editoriale di ygmarchi2

Ciao,

sto per rifilarti il mio secondo editoriale barboso. Due su due. Senza considerare che non c'è due senza tre... uomo avvisato!

Vabbè... in realtà volevo condividere una cosuccia un po' tecnica ma che io trovo interessante. Interessante perché ho sempre trovato arbitrario il fatto che le note fossero 7 che con i cinque semitoni fa 12. Dici, e a me che cazzo me me frega. A me basta che la musica mi piaccia, che mi emozioni, che siano 12 note o 17 poco importa. Beh, non posso darti torto, la tua lettura può finire qua, grazie per la pazienza.

Stai ancora leggendo? Ah, allora un po' ci si assomiglia, sempre lì con le questioni di principio e la necessità di poche idee, ma buone.

Senza contare che se hai preso in mano uno strumento e non sei dotato di un intuito musicale mostruoso, avrai cercato di mettere un po' di ordine in questa faccenda dei toni e semitoni, delle quarte, delle quinte e delle seste, dei diesis e dei bemolli.

Veniamo al dunque. Intanto per cominciare va chiarito che una caratteristica del suono è la lunghezza d'onda. Noi non le vediamo le onde sonore, ma se potessimo vederle la lunghezza d'onda sarebbe la distanza tra due creste come per le onde del mare. Siccome un'onda acustica è data da zone di rarefazione e compressione dell'aria che si alternano, la lunghezza d'onda in questo caso è data dalla distanza tra due punti di massima rarefazione (o massima compressione).

Così ad esempio la lunghezza d'onda del la seconda corda della chitarra è 3 metri e 94 millimetri.

Un concetto collegato alla lunghezza d'onda è quello di frequenza. Se sto fermo un posto attraversato da una nota, quanti cicli di rarefazione/compressione dell'aria avvengono in un secondo? Questa è appunto la frequenza e nel caso ad esempio del la seconda corda della chitarra in un secondo avvengono 110 cicli (Hertz).

Per inciso, moltiplicando frequenza e lunghezza d'onda si ottiene (la cosa è quasi intuitiva) la velocità di propagazione del suono: 3,094 x 110 = 340 metri al secondo, ovvero 1225 km all'ora.

In realtà la corda di una chitarra non produce una nota pura, bensì produce un suono che è dato dalla sovrapposizione della nota fondamentale più tutte le note di frequenza multipla della nota fondamentale, ovvero le note corrispondenti di tutte le ottave successive. Quindi se suono il la seconda corda della chitarra non produco solo il la fondamentale di 110 Hz, ma sovrapposti a questo, con intensità decrescente, produco anche tutti i la delle ottave successive, 220 Hz, 440 Hz (quest'ultimo è il la di riferimento 'ufficiale' per accordare gli strumenti), ecc...

Ora se uno suona due note pure, cosa che per quanto detto non si può fare con la chitarra né con alcuno strumento acustico (si può fare invece con un sintetizzatore di suoni) la cosa che balza all'occhio, pardon, all'orecchio, è che si ha un senso di stonatura quando le note sono molto vicine ma, man mano che le frequenze si allontanano, il senso di consonanza cresce rapidamente e costantemente.

Quindi, a livello di note pure, non emerge nessun motivo particolare per adottare una scala di 12 note. Al contrario, qualunque suddivisione dell'ottava che lasci le note un minimo spaziate sembra ugualmente valida.

Tuttavia, se suoniamo due note di uno strumento acustico, non stiamo realmente facendo suonare insieme due note, bensì stiamo facendo suonare insieme l'infinità di ottave sopra la fondamentale della prima nota con l'infinità di ottave sopra la fondamentale della seconda nota.

In questo caso emerge un quadro molto interessante perché si riscontra che la concordanza tra le due note ha un andamento completamente diverso e molto più articolato (vedi immagine sopra). Sostanzialmente si (ri)trova che si ha un primo picco di consonanza in corrispondenza della terza minore (per esempio suonando il la e il do successivo) e un secondo picco di consonanza in corrispondenza della terza maggiore (per esempio suonando il la con il do diesis successivo).

Ora l'intervallo tra la terza minore e la terza maggiore è appunto un semitono. E se si desidera dividere l'ottava in intervalli uguali come questo si ottengono 12 note. Appare evidente quindi che l'intervallo di semitono e la suddivisione dell'ottava in 12 note non è arbitraria e casuale ma è legata alle caratteristiche fisiche (in particolare acustiche) degli strumenti musicali.

Bah, sarò di poche pretese, ma la mia curiosità si dichiara soddisfatta, non so la vostra.

http://sethares.engr.wisc.edu/consemi.html

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editoriale di sfascia carrozze

Mi permetto una pantagruelica riflessione|enoisselfir.

Meglio: una semplice constatazione derivante da quel che si è udito in fatto di sc(i)elte DeAscoltative preferite dal pubblico di DeBaser relative all'ultimo mese solare di marzopazzerello nella puntata di ieri de La Musica DeDentro su RadioTandem*.

Al netto della telefonata fantasma della nostra Undertaker Salentina amante di Chillavisto e del magniloquente Sampol d'antan del papà dell'avvocato Claudia Buongiorno
alle prese coi Pesci Morti, è del tutto evidente che l'anzianità, l'arcaicità o forse più semplicemente l'arte dell'esercizio della memoria l'ha fatta da padrone [o padrona].

E questo non è necessariamente un male.
Anzi.

In un paese in cui la memoria viene esercitata decisamente poco e male (o quando conviene: nella migliore tradizione italica) siam tutti orgoglionissimi che così sia.

Epperò scorrendo i brani che son stati snocciolati sia dai Trve DeBasers che quelli in contrapposizione dal diggei di turno si nota che il più "nuovo" tra quelli proposti risale, nella migliore delle ipotesi, al secolo scorso.

- Nicola Drago, si sà, è andato al creatore nei primi anni settanta.
- Il pezzo dei Bistibois è degli anni ottanta e loro non esistono più così come metà degli Slayer che lì imprestavano il chitarrista.
- Così come quello degli anemici Smith's: anche loro non esistono più da tre decadi.
- Per non dire del meravigliosamente (pallosissimo) brano dei FluidoRosa le cui prime versioni rupestri risalgono al Pleistocene.
- Il più moderno del lotto è sembrato qeullo propugnato dal CaneLunare: d'altronde lui era un sostenitore di Vichi Il Vichingo fin dal 1969. Quindi ci stà.

E' vero che più un brano è datato, più ha avuto modo e (appunto) tempo di farsi scoprire ed eventualmente amare. O detestare.

Vada per i due amabili bifolchi che ci consentono tutto qvesto e che si divertono à prenderci per i fondelli tramite l'etere e l'internette, che sono entrambi mezzosecolati certificati, però i DeAscolti non li determinano (mica) loro: data anche la facoltà di saltare appieppari (di frasca in palo) per giungere dove gli pare.

Ora io non lo so cosa possa pantagruelicamente significare tutto qvesto.

Che forse la musica aveva già detto tutto quel che poteva molto prima dell'avvento del secondo millennio e che quindi è sostanzialmente inutile cercare più avanti.
O che siam pigri.
O banalmente nostalgici.

(forse) DeBaser - e di conseguenza la sua estensione radiofonica LaMusica DeDentro - davvero non è un DeSito per giovani.
O forse è sì un sito anche per giovani, ma sostanzialmente di giovani (molto) vecchi dentro.

O forse di incartapecorite cariatidi che si sentono (ancora) giovani DeDentro.

