editoriale di IlConte

L’ho visto ad un incrocio qualche giorno fa di passaggio da Cavriago, ora entrambi esuli dal nostro nobile paese per ragioni molto differenti.

Tempo fa avrei fatto inversione, l’avrei raggiunto, abbracciato e ci saremmo bevuti alcuni bicchieri mentre ci raccontavamo.

Erano parecchi anni che non lo vedevo. L’ultima volta in un incontro inaspettato mi raccontava che aveva “in gestione” un gruppo di ex tossici tramite qualche comunità o qualcosa del genere. Lui aveva avuto una sorta di semilibertà, se non sbaglio rientrava al gabbio ogni sera ed usciva il mattino per recarsi al “lavoro”. Lo hanno anche convinto a tenere mostre, mi dicevano, dei suoi quadri. In prigione infatti si è dedicato alla pittura, con risultati, neanche a dirlo, eccezionali.

Marco è sempre stato di quei personaggi così, certamente particolari e sicuramente affascinanti, almeno per me. Dotato di un talento nelle mani fuori dal comune da ragazzino si mette in testa di suonare ed impara da solo tutti gli strumenti. In quella Cavriago vitale, piena di energia e di passioni, fu lui a dare impulso alla scena musicale paesana e non solo. Ha forgiato tre/quattro complessi di giovanissimi, insegnando ad ognuno lo strumento desiderato. Anche con noi fece lo stesso. Poi mi fece amabilmente capire che la chitarra non faceva proprio per me e che forse era meglio dirottassi le mie totali attenzioni verso le ragazze e qualche sport a scelta… ahahahahah favoloso!

Era veramente un “fenomeno” ed a ciò univa una (apparente) serenità e un (apparente) invidiabile autocontrollo. Intelligente, calmo e ironico, non litigava mai ... al limite ti faceva tacere con una sua frase enigmatica e tagliente di fronte alla quale la gente non sapeva come reagire.

Marco si era creato la sua vita fuori da casa perché lì , purtroppo, era tutta un’altra storia. Un padre “padrone”, ignorante, manesco e con nessun valore nella vita se non quello di prendersela con quelli più deboli e che considerava inferiori ed ai suoi ordini.

Ovviamente costui odiava questo figlio così “Peace and Love” che osteggiava il suo potere e che aveva scelto uno stile di vita opposto al suo.

Marco poi si perse come molti talenti. Non ebbe mai un lavoro fisso e non ebbe fortuna nella musica e nelle arti. Che poi mica la voleva Marco quella “fortuna”. Rifiutò’ audizioni molto importanti con cantautori di successo che avevano sentito parlare di lui, non voleva suonare in mezzo a tanta gente... insomma stava bene così, tranquillo... o almeno così sembrava. Partì’ poi per qualche anno in giro per l’Europa, così almeno disse quando tornò, suonando per strada o dove capitava.

Al ritorno, dopo poco tempo, nessuno poteva credere che facesse la guardia giurata. Marco no, proprio no. In divisa e con una pistola faceva scappare da ridere solo al pensiero.

Poi un giorno mi chiamano e mi dicono che a Cavriago era un casino, che Marco aveva ucciso suo padre. L’incredulità era totale in chiunque.

Io non rimasi, al contrario, molto sorpreso. Non che me l’aspettassi sicuro, ma ho sempre creduto potesse accadere qualcosa del genere. La cosa più “logica” sarebbe stata il contrario, ma solo in apparenza e solo se non analizzavi davvero tutto.

Marco, da quanto ne so, non disse mai a nessuno la verità del suo cuore, di ciò che l’aveva veramente portato a questo gesto estremo. Non ricordo bene la sentenza, ma sicuramente non parlò mai di cose da cui poteva trarre vantaggi.

Non parlò mai di suo papà e di sua sorella, molto più giovane di lui.

Io (insieme a pochi altri) penso di sapere il vero motivo finale scatenante.

E la vita è proprio strana. Fosse stato un tipo come me avrebbe menato il padre, senza subire, fin da ragazzino e, molto probabilmente, non si sarebbe arrivati a tanto.

Lui ha taciuto, subito tanto a livello psicologico e corporeo da sempre, senza una vera ribellione nel senso fisico del termine. Il suo stile di vita non faceva altro che esasperare quell’inutile, squallido e dannoso personaggino del padre.

E poi la sua sorellina, quello no, quella cosa doveva finire...

E io sono dalla sua parte.

di più
editoriale di zaireeka

Mia figlia ha 18 anni, ed ha fretta di navigare e spaccare il mondo.

Ma il mondo non necessariamente somiglia a lei.

In particolare il padre, che è un po’ la sua nave pirata, che le vive per giunta in casa.

Lei ha fretta, io ho fretta di rallentare la sua fuga.

A volte litighiamo.

Credo ancora troppo all’Italia, alla terra dei miei genitori, e troppo poco all’Europa, non parliamo di quanto creda al mondo.

Forse ne ho un po’ paura.

Non c’è niente da fare, loro, i millenials e dintorni, sono cittadini del mondo, l’Italia non basta.

Si sentono, almeno, europei.

Non hanno paura.

Si sentiva soprattutto europeo sicuramente Antonio Megalizzi, morto a Strasburgo con una pallottola nella testa, nel mezzo del suo sogno di raccontare da giornalista una nuova Europa, un giorno.

Ho visto in TV lo spezzone di un video in cui, da innamorato dell’Europa, parlava a degli studenti di un’ Europa oggi incapace del tutto di mettere in pratica e far capire alla gente le cose buone in grado di pensare (la solidarietà, la condivisione dei migranti) e in compenso perfettamente capace di mettere in pratica e far conoscere alla gente quelle sbagliate o perfettamente inutili (l’imposizione sul colore standard delle banane).

Come non dargli ragione, se ancora ci potesse sentire.

Ora, mia figlia non vuole fare la giornalista, ma ha fretta, più o meno come Antonio.

Ed io sono preoccupato per come va il mondo, e non voglio che il mondo la deluda, se non di peggio.

Volevo dedicarle una canzone che rappresentasse il percorso, ed ho trovato “Hey Jude”.

Sulle note di Hey Jude me lo sono immaginato così.

Dopo aver schiarito la voce, una partenza calma, senza fretta.

Ma con convinzione, del resto non le manca.

Poi, dopo la strofa, un ritornello (beh, del resto, almeno all’inizio, ogni tanto bisogna pure tornare a casa), in leggera discesa, con un piccolo coro a darle una leggera spinta per vincere la corrente.

E così avanti per un po’, senza fretta, ma con convinzione.

Ed infine, quando i tempi sono maturi ed il sogno è troppo grande per tenerlo ancorato alla terra, il volo ed un esplosione di gioia.

E tutto il mondo a farle il coro.

Compreso me.

di più
editoriale di iside

Come tutte i Sabato sera Mauri, Gigilamucca ed io uscimmo da casa per recarci al bar, come le altre sere settecento metri a piedi mentre la nebbia cominciava ad entrarci nello orecchie.

Oltre al ponte c'era la vita; non come da noi che i bar (sette in settecento metri lineari) erano solo un covo di vecchi ubriaconi dove, se per caso volevi giocavi a flipper, dovevi scovarlo fra la nebbia di migliaia di Nazionali Semplici ( le Nazionali Semplici erano le sigarette dei più poveri non avevano filtro e si fumavano fino a scottarsi le unghie).

Noi andavamo oltre il ponte, praticamente varcavano tre confini comunali senza incrociare anima viva.

Al bar c'era la saletta juke-box che tentavamo di far suonare col metodo Fonzie e c'era il calciobalilla dove praticamente passavamo le due ore al bar.

Ma sopratutto c'erano RAGAZZE!!!

E come tutte le sere Cristina si appoggiava al calciobalilla per guardarci giocare.

"Non guardarmi così mi fai arrossire."

Come potevo non guardarla così? Aveva gli occhi che erano un mare in tempesta.

Poi fuori dal bar parlammo un po', c'era un gelo incredibile e la nebbia era da affettare...

"sai io abito sulla collina di là dal paese e buio la sera, io ho paura a tornare a casa da sola...potresti accompagnarmi..."

Patrizia dalla strada diede una voce "dai Cris andiamo a fare un giro, vieni!"

