sceglievo sempre il ruolo del portiere.

La palestra é per me un luogo ignoto di culto della bellezza e tale resterá. Correre coi piedi e andare in bicicletta mi intedia mortalmente. Gli sport di squadra o competitivi sono roba da perdenti.

Ma prima che scartassi ancora opzioni, seppi da un amica, che a Pordenone un tale dava lezioni di capoeira. Non avevo la piú pallida idea di cosa fosse la capoeira e ne cosa fosse il Brasile, peró Gabriella era bella. L´incentivo non mi mancava.

E cosí, molto gradativamente, entrai com grande passione a far parte del mondo di questa grande arte. La capoeira é anche uno stile di vita, é stata la lotta che permise a tanti schiavi di fuggire e rifugiarsi nei quilombos, ed ancora oggi é, adattandosi, una lotta di liberazione. La capoeira chiama a sé principalmente i disadattati. La capoeira é per tutti, ma pochi sono per lei. La capoeira non é folklore, é una cosa viva che evolve. La capoeira é gioco, danza, lotta, musica, canto, magia.

Quando scrivo capoeira, é importantissimo precisare, mi riferisco esclusivamente allo stile Angola, il piú tradizionale e l´unico di cui abbia padronanza, a differenza dello stile Regional Baiano e quello contemporaneo. La capoeira é difficilmente comprensibile dai profani, per questo ed anche per mio diletto, procederó per similitudini e differenze in relazioni al mondo dello sport, della qual cultura siam tutti pregni:

LA COMPETIZIONE

Che gli sport siano roba da perdenti é dimostrabile matematicamente, dato:

Pa = numero di partecipanti di un torneo

1 = il vincitore

Pe = numero dei perdenti

Pe =Pa-1

Da cui si deduce che: il numero dei perdenti Pe differisce dal numero dei partecipanti Pa di solo una unitá.

Se ipotizzassimo adesso un campo di energie emozionali e sentimentali che comprendesse un evento sportivo ci troveremmo un quadro di desolazione, fatto dalla stragrande maggioranza dei perdenti frustrati e infelici. Se ampliamo il campo a tutti i tifosi, si moltiplicherebbe in estensione, diminuendo in intensitá.

Nella capoeira invece non esiste una competizione determistica, in quanto non esiste un risultato, un punteggio, la competizione esiste come componete creativa alla collaborazione. Un buon gioco di capóeira deve essere il risultato di un equilibrio fra le due vertenti. Se fosse solo competizione diventerebbe lotta, se solo collaborazione diventerebbe danza. Tutti giocano se ne hanno voglia, donne con uomini, bambini con vecchi, ciccioni con magri, ricchi con poveri, israeliani con palestinesi. Nella roda di capoeira si lasciano fuori le categorie e le differenze. Il ludico prevale, esso non é misurabile perché costituito da sentimento, istinto, emozione.

IL GIUOCO DEL CALCIO

La ginga é il passo base della capoeira, si definisce ginga anche l´atto di destreggiarsi col corpo in modo da ingannare l´avversario; fingo che vado in una direzione mentre prendo l´altra. I giuocatori brasilani sono infatti famosi per il gioco individuale e nel dribblaggio.

Come nel calcio anche nella capoeira angola non si dovrebbero usare le mani, niente sberle ne pugni ne prese varie. Le mani invece servono per sostenere il corpo, visto che la maggior parte dei movimenti sono rasenti il pavimento e gli attacchi sono proferiti esclusivamente coi piedi o con la testa. Quindi é fondalmentalmente una disciplina, come il calcio, fatta coi piedi. Ma mentre nel calcio se si sgambetta o falcia qualcuno é fallo, nella capoeira se riesci a far cadere il tuo compagno di gioco sará motivo di grande gioia per tutti ( meno per chi cade). Lo stesso dicasi per le testate, che nel calcio si dovrebbero dare soltanto al pallone, e nella capoeira sono un colpo di grande efficacia e pericolositá, che hanno come bersaglio l´addome o la faccia. Chiaramente i colpi proferiti sono simulati, ossia gli attacchi ci sono ma non affondano, sono mostrati o applicati con grande controllo in modo da non offendere l´altro giocatore. Il rispetto é uno dei valori piú importanti nella capoeira.

MMA

Infine, come non citare la lotta piú famosa dell´attualitá che ha soppiantato il pugilato, ormai relegato a cimelio olimpico. L´mma é una disciplina che valorizza al massimo l´efficacia

buttando via quel minimo di senso estetico che anche nella box sopravviveva.