* chiaramente chi non l'ha udito per guardarsi Chillavvisto, verrà bannato entro la (imminente) DeMezzanotte

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editoriale di heartshapedbox

Il mio professore prima della discussione di ogni tesi mi ha sempre consigliato di bere un “grappino”. E inizia a farmi la disamina scientifica degli effetti dell’alcool sul cervello e dei fantomatici “benefici” sui muscoli e sull’emotività. Io in realtà l’alcool non lo reggo proprio, mi basta un cocktail squilibrato e non troppo annacquato per ridere ininterrottamente e straparlare. Ma la cosa peggiore è quella sgradevolissima nausea post sbornia, che mi fa sentire una vera stupida.

Me l’ha consigliato anche adesso che mi preparo a discutere la tesi di specializzazione. Stavolta ho pensato a Karen Dalton. Mi sono chiesta se mai qualcuno le avesse dato lo stesso scellerato consiglio da mettere in pratica prima di esibirsi davanti al pubblico.

Karen Dalton nasce a Enid, una piccola cittadina dell’Oklahoma, il 19 luglio 1937, un giorno e molti anni prima di me. Polistrumentista autodidatta fin da piccola, viene definita “la Billie Holiday del folk”. Non amava per nulla esibirsi dal vivo, sicuramente per le sue proverbiali timidezza e insicurezza, ma anche per una sorta di moto ribelle verso tutto ciò che a suo parere fosse commerciale. Donna testarda, forte ma allo stesso tempo molto insicura, perfezionista maniacale tanto da costringere la sua band a lunghe ed estenuanti sessioni di prove per poi non presentarsi nel momento in cui dovevano esibirsi. Non le piaceva essere messa sotto pressione e si prendeva il tutto suo tempo per fare le cose ”perfette”: si racconta che una volta abbia addirittura perso un ingaggio perché ci mise troppo ad accordare la sua dodici corde. Amatissima da Bob Dylan, Dino Valenti, Fred Neil, i quali hanno avuto il privilegio di suonare con lei ma soprattutto di essergli amici. In vita, pubblica soltanto 2 album che non ebbero alcun successo.

Perennemente insoddisfatta e inquieta, vagabonda per tutta la sua breve esistenza in cerca del suo “place to be”, non soltanto come luogo fisico ma soprattutto interiore, come cantava in quella che sembra essere a tutti gli effetti la sua canzone manifesto/testamento:

..“If I was where I would be

Then I'd be where I am not

Here I am where I must be

Where I would be, I can not”..

(Katie Cruel, dall’album In My Own Time)

La produzione artistica di Karen può sembrare poco prolifera, ma in realtà nella sua vita ha scritto tanto. Teneva interi taccuini e diari in cui si appuntava meticolosamente informazioni sulla storia del folk, la sua cultura, poesie, testi di canzoni e racconti del suo doloroso vissuto. Parte di questi testi inediti sono poi confluiti in un album tributo pubblicato nel 2015, “Remembering Mountains: Unheard Songs by Karen Dalton”, interpretati dalle ragazze che amo. Per carità loro sono brave, sono le nuove leve del folk americano degli anni 2000 e io le adoro. Ma non hanno niente di Karen purtroppo, e per fortuna loro. Non hanno la sua inquietudine, la sua emotività.

La dipendenza dall’alcool e l’eroina la accompagnò per tutta la vita, fino a quando Karen muore a 56 anni nel 1993. Chi dice sia morta per l’AIDS contratta negli anni ’80 per l'uso dell'eroina, chi per indigenza. Comunque questo non conta, Karen forse non è stata mai viva. Era uno spirito ineffabile, impalpabile. Non era fatta di carne, ma di un’anima immensa e lacerata.

Cara Karen, quello che in realtà ci frega è che spesso confondiamo la perfezione con l’eccellenza. E mentre testarde perfezioniste emotive quali siamo ci logoriamo tentando con determinazione di raggiungere la prima, che poi forse manco esiste, non ci accorgiamo invece che siamo già arrivate alla seconda.

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editoriale di puntiniCAZpuntini

Se come me foste costretti a sentire parlare un sacco di ignoranti (non nel senso di offesa, lo sono proprio e chiusa lì), sapreste per certo una cosa: Mudapphakkin Vlad va veramente, ma veramente di Moda.

Orde di coglionazzi che non hanno nemmeno idea di cosa faccia chi sia e perchè - oltre a non avere la minima idea delle dimensioni ABNORMI della Russia e dello squilibro ABNORME fra Mosca/Pietroburgo e il resto - lo inneggiano a uomo salvatore dei Mondi. Addirittura ho sentito uno prima dire che gli USA stanno distruggendo la Syria, e poi un bel "Putin sì che si fa i fatti suoi senza rompere le balle a nessuno" [ img search = silenzio e sgomento in sala.bmp_fatta_male]

Foto fatte su Paint accreditano a Putin gesti incredibili e stupendi, o anche schifosi e malvagi ma comunque "a favore del suo popolo". Praticamente ormai in Italia non sei coglione se non ti piace Putin perchè boh, te l'hanno detto che è uno in gamba.

Il senso di questo editoriale è: no così, ve lo volevo dire. Magari sono io che non so che magari è davvero uno in gambissima che si fa i fatti propri senza sconfinare mai.

PS
La foto ritrare delle belle ragazze su una montagna di Letame. Non so, sembrava ok.

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editoriale di Falloppio

Ci sono persone che perdono la testa tutta la vita per una Band, per un disco, per un autore. Come fate? Io non ce la faccio. Ho un problema, sicuramente. Ho sempre preso delle sbandate incredibili per musica completamente diversa. Ho passato 6 mesi (in età avanzata) ad ascoltare solo Ramones. Era il periodo delle cassette. Ascoltavo e riascoltavo, senza capire bene i testi. Ho ascoltato La Sposa Occidentale di Battisti per un mese intero per imparare i testi, che anche in questo caso non capivo bene(!). Con l’amico fraterno Strega, tutta la discografia di Sergio Caputo perché aveva dei testi che capivo molto bene (?). Con Macho, mio primo chitarrista, Black Metal dei Venom perché era un burdel spaziale. Poi 2 dischi dei Duran Duran e degli Spandau Ballet, perché consideravo spaziali solo le ragazze e mi mancava l’argomento per l’approccio. I Rockets, fino ad Atomic, perché loro erano spaziali veramente. Adesso, mi perdo completamente nel Blues di Chicago perché è accessibile. E nello stesso tempo mi sparo Fragile degli Yes perché è inaccessibile. Oppure vivo una giornata intera con i Beatles per risollevarmi l’animo. Poi inciampo su Claudio Lolli, perché lo considero una malinconia sana. Metto Blizzard of Ozz in repeat, perché proprio sano sano, Ozzy non lo è mai stato. Scopro Paolo Benvegnù e più lo ascolto più mi fa pensare. I Manowar che non mi fanno pensare a niente. I CCCP con cui condividevo il pensiero. Gary Moore che penso sempre.

Sono confuso. Voi, invece, come fate. Ditemelo……

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editoriale di luludia

Ieri parlavo con un vecchio gentiluomo di campagna...ed ecco, in estrema sintesi, quello che mi ha detto.................

"Se Gromyko amava i polacchi, se John Wayne amava i bambini, io, io amo il rumore.

Trattasi di vizio contratto in gioventù e oramai coltivato di nascosto.

Voi giovanotti però smettetela. Si, smettetela di ascoltare il rock. Davvero non avete niente di più originale da fare? Tipo, che so, riordinare la vostra stanza o fare i compiti?

Ma andrebbe bene qualsiasi idea del cazzo a patto che sia davvero vostra. Non ce l'avete? Me lo immaginavo...ed è precisamente questo il motivo per cui vi conviene fare i compiti...

Se poi siete di quelli che addirittura formano una band, apriti cielo. Che quando mettete mano al chitarrone non siete che l'equivalente di un pittore della domenica

Vi ricordo, inoltre, che “chi tollera i rumori è già un cadavere”. Sempre, beninteso, che il rumore non sia prodotto da menti sopraffine, oppure da vandali, vandali veri. Ma dubito che voi apparteniate a una di queste categorie.