Via in due sul "Ciao" dentro la nebbia, e quanta nebbia che c'era quella sera oltre il ponte.

Il giorno dopo era Domenica e come tutte le Domeniche Eugenio passava con la sua bicicletta intonando la solita canzone: "Bella la vita, se te la dà..."

Che viste le preferenze sessuali del soggetto non potevo neanche "sfancularlo". (segue)

di più
editoriale di POLO

Una recensione per tutte le principali uscite dell’anno, valutate col più semplice dei metri di giudizio: ok/no.

Beach House - 7 - Madonna che coglioni di album. Non capisco come nel 2018 si possa ancora aver voglia di scaricare illegalmente i dischi di sti due e smorzare il proprio flusso psichico in un melassa di riverberi. Vi ricordo che dietro la stazione vendono chimiche realtà, non sogni. NO

Tedua - Mowgli - Tedua è un rapper così storto da emanare una positività diagonale, in grado di irradiare con uguale tepore entrambi i lati della strada. Me lo immagino arrampicarsi sul Bosco Verticale, lanciarsi su liane che esistono solo nei suoi occhi e piano piano scivolare sulla filigrana della tua nostalgia, facendola crollare in un malinconico sospiro. OK

Mitski - Be The Cowboy - Questo disco ci sta! Mi piace, lei è davvero brava! Mi piacciono le sue canzoni! OK

Capo Plaza - 20 - La musica di Capo Plaza fa attorcigliare i nervi dall’imbarazzo, eppure quando la indovina, la indovina giusta. A sto giro tocca a “Tesla", ma tanto il merito non è suo. NO

Father John Misty - God's Favourite Costumer - Un barbone lungo giusto per non dimenticare di aver cambiato il folk quando ancora stava nei Fleet Foxes, una manciata di ballatone ben fatte, un pozzo senza fondo di auotoironia e via che si fa incetta di lodi da parte della critica del tipo “il finora miglior album del più cinico, sagace e dolcemente amaro dei cantautori odierni”. Spoiler: le lodi erano imbarazzanti, ma questo disco no. OK

Nu Guinea - Nuova Napoli - Questo album è un pacco colossale, solito saccheggio di matrice milanese della tradizione napoletana che tanto fa figo di sti giorni al nord. Per giunta, commesso da napoletani stessi. Che vivono a Berlino, aaaaaaahhhh. Madonna santissima che schifo. NO

Noyz Narcos - Enemy - A sto giro Noyz ha fatto un po’ cagare, ancora con il flow serrato, ancora con “sta merda”, con i teschi in copertina, ancora con tutta quella serie di stereotipi che mette in rima da quasi due decadi e che stavolta sembrano venir fuori dal laboratorio di raccolta delle urine. NO

J. Cole - KOD - Quando J Cole rappa, il mondo deve solo stare ad ascoltare. Quindi fate silenzio, tu e quella posticcia merda new wave. OK

Rosalía - El mal querer - Brava Rosalia, che hai appena ricordato a noi occidentali quanto siamo prevedibili e ipocriti nel farci sedurre da un po’ di sciocchezzuole esotiche - a sto giro tocca al flamenco - e ergerti a best new artist del 2k18 per poi dimenticarti tra due anni. OK

A.A. V.V. - The Black Panther OST - Non sono riuscito ad asoltarlo tutto + c'è dentro Kendrick Lamar = asciugata di palle. NO

Sfera Ebbasta - Rockstar - Fa incazzare chi non lo capisce, cioè chi è stronzo o scemo, e quindi fa il giusto. Ne rockstar ne popstar: Sfera è l’ultimo punk italiano. OK

The 1975 - A Brief Inquiry Into Online Relationships - I nuovi Coldplay, ma più giovani, più drogati e, auspicabilmente, meno graditi a Fazio. Intanto il loro disco è un caleidoscopio di brillanti svisature kitsch su un’ossatura pop-rock ben solida, forse la più strutturata che si sia udita nei mesi passati. OK

Low - Double Negative - Il ritorno dei Low in pompa magna è stato frainteso come una specie di slow-core squagliato pronto a risucchiarci tutti nell’oblio, ma in realtà è un succo di frutta scaduto ed è per questo che ci lascia quel saporaccio di catrame sulla lingua. NO

di più
editoriale di llawyer

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI

Preambolo

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;

Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;

Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;

Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;

Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;

Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;

L'ASSEMBLEA GENERALE

proclama la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

Articolo 1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2 Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

Articolo 3 Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4 Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5 Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 6 Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7 Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8 Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9 Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10 Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

Articolo 11 1. Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa. 2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12 Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13 1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. 2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Articolo 14 1. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni. 2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15 1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza. 2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16 1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento. 2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi. 3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 17 1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri. 2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18 Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

Articolo 19 Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20 1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica. 2. Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione.

Articolo 21 1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti. 2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese. 3. La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22 Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23 1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione. 2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro. 3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale. 4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24 Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 25 1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà. 2. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26 1. Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito. 2. L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. 3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27 1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici. 2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28 Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29 1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità. 2. Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica. 3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30 Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

di più
editoriale di IlConte

4/12/80

“Desideriamo rendere noto che la perdita del nostro caro amico ed il profondo senso di rispetto che nutriamo verso la sua famiglia ci hanno portato a decidere, in piena armonia tra noi e il nostro manager, che non possiamo più continuare come eravamo”.

Massimo amore, ma soprattutto massimo rispetto e infinita stima per degli uomini veri all’interno di un sistema di merda.

Ecco perché sono nel mio cuore sopra tutti. Ditemi voi quale altra band, al massimo del successo mondiale, non avrebbe continuato a far soldi sostituendo il “batterista”.

Non sforzatevi, non esiste! (vero Who?!).

C’è qualcosa di curioso nella data della morte del mio Bonzo. Sembra proprio che Lui e la Band non dovessero entrare negli ottanta, sapendo in anticipo la merda che li attendeva musicalmente. Pare che a quel crocicchio, in base agli accordi presi con Il buon Mefistofele, oltre ad un successo spropositato che demolì e asfaltò tutto e tutti come nessun altro nella storia del Rock (quello vero con la R maiuscola), si fosse deciso anche la fine... così mi viene da pensare...

Il mio nobile ringraziamento, ogni anno in questa ricorrenza, alla più grande Rock’n’Roll band di sempre senza se, forse, ma o perché. Vi possono pure non piacere (oddio una visitina eh!j ma ciò di cui sopra è innegabile. Solo un ignorante coglione potrebbe asserire diversamente. Vi sono cantautori che preferisco, ma parecchio, a Dylan, ma non posso dire che il Bob non sia il più grande e importante cantautore Rock di sempre... sarei un ignorante coglione, appunto.

E ricordiamo il Peter (Grant) al cospetto del quale tutti i manager venuti dopo dovrebbero inchinarsi ogni mattino. Peter ha stravolto le regole del gioco a favore delle band (e del manager, ovviamon).

E poi c’è Lei, la canzone perfetta. “Ha rotto”, “Ha stancato”, “E’ invecchiata male” persino “non è poi granché”... oltre al ridicolo e grottesco (nonché palesemente ignorante e falso musicalmente, che detto da me, in quanto re degli ignoranti, dovrebbe far vergognare chi lo pensa) “è copiata” ahahahahahahahahah, poveretti.

Se ho avuto una storia bellissima con una splendida fanciulla il suo ricordo non invecchierà mai e non finirà mai, neanche da morti... sarà sempre come la prima volta. Per me con Stairway è stato e sarà sempre così. Penso di non averla mai ascoltata interrompendola prima dell’ultima nota, nemmeno da ubriaco fradicio o in situazioni trombanti. E poi c’è quell’assolo, anzi L’ASSOLO. Il Diavolo prende per mano Jimmy dicendogli “Tu suona, non ti preoccupare!”… oppure Jimmy è il nobil Diavolo. E allora si capirebbero tante cose…

I Purple non c’erano più, i Sabbath (quelli veri) neanche, gli Who (sempre quelli veri) nemmeno, gli Stones ed i Kinks erano alla frutta, i Pink Floyd quasi, i GFR purtroppo finiti, JDM e i Doors, i Beatles e tutto quel decennio magico erano già muffa... ecc ecc.