Uno spettacolo che púo annoiare per minuti o risolversi in secondi, una sveltina di sangue e sudore, lo spettacolo della carne di uomini che si rotolano abbracciati in amplessi furibondi. Una bruttezza tale che rispecchia senza filtri l´aurea dei nostri tempi. La capoeira angola, invece rinuncia all´ efficacia in favore della bellezza, della leggerezza e dell´armonia. Ispirandosi alla natura che ne suggerisce i movimenti; leggeri come una farfalla, agili come il morso del serpente, misteriosi come il risucchio delle onde, passivi come le fronde degli alberi al vento, decisivi come le testate del muflone.

IN-SOMMA

Anche se non ci avete capito molto, converrete con me che il tutto é bellissimo.

Il gioco dlla capoeira é una sorta di dialogo di corpi, composto da domande (attacco) e risposte (difesa o contrattacco). Sta nell´armonia e nell`intelligenzia di utilizzare gli elementi a disposizione, la capacitá di costruire un gioco che sia efficace, senza perdere la bellezza nell´eleganza dei movimenti.

La capoeira é l´unica attivitá fisica che si compie a ritmo di musica, un buon capoeirista deve saper suonare, cantare, giocare, conoscere i maestri piú vecchi e saper costruire un berimbau. É una disciplina che richiede molto impegno e compromesso essendo probabilmente quella con la formazione piú lunga in assoluto; per diventare maestri ci vogliono circa trent´anni di pratica.

So di per certo che tale scritto non sará esaustivo e di certo non a tutti interesserá approfondire, ad ogni modo sappiate che non esiste nulla di comparabile nel globo terraqueo a quella che a mio avviso é l´attivitá ludico sportiva piú completa e bella della storia dell´uomo sapiens.

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editoriale di Hcerebilnavols7

Ora che ricorre il bi-ventennale del tristemente noto sequestro gallurese di Dori Ghezzi e Fabrizio de André, tutte le persone che han vissuto di persona..niglianni di piombo si chiederanno: ma.. esiste forse tuttora l'associazione criminaloide dell' Anonima sequestri? Qualora sì, quanti penserebbero che dietro ci siano Finanza e Massoneria, o, ancora alcune lobbies del cemento? A questa seconda domanda rispondo io: una popolazione comunque numericamente inferiore alla Lombardia. E il perché è semplice: il pericoloso fenomeno delle sottrazioni eversivo-mafiose fatte ad innocenti è {dasempre} tradizionalmente associato, nell'ambito mainstream della telenovela\sitcom o commediola/varieté/satirico soft, all'ex Magna Grecia italiana. Per cui solo dietro ndranghetisti, Camorre e Stidde e Corone Unite risulterà esserci, per l'utente di medie facoltà, un appoggio di nature massonico-lobbistica. Direte: in codesto grosso schifo che ci pervade, ci fossero mai sequestri di robots factotum nelle fabbriche, gcome subdolo mezzo deviatorio..! Le teste pensanti che stan fuori dal cerchio zeccoso-liberista, è assodato, non fanno certo bene al progresso sopradescritto. Avessi detto "liberal-letamoso", avrei contradetto quanto espresso {ritornando all'incipit}nella faberiana Via del Campo.

Epilogo:

Da alcune, timide, recenti acquisizioni, chi nega la necessità di fare inchiesta su rapimenti improvvisi di esseri viventi, ha troppo poca compassione di sé, persone buone fisicamente deboli{aka-malati sensati},

e anime socialmente recluse,

impoveritesi la tasca pur di non tornare alla mercé di egotici, e spesso ambigui, bullismi.

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editoriale di CosmicJocker

"Per molto tempo sono andato a letto presto la sera" diceva il caro buon Marcel.

Io solo per due mesi, in concomitanza di voragini economiche che ho cercato di livellare e che, dopo cena, mi lasciavano steso a pelle di leopardo con tanto di fauci spalancate per il gran caldo.

E, si sa, nella Palude Padana la canicola è sempre invariabilmente accompagnata dal funesto gironzolare degli alati-demoni-succhia-sangue (volgarmente detti zanzare) che tormentano il riposo de(gl)i (in)giusti una volta entrati nelle loro magioni.

Se avete esperienza di torturatori di cotal fatta, sarete certo a conoscenza dei loro modus-operandi più diffusi:

C'è la zanzara lenta e greve (già per metà gonfia di sangue) che quando si appoggia al vostro delicato corpicino, lo fa in modo talmente massiccio (ma forse è il caso di dire "alticcio") che avete tutto il tempo di arricciarvi i baffi e sistemarvi il monocolo all' occhio destro prima di spiaccicarla sdegnosamente.