Imparate piuttosto il senso del tempo. Fare rumore oggi equivale al non averlo fatto quando andava fatto.

Ah, non c'è niente di peggio che far baccano fuori luogo"..........................

Avrei voluto, ovviamente , replicare...ma mentre stavo per farlo, mi sono ricordato che, effettivamente il rock è morto quarant'anni fa...

Non per la prima volta, certo...ma, come tutti sanno, se si insiste a morire, si muore davvero...

Quindi non ho detto niente...

E comunque il gentiluomo mi ha dato anche un altro consiglio, ascoltate...

"Se proprio volete cascare nel sociale, scegliete un'idea senza tempo, un'idea inattaccabile.

L'unica cosa possibile è essere contro le catene, visibili e invisibili.

Per quelle invisibili, non so,magari cercate qualcuno che somigli a uno sciamano oppure una personale forma di misticismo.

Io ad esempio faccio l'uncinetto.

Ma consigliabili sono anche la cura di un giardino, la costruzione di un erbario, l'estremo libertinaggio...

E, se siete tradizionalisti, Dio....

Per quelle visibili invece, beh, c'è solo l'anarchia. Filosofi e economisti continueranno a spalar merda, ma l'anarchia è semplice, essenziale e pura come un giglio...

Come dite? Il comunismo anarchico? Beh, per quello bisogna attendere ancora qualche millennio.

In ogni caso: né comandare, né essere comandato".................................................

Come dargli torto?

Di mio aggiungo solo: siate gentili con le ragazze...

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editoriale di mrbluesky

Oggi ho sbagliato giorno,ci credereste?

sono andato in un posto nel giorno sbagliato.

Sarà che la notte faccio sogni strani

o che lascio la tapparella aperta per svegliarmi all'alba

perche dopo una certa ora non riesco piu a fare le cose.

Ora succede che ieri,mentre mi apprestavo a percorrere una decina di metri (scarsi) in contromano

ti incontro nell'ordine una pattuglia dei vigili ed una dei carabinieri.

Come la chiamate? sfiga? un segno della presenza di Dio? legge di Murphy?

o sono forse partito dal paese vicino nel momento esatto ed alla velocità giusta per essere multato dopo quattro chilometri?

Così recitando il rosario mi sono percorso tutto il viale per girare alla rotonda.

A volte mi succede anche con le persone,ma non con tutte

da un paio di anni infatti ne sto cercando una

vorrei incontrarla per riaprire un certo discorso ma non la trovo

nemmeno dove abita,nemmeno su internet

Dice,"ci sono tutti su internet"!

lei no,è come se fosse scomparsa

o forse sto scomparendo io

a forza di prendere le distanze dal mondo sparirò come Marty Mc Fly dalla fotografia

è gia successo sapete

"Pronto"?

"Si ciao sono io..il Mr..."

e siamo solo al principio.

MrB

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editoriale di Stanlio

Zen and the Art of Motorcycle Maintenance

“Vivere soltanto in funzione di una meta futura è sciocco.

È sui fianchi delle montagne,

e non sulla cima,

che si sviluppa la vita.”

(R.M.P. r.i.p.)

Grazie a Kloo e al “totomorto”, apprendo ora a malincuore della dipartita di Robert Maynard Pirsig di cui lessi i suoi due libri, prima "Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta", poichè il titolo mi affascinava e poi "Lila: un'indagine sulla morale", per continuare il viaggio iniziato/iniziatico (mai terminato "il viaggio" i libri invece sì ma a distanza di anni e droghe ricordo ben poco o nulla se non che c'è un figlio che accompagna il padre in quel peregrinare attorno a delle situazioni particolari e niente... amnesia totale!).

Per quel poco che ne so (molto ma molto poco) R.M.P. non ha avuto molta fortuna nella vita ehm, wiki ci fa sapere che:

“... fu un bambino precoce, con un quoziente d'intelligenza, all'età di 9 anni, pari a 170. Questo fatto assieme alla balbuzie gli creò difficoltà a scuola...”

Adesso io non so se 170 sia un valore elevato o meno ma leggo che:

”I test del QI assumono varie forme: alcuni ad esempio utilizzano un solo tipo di elementi o domande, mentre altri sono divisi in più parti. La maggior parte di essi dà un punteggio totale e uno relativo alle singole parti del test.

Tipicamente un test del QI richiede di risolvere sotto supervisione un certo numero di problemi in un tempo prestabilito. La maggior parte dei test è costituito da domande di vario argomento, come memoria a breve termine, conoscenza lessicale, visualizzazione spaziale e velocità di percezione. Alcuni hanno un tempo limite totale, altri ne hanno uno per ogni gruppo di problemi, e ve ne sono alcuni senza limiti di tempo e senza supervisione, adatti a misurare valori di QI elevati.

La terza edizione della WAIS, (WAIS-III del 1997), consiste di 14 gruppi di problemi: 7 verbali (Informazione, Comprensione, Ragionamento aritmetico, Analogie, Vocabolario, Memoria di cifre e Ordinamento di numeri e lettere) e 7 di abilità (Codificazione di cifre e simboli, Completamento di immagini, Block Design, Matrici di Raven, Riordinamento di storie figurate, Ricerca di simboli e Assemblaggio di oggetti).

Nel 2008 è uscita la WAIS-IV, quarta edizione del test.[…]

[…]A seconda del test, il punteggio conseguito può anche cambiare nel corso della vita dell'individuo.” (sempre da wiki… e da dove se no?)

Tornando a R.M.P., a 25 anni mollò l’Università del Minnesota dopo essere stato costretto a ritirarsi e aver prestato servizio militare in Corea, ritornò negli USA e conseguì il diploma universitario sette anni più tardi, i suoi interessi sulle filosofie orientali lo portarono a anche frequentare l’Università Induista di Benares.

Tra il ‘60 e il ‘63 trascorse parecchi periodi in clinica per un grave esaurimento nervoso dove fu curato anche con l'elettroshock (dolorosa esperienza di cui narrerà anche nei suoi due libri)

Nel ‘79 il primo figlio di Pirsig (Chris, suo principale compagno di viaggio nel romanzo "Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta") fu accoltellato a morte nel corso di una rapina a San Francisco, aveva solo 23 anni…

R.M.P. ideò una teoria sulla realtà (la Metafisica della Qualità) dove si interrogava su:

  • cosa sia la realtà,
  • che cosa sia buono
  • che cosa sia giusto

e arriva a sorprendenti conclusioni sull'esistenza e su ciò che è la vita, spesso facendo sintesi tra il pensiero occidentale e quello orientale, pubblicò poche altre cose oltre ai due libri su nominati, ed ha sempre cercato di evitare la vita pubblica, solcando spesso l'Oceano Atlantico in barca, ci lasciò nella sua casa nel Maine, all’età di 88 anni.

* Ringrazio wikipedia & l’Adelphi per il notevole contributo alla mia striminzita cultura aggiungendo un’ultima frase tratta da LZELADMDM:

« Il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore »

S a p e v a t e l o !

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editoriale di serenella

Considerazioni su un editoriale di Sotomayor del 28.010.2017 dal titolo: L'uomo che cammina su pezzi di policarbonato ottenuti da acido carbonico.

  • Iniziamo dall'uomo che cammina.

Robert Darwin(1809-1882) ha dimostrato che l'uomo - come tutte le altre specie viventi - deriva da forme elementari più semplici.

Circa 3.650.000 anni fa (circa) un adulto e un bambino, ominidi della specie Australopithecus afarensis, camminando lasciarono le proprie orme su un antico deposito di ceneri vulcaniche a 45 chilometri da Olduvai, in Tanzania, Africa orientale .