Il mio Rock, sempre quello vero, mica niu ueiv o altri mezzi cazzi mosci, è morto definitivamente 38 anni fa con Bonzo.

Morto si, ma non sepolto.

E fortunatamente c’è sempre il Blues per noi esauriti. Il Blues non morirà mai. Anche perché senza di Lui ci sarebbe poco, molto poco.

Grazie a voi ho scoperto tante cose molto belle anche dopo... però dai, qui si parla di altra roba, altri livelli.

So che non la pensate come me ma non me ne frega un cazzo, anzi pure meglio, perché è un vostro enorme problema se vi piace la niu ueiv e non il Rock (sempre quello vero, claro) ahahahahahahah.

Si scherza eh (ma mica poi tanto). Vi abbraccio (quasi) tutti ugualmente. Il Diavolo vi perdonerà, tranquilli.

Best Band, ever…

di più
editoriale di zaireeka

Parte prima, io sono come gli altri.

Esiste un momento, un giorno, fondamentale nella vita di ognuno, che tutti tendiamo a dimenticare, ma le cui onde nella nostra vita lasciano un segno indelebile, da allora in poi.

Da allora in poi le cose cambiano, c’è un prima e c’è un dopo.

Il giorno in cui prendiamo coscienza, insieme, di due fatti fondamentali.

La distanza temporale fra le due prese di coscienza può essere più o meno vasta, di solito sono estremamente ravvicinate tanto da creare il vero Big Bang della nostra vita come essere umani.

L’ordine temporale delle prese di coscienza può variare, non sono nemmeno io sicuro di quale sia stato per me, ma ne assumerò uno che ritengo assolutamente il più verosimile.

Per cui della prima presa di coscienza, nella mia vita, parlerò subito.

Anzi, parlerò (usando le parole già usate su questo sito tempo fa) di quella di mia figlia, penso che per me possa essere stato lo stesso, del resto sono suo padre.

Anni fa, quando mia figlia era molto piccola le chiesi (è una storia vera):

"Tesoro, la vedi la luna? Di chi è la luna?"

"Mia" mi rispose veloce.

Qualche mese dopo le feci la stessa domanda.

"Del cielo" mi rispose.

Un anno dopo le feci di nuovo la stessa domanda.

"Di tutti" mi rispose.

Ecco, in quel preciso istante sono sicuro che mia figlia abbia capito (si sia convinta) di appartenere alla categoria di quelli strani esseri a due braccia e due gambe che popolano la terra.

Di non essere diversa da loro, probabilmente per non sentirsi esclusa dai giochi con i compagni di asilo.

Parte seconda, quando gli altri ci lasciano.

Quando ero molto piccolo, per molti anni a seguire, per tutta la mia prima infanzia, ho dormito nella stessa stanza con la mia nonna materna, a cui volevo molto bene, ricambiato in misura ancora maggiore.

Come molti della sua generazione era estremamente cattolica.

Ogni sera prima di dormire si recitavano con lei le preghiere, lo stesso la mattina al risveglio.

Come molti della sua generazione aveva un culto particolari per i morti.

Avevamo una foto del mio nonno materno, morto negli anni 50, sul comò, che ci guardava ogni sera prima di addormentarci.

Scavando nella memoria, sarà stato quello il mio primo contatto, o almeno quello definitivo, con l’esistenza della morte degli altri?

La presa di coscienza che questi strani esseri a due braccia e due gambe che popolano la terra hanno il difetto ogni tanto di andarsene via chissà dove, senza dare più notizie?

La nascita, di fronte alla certezza di mia nonna dell’esistenza di un paradiso che avrebbe premiato i buoni facendoli vivere per sempre, alla fine dei tempi, di nuovo tutto insieme, del dubbio che non ci sia niente da aspettare?

Che il tempo davanti per potersi incontrare di nuovo potrebbe essere infinito?

Succederà anche a me

Il giorno in cui ho capito di dover un giorno morire non lo ricordo.

Sicuramente so che quel giorno ho capito che avrei fatto il medico (come voleva mia nonna) con l’hobby della pittura.

Il medico per curare le malattie che fanno morire le altre persone, inclusa un giorno mia nonna (di una brutta malattia), il pittore per fare tanti quadri.

Alla fine medico non sono più diventato (scusa nonna), pittore ogni tanto, ma più che altro scrivo, tanto, e suono, non sempre cose allegre.

Ne “La Collina dei Conigli” di Richard Adams, i conigli in fuga dalla distrutta conigliera di Sandleford, capitano un giorno nella conigliera di Primula.

Lì i conigli vivono apparentemente sereni, il cibo è abbondante e in apparenza non vi sono predatori.

L’unica cosa particolare è la strana presenza di teschi sparsi qui e là nella conigliera, come sacre reliquie, e un coniglio poeta capace di scrivere bellissimi versi di una profonda malinconia che manda l’intera conigliera in uno stato di struggimento totale quando li recita.

Presto Quintilio e gli altri scoprono la verità, che i dintorni sono pieni di trappole piazzate da un agricoltore, che attrae i conigli nutrendoli con cibo abbondante per attirarli e catturarli.

Che i conigli hanno imparato ad accettare il loro destino e che quei meravigliosi versi sono il modo in cui esprimono la loro rassegnazione a questo stato di cose.

Ribelli alla presenza della morte, alla accettazione del loro eventuale destino, Quintilio e gli altri fuggono via.

Finale

Di fronte all’infinito ogni cosa vale zero.

Anche la grandezza dell’universo, confrontata all’infinito, vale come il nulla.

Se parliamo di Spazio.

Se parliamo di Tempo, lo stesso discorso vale per l’Eterno.

E’ un fatto matematico, un numero finito, per quanto grande possa essere, diviso per infinito vale zero.

Così, un tempo finito, per quanto grande possa essere, diviso per un tempo infinito vale zero.

E’ per questo che di fronte alla morte di qualcuno che amiamo proviamo quel senso straziante di angoscia che ci sovrasta e che non ci vuole lasciare.

L’idea di non vedersi mai più.

Mai più, di fronte all’eternità futura.

Chiunque l’abbia provata sa di cosa parlo.

Praticamente è come se non fossimo mai esistiti, come se la nostra vita scomparisse al confronto.

Cinquanta (anni) diviso infinito = zero.

Ci voltiamo indietro e scopriamo che non siamo nulla.

Dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta, o ottanta anni passati: nulla.

Quel senso di irrealtà che ci strugge e distrugge.

La nostra, la mia, di morte, però, è un’altra cosa.

Vero nonna?

di più
editoriale di IlConte

“Ciao adorata sorellina, sono più di due anni che mi hai lasciato qui, senza di te. Da quel giorno tanto è cambiato nel mio modo di pormi vs situazioni o persone e di pensare o riflettere su questa merda... o forse, a pensarci bene, è tutto uguale, solo sempre più estremo.
Tante volte mi fermo a pensarti, tante volte avrei voluto scriverti qualcosa. Sono stato “felice” di aver passato gli anni di quella merda di malattia vicino a te, sempre con il cuore e, quando potevo, fisicamente e nelle situazioni quotidiane.


Ricordo a malapena quando me l’hai detto. Solo che... non potevo crederci. Ma come, dico?! Tu sconfiggi un tumore a trent’anni con sforzi e patemi indicibili e questa merda si ripresenta 15 anni dopo... no, dico, quindici anni dopo, zio porco!? E con un bambino piccolo... e senza un compagno?!
Non ho mai visto una donna combattere così, non mollarci mai, patire dolori disumani ogni giorno per tre anni e ... preoccuparsi degli altri! Ma tu sei unica c’è poco da fare.
E con quale dignità! Ti ricordi quando andavamo dai dottori a Milano?! In ospedale o in giro tutti ti guardavano; si vedeva che eri molto malata ma sorridevi a tutti! La gente, che credeva tu fossi mia moglie, mi diceva di te le cose più belle. E quanto mi piaceva sparare le mie cazzate che ti facevano ridere. Il più bel sorriso del mondo! Posso dirlo, lo sai, me ne intendo. E’ stato un onore incredibile poterti stare accanto e viverla con te.