C'è quella veloce e ronzante che ama ballarvi intorno prima di cibarsi di voi e che richiede un po' di astuzia supplementare: lungi dal seguir il suo strepitìo svolazzante (del quale dovete diffidare come del canto di una Sirena), dovete immobilizzarvi e tenere gli occhi bene aperti. La sua velocità la rende imprudente e nove volte su dieci si posizionerà su una porzione di pelle ben visibile: uccidetela allora, dopo che vi ha succhiato un poco. Il prezzo da pagare per la sua morte sarà una puntura soltanto.

C'è infine la più pericolosa fra tutte. La silenziosa e leggiadra zanzara mordi-e-fuggi. Astuta come il Sistema e vorace come un Padrone lei non vi dà requie: pensate che vi stìa mordendo? No, è suggestione. Lei ora si nasconde. Forse è andata via? No, è stanchezza. Lei ora vi morde. Con lei l'astuzia non è sufficiente, ci vuole quel qualcosa in più chiamato Fortuna.

Orbene, in una di quelle sere in cui sul divano le palpebre mi si stavano chiudendo a doppia mandata fu proprio una mordi-e-fuggi a usarmi la cortesia di farmi vista.

Vi risparmio l'esposizione di tutte quelle tecniche di difesa, di tutto quell' arsenale di conoscenze che ogni Padano d.o.p. (di origine prolungata) mette in pratica fin dalla più tenera età per esorcizzare questi vampiri. Vi basti sapere che la mia gatta, accovacciata sulla poltrona, osservava con una certa commiserazione tutti i miei maldestri (e inutili) tentativi e il suo sguardo pareva dicesse: "Povero, povero il mio essere umano!".

Sfinito, sudato, punto e, ormai, completamente sveglio mi sono accasciato sul divano maledicendo tutto il corollario di Dei e semi-Dei di cui sono a conoscenza fino a che... Ho visto la zanzara svolazzare impavida vicino alla mia gatta...

ZAC!!

Un solo balzo. Preciso, netto, senza esitazioni.

Esplosività muscolare, tempismo perfetto e zanne ben appuntite...

... Così si rovescia il Sistema, così s'inghiotte il Padrone.

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editoriale di Bubi

Riporto un paio di frasi da: Realismo capitalista, un libro di Mark Fisher...

“è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”

"il capitalismo è invincibile perché ingloba tutto e trasforma tutto in oggetto da mercanteggiare."

"Un fare soldi per fare soldi, senza radici, perché non sappiamo fare altro."

Sono d'accordo su tutto.

Storicamente si è iniziato a far uso del denaro come strumento di contrattazione, era il mezzo per comprare quello che era utile per noi e la nostra famiglia. Gradualmente, col tempo, il denaro ha mutato lo scopo originario fino a raggiungere la dimensione che ha oggi: è diventato la misura di ogni cosa, il generatore simbolico di tutti i valori, per cui non capiamo più cosa è vero, cosa è giusto, capiamo solo cosa è utile. Giudichiamo tutto rapportandolo al denaro, chi è ricco è invidiato e spesso anche considerato degno di stima. Oggi non scegliamo più il lavoro in ragione delle nostre attitudini e alla gratificazione che ne possiamo trarre, ammesso che lo troviamo, scegliamo quello che è pagato meglio. Da molti anni ormai, cresciamo convinti che le COSE ci rendano felici, di conseguenza attribuiamo agli oggetti, [belle automobili, etc.] la condizione del piacere e della soddisfazione, come se potessero davvero essere l’origine della felicità. È una visione distorta della realtà, il nostro benessere interiore non è dovuto a quello che possediamo e non è direttamente proporzionale al conto in banca. Ci siamo dimenticati, che i soldi sono pezzi di carta che servono a comprare COSE, ci siamo dimenticati, che la felicità è uno stato d'animo che dipende da pochi importanti elementi che niente hanno a che fare con il denaro: godere di buona salute, avere una famiglia e buoni rapporti sociali. La vita reale è costituita da queste tre o quattro componenti.