Il nostro cammino inizia in Africa molto prima, circa 20 milioni di anni fa, quando avverrà la metamorfosi di un animale pre umano, dalle caratteristiche ancora 'scimmiesche', in forme umanoidi. Milioni di anni dopo il primo ominide che riuscirà a camminare in posizione eretta sarà l'Homo erectus e per noi tutto avrà inizio. Sinteticamente nel cammino dell'uomo noi apparteniamo alla specie dell'Homo sapiens sapiens, ma forse l'evoluzione è ancora incompleta tra breve confideremo nel post-umano (i cloni), nelle digitali (gli avatar), nei meccanici (i robot), nei combinatori, androidi e cyborg che sostituiranno quelli che un tempo erano i centauri, le sfingi e gli angeli.

Per ora solo l'arte (con la scultura vivente) combinata con la meccanica, l'elettrico e l'elettronico offre delle ipotesi. L'Homo sapiens sapiens colonizzato da batteri e virus nel prossimo futuro sarà ri-colonizzato da macchine cosiddette 'intelligenti', computer, sensori e nano robot.

Siamo passati dalle orme di piedi nudi lasciate da ominidi sulla terra quasi quattro milioni di anni fa, all'impronta sulla luna dell'astronauta Neil Armostrong del 20 luglio 1969, ma quale sarà la prossima orma che ricorderemo, sarà umana o post-umana, e dove? Forse il luogo dove sarà lasciata l'impronta è ora più importante di chi la farà.

  • pezzi di policarbonato ottenuti da acido carbonico.

I materiali sono il risultato dell'evoluzione umana ma da questi oggetti di forma e sostanza tattile siamo molto velocemente (la trasformazione dello spazio-tempo in bit ne è la prova) arrivati alla 'sparizione dei corpi'. Siamo diventati immagini di uno sfasamento in cui la differenza tra immaginario e realtà è completamente saltata. Per colpa dei mezzi di comunicazione di massa assistiamo a una proiezione sempre più efferata verso l'assenza di ogni moralità o di controllo del limite tra vita e morte di ogni essere vivente. In arte, sia in quella considerata visiva sia nei film è stato oltrepassato il limite dello spettacolo scandaloso e inguardabile, fino ad arrivare all'orrido. Ritorno a considerare gli anni Novanta, nel 1994 iniziano le riprese di Natural Born Killers di Oliver Stone (regista grandissimo!) di cui vi lascio un link da guardare lontano dai pasti.

Non possiedo risposte a tutto questo perché nella mia indagine confluiscono, sempre più velocemente, immagini e suoni e parole e luoghi... e c'è chi mi consiglia di 'liberarmi da Euclide' e cioè non utilizzare più geometrie piane per cercare di capire o misurare la complessità dell'oggi. Va bene.

Lo capite ora perché non riesco più a seguire DeBaser come prima? Sto cercando una nuova unità di misura.

Dimenticavo, per fortuna che c'è la musica, lo so che è un pensiero buttato là senza logica ma in questo enorme disordine organizzato molto bene (basta pensare alle dinamiche del capitalismo finanziario internazionale) per adesso ( ancora senza un subliminale controllo) posso passare dal rock alla musica classica, dal jazz e blues al Pop, dall'hard rock all' heavy metal (solo un pochino), con qualche secondo di Black metal. Dimenticavo, cazzo, il rap non mi piace.

https://youtu.be/dH1QmfQnWbg

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editoriale di Flame

Nel corso di uno dei tanti esperimenti da me condotti su me stesso ho scoperto accidentalmente che pensare a qualcosa di giallo nel momento in cui ci si accorge di stare per addormentarsi, è di aiuto a varcare in modo cosciente la porta che mette in contatto la dimensione del sogno con quella reale. Non è facilissimo ma dopo un po’ di tentativi è possibile riuscirci.

Per ora ho avuto successo una sola volta e di seguito fornisco un resoconto di quell’esperienza. Per avere risultati misurabili di eventuali esperienze nella dimensione ESSE, ho organizzato gli esperimenti di cui ho detto in questo modo. Ho memorizzato alcuni integrali indefiniti a cui non ero ancora riuscito a trovare una soluzione per poi provare a risolverli nella dimensione ESSE. La logica di base è semplice Lo scopo degli esperimenti è quantificare il tempo trascorso nell’esperienza ESSE e paragonarlo al tempo trascorso nel mentre in quella ERRE (per le motivazioni a tanto sbattimento faccio riferimento a quanto scritto in TEMPO ESSE). Io so che di norma impiego un tempo X a risolvere integrali di una certa difficoltà e la mia testa di legno non ha migliorato le sue prestazioni nel tempo con l’allenamento. E questo ai fini dell’esperimento è è un bene, perché ho potuto considerare il tempo X come una costante. Se fossi tornato nella dimensione reale con, diciamo, un integrale risolto, avrei saputo che la mia esperienza nella dimensione esse era durata almeno il tempo X ,se fossi tornato con due soluzioni il tempo trascorso in ESSE era stato ameno 2X… e così via.

Approdato nella dimensione ESSE ricordai il metodo Stanlio di guardarsi le mani per riuscire a governare l’andamento del sogno. Ce la feci e ricordo che mi saltarono subito all’occhio antichi calli, ravvivati nel tempo dalle innumerevoli volte ho riflettuto con me stesso su me stesso.

Andai poi con lo sguardo a verificare in che posto mi trovavo, ed individuai facilmente la mia figura ad una decina di metri dal posto in cui mi stavo osservando. Ero seduto ad un tavolino nel dehor di un bar, in compagnia di una bella bionda con lunghe trecce rosse.

Diedi un’occhiata all’insegna del bar, e mi parse all’insegna del sogno che stavo facendo. Sopra non riuscii a leggerci “nulla”, mentre ci trovai tutte le altre parole da me conosciute.

Era un po’ che non mi vedevo dei capelli sulla mia testa, così tanti capelli poi, non ricordavo nemmeno di averli neri. Se li avevo avuti un tempo, mi dissi, doveva essere stato prima di diventare un elettore del partito dell’amore, perché quello era il periodo in cui decisi per la prima volta di perdere la memoria.

Se dovevo dirla tutta, pensai, non ricordavo nemmeno di avere gli occhi verdi, i pettorali e gli addominali scolpiti, tanto TNT nelle mutande quanto ne avvertivo in quel momento, ed i peli del culo a batuffoli, ma non persi altro tempo a badare alle sottigliezze.

Ragionai sul fatto che ero li per trovare delle risposte, mi ero guardato le mani all’inizio del per essere sicuro di riuscirci, la bella donna che avevo davanti quindi non poteva essere li solo perché mi trovava interessante, quale donna poi può trovare interessante un uomo come lo ero io in quel momento?

Doveva trattarsi di una scienziata o una matematica in grado di aiutarmi a trovare la soluzione ai miei integrali ed equazioni. Mi decisi a parlargliene e lei mi rispose che era un controllore, non un professore di matematica e mi chiese il biglietto del treno.

A quella richiesta ficcai le mani nelle tasche in modo automatico e ci trovai qualcosa che al tatto assomigliava effettivamente ad un biglietto e glielo allungai. Era un bollino della Miralanza. Lei mi disse che poteva bastare per pagarmi il viaggio per dove dovevo andare. A quel punto le chiesi quale era il posto in cui dovevo andare. Non me lo disse, mi disse però che tempo addietro aveva sentito parlare di un gruppo di saggi di Frabosa Sottana che forniva risposte a questioni quali quelle che le avevo posto io. Per andarci però avrei dovuto pagare il biglietto per la tratta tra il posto in cui dovevo andare e Frabosa Sottana.