Sei da sempre stata la mia migliore amica. Con Bruno e la Contessa, la persona adulta più importante di questi miei 50 anni in questa merda. Sicuramente l’unica a cui ho sempre raccontato tutto. E quante risate con tutti che credevano davvero fossimo fratello e sorella. Forse a due amici, donna e uomo, così scazzati e affiatati insieme, non avrebbero creduto.
Gli ultimi mesi sono stati terribili, avrei voluto fare di più ma capivo che volevi vivere quei momenti bui da sola, che spesso preferivi non farti vedere da me. Massimo rispetto, anche se soffrivo come un cane. Sono riuscito a strapparti una risata anche quando mi hai consegnato il testamento... eri bellissima anche malata... quel sorriso era la tua chiave per aprire qualunque porta.


Avevi detto, mai più chemio. Lo avevi giurato, dopo la prima volta. Ma per Davide ti sei sottoposta di nuovo a quella terapia. Volevi passare il più tempo possibile con lui... vederlo diventare almeno ragazzo. L’hai cresciuto da sola, senza un uomo vicino...eravate una sola persona, anzi lo siete ancora. A proposito Sister: quel pezzente, viscido, infame e vigliacco non si è più fatto sentire o vedere. Va da se che se si presenta ho già avvertito l’avvocato che avrà un penale: non riuscirebbero in dieci a tenermi fermo dallo spaccargli tutto ciò che riesco. Speriamo non si faccia vedere, evitiamo ulteriori guai.


Io e le tue amiche ci proviamo ad aiutare tua mamma e Davide. Per quanto mi riguarda vorrei fare molto di più, ma lo sai, faccio fatica. Tanto grande e grosso, forte e sicuro di se all’apparenza, tanto debole, fragile e insicuro dentro. lì dove c’è l’anima. Mi conosci a memoria, tu. E ogni volta che sto con Davide è una coltellata al cuore; perché dovevamo crescerli insieme quei due, portarli in giro, divertirci con loro. E penso al piccolo e a quanto deve soffrire. Non lo fa vedere, ma io lo vedo... nei suoi occhi. È solo, senza di te. E l’avvicinarsi della merda natalizia non fa altro che creare ulteriore disagio. Le feste per i bimbi possono essere bellissime o drammatiche. Sicuramente ti penserà ancora di più, sicuramente piangerà da solo e si chiederà perché proprio a lui, perché proprio la sua mamma, porca troia! Possiamo fare di tutto ma è impossibile anche solo pensare di riuscire a “sostituirti” anche in piccolissima parte. Pure tua mamma comincia ad essere vecchia e a sentire il peso enorme delle responsabilità. Va bene, basta. Forza e coraggio e tira fuori le palle coglione, inutile disperarsi. Scusami. Non ci sei e parlo da solo, vedi ahahahah.


Cerca di darmi un minimo della tua forza da lassù o da ovunque sia la tua anima.
Ho bisogno di te. Adesso ho ancora più bisogno.
Ciao Sorellina, un bacio grande.”

di più
editoriale di Bubi

Vedevo e sentivo, ero vivo. Li potevo capire e li guardavo mentre mi guardavano. Ero in sala rianimazione allacciato alla vita tramite tubi, fili, sonde. La stabilizzazione delle funzioni vitali procedeva a fasi alterne, un paio di volte stavano per perdermi, ma mi avevano sempre riacciuffato. La respirazione c'era, la circolazione del sangue così e così, la coscienza era più che vigile. Mi avevano salvato nonostante avessi un buco nel cuore e poche gocce di liquido rosso qua e là nelle vene. Ad ogni respiro il sangue mi gloglottava in gola alla maniera dei pettirossi, quando sono in amore. Per loro era un segnale che stavo combattendo per tornare alla vita, a quella vita che mi aveva dato solo sofferenza, diciamolo pure, quel cazzo di vita alla quale non sarei voluto tornare mai. Il personale infermieristico era altamente specializzato, s'affaccendavano attorno a me come le damigelle del milleesettecento quando si prendevano cura delle regine. Ma nessuna frivolezza settecentesca, le dita dei medici si muovevano veloci e sicure. Ero in buone mani. Che siano benedetti. Mi buttavano sotto la carne sangue buono, non quello pieno di alcool e schifezze varie che hanno in corpo le anime perse. Come ero stato io. Mi ripulivano ben bene.

Ero in uno stato vegetativo e, non so perché, sentivo che stavo raggiungendo un livello di coscienza nuovo. Come quella che hanno le piante. Stavo prendendo le distanze dai nonsense umani. Essere il migliore, il più buono, quello vince, quello che perde. Dalle insensatezze che non ti lasciano vivere con leggerezza. Mi avvicinavo alla natura corretta delle cose. Ma, tuttavia, la mia parte umana chiedeva di Isabella. Dov'era la mia piccola dolce luna che un giorno di inizio estate si era introdotta nella mia vita? Scombussolandola, facendola diventare un'esistenza vera, con litigi, coccole, incomprensioni, sguardi. Unitamente a tutto il resto che fa di una vita, qualcosa che ti appaga. Così che, quando ti svegli la mattina, non vieni preso da un senso di sgomento. E le ore che verranno potrai pensare a lei. E a modo tuo sarai felice. La mia personale felicità che somigliava solo vagamente a quella degli altri. La mia, poteva anche consistere nello stare tutto il giorno a letto pensando alle sue ciglia che sbattevano, ai suoi capelli neri, neri e lisci, ma a volte ricci quando li arricciolava. Adoravo girarmi tra le coperte e pensare a quei capelli neri. Erano capelli di rayon e fluttuavano al vento salmastro quando camminavamo sulla sabbia di Tirrenia. La spiaggia, il mare, non erano più come nei miei ricordi di ragazzino, quando apprezzavo il fascino d'ogni sfumatura delle acque. Quando rimanevo a bocca spalancata, guardando il paesaggio che si scomponeva al riverbero del calore che saliva al cielo. Quando cercavo il brivido che dava l'acqua fredda e chiara nel mattino. Il mare era diventato un enorme latrina puzzolente, vedevo solo onde di schiuma bianca e ogni sorta di sporcizia liquefatta uscita dagli scarichi abusivi.

Eppure, con Isa, tutto mi pareva bellissimo, ero vivo ed ero contento d'esserlo. Ma non ne avevo coscienza, non ti rendi conto del bello o del piacere, se vivi nell'eccesso. Stare in perenne condizione di ottundimento dei sensi, non permette di riconoscere i sentimenti degli altri, ancor meno, esprimere i propri. Conosci bene solo le strade che portano da un bar all'altro. Per fare? Comportarti come un idiota senza averne cognizione. Questo è il dramma. Il giorno dopo affiorano i ricordi che si portano dietro un'infinità di rimorsi. Ti senti una merda e non vedi la luce che ti può dirigere. Eppure lo sai che per gustare la vita, il solo modo è nella consapevolezza. Consapevolezza di quello che sei e di quello che ti circonda. Solo in piena coscienza si può gioire.

Isabella aveva cambiato le carte in tavola e il mio fragile equilibrio si era perso, con lei era arrivato qualcosa che non conoscevo. L'avrei capito troppo tardi. Benché non avessimo nemmeno fatto l'amore, quella folle e meravigliosa creatura aveva cambiato tutto nella mia vita. Gli sciocchi non possono capirlo, la felicità non è data da cose superficiali come il lusso, la fama o il denaro. È semplicità, completezza, soddisfazione. È uno stato di grazia percepito da ogni singola cellula del corpo. Non serve definirla. Basta sapere che ha bisogno di tenerezze, sorrisi, lacrime, abbracci. Quando lo capisci, allora ti divertirai ad andare in giro cercando bambini da baciare, fiori da annusare, avrai voglia di uscire, perché fuori c'è un sole di infinita bellezza, e vorrai aprire le finestre per far andar via i brutti momenti del passato, e lasciare spazio alla vita nuova, quella che non hai mai saputo cogliere, nonostante ce l'avessi lì, davanti agli occhi.