C'è anche la vita virtuale, Facebook, Twitter, Instagram, DeBaser, per citare i più famosi. I social network consentono di "parlare" con qualcuno all'altro capo del mondo, ma è una relazione incompiuta e lacunosa. Ci siamo evoluti come animali sociali, oltre che della parola, abbiamo bisogno del contatto oculare, della gestualità, di sentire il tono della voce, di fare pause, di silenzi, di abbracci, di sorrisi e anche di lacrime. In breve, fin dalla nascita, del contatto fisico e visivo. Questo è il linguaggio che abbiamo interiorizzato nel corso della nostra evoluzione. In internet si può solo scrivere e per capirsi meglio ci dobbiamo avvalere di emoticons, quei disegnini stilizzati che ormai conosciamo tutti e che cercano di riprodurre le emozioni ed i sentimenti umani. Però, una conoscenza intima, che possa essere comparabile a quello cui accennavo prima, non potrà mai essere raggiunta. Sui social, molti hanno centinaia di "amici" dei quali ne conoscono personalmente una cinquantina, a essere generosi. Sui social si comunica condividendo foto o commentando aforismi e articoli ritenuti interessanti. Questo è positivo, ma lo sarebbe molto più su una panchina di un parco, guardandosi. Sempre più, si vive in un mondo di persone sole, spesso disperatamente sole. Internet non avvicina, allontana. La grande carenza dei social è che manca la vicinanza fisica, ciò che viene postato lo si fa senza un moto interiore che ti spinge a farlo, lo si fa perché non abbiamo niente di meglio di cui occuparci. Pian piano lo stiamo assimilando, sta diventando una pratica quotidiana, molto simile a quella di lavarsi i denti. Ma per socializzare sul serio, vale di più una litigata e una riappacificazione fatta al tavolo di un bar, che qualsiasi cosa pubblicata sui social network.

[Ho preso spunto da un mio commento sulla recensione di Joe Strummer]

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editoriale di macaco

I.

I miei genitori nacquero durante la seconda grande guerra. Io vicino alla prima crisi petrolifera.

Che la mia famiglia paterna uscí dalla mezzadria, grazie ad un buon padrone, é uno dei pochi fatti storici che conosca. Nonostante le origini contadine, le condizioni originarie dello sviluppo economico della loro generazione hanno qualcosa di irripetibile. Dopo il fascismo e la guerra, la vera forza motrice fu uno spirito di rinascita, con la ricostruzione materiale e l´edificazione della "meravigliosa" democrazia.

La mia infanzia al contrario non dovette subire alcuna privazione; riscaldamento a termosifoni, pavimento specchievole in granito, ampio giardino con merli e lombrichi, boschetti e campi da esplorare ed i Lego per il natale.

Poi la bolla dell´infanzia scoppia e il soffio fetido del pattume umano fa battere forte il cuore e girare la testa.

L´adolescenza sembra non finire mai. La ribellione é una cosa distruttiva, quando si manifesta é una forza contraria e deve mettere tutto in discussione.

Il potere peró lo sa bene e inverte tutte le forze contrarie neutralizzandole o giocandosele a suo favore. Come una vela controvento. Come il lottatore di tao chi chuan. E anche se non lo ammettiamo ne siamo tutti un poco consapevoli.

Il fuoco principale della ribellione colletiva in atto col decadere degli anni ottanta é il capitalismo nelle sue multiple facce; il materialismo, il consumismo, l´apparenza, il lavoro, i soldi.

I soldi maledetti, sono sporchi e puzzano di sudore

Tempo é denaro.

Nessun ricco entra nel regno dei cieli

E cosí mentre la massa operaia spende in minigonne per la macchina, gli alternativi scelgono la camice di flanella del papá, guardano Trainspotting e Fight Club, ma sono operai pure loro e spendono in ganja.

Intanto alla televisione passa un film col boss e una valigia di soldi, cocaina e revolver e al telegiornale un servizio su di un politico flagrato coi soldi nelle mutande.

II.

Non é un impresa da tutti cancellare parametri senza costruirne altri. La vera forza della ribellione non sta nel suo oggetto, ma in quello che ci si vuol lasciare al suo posto.

Costruiamo dei valori senza rendercene conto con le informazioni che ci circondano, soprattutto durante l´infanzia.

Se facessimo una lista onesta dei nostri valori, otterremo l´immagine della nostra vita, e se fra questi valori non ci sono i soldi sicuramente non saremo ricchi.

E se fra questi valori ci fosse la libertá, quale sarebbe il suo prezzo?

La gestione dei soldi dovrebbe essere un ramo della pedagogia. Nessuno della mia generazione avrebbe problemi economici oggi.