Le feci presente ancora una volta che non sapevo dove dovevo andare, e lei mi rispose che avrei dovuto pensarci quando avevo fatto il biglietto e che in ogni caso dovevo sbrigarmi a decidere perché all’arrivo in quel posto mancavano solo pochi minuti e se non pagavo mi avrebbe fatto scendere.

Allora rificcai nuovamente le mani nelle tasche nella speranza di trovarci anche dei soldi. Qualcosa in fondo in fondo c’era e glielo porsi. Mi sono sentito rispondere che bastava appena per le zucchine ed i pomodori. Feci appello ancora una volta alle mie tasche senza fondo ma non ci trovai altro, dovetti quindi lasciare alla cassa una confezione famiglia di bottiglie di chinotto a cui avevo fatto il becco. Peccato. All’uscita dal super mercato vidi un grosso parcheggio completamente vuoto fatta eccezione per una persona immobile al centro che mi fissava. Era Sophie Bextor Ellis completamente nuda. La sentii chiedermi” lo vuoi un bel chinotto?”. Le dissi che giusto qualche secondo prima ne avevo lasciato un’intera confezione alla cassa perché non avevo i soldi per pagarla, ma forse qualche spiccio per un solo chinotto riuscivo a farlo saltar fuori. Mi affrettai a controllare un’ultima volta nelle mie tasche cercando in ogni anfratto ma niente, dovetti rinunciarci. A quel punto vidi Sophie tendere il braccio alla sua sinistra ed indicarmi con il dito quella direzione.

Mi misi in cammino seguendo le sue indicazioni e fatto qualche metro trovai una porta. Aprendola scoprii che conduceva in uno studio, tipo quello di un notaio o di un avvocato. Davanti a me c’era una scrivania. Una scrivania molto lunga. Sulla scrivania c’era un cartello. Sul cartello c’era scritto “I tre saggi di Frabosa Sottana, tre uomini che hanno saputo affrontare imprese impossibili.” Dietro la scrivania ed il cartello c’erano tre uomini. Con ogni probabilità i tre saggi. Erano Alessandro Magno, Napoleone Bonaparte e l’assessore al turismo di Arquata Scrivia. Posso affermarlo con certezza perché ognuno aveva davanti a se un cartello con su scritto il suo nome.

Chiesi a loro la soluzione dei miei integrali indefiniti. Mi dissero che per quelle questioni era competente l’ufficio accanto, quello dei tre saggi di Villafranca d’Asti, Frazione Case Bruciate: uomini che hanno saputo dispensare classe a bigonce semplicemente inforcando gli occhiali.

In quell’ufficio ci trovai Clark Kent, Antonio Lubrano ed Elton John. Proposi anche a loro i miei integrali indefiniti e loro mi dissero che la soluzione era la stessa dell’annoso problema sulla distribuzione dei numeri primi.

Dissi a loro che io non sapevo quale fosse la soluzione del problema sulla distribuzione dei numeri primi.

Mi dissero che la soluzione era il colore Beige.

E d’improvviso tutto mi fu chiaro. Tutto tornava. Quella oltre ad essere una soluzione per i miei integrarli indefiniti, spiegava anche l’esistenza del Beige in questo mondo. Ricordo che una volta l’uomo aveva provato a dargli un senso a quel colore. Ci aveva verniciato la Prisma negli anni 80. Fu un insuccesso clamoroso, non si ottenne altro risultato che renderla ancora più fastidiosa alla vista.

Ringraziai i grandi saggi per avermi illuminato e chiesi a loro come potevo tornare alla dimensione reale per concludere il mio esperimento. Mi dissero che per riuscirci avrei dovuto trovare Yellow Pecora. Ficcai allora le mani nelle mie tasche per l’ultimissima volta speranzoso di trovarci almeno Yellow Pecora. Mi sentii rischiare al loro interno, e mi svegliai.

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editoriale di luludia

Beh, quando ho visto questo fotomontaggio, ho sorriso.

Patti Smith, che questa è la copertina di "Horses", il suo capolavoro.

E Frida Khalo che presta il suo bel faccino alla poetessa rock, alla fanciulla maschiaccio, a colei che in gioventù ci insegnò tante cose.

Un'assurdità? Oh, no...

Che, in fondo, questo freak un pochetto inquietante saltato fuori mischiando le carte la sua ragion d'essere ce l'ha,

Ce l'ha eccome...

Che anche Frida era una fanciulla maschiaccio,...

E entrambe hanno imparato la poesia (o lo specifico artistico) da malattie infantili che ne avevano modificato lo stato percettivo....

Per non parlare della abilità nel creare da sole la propria leggenda...

Però ora Patti lasciamola da parte...

Qui si parla di Frida...

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Io sono nata due volte...

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La storia di Frida Khalo la conoscete tutti, vero?

La poliomelite a sei anni, il terribile incidente che da ragazza la costrinse per molto tempo a letto e la rese poi invalida per sempre...

L'impegno politico, l'amicizia con Tina Modotti, l'amour fou con Diego Rivera, la storia con Trotsky, la bisessualità....

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Ma quando penso a Frida, la prima cosa che mi viene in mente è “Alice nel paese delle meraviglie”.

Con Alice/Frida che alita sul vetro della finestra del salotto e che sul vapore disegna una piccola porta.

E che da quella porta si ritrova sottoterra dove incontra una bambina che sorride e fluttua leggera nell'aria...

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Ecco, a una storia di questo genere potremmo anche non credere, oppure non prenderla troppo sul serio..

Ma come si fa, è quel tipo di storia che è il mio pane!!!

E poi qui siamo di fronte all'origine della immaginazione figlia di mancanza.

A quel luogo dove questa immensa artista incontrava se stessa e dove noi oggi incontriamo lei...

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"Per quanto tempo restavo con quella bambina? Non so. Forse un secondo, forse mille anni. Quel che so è che al ritorno ero sempre felice. Cancellavo la “porta” con la mano e, col mio segreto, correvo sotto un albero di cedro. E, sorpresa di essere sola con la mia gran felicità, gridavo...gridavo e ridevo...

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Poi un giorno il nostro maestro ci diede quel tema. "Raccontate la vita della famosa pittrice messicana Frida Khalo"

Giannino scrisse:

"Aveva gli occhi neri,...

Di quegli occhi che se li guardi nelle foto ti sembra che la foto stia parlando con te...,

Ciao io mi chiamo Frida e tu...tu come ti chiami?"

Bortolo scrisse:

"Il maestro ci ha detto che Frida non era una sola tante...Io non lo so mica bene cosa vuol dire...però se davvero le Fride erano tante a me quella che mi piace è la “Frida bambina”...

Quella che il suo babbo diceva alla mamma “tu vuoi che le tue figlie sian dei soldatini, ma Frida è diversa”

Merdina scrisse:

"Frida era sfortunata, da bambina camminava male...poi da ragazza si fece ancora più male...

Era in autobus col suo fidanzato...e quell'autobus andò a sbattere...

Allora Frida fece un urlo, un urlo che una volta l'ho fatto anch'io...che quando mi son svegliato c'era la mamma...

Accanto a Frida invece c'era la morte...

Ma la morte fece esattamente quel che fece la mia mamma...

Accarezzò la sua bimba...poi...poi se andò via scodinzolando."

Non era ancora il momento...

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E quindi Frida si ritrovò col corpo spezzato, ricucita e ricomposta come un puzzle i cui pezzi non coincidono mai...

Conobbe l'immobilità e le notti insonni, il tormento di un anima quando il tempo scorre a vuoto...

Quando ogni cosa appare uguale e diversa, più grande più piccola più questo più quello più tutto più niente...

Quando non puoi far altro che venire a patti col cane scodinzolante che in ogni momento ti abbaia in faccia la tua inadeguatezza...