Dove sei Isabella? Pensavo. Non c'era. Ma non fui preso dallo sgomento perché potevo inventarla, anzi, non sarebbe stata un'invenzione. Tutti lo sanno, il sogno è un diverso aspetto della realtà, che tra la vita e la morte c'è un sottile spazio per concepire un altro stato di cose. Bastava chiudere gli occhi e ce l'avevo, lì. Autentica. Viva come nella cosiddetta vita reale, quella vita alla quale non appartenevo più, e in nessun caso avrei voluto farne ancora parte. Sarei stato un pazzo, perché la dignità che avevo acquisito da quando ero un vegetale, mai mi era stata riconosciuta, prima. Tutti mi amavano e sentivo solo commenti lusinghieri. Non c'erano polemiche, gare, giudizi. Neanche paure o sofferenze, stavo disteso sul letto come una pianticella priva di fiori e di radici. Ma con i sentimenti. E la mente era sveglia più che mai. Il giorno prima mi ero sparato un proiettile nel cuore, aveva attraversato tessuti e sangue, ma ero vivo e mi sentivo a un passo dal cielo.

Con l'inchiostro della fantasia dipinsi il mondo come l'avevo sempre sognato. Cambiai in meglio un aurora boreale e in un attimo ero con lei, tra i ghiacci del polo. Abbracciati languidamente, ballammo illuminati dalle luci al neon dei raggi di sole filtrati dai cristalli. Eravamo pronti a vivere l'amore vero, quello che nessuno comprende, che non chiede spiegazioni perché si assapora. Quello che ti stampa un sorriso nel cuore, che ti fa volare, che ti fa vivere la vita bella, e, tante cose ancora. Tutte irragionevoli e incoerenti.

di più
editoriale di Bubi

Si ride degli stupidi perché mica si parla di noi, noi non siamo stupidi, quindi non ci riguarda. Ma considerando l'argomento senza il paraocchi del pregiudizio, va da sé che ognuno è lo stupido di qualcun altro. Gli stupidi veri, credo, sono quelli che non hanno opinioni personali ma solo certezze, quelli che si mettono in cattedra e sentono di avere il diritto di dirti come e perché si sta al mondo e, non bastasse, sanno sempre dov'è il torto e dov'è la ragione, e non posso scordare i più miseri di tutti, quelli che non conoscono i propri limiti condannandosi a una vita di sofferenza. L'unica vera forma di intelligenza è l'umiltà. Umiltà non intesa come essere remissivo o servile, bensì come virtù per la quale l'uomo riconosce i propri limiti, rifuggendo da ogni forma d'orgoglio, di superbia, o sopraffazione. È un'intelligenza che non serve a fare l'inventore, sviluppare teorie scientifiche o giocare meglio a scacchi, è adatta esclusivamente a relazionarsi al meglio coi nostri simili, quindi, è anche l'unica davvero significativa perché ci consente di vivere in serenità col prossimo. Sono solo i rapporti umani che possono darci quella felicità alla quale ognuno di noi aspira. Tutto considerato, stupidi e intelligenti, sono entrambi largamente in minoranza. È meglio così, meglio tendere a essere normali. Questo non è accontentarsi. Come diceva Lucio Dalla : l'impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale.

di più
editoriale di ALFAMA

Mi faccio la barba,per riempire il tempo.

Ero bambino,collezionavo tappi di bottiglia, tappi da tutto il mondo, li cercavo li pulivo e viaggiavo con loro.Viaggiavo nel mondo, nel tempo, immaginavo persone. Ero io e il mio piccolo mondo immaginario, quante storie, visi , riflessi su un ammaccato tappo

Io davanti allo specchio, è ancora Giovedì, tempo da riempire. Mi taglio, sangue, non lo immaginavo così rosso da un piccolo taglio. Mi fanno male le gambe, rigide. Da dove arriva questo sangue, i fianchi a pezzi.Devo riempire il Tempo, il mio Tempo

Mia Madre dalla finestra mi chiamava, le serrande si abbassavano. Il mio tesoro,lo ammiravo, lo contavo , quanti strani simboli, marchi, aspettavo i Grandi di ritorno da viaggi con le loro storie, assorbivo ogni parola, quei piccoli tappi erano libri di avventure. Un mappamondo di visi, bottiglie,lingue strane, risate, una via di fuga per un bambino perso in interminabili pomeriggi.

Una mattina sul terrazzino ammiravo il mio tesoro,quanti segreti. Storie, luoghi, si allontanavano,il bambino si allontanava. vidi un viso sporco di sangue davanti a uno specchio. Presi il mio tappo preferito e lo feci volare dal terrazzino. Era così lento il suo planare, un balletto. Lo fissai fino a perdersi in una pozzanghera in un vaso di fiori sporchi di fango

Uno dopo l'altro i miei tappi, anni passati, volarono per la strada, cadendo algidamente dimenticati. Non volevo farlo, ma l'impulso fu troppo forte, immaginavo i loro visi abbandonati,ma consapevoli che era quello il loro destino.

Il sangue ha smesso di colorarmi il viso davanti allo specchio.

Erano finiti i tappi, le loro storie erano volate via, la mia storia era volata via, buttata senza motivo per strada. Come tante, troppe mie storie.

Volevo iniziare o finire, ma ero solo un bambino che iniziava a buttarsi via senza motivo per strada.

Il dopobarba brucia, mi guardo allo specchio con tanta malinconia. Vorrei fermarmi ma non posso. Continuo a sentire le gambe rigide, dolore ai fianchi più forti. Ho buttato via anche l'ultimo tappo, il più insignificante, ma fu il più difficile da dimenticare.

Le prime foglie cadono e volano via.

E io con loro.

di più
editoriale di iside

Da piccolo, negli uggiosi pomeriggi autunnali, restavo per delle ore a guardare le gocce di pioggia scivolare lungo al vetro. Nella mia mente inventavo corse fra le gocce ne sceglievo una e la spronavo ad arrivare per prima in fondo al vetro, se la vedevo tardare ogni tanto picchiettavo la lastra in modo che altre gocce la appesantissero permettendogli di vincere. Alcune volte vincevo tante altre no. La Domenica mattina vedevo Fabio che, come tutti le mattine della Domenica, si allenava a tennis. La racchetta, la palla, suo padre e il muro. Suo padre lo spronava a migliorarsi, il muro non sbagliava mai una risposta, maledetto muro. Fabio era il figlio dei miei padroni di casa non l'ho mai visto una volta giocare con noi proletari nemmeno all'oratorio, lui restava confinato nel suo giardino mentre noi scoprivamo il mondo, lui aveva il suo muro e suo padre che lo spronava, forse desiderava avere un figlio "Panatta" o forse era il desiderio di Fabio. Di Fabio ho saputo sei mesi fa, chissà come gli andata la vita se si è sposato se ha lasciato figli e moglie...Chissà, io lo ricordo bambino, un bambino che non ha mai giocato con noi e la Domenica mattina il muro.

di più
editoriale di Pantarey3

Ciao a tutti e complimenti per lo splendido portale. Non so se sono nel posto giusto, ma io sto bene ovunque ci sia o si parladi musica. Scrivo perchè sto cercando di aiutare mia figlia STELLA che ha 12 anni e vuole fare la Cantante, la quale sta partecipando ad un Concorso importante , il "Tour Music Fest" , è arrivata 4 nella sua categoria (Junior Singer) e adesso si stanno tenendo delle votazioni on line per un ripescaggio. Ci date una mano votandola? non so più a chi chiedere.

Il link è http://contest.tourmusicfest.it poi si entra con Facebook , si sceglie Junior Singer e vota STELLA

Grazie a tutti.

di più
editoriale di luludia

La stronzaggine un tempo era più naif e selvaggia, ma, nondimeno, sempre stronzaggine era. Ai miei tempi la si viveva in strada e ci sbattevi la faccia praticamente ogni giorno.

Il mondo, pieno di bande sgarrupate e di piccoli eroi, pullulava anche di fottuti bastardi.

Gentaglia in preda a una stupida e parodistica idea di virilità e con tanta (ma proprio tanta) voglia di menar le mani.

Mai avuto problemi io, mai preso per il culo da nessuno, ma, insomma, ho visto cose. E nitido ho il ricordo di tutta una serie di gentiluomini.

Sbaraccani, ad esempio, uno che aveva la perniciosa abitudine di spingere la propria morosa addosso al malcapitato di turno per poi, in rapidissima sequenza, (UNO) berciare un “che cazzo fai, tocchi la mia morosa?” (DUE) far partire un terrificante pugno in piena faccia.