Il mantra politico del paradosso repressione e consentimento riverbera anche nelle strutture dei desideri, imprigionando nella sua polaritá lo spirito dell´uomo contemporaneo.

La coscienza dei meccanismi in gioco é la base per costruire una nuova realtá e la realtá di ogni persona e definita da valori.

É una sfida senza tregua, una lotta con noi stessi e non con il sistema.

E forse una vita non basterá.

III.

Forse...

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editoriale di ALFAMA

Stamattina alla Ragnatela ho venduto a circa 2 euro : 1°RAIN PARAIDE

DISCOGRAFIA DURUTTI COLUMN ( primi 5 -prima tiratura ooriginale)

Roberrt Wyatt ( 1*/ raccolta fantasttica singol-/ Old roderhat)

KIng kingcromns( Island)

Shamen "Drop"

SArah Compilalation vol 1

GONG

WEBCORE

E altri vinili fantastici.

IO VENDUTI CIRCA 2 EUEO; SE VI INTERESSA BUTTATTEVI " LA RAGNATELA" E TIRATE SU IL PREZZO. FARETE AFFARI

IO HO DOVOTO CEDERE PERCHE ERO INSCIMMIATO

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editoriale di Isvd

"Tezuka nasce il 3 novembre 1928 a Toyonaka, nella prefettura di Osaka. All'età di cinque anni si trasferisce nella piccola città di Takarazuka. Da ragazzo lo appassionano anche il contatto con la natura e la vita combattiva degli insetti. Scriverà: «Tanto tempo fa, molti dei piccoli inferni che si svolgevano nei campi proprio vicino a casa mia mostravano la gioia del vivere, instancabilmente e nonostante tutto»."

Questa breve citazione, presa dal web, descrive nella maniera più opportuna l'immagine di Osamu T.

Il padre dei mangaka ha dedicato la sua vita al fumetto giapponese, ed è considerato dalla critica il più grande mangaka del ventesimo secolo. Colui che Shotaro Ishinomori( l'autore di cyborg 009, e molto altro) e Go Nagai( Devilman, Mao Dante, Violence Jack e Goldrake) chiamavano maestro, ha avuto una vita molto intensa e molto particolare. Ad esempio, una malattia chiamata micosi per poco non gli fa perdere l'uso degli arti superiori, ma la sua guarigione, lo convince a diventare un medico, professione che però non eserciterà mai perchè inizia scrivere opere d'arte in forma animata.

Black Jack, Astroboy e il leone Kimba sono solo alcuni lavori fra i tanti, ma il suo percorso artistico nel 1983 trova il suo culmine.

Essendo nato nel 1928, la seconda guerra mondiale, ha creato in lui un determinato senso della giustizia, che nel 1983 l'ha portato a realizzare questa opera monumentale che si chiama '' La storia dei tre Adolf''.

Partendo da una teoria mai comprovata che avrebbe previsto una parentela di Hilter con un lontano avo ebraico, Tezuka descrive le vicende di tre persone '' Adolf Hilter'', ''Adolf Kamil'' ebreo di origine tedesca che vive nella città giapponese di Kobe e '' Adolf Kauffman'' tedesco per metà giapponese perchè figlio di madre nipponica e padre tedesco.

A raccontare la vicenda, come personaggio narratore dell'opera, è Sohei Toge giornalista giapponese, che incontriamo all'inizio della storia in un cimitero davanti ad una tomba, la tomba di uno dei protagonisti.

L'opera di Osamu Tezuka è davvero monumentale perchè l'autore partendo da un vicenda interessante come l'esistenza di documenti preziosi che dimostrerebbero le origini ebraiche di Hilter, costruisce una serie di intrecci narrativi ed emotivi, che rendono la vicenda appassionante e ricca di colpi di scena. Tezuka gioca come un abile scrittore all'interno del canovaccio dell'opera perchè crea continui momenti di suspense che si alternano a momenti di riflessione sulla natura dell'uomo e della condizione umana.

Tezuka, attraverso quest'opera, vuole denunciare la miseria umana che lui è stato costretto a subire durante la sua giovinezza.

Molti mangaka, avendo vissuto nel giappone post bellico, hanno sofferto la povertà e la ricostruzione di un paese che ha subito per la prima nella storia l'olocausto nucleare, ma pochi hanno saputo creare un messaggio così diretto e razionale come quesllo di Tezuka.

'' La storia dei tre Adolf '' è un storia di denuncia, contro la guerra e l'ideologia, e per questo va considerata un'opera d'arte contemporanea.