E il patto di Frida fu guardarsi allo specchio e raccontare il dolore facendolo diventare qualcosa di grandioso...

Qualcosa di potente...

Così dipinse gabbie, corone di spine e piccoli chiodi su ogni parte del corpo...

La terra riarsa e secca con le radici che chissà come uscivano dal suo stesso corpo. (Il corpo di Frida)

E un cerbiatto ferito, una bimba sperduta allattata da una balia col volto lontano di maschera...

E l'amore...il suo piccolo uomo rospo...il suo piccolo uomo bambino...

Poi, in un certo senso, diventò quasi una principessa. Una bambolina dai mille colori e dagli occhi di fuoco...

Diventò Frida Khalo...

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Frida Khalo, la madonna messicana con le scimmiette al posto degli angeli...

O forse (chissà?), forse semplicemente prese in prestito gli occhi di una delle sue dee messicane, una di quelle che con un battito di ciglia spostano le montagne...

Un trucchetto niente male se ci pensate, una piccola ragazza messicana con gli occhi di una dea...

Ma quelle scimmiette, oh quelle scimmiette ci ricordano che, appunto, era solo una ragazza...e son tristi come lei..o forse no...forse non son tristi per niente e son solo come devono essere...

Perché c'è una Frida che soffre e una Frida che ti guarda...

E quella che ti guarda ha gli occhi di una dea ed è esattamente come deve essere, persa com'è in un abbraccio che la notte concede sempre a chi, nel chiuso di una stanza, è sola con se stessa...

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Frida è famosissima, essere una bambolina paga sempre...

Frida è un gadget, un pupazzetto e il mio lato snob un po' se ne dispiace...

E però...però...

La sua è un'arte popolare e raffinatissima a un tempo...e non è strano che piaccia un po' a tutti

Un'arte intima e raccolta, ma esplosiva.

Istintiva, ma anche capace di cogliere quanto di meglio offrivano le avanguardie europee.

Imbevuta di mitologia centroamericana, di filosofia orientale, di pittura religiosa (Ex voto).

Il tutto piegato però a un linguaggio che risulta essere sempre personalissimo oltre che immediatamente riconoscibile...

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Frida in fondo é come Emily Dcikinson, il lupetto impazzito che canta con voce di vetro nel chiuso di una stanza...

Tra Frida e il muralista Diego Rivera, passa la stessa differenza che c'è tra la Dickinson e Walt Whitman....ovvero l'arte della notte e l'arte del giorno...

Ma finito il chiasso, finito lo strepito (in questo caso il novecento e le sue rivoluzioni) l'arte della notte ridicolizza quella del giorno...

E quel che è intimo e raccolto (anche se comunque pieno di colore) continua a spaccare l'anima...

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Alla rivoluzione però Frida aveva creduto...

Al punto che diceva di essere nata nel 1910 e non nel 1907...e mica per calarsi gli anni...

Ma perché nel 1910 scoppiò la rivoluzione messicana

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Io sono nata due volte: la prima volta con la rivoluzione, la seconda con un grido...

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Sarebbe finito, ma aggiungo ancora qualcosa...

Frida era affmata di vita, Frida mordeva la vita...e, forse, da quanto scritto finora questa cosa non si capisce abbastanza...

Nonostante le sofferenze indicibili Frida era allegra...

Si, era allegra e chiamava se stessa la grande ocultadora...

Nascondeva il dolore e la morte col suo essere una intensa fanciulla messicana...

Con una energia che era una specie di miracolo....

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Ecco, adesso, ho davvero finito...

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editoriale di sfascia carrozze

Non so Voi,

ma Domenica 4 marzo penso proprio che non ce la farò a stare a casa e alla fine mi presenterò al mio seggio: nonostante tutto credo ancora nella partecipazione del cittadino ai processi democratici.

Farò registrare la mia presenza all'interno del seggio consegnando la scheda elettorale personale agli scrutatori e chiederò successivamente al presidente di seggio di verbalizzare questa semplice dichiarazione:

“Non partecipo al voto in quanto il sistema elettorale non mi garantisce un voto libero, uguale e che conti davvero, come garantito dall’articolo 48 della Costituzione, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dal Patto internazionale sui diritti civili e politici.”

Il diritto di rilasciare dichiarazioni a verbale è riconosciuto: se il presidente del seggio non lo conosce, basta che gli si dica di prendere il punto 17.7 del Manuale di seggio 2018 (precisamente le pagine 75 e 76).

Ora:

questo può sembrare uno sterile esercizio di disturbo che al massimo potrebbe creare dell'inutile scalpore nel malcapitato seggio presieduto dal Presidente e i vari (quasi sempre ignari di qualsiasi cosa) signori Rappresentati di Lista presenti all'interno del seggio.

Ma le cose non stanno (esattamente) così.

Se dopo questa verbalizzazione dovessi decidere di non ritirare la mia scheda di voto, risulterò tra gli astenuti.

Se invece ritirerò la scheda di voto e la riconsegnerò senza entrare in cabina elettorale, il mio voto risulterà come scheda nulla.

Considerato che con questo obbrobrio di legge elettorale hanno deciso di privarci definitivamente della Libertà di voto,

RIPRENDIAMOCELA.

DioG_à!

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editoriale di zaireeka

Consumismo elettorale e schieramenti frattali senza identità.

Il giorno della verità si avvicina.

Il mercato e’ aperto.

Non mi importa quello che è stato, voglio provare qualcosa di nuovo, o di indefinito.

Cosa ci aspettiamo?

Dalla democrazia rappresentativa al trionfo della democrazia diretta.

Ed allora il futuro un po’ più remoto cosa ci riserverà?

Dalla democrazia diretta alla democrazia liquida.

Ma si, perbacco!

Se Grillo, il San Paolo modernista folgorato sulla via digitale, dice che la stabilità di un governo per una Nazione non è necessariamente una cosa positiva, perché non quotiamo movimenti e partiti in borsa?

L’elettore, solo se sufficiente ricco o molto giovane, vota on-line con un click comprando azioni, il partito con le azioni con il prezzo più alto governa.

Oggi.

Domani non si sa.

Il massimo dell’instabilità, il mercato politico-azionario.

Ogni giorno un nuovo governo, in nome dello share elettorale.

Questo è il futuro, niente parlamento, nessun governo di tipo tradizionale.

Democrazia liquida.

Molto oltre la democrazia diretta.

Il segretario del partito (o il capo politico del movimento) e’ un amministratore delegato, come primo lavoro.

Investitori (o elettori) esteri sono i benvenuti.

Spot elettorali ogni giorno camuffati da spot di una marca di biscotti o di gelati, o viceversa.

Altro che auto, altro che navi, altro che acciaio, altro che società petrolifere.

Il settore alimentare e’ la forza dell’Italia.

L’Italia non potrà mai andare in default.

L’Italia sarà governata da una marca di biscotti e lo decideranno gli americani.

Il giorno dopo da una marca di gelati e lo decideranno gli africani.

Niente più multinazionali e lobbies nascoste di cui i politici governanti sono al servizio.

Ormai sono la stessa cosa.

Il PIL non terra più conto delle asettiche e poco piacevoli spese funebri degli italiani, delle ricostruzioni post-terremoto, ma solo di quanti biscotti sono stati mangiati, dagli americani, e quanti gelati, dagli africani.

Un incubo per una società iper-capitalista?

Forse.

Io ho sparato le mie cazzate, forse.

Voi votate con prudenza.

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editoriale di CosmicJocker

C’è una cosa della massima importanza da sapere su di me: il vino bianco mi dà alla testa.