O “Danilo la merda e la sua banda di cerebrolesi”, che, si, detta così sembra il nome di un gruppo punk e invece era soltanto un gruppo di stronzi. Se ne andavano in giro di notte con un paio di gatti morti sul cofano della macchina cercando qualsiasi pretesto per sfogarsi. E quando dico qualsiasi intendo proprio qualsiasi.

Oppure gli amici di Ugo, che il povero Ugo se lo tenevano in gruppo solo per menarlo da mattina a sera, menarlo con calci nello stomaco intendo. Bastava un momento di noia, un ghiribizzo di qualcuno e partiva la scarica di botte. E il giorno dopo Ugo era di nuovo li

O Marcellino che quando doveva menare la morosa lo faceva sempre in pubblico di modo che tutti potessero godere dello spettacolo. E qui finisco, anche se di esempi ne avrei ancora tanti altri...

E comunque i suddetti gentiluomini ogni tanto mi capita ancora di incontrarli.

Hanno mogli, figli, lavori e fanno schifo esattamente come ieri. Solo che l'antica violenza si è trasformata in una specie di orrenda normalità di cui sono i più fieri rappresentanti.

Ma il mondo, un tempo, era anche un posto che offriva cose:gli interminabili giri in bicicletta, i pomeriggi pallonari, le chiacchierate con gli amici.

Poi c'era il favoloso Bar Arena, luogo dove tutto (dalle smargiassate alle bizzarrie, dal racconto piccante fino alle strampalate massime di vita) entrava direttamente nella leggenda.

Non so se sia la memoria a ingentilire i ricordi, un po' magari si, chi lo nega, Però credo anche che allora la vita fosse meno influenzata dalla gabbia di cose tutte uguali per persone più uguali ancora.

C'era insomma, a meno che non sia, il mio, un vaneggiamento d'anziano, un pochino più di spazio per l'autenticità.

Penso al Conte, venti caffè al giorno, mai un soldo in tasca e mai un'idea meno che assurda.

Penso a Bruno, ladro di mezza tacca (e gentiluomo dal cuore d'oro) morto in un incidente mentre lo inseguiva la polizia.

Oppure a quando, la domenica, un manipolo di desperados prendeva il pulman per seguire la Patrizia che andava al mare a mostrare le sue grazie.

Alla pazza che lavava la sua biancheria intima nell'acquasantiera.

Al ciclista filosofo che a tutti sussurrava “il mondo non esiste, ma la figa si”,

Al mio amico Vampiro, quello che camminava sui tetti della scuola e una volta si bendò la faccia tipo mummia che, insomma, “tutte quelle facce da cazzo come si permettono di guardarmi?”

E, tra l'altro, ciclista filosofo, Vampiro, più una gattara, più una specie di poeta abitavano tutti in una strada che si chiamava via Spaventa...

Gran bel nome via Spaventa...

Ecco perché Ian Dury...

Che Ian Dury (con quella faccia/con quelle parole/con quella voce) un posto così lo avrebbe saputo raccontare.

Che, per raccontarlo, non ci vogliono cantautorini pallidi dalla faccia pulita e nemmeno vocette querule, oh no, quel che serve è un eloquio pieno di pepe con corollario di faccia da schiaffi e rospi in gola.

Non serve la lingua del paradiso, anzi la lingua deve essere sgarbata...

E ci vuole una faccia da cazzo, lubrica, irriverente, claunesca...un occhio vivo guizzante, spermatico...

E comunque, nella mia memoria, il nostro Ian è legato a doppio filo a un mio vecchio compagno di scuola, uno della genia dei gentiluomini che ho elencato all'inizio.

Ma prima devo parlarvi di un altro personaggio straordinario...

Il professor Cosentino...

Il professor Cosentino non insegnava storia, non dava voti, faceva leggere Kafka al posto dei promessi sposi e con lui si ascoltava Gaber in classe.

Da spento era un tizio trasandato, dimesso, ma una volta acceso ecco che veniva fuori una faccia da cazzo, lubrica, irriverente, claunesca...un occhio vivo, guizzante, spermatico..

Il primo giorno, all'inizio, lo scambiai per un bidello. E' che se ne stava seduto dietro la cattedra con l'aria di chi davvero non c'entrava niente. Poi suonò la campanella...

“Sono il vostro professore di italiano e storia, anche se...”

Come sarebbe “anche se”?

“Anche se mi scoccia...”

Come sarebbe “mi scoccia”?

“Cioè mica mi scoccia essere con voi, mi scoccia essere un professore”

E sorrise...

Poi partì con un monologo, “io non insegno storia, perché non è possibile insegnarla in modo serio” “e Topolino non lo sopporto e Prevert diceva padre nostro che sei nei cieli, restaci”...

Ma ora beccatevi un bel un/due/tre...

(Uno) Il nostro eroe, con aria assai poco convinta, passeggia per l'aula leggendo “I Sepolcri”. “Basta, è troppo retorico”. Poi, per rendere più chiaro il concetto, chiude il libro e lo scaglia lontano....

(Due) Ingresso dell'istituto. Il preside sta aspettando il professor Cosentino che finalmente arriva. “Professore, siamo di nuovo in ritardo!!!” E il professore, di rimando: “Tutto ciò è irrilevante nella genesi storica”.

(Tre) Scrutinio di fine anno. “Professore, che voto diamo in condotta all'alunno X” “Dieci” “Ma come dieci!!!” “Ah, dieci non va bene, facciamo nove” “Nove e perché nove?” “Non va bene neanche nove, facciamo otto allora” “Ma come otto!!!” “Fate un po' come vi pare, io vado a bere un caffè”...

Ok, questo per quanto riguarda il prof...

In quella classe c'erano poi Lorenza e Luca...

Lorenza il mio sogno (e questo vi basti) e Luca una specie di paracarro.

Ecco, io e questo Luca, da paradigmi antropologici piuttosto diversi quali eravamo, non ci cagavamo pari. Però in due occasioni ci scontrammo...

La prima fu un giorno che insieme ai suoi due luogotenenti (tipi simili han sempre dei luogotenenti) stava martoriando un ragazzetto indifeso. Il giochino andava avanti da un po'...

“Ma perché cazzo non la smetti?”

“Se no?”

“Smettila e basta”

“Vuoi prenderle?”

“Voglio solo che la smetti”

Si stava mettendo male, poi, per fortuna, intervenne Lorenza che era insieme alle sue due luogotenenti (ragazze simili hanno sempre delle luogotenenti)...

“Dai Luca, ha ragione lui, non è divertente”

E finì li...

La seconda riguardò solo noi due. Non so come, ma noi che non parlavamo mai, ci ritrovammo a discutere di musica...

“Ti piace Renato Zero?”

“No.”

“Eh, figurati se a te piace una cosa che piace a tutti!!!”

“.....................................”

“Chi ti piace, allora?”

E io, che non potevo certo parlargli dei miei ascolti stravaganti, gli risposi:

“Mi piace quella canzoncina, quella che fa -e cominciai a canticchiare- Sex and drugs and rok''roll”

“Ma fa schifo!!!”

“Il fatto che ti faccia schifo è la prova che invece è davvero notevole”

E lo lasciai li...

Ecco, forse, in quell'occasione fui un pochino rigido io, non mi aveva parlato in tono di sfida, anzi e le sue parole sembravano quasi dettate da una specie di simpatia.

Però, che volete, lo detestavo...

Qualche giorno dopo il professor Cosentino, appena entrato in classe, se ne uscì con questa inaspettata affermazione “ma dico, non è fantastico l'ultimo di Renato Zero?”. Poi si mise a cantare il triangolo no...

“No prof, anche tu”...

Del resto nessuno è perfetto. E forse nessuno, ok facciamo quasi nessuno, fa totalmente schifo,

Infatti, dopo il siparietto del prof, Luca il paracarro cercò il mio sguardo e dopo averlo trovato sorrise. E non era un sorriso di vittoria, era una specie di alzata di spalle o, se preferite, di “che vuoi farci?”.

Così, anche se era una testa di cazzo, sorrisi anch'io...