Colui che avrebbe potuto vincere il proprio Nobel per la letteratura, e uno dei pochi a fregiarsi delle simpatie di Kubrick, rappresenta un faro per tutti i mangaka giovani e meno giovani, per capacità teniche e visive.

Tezuka ci pone una domanda con la sua opera, può un manga descrivere e analizzare l'ideologia che porta ad un conflitto?

La cultura manga esprime letteratura, '' La storia dei tre Adolf'' può essere considerata un'opera letteraria?

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editoriale di harlequin

Sono iscritto da eoni a Debaser, ma solo molto di recente sto diventando attivo. Come mai? Ma soprattutto come mai? (alcune arguzie di questo sito le de-amo tanto).

In realtà ciò che sta accadendo è che sto ascoltando in modo diverso la mia musica, cercando di approfondire alcuni album su cui avevo lasciato che si posasse la polvere, e ascoltando in modo più "studiato" (per quanto mi è possibile, visto che non sono musicista) gli album che già conosco bene. Il tutto facendo attenzione al periodo in cui un album è uscito. Per questo vengo più spesso su Debaser e l'appetito vien leggendo. Sto imparando a capire alcune dinamiche di Debaser, comincio ad intuire lo stile apprezzato e ciò che irrita (i luoghi comuni, il track by track, i doppioni che non aggiungono nulla, il concetto di "oggettività"...). Ma non ho ancora notato critiche nei confronti dei concetti di musica sopravvalutata e musica sottovalutata.

Per me questi due aggettivi sono... sopravvalutati! Eh, scusate la contraddizione in termini, ma credo che ci sia un abuso di questi vocaboli. Cosa intendo per "sopravvalutato"? Intendo che un gruppo o un artista sia valutato positivamente da più persone che, secondo me, merita. Certo, se qualcuno mi parla di Gangnam Style e il suo record di visualizzazioni sul tubo, magari posso considerare valido l'uso della parola "sopravvalutatissimo". Ma spesso è abusato, secondo me. Insomma, parliamone...

Gli U2 sono sopravvalutati, Ivan Graziani (sì, @1986, è colpa tua se oggi me ne esco con questo editoriale) è sottovalutato, ecc.

Finchè dico: mi fa schifo e mi meraviglio che piaccia ad altri. (o al contrario; mi piace tantissimo ma non capisco come non sia apprezzato su questo pianeta e su quelli vicini, satelliti ed astri compresi) ci può pure stare. Ma poi spesso si finisce col fare il salto della quaglia e si pensa, dice, scrive "Mi fa schifo e tutti voi che amate Costui/ei/oro non capite nulla, state facendovi abbagliare dalla bigiotteria" o "Fantastico! Ma bastardi voi che l'avete ascoltato e non ve lo fate piacere a forza".
Insomma, oggettivizzo la mia valutazione e la faccio diventare metro di misura per le altre. Io valuto, tu stai o sopra o sotto. Ma il mio parere è il discrimine. Ovviamente il mio e quelli che collimano col mio.

Personalmente limiterei molto l'uso di questi termini o mi farei qualche domanda quando mi viene da usarli (e capita anche a me, non sto facendo la lezioncina a nessuno, eh?).

Ed eccomi qua, con il mio primo editoriale; scusate la premessa più personale, spero sia un pensiero utile su cui riflettere e discutere. Tanti salumi a tutti!

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editoriale di Tucidide

Fa caldo.

Ho caldo.

Pure il mio cane ha caldo.

Ci rifugiamo in un centro commerciale.

Nel centro commerciale ci rifugiamo da Mekki.

Sul tabellone schifezze ordino una schifezza gelata.

Mi metto in coda e ritiro un cono gusto tipopanna. Sagomato bene, la crema ha una consistenza marmorea.

Il cane mi guarda. Un assaggio, solo un assaggio.

Appoggio il mignolo sulla punta del gelato. La crema è tornita, al tocco resiste.

Sguardo famelico, il cane insiste.

La supplica sussiste. Anche la bavetta persiste, agli angoli delle fauci amorose.

Sed non satiata, insaziabile gola di cane.

Affondo il mignolo sulla punta del gelato, scalfisco un angolo di crema, lo allungo verso le fauci.

La linguetta raspa la pelle. Ancora, eddai.

Cambio dito. Affondo l’indice.

Allungo di nuovo verso la lingua raspante.

In breve finisco le dita disponibili.

Il cane rassegnato mi segue fuori dalla coda di Mekki, mentre una tipa mi allunga uno sguardo sdegnato.