Non che ne beva molto (sono più il tipo da rosso fermo e strutturato), ma, soprattutto in concomitanza con la calura estiva, indugio in qualche bicchierino di troppo nel mio randagismo notturno. Sarà per il refrigerio (istantaneo, ma mendace) che ne traggo, sarà semplicemente perché a volte voglio che qualcosa mi dia alla testa… Chi lo sa.

Un paio di estati fa pascolavo per le vie del centro e, mentre la guerriglia con le zanzare diventava senza quartiere, chi trovo appollaiato sullo sgabello di un locale dimenticato da dio?!

Paolino!

Amico (non esattamente fraterno, ma comunque importante) dei miei vent’anni e prestigioso compagno di bagordi del tempo che fu, Paolino non era cambiato poi molto: stessa capigliatura disordinata (un po’ “imborghesita” ora, a dire il vero), stessa barbetta incolta (un po’ troppo “artificiale” ora, a dire il vero), stesso abbigliamento improbabile… No, questo no! L’ abbigliamento era decisamente cambiato: curato, ma senza dare l’impressione di esserlo.

Io e Paolino non ci vedevamo da parecchio e quindi, sfidando tutte le leggi del buon senso, decidemmo di bere qualcosa lì, immediatamente, all’aperto, proprio nell’ora di punta delle scorrerie dei maledetti insetti succhia-sangue.

Naturalmente, c’era solo una cosa che potevamo bere: il Bianco Sporco.

Comune ed onnisciente lubrificante delle farse, dei brividi e delle ricerche della nostra giovinezza il Bianco Sporco (bianco leggermente frizzante con aggiunta di Campari che, a quanto pare, aumenta la gradazione) avrebbe innaffiato degnamente quella serata, stordendoci gradatamente (e inevitabilmente) al punto giusto: i ricordi sarebbero emersi tra i flutti dell’alcool come i dorsi di pesci d’argento, il Campari ci avrebbe schermato dai pungiglioni di zanzara e le bollicine ci avrebbero strizzato l’occhio proprio come le ragazze che sarebbero passate di lì.

In effetti (ragazze a parte), la serata proseguiva bene: avevamo voglia di aggiornarci a vicenda sulle nostre vite e, tra una risata e l’altra, tra una puntura e l’altra, tra un bicchiere e l’altro, la mia musica e quella di Paolino erano perfettamente all’unisono.

Ma, come dicevo all’inizio, il vino bianco mi dà alla testa, figurarsi poi il Bianco Sporco.

Un bicchiere, due bicchieri, tre bicchieri… La testa gira e pensa:

Sì, lo so Paolino. Girava voce che tu ti fossi buttato in politica. Mah, contento tu. Sarai più onesto di altri immagino”.

Quattro bicchieri, cinque bicchieri, sei bicchieri… La testa vortica e pensa:

C’era scritto sul giornale che avete espulso uno dei vostri. Però non era chiaro il perché. Te lo chiedo? E’ il caso? Mah! non fare cazzate Cris, è una bella serata. Però perché dovrebbe incazzarsi? Glielo chiederei così, tranquillamente, stiamo parlando di tutto, perché dovrei farmi problemi su questo”.

Sette bicchieri, sette bicchieri e mezzo… La testa molla il freno e la voce prorompe:

Ma poi perché l’avete espulso quel tizio?”.

L’ho detto così, senza particolare veemenza, con tutta la tranquillità possibile di uno che non regge molto il vino bianco e che stava a poco a poco venendo dissanguato dalle zanzare.

Paolino (che non aveva bevuto quanto me, ma che era sempre dignitoso) ha sgranato gli occhi interdetto, raggelato.

Pausa lunga, pensierosa: “Anche tu provochi?”.

Pausa più corta, con rabbia a stento trattenuta: “Anche tu provochi?!”.

Pausa lunghissima e poi con voce metallica: “Me ne vado… Stammi bene”.

Io non ho capito benissimo lì per lì, ricordo però che sono andato al cesso e, mentre pisciavo, mi sono ricordato de “Il Grasso e il Magro”, racconto breve di Cechov. Mi sono ricordato di questi due amici russi che si ritrovavano per caso alla stazione di San Pietroburgo e ricordavo anche del piacere provato da entrambi nel rivedersi dopo tanto tempo.

Quando però uno dei due disse che lavorava come Consigliere Segreto per il Governo, l’altro cambiò subito atteggiamento diventando sgradevolmente ossequioso ed intriso di una ridicola protervia.

Una frase, una parola buttata lì con leggerezza, aveva spezzato la magia.

Paolino non lo rivedo da allora (anche se mi è parso che una volta per strada abbia fatto finta di non vedermi).

Quella sera invece sono uscito dal locale e ho concluso la serata su una panchina sul lungofiume: le zanzare mordevano la pelle, il Bianco Sporco fermentava nello stomaco e Cechov sorrideva nella testa.

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editoriale di musicanidi

Manca poco al voto. Finalmente sapremo chi ci governerà.

Provo a buttar giù qualche numero (i sondaggi sono vietati ma sul deb si può tutto):

  • M5S – 28%
  • CDX – 36% (Lega: 12% / FdI: 4% / FI: 18% / Altri: 2%)
  • CSX – 29% (PD: 24% / Bonino: 3% / Altri: 2%)
  • LeU: 5%
  • Altri: 2%

Chi ci governerà? Con questi numeri, nessuno. E quindi? Provo a buttar giù qualche ragionamento:

  • Governo FI+PD+Altri CDX+Altri CSX: 46%

La vedo dura soprattutto perché FI dovrebbe appoggiare un PdC di “area PD” e mi pare ancora più dura che il PD possa appoggiare un PdC nominato dal Berlusca. I numeri della maggioranza sarebbero inoltre risicatissimi.

  • Governo M5S+Lega+FdI: 44%

Se anche ci fossero i numeri per governare grazie a un clamoroso exploit di Lega e M5S (Lega oltre il 15% e M5S oltre il 30%), un governo del genere sarebbe osteggiato dal primo momento da chiunque sia in Italia che in UE.

  • Governo tecnico con FI+PD+Altri CDX+Altri CSX+Bonino+LeU: 54%

La Grande Accozzaglia pare la via più realistica ma, se non dovesse durare a lungo, PD e FI sarebbero completamente sputtanati davanti ai propri elettori in caso di nuove elezioni.

  • Governo Gentiloni che ci traghetti a nuove elezioni.

Difficile che un Deputato/Senatore appena eletto, decida di votare lo scioglimento delle Camere.

  • Governo CDX+transfughi vari

Visto che al giro passato i transfughi hanno garantito per il CSX, sarà cosa gentile ricambiare a favore del CDX. Triste ma vero.

  • Governo M5S + LeU + metà Pd

Fantapolitica? Oramai possiamo immaginare pure l’impossibile.

  • Calenda. Il mio eurino me lo gioco sul nipote di Comencini. Pare avere la giusta spocchia/boria per fare il PdC.

Qualcuno ha più fantasia di me? Che ne dite?

Come al solito ci sarà da ridere o da piangere, dipenderà dai punti di vista. Proviamo a non buttarci giù troppo.

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editoriale di macaco

Ad una domanda cosí, il nostro pensiero influenzato dall´ambiente in cui ci troviamo non puó far altro che rimandarci a qualche genere musicale, eppure in questo momento vorrei portarvi lontano dal significato che questa parola ha assunto, adattandosi alla designazione di qualche specifica categoria. Infatti la parola genere, nel suo significato piú antico, indica origine, nascita, deriva dal verbo generare.

Permettemi adesso di tracciare un collegamento di pensieri fra antiche saggezze e vicissitudine odierne.

Siamo presumibilmente nell´antico Egitto, nessuno sa dire quando e dove esattamente, si sa solamente che furono redatti per mano di discepoli e che del misterioso Hermes Trismegisto non ci sia pervenuto nulla di materile. Sto parlando dei sette principi ermetici, i principi che da sempre reggono l´universo e la cui conprensione si sta facendo piú chiara anche per noi uomini materialisti.