Trallallà...

di più
editoriale di mrbluesky

Ascolto musica ma non sono un consumatore di musica,non la sento in cucina o sotto la doccia,raramente in macchina,ma dove proprio non la sopporto è nei luoghi di lavoro.
Da molti anni ormai la musica è praticamente ovunque,negozi,stazioni di servizio,alberghi,persino ospedali,e di che musica stiamo parlando poi! Quasi provo pietà per quei poveri dipendenti costretti a subire,oltre alle condizioni lavorative di oggi,anche ore ed ore di supplizio sonoro. La peggiore poi è nei centri commerciali,altissima,sembra che la compongano a loro uso e consumo perche io fuori da lì non l'ho mai sentita.
Una volta sì c'era la filodiffusione,rilassante,discreta,ma sopratutto il silenzio e anche d'estate,che è la stagione delle canzonette per eccellenza,se taceva il juke box si sentivano solo i vecchi che bestemmiavano giocando a carte.
La musica me la voglio godere,quando ne ho voglia;ma perchè cazzo devo sentirmi Ligabue mentre lavoro o compero i pomodori,e magari cenare in albergo con Fausto Papetti ? mi fa schifo Fausto Papetti!
Oggi in fila alla cassa mi son dovuto sciroppare quella vecchia ciabatta della Amoroso: "Perchè mi da fastidioo"
Ma l'anima de chitammuort,e sapessi a me..

di più
editoriale di De...Marga...

Vivo in mezzo alle montagne e la mia è una zona di caccia; ho sempre avuto un rapporto neutrale con l'attività venatoria (senza per favore tirare in ballo la parola "sport"). Diciamo che non sono mai stato favorevole, ma nemmeno contrario; fino a ieri perchè ho dovuto schierarmi da una parte. Credo sia facile intuire quale sia stata la mia scelta; ma procediamo con ordine.

Approfittando di una tregua delle pessime condizioni meteo decido di fare una bella camminata; mi basta uscire di casa ed incontro subito il sentiero che sale verso il Lusentino (vi ho già parlato di questo luogo in una mia recensione di un disco dei Fishbone). Procedo ancora con la salita, visto la temperatura accettabile, ed in circa due ore raggiungo l'Alpe Torcelli, quota 1440 metri, dove pesto la prima neve di stagione. Solite visioni paradisiache, nel frastornante silenzio di questi luoghi che hanno un potere speciale su di me da sempre.

Nel ridiscendere verso casa avviene il fattaccio; giunto dei presi della borgata di Vallesone, più o meno nel luogo indicato nella foto che allego, sento il latrato di alcuni cani che mi annunciano la presenza in zona di qualche cacciatore. Prendo la decisione di abbandonare il bosco ed il sentiero per la comoda strada asfaltata dove mi reputo più al sicuro e molto più visibile all'occhio umano. Nemmeno il tempo di compiere dieci passi ed è il finimondo: appena sopra di me, nascosti dalla boscaglia, i latrati dei cani si fanno ancora più "bavosi" mentre rozze urla, oscene e primitive, incitano l'amico dell'uomo a cercare, a stanare la presunta preda. Uno, due, tre, quattro spari riecheggiano poche decine di metri sopra di me; poi di colpo un silenzio mortale...

Non so come sia andata la battuta, non so che animale hanno messo sotto tiro; posso solo dirvi che mi è venuta voglia di correre cercando al più presto di allontanarmi da quel luogo barbaro, che odora di morte. Con la paura da un momento all'altro di imbattermi nella disperata fuga di qualche animale ferito; e visto che le mie montagne abbondano di cinghiali vi assicuro che tale esperienza non è raccomandabile. Quando mi reputo fuori tiro rallento la corsa, rifiato pensando a quanto accaduto: non mi era mai capitato di essere così vicino, presente, quasi partecipe alla fine di un animale selvatico. E non è stata una bella esperienza.

Tutto questo a poche centinaia di metri da case e dalla umana civiltà.

O forse le parole adatte per chiudere qui potrebbero essere umana inciviltà.

Ad Maiora.

di più
editoriale di Pinhead

21 agosto, si inizia a registrare.

C'è da arrivare al Media Sound, pieno centro città, nell'ora di punta il traffico è insostenibile e neppure spostarsi in metropolitana aiuta.

L'unica è fare una levataccia di prima mattina e mettersi in strada prima dell'alba, ma questo è l'ultimo dei problemi.

«Vanno sempre a letto presto e si svegliano di buon mattino». (Linda Stein)

Il peggio è andare tutti e quattro in macchina, la stessa macchina.

«Sono molto introversi. Stanno quasi sempre tutti zitti a guardare fuori dal finestrino, anche se di tanto in tanto c'è chi dice qualcosa». (Danny Fields)

Nello studio, in attesa, sempre loro, Ed Stasium e Tony Bongiovi.

Il Media Sound però è più grande del Soundragon.

«Gli spazi sono più ampi. Li sfruttiamo per i cori: utilizziamo maggiormente i cori, un sacco di “ooh” in più. È un'esperienza più ricercata e più sperimentale». (Ed Stasium)

Accade l'inverosimile.

«In Why Is It Always This Way Johnny suona la chitarra senza distorsione, un po' alla Steve Miller». (Ed Stasium)

Perfino gli assolo.

«Quello in Here Today, Gone Tomorrow è rivoluzionario quanto il primo assolo mai sentito, perché l'ascoltatore non se ne aspetta uno, è colto completamente di sorpresa». (Tom Carson)

Mancano solo gli upstroke, ma i fans non sono pronti a tanto.

E poi Tony Bongiovi, appena termina la sessione di registrazione, afferra i nastri e si precipita al Power Station per il missaggio.

«Usiamo la tromba delle scale a mo' di camera dell'eco». (Ed Stasium)

«Trasgrediamo tutte le regole dettate dalla scienza della registrazione, il mixer è messo a durissima prova». (Tony Bongiovi)

Va avanti così per 75 giorni, fin quando il mixer non alza bandiera bianca.

Però la missione è compiuta, il 4 novembre 1977 l'album è sugli scaffali dei negozi, è il primo disco pubblicato dalla Sire e distribuito in accordo con la Warner Bros: gli spazi sono invasi dai cartelloni che riproducono la copertina dell'album e la foto del gruppo a grandezza naturale.

La foto l'ha scattata Danny Fields e ricorda tanto quella scattata da Roberta Bayley per l'album di esordio: Roberta Bayley la rivedo sempre davanti agli occhi, colpita da una poltroncina divelta e lanciata verso il palco durante il concerto del 31 dicembre 1977 al Rainbow Theatre a Londra.

Ecco cosa succede ad accompagnarsi ai teppisti.

«Sono le persone più educate che potessi incontrare. Trovo buffo che ci siano persone a cui incutono paura: gente che mi chiede come faccia ad andare in tour con loro». (Linda Stein)

Qualcuno, quell'album, lo prende dallo scaffale, ne paga il prezzo per portarselo a casa, lo mette sul giradischi, ascolta e spara il suo giudizio, quale che sia.

«I Ramones dopo aver dimostrato fino a che punto si potesse sfrondare il rock'n'roll senza snaturarlo, ora esplorano la possibilità di reinserire in quella formula elementi che non alterino l'essenza della loro musica. Attenzione però: si tratta giusto di un po' di melodie e di linee vocali piuttosto scontate». (Robert Christgau)

«È l'album più riuscito dei Ramones e questo la dice lunga, perché mi arrischio a dire che nessuno dei nuovi gruppi pseudo rock merita di incidere più di un lp, e scommetto che, nel giro di due anni, la maggior parte sarà morta e sepolta; i Ramones invece hanno già fatto tre album validissimi e se non la smetto subito dovrò versare acqua ghiacciata sulla mia macchina da scrivere». (Billy Altman)

Per me, puramente e semplicemente, l'essenza autentica del rock'n'roll, come mai l'ho percepita.

E per chiudere la storia, ecco le parole di Johnny: «Non ci siamo giocati le nostre 14 composizioni migliori sul primo album, per poi ripresentarci con un secondo 33 giri meno riuscito: è quello che accade sempre alle band.