Dovrei dirle Oh tipa, desideri anche tu qualcosa da leccare?

Ma c’è sempre il rischio di essere preso in parola.

Fa caldo.

Tanto caldo.

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editoriale di splinter

Premessa: sì, lo so, i problemi della vita sono ben altri, ma ogni tanto bisogna trovarsi qualche finto problema su cui dibattere, il fascino del porsi interrogativi e cercare di dare spiegazioni è uno dei piaceri della vita. Per esempio...

Tutti ce la siamo fatta una partita a UNO, il celeberrimo gioco di carte colorate e numerate di casa Mattel, e lo abbiamo fatto nelle occasioni più disparate, in famiglia, a scuola nelle ore buche, a Natale al posto della noiosissima tombola, in spiaggia, alle grigliate.

Però… c’è un però…: praticamente nessuno calcola il punteggio come da regolamento, giuro, non l’ho visto praticamente fare a nessuno, qualsiasi gruppo che ho visto giocare si limitava semplicemente ad assegnare un semplice punto di chiusura a colui che esauriva per primo le carte. Ci ho giocato più volte con gli amici e con i compagni di scuola ma ho partecipato senza troppo entusiasmo proprio per questo motivo; una volta ad una grigliata ho detto “raga però si gioca con i punti!” e la risposta che ho ottenuto è stata un secco “ma quali punti, chi chiude un punto!”, un’altra volta, l’unica in cui io ed un mio amico siamo riusciti a far applicare il punteggio, l’altro amico diceva “ah perché esiste un punteggio?”, ma anche su YouTube si trovano diversi challange e praticamente tutti si concludono senza calcolo del punteggio, persino su Yahoo Answer ad un quesito su quanto valessero le carte al fine del calcolo del punteggio c’è chi ha avuto il coraggio di rispondere “non c’è nessun punteggio, chi vince ottiene un punto”, ma pure le versioni che giocavo anni fa su Facebook non lo applicavano.

In sostanza il punteggio non è mai entrato nell’immaginario collettivo dei giocatori di UNO, sembra siano in pochi a sapere che quando un giocatore chiude si prendono le carte rimaste in mano agli avversari e con esse si determina il punteggio, quindi che le carte numerate dallo 0 al 9 hanno il valore riportato sulla carta mentre quelle speciali colorate (SALTO, CAMBIO GIRO e PESCA 2) hanno valore 20 punti e i due jolly (CAMBIO COLORE e PESCA 4) hanno valore 50, e che vince chi arriva prima a 500 (oppure si può fare come a Scala 40, calcolando quanti punti rimangono in mano a ciascun giocatore ed eliminando chi man mano arriva a 500).

Per quanto mi riguarda trovo le partite a UNO senza punteggio vero e proprio assolutamente insulse, il gioco sembra proprio non avere un senso, uno scopo, se non quello di cazzeggiare, il gioco è assolutamente piatto e privo di imprevedibilità e veri e propri colpi di scena, viene meno persino il vero valore e la vera potenza delle carte speciali… Dove sta il coinvolgimento emotivo nel sapere che dopo una manche movimentata il fortunato vincitore si beccherà un misero punto? Non è più bello sapere che il vincitore potrà incassare dalla miseria di pochi punti fino a qualche centinaio avvicinandosi alla vittoria? Non è più coinvolgente cercare di sbolognarsi le carte più valorose per non lasciare punti agli avversari? Non dà più soddisfazione vedere che l’avversario è rimasto con un sacco di carte in mano (magari fatte pescare proprio alla fine del gioco) e che alcune hanno anche un certo valore piuttosto che dire semplicemente “chiuso” e beccarsi un misero punto? Non vi piace l’idea che da una manche all’altra tutto si possa ribaltare, l’idea di poter innescare un meccanismo di inseguimenti, di distacchi e rimonte come in una gara di motociclismo? Sincero, non vi capisco!