E non abbiamo apportato nessun cambiamento. Sembra sempre che un gruppo debba rinnovarsi, ma a parte i Beatles tutti gli altri complessi ogni volta sono peggiorati nel tentativo di provare nuove strade. Di solito le band che provano a cambiare non migliorano: anzi, succede il contrario perché perdono interesse per quello che fanno, oppure dimenticano il motivo per cui hanno iniziato. Diventano pretenziose. Noi abbiamo sempre cercato di stare attenti ai gusti dei fans, a cosa avrebbero potuto gradire o detestare. Non ascoltavamo chi ci stava intorno, perché dicevano un sacco di stronzate; affermavano che facevi cose fantastiche quando magari era tutto il contrario. Ho capito perché Elvis ha fatto tutte quelle cazzate, si è messo addosso tutti quei completi orribili e ha recitato in quei film idioti: avrebbe dovuto puntare i piedi e fregarsene della gente che gli leccava il culo».

di più
editoriale di zaireeka

Il mio colore preferito è il verde.

Lo è sempre stato, da che io ricordi.

Ricordo che da bambino mia madre un giorno comprò un lenzuolo copriletto, verde, per il letto matrimoniale.

Appena lo stese, entusiasta, mi sdraiai sul letto e mi rotolai sopra, in preda a un piacere fisico, quasi panico.

Incomprensibile ed esagerato forse, ma la sensazione tattile, oltre che visiva, del fresco, di quel verde del lenzuolo, ancora lo ricordo dopo ben più di quarant’anni.

Lo stesso era con i pastelli, amavo in particolare quello verde, e con una macchinina, quella verde acido.

Da quando sono un po' cresciuto, fino al giorno d'oggi, mi sono innamorato spesso di copertine di album musicali verdi, di tutti i tipi, di tutti i generi, di canzoni sugli occhi verdi, e purtroppo ultimamente non disdegno album i cui titoli hanno a che fare con il verde (già qualcuno mi ha criticato a riguardo …).

Alcuni scienziati/filosofi, Daniel Dennett in primis, sostengono con grande convinzione che i colori, come tutti i qualia del resto, non esistono.

Quello che noi percepiamo come un colore nel mondo esterno e’ solo l’eco interiore della reazione primigenia, della nostra risposta emotiva, al contatto, la prima volta, con una proprietà ineffabile del mondo esterno con cui non avevamo mai avuto a che fare.

Per me forse poteva essere qualche strana proprietà comune a un prato, o un albero, che io ora, a partire dal momento in cui mi hanno suggerito il nome, chiamo verde.

Da circa un mese in casa mia e’ arrivato un nuovo abitante, un parrocchetto Monaco, verde.

Mia moglie e mia figlia lo chiamano Locky, non so se in onore del filosofo.

Io lo chiamo pistacchio: il gusto di gelato preferito da mio padre, dal colore verde.

Mi sono documentato sul parrocchetto Monaco.

Secondo certe fonti la vita media va da 25 a 30 anni, ma può anche arrivare a 45.

Ogni mattino mi alzo, mi lavo, e poi, cercando di fare in silenzio, vado in cucina dove ha passato la notte all’interno della sua gabbia.

E penso: “Buon mattino parrocchetto”, un po’ come il mio amico Mark con il ragno.

Mi fa paura pensare che mi potrebbe anche sopravvivere.

Mi sembra di aver fatto entrare in casa mia qualcosa forse destinato, in maniera assolutamente inaspettata e non voluta, a diventare un pezzo troppo grande della mia vita, anzi, qualcosa (o qualcuno?) che farà sì che diventi io nient’altro che un pezzo della sua, di vita.

Se dovesse succedere, voglio che il giorno del mio funerale venga a salutarmi per l’ultima volta.

E mi sussurri in un orecchio (a breve potremo iniziare ad insegnargli qualche parola, poi andrà avanti da solo..) perché proprio il verde, casualmente il colore del suo manto, è il mio colore preferito.

Cosa provai quella prima volta.

Dove ero, con chi ero.

Cosa avevo visto.

E poi ce ne voliamo via per sempre, lui da una parte sbattendo le sue ali verdi, io da un'altra.

Forse.

di più
editoriale di Bearry

E' da poche minuti che il calendario segna il 1° novembre (2018), e da oggi finalmente la mia vita cambia, pur sfuggendo da sempre schemi e classificazioni, da qualche ora, una volta che ho salutato quel posto frequentato per anni, ora mi sento veramente un uomo libero.

Prima che fosse troppo tardi, da mezzanotte per me tutto sarà con la lievità di ogni domenica, o meglio come quella dei giorni di festa.

Da oggi potrò affaccendarmi solo in questioni a me gradite, riguardanti le mie cose, la mia famiglia, il mio cane, la mia musica, sino a quando Dio vorrà, e se lo voglio potrò anche annoiarmi come e quando voglio.

Da oggi, senza alcuna nostalgia, la mia vita sarà migliore, dimentico di quella precedente ormai sempre più distante, dove molti vivono intrappolati in meccanismi che non condivido più da tempo, detto da uno che ha iniziato in tempi lontani, cioè nel ’73.

Da oggi vivo quello che sino a ieri pareva impossibile, perché da oggi sono finalmente in pensione.

Ed ora, simpaticamente… tièèèè (gesto dell’ombrello).

Ciao. Bearry

di più
editoriale di splinter

Da diversi anni il tema della stabilità economica delle famiglie è al centro del dibattito televisivo e politico così come quello della sicurezza contro furti, rapine, stupri, violenze e più recentemente attentati. Tutto questo mi stimola riflessioni e paragoni con il mondo animale. Alcuni sembrano evidenziare quanto siamo fortunati noi rispetto a certi animali e altri al contrario sembrano farci imprecare per quanto invece sono fortunati altri tipi di animali rispetto a noi.

Prima casistica: ci lamentiamo del fatto che non abbiamo un lavoro fisso o abbiamo paura di perderlo, così come di vedere i nostri soldi in banca svalutati e il potere d’acquisto diminuito; pensiamo invece agli animali predatori nella savana: non hanno un lavoro fisso, non hanno uno stipendio né un conto in banca, non sanno mai se arriveranno a fine giornata, altro che a fine mese, ma mentre per noi è segno di povertà e riguarda una piccola fascia della popolazione per loro invece è assoluta normalità e riguarda tutti; mentre da noi c’è qualcuno che è costretto a rubare per mangiare invece loro sono tutti costretti addirittura ad ammazzare, e non è nemmeno detto che ci riescano dato che non hanno nemmeno le armi da caccia avanzate che abbiamo noi.

Andiamo invece dalla parte delle prede: ci lamentiamo sempre del rischio attentati, della sicurezza nelle strade, dei furti negli appartamenti e degli scippi nei mezzi pubblici, cose che capitano ogni tanto, perché ogni tanto può capitare quello con la rotella fuori posto; il mondo delle prede invece è sempre sotto attacco, è come se vivesse sotto le bombe, in un paese con una guerra in atto dove i guerrieri, i delinquenti e i terroristi sono i predatori, le povere prede non sanno come e dove rifugiarsi e se vivranno attimi di pace; tutto con la differenza che qui non c’è di mezzo nessuna motivazione economica, politica, religiosa o di odio razziale, solo una questione di sopravvivenza.

In poche parole siamo fortunati a nascere uomini ma non ce ne accorgiamo; forse anche perché è più facile notare un’altra categoria animale a noi molto più vicina e a cui noi molto spesso contribuiamo al meccanismo di comoda vita: gli animali da appartamento. Cani, gatti, conigli, criceti, canarini, senza fare un benemerito cazzo, senza lavorare, senza studiare, senza sbattersi hanno fissa dimora, cibo e acqua e non pagano né vitto né alloggio, né spese condominiali né rate del mutuo né tassa rifiuti, hanno tutto gratis; potremmo dire che campano in eterno con il reddito di cittadinanza, con la differenza che per loro questo reddito è assolutamente incondizionato, non sono costretti né a partecipare a corsi di formazione professionale né alla ricerca attiva del lavoro, nemmeno ad accettare offerte di lavoro perché questi il sussidio non lo perderanno mai.

Quindi il quesito di fondo è: siamo nati fortunati o sfortunati? Bella domanda, davvero!

di più