Però ho provato a fare delle ipotesi sul perché calcolare il punteggio a UNO non è prassi come dovrebbe. Vediamo. Potrebbe darsi che molti, dopo aver comprato la scatola di carte da gioco, non abbiano mai davvero letto, forse nemmeno cagato di striscio, il bugiardino in essa contenuto, che conoscano le regole soltanto perché tramandate di amico in amico, chissene se spesso inesatte; infatti si noti come oltre alla presunta inesistenza di un punteggio da calcolare si siano diffuse anche altre regole non previste dal regolamento ufficiale ma spacciate per basilari; una su tutte quella della possibilità di cumulare le carte di pesca, quindi di ribattere un PESCA 2 o un PESCA 4 facendo pescare all’avversario un numero spropositato di carte (6, 8, 10, 12) anziché pescare semplicemente le carte e saltare il turno come si dovrebbe, una regola che tutto sommato può anche essere divertente ma è bene sapere che si tratta di una variante, una regola peraltro recentemente sconfessata dalla stessa pagina Twitter del gioco con un tweet molto chiaro; molti pensano poi che non si possa né cominciare né chiudere con una carta azione, falsissimo, basta leggere il foglietto per scoprire che l’unica carta che non può aprire il gioco è il PESCA 4 e che se si chiude con una carta di pesca il giocatore successivo deve comunque prendere le carte, che contribuiranno anch’esse a formare il punteggio; o anche la totale libertà con cui viene giocato proprio il PESCA 4, ignari del regolamento che ne consente lo scarto soltanto nel caso non si abbiano carte dello stesso colore dell’ultima giocata, nonché della possibilità del giocatore condannato alla pesca di poter contestare la giocata, con tutte le conseguenze del caso…

Un’altra ipotesi potrebbe consistere nella natura spesso totalmente informale, leggera e scazzata del gioco, basti pensare ai contesti e alle modalità con cui solitamente si svolgono le partite: si gioca su un telo da mare, su uno striminzito tavolino da spiaggia o da pic-nic, su banchi di scuola uniti, su letti di hotel sgangherati, in momenti spesso morti e ristretti, il gioco viene poi organizzato in maniera assolutamente disordinata, con i giocatori disposti in maniera spesso non lineare e persino in posizioni scomode, persino il modo in cui viene trattato il mazzo degli scarti è discutibile, i giocatori scartano le carte allungando le braccia e gettando letteralmente la carta sul mazzo che dopo pochi scarti diventa un qualcosa di simile ad una discarica, un mucchio selvaggio che rende persino difficile capire qual è l’ultima carta giocata, manco si riesce a trovare quel nanosecondo necessario per sistemarlo (figuriamoci per calcolare il punteggio)… Sembrerebbe quindi che il gioco sia visto più come un semplice modo per ammazzare il tempo che un vero e proprio gioco in cui mettere impegno e concentrazione; infatti il gioco è accessibilissimo a tutti, facile da imparare e non comporta particolari strategie di gioco per vincere, non serve essere giocatori esperti o abili strateghi per vincere, vince semplicemente chi ha la fortuna di ricevere le carte giuste, non è come giocare a scopone o a briscola, dove bisogna metterci testa ed analizzare l’andamento del gioco e l’operato degli altri giocatori; non è un gioco per veri appassionati di giochi di carte, chi ama davvero i giochi di carte predilige le partite a burraco, a scala 40, a bridge o a poker e ci mette il 101%, si metterebbe quasi a ridere a sentire che vi state ritrovando per una partita a UNO; da sottolineare che il gioco è prodotto dalla Mattel, una casa che produce giocattoli, non certo specializzata in giochi di carte, non è la Dal Negro o la Modiano, ciò suggerisce che in pratica UNO non è nemmeno un gioco di carte ma più un gioco di società basato sulle carte, ma forse è addirittura un vero e proprio giocattolo che viene di fatto trattato come tale, non seriamente. Alla luce di ciò si direbbe quindi che il calcolo del punteggio verrebbe considerato dai più una perdita di tempo o renderebbe troppo seria una situazione che invece non lo è, inoltre la cifra di 500 punti (e qui mi riferisco a chi in qualche modo sa qualcosa a proposito del calcolo del punteggio) risulta probabilmente troppo alta e lunga da raggiungere agli occhi di ha deciso di cominciare una partita giusto per vincere la noia, preferisce quindi assegnare un punto al vincitore della manche e non fissare nemmeno un punto di arrivo in modo da poter interrompere il gioco non appena stufi… In un mondo fatto di spot dove non si ha pazienza e propensione all’ascolto e domina l’astio verso le cose lunghe capisci che un gioco che prevede di arrivare a 500 punti può risultare troppo lungo e anacronistico…

Ma sono tutte supposizioni che trovano il tempo che trovano, considerazioni che mi sono semplicemente venute in mente e che ovviamente non si pongono come verità assolute, non mi dispiacerebbe sentire il parere degli altri utenti in merito a questa questione. In ogni caso sappiatelo: se volete tirarmi in ballo in una partita a UNO, il punteggio si deve applicare, altrimenti cercatevi qualcun altro…

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