Uno di questi é próprio il principio di genere, la cui definizione sul piano materiale, é di una semplicitá disarmante; per generare occorre l´unione del maschile e del femminile. Le cose diventano piu difficili di comprensione quando applichiamo il principio di corrispondenza al principio di genere. Il principio di corrispondenza indica che tutti gli altri principi si possono applicare in altri piani (il famoso concetto di “cosí in cima come in basso”) come il piano mentale e quello spirituale, ad indicare che sempre di due elementi abbiam bisogno per poter creare nel mondo delle idee e dell´ intangibile spirito.

Se quindi la creazione mentale é frutto di una unione fra due elementi di genere differente, e noi siamo esseri generatori di idee, pensieri e azioni, vuol dire che dentro di noi portiamo l´elemento femminile e maschile, indipendente dal nostro sesso.

E alllora quanto c´é di maschile e di femminile in me, nel piano mentale?

Potrei tentare una risposta partendo dal mio essere ma prima dovrei distruggere millenni di concetti sociali e imposizioni politico-religiose, troppo complesso e poco interessante per i fini di questa pagina.

Semplificando ancora, nel pieno fisico; quanto c´é di gay in me?

Quand´ero ragazzino ho toccato il cazzo di mio cugino...

Al militare ho sfiorato la bocca di un collega com un bacio...

Mia moglie é leggemente bisessuale e per ora solo nella sua fantasie...

E tu?

E tutti gli altri?

La questione di genere é uno dei temi centrali dei nostri anni, un tema delicato la cui evoluzione merita attenzione almeno a partire dalla rivoluzione sessuale cominciata nei sessanta. Io mi guardo intorno, il mio paesaggio é differente dal vostro, il Brasile trasuda fecondita, eccentricitá, la vita é esposta al pubblico; ho visto un bambino diventare donna in piccole trasformazioni quotidiane in un incessante via vai di fronte casa, ho visto piú donne che coppie eterosessuali baciarsi ad un concerto (pochi uomini lo fanno in pubblico), ho la certezza che molte donne sono diventate lesbiche perché non ne potevano piú di questi stronzi maschilisti, il mio primo ex-sócio é gay, il secondo bisessuale (italiano), infine mia nipote di tredici anni, sulla quale corrono voci di una presunta tendenza, mi dice che il sistema vuole che le coppie siano solo eterosessuali. Ho cercato di spiegargli che non c´entra il sistema, é una questione naturale.

Il sistema invece a me pare che stia facendo come sempre un gioco sporco.

Perché si dedica tanta attenzione alla questione di genere? Nelle telenovelas i primi baci omosessuali, diritti concessi alle coppie, discussioni, programmi dedicati, Pablo Vittar.

Essere etero é fuori moda.

E se una minoria viene messa al centro dell´attenzione mi sento il sorgere di dubbi e non posso far altro che lasciarvi con qualche congettura buttata li, senza peraltro giungere ad un quadro preciso.

  • é normale la conquista della libertá d´espressione da parte di un gruppo di persone che nella maggior parte delle culture é sempre stato perseguitato?

  • il tutto é un grande affare diretto ad un pubblico com potenziale economico

  • gli eugenisti ci vogliono tutti gay e vaccinati

  • la natura crea difese immunologiche

  • Dio é gay (sicuramente uomo non é)

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editoriale di ALFAMA

Ecco l'uomo nel suo splendore, illuminato dalla Grazia Divina.

Abbassa lo sguardo , "Uomo " stampato sull'elastico delle sue splendide mutande da uomo.

E si illumina, capolavoro del creato, statuario nel suo infinito essere.

Ma se legge la scritta davanti a uno specchio. Confuse sillabe, senza significato.

Questa splendida creatura confusa si sgretola come un Golem , la polvere dispersa nell' insignificante sua presenza, insignificante passaggio nel tempo.

Ecco l'uomo nel suo splendore, unica creatura di un Dio che si è dimenticato degli specchi.

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editoriale di sfascia carrozze

Ora.
Sarà anche vero che l'Italia, anzi gli Italiani, non hanno (ancora) fatto fino in fondo i conti con il fascismo e con la sua fine burrascosa.

Negli ultimi tempi, qualsiasi sia il media che prendiamo quale fonte del nostro sapere quotidiano è tutto un fiorire di dibattiti e di più o meno dotte disquisizioni sull'imminente ritorno del fascismo e sul pericolo della "nuova" ondata di estrema destra che attanaglia il continente europeo.

Sembriamo ripibiompati non tanto nel fosco periodo del ventennio, quanto nei tumultuosi anni settanta.
Io tutto sommato ne sarei anche felice: tornare piccini per poter ripassare quegli infiniti pomeriggi a tirare calci al Super Tele con gli amici in polverose pietraie di periferia - tutto erano tranne che campi di calcio - sarebbe una di quelle cose che ti riconciliano con il mondo circostante.

Ora non vorrei sbagliarmi ma mi sembra che in Italia sia (ancora) in vigore la cosiddetta Legge Scelba – Legge 20 giugno 1952, n. 645, ovvero il "Divieto di riorganizzazione del disciolto partito fascista" e quando vedo tutto sto fiero sventaglio di bandiere più o meno nere e più o meno tricolorizzate (come se il fascismo abbia mai incaranato la difesa dei valori patriottici: basterebbe conoscere un minimo di storia per scoprire che è stato esattamente il contrario, ma vabbè), mi chiedo sinceramente di cosa stiamo (ancora) a parlare.

Senza farla troppo lunga, basta leggere quel che c'è scritto in due articolini della suddetta Legge:

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Art. 1 - Riorganizzazione del disciolto partito fascista.
Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, princìpi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.


Art. 4 - Apologia del fascismo.
Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità ideate nell’art. 1 è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni.
La pena è della reclusione da due a cinque anni se alcuno dei fatti previsti nei commi precedenti è commesso con il mezzo della stampa. La condanna comporta la privazione dei diritti previsti nell’art. 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale, per usi periodo di cinque anni.

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Bene.
Io adesso esco di qua e con la macchina decido di sfrecciare nella via centrale della mia (ridente) cittàdina [curiosamente fondata dal Benito] a centottantallora.
Posso farlo.
Dovrebbe essere proibito e perciò sanzionato dalla legge, eppure ne ho facoltà.

Supponiamo che investo un cane, anzi un bimbo, o magari faccio l'en-plein e stiro una donna con bimbo: l'unica cosa è che sarò chiamato ad assumermi le responsabilità derivanti dal mio modo di guidare.
Devo essere disposto a pagare, secondo quanto dispone la legge, la violazione derivante dal mio comportamento.

E se non sono disposto ci deve essere qualcuno che mi "convinca" a farlo.
Con le buone o con le meno buone.
Sono dalla parte del torto: ho violato la legge e non posso avere la pretesa di vincere io.

Personalmente non mi sognerei mai di impedire a nessuno di propagandare quello che gli pare: penso solo che se oggi in Italia c'è (ancora) una legge che prevede la sanzione e la condanna per la commissione di un reato (perchè di questo si tratta) questa persona venga (banalmente) punita per la trasgressione che ha posto in essere.

Quindi o si decide di cancellare quella norma dalla Costituzione oppure la si applica.
Fino in fondo.
Altrimenti lo Stato diventa, di fatto, correo per non dire di peggio.
E, almeno, ridateci il Super Tele.

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editoriale di ilfreddo

Le parla guardandola fissa negli occhi; le sue biglie azzurre devono averle detto qualcosa perché si è subito irrigidita, mettendosi sulla difensiva. Chi parla poco solitamente le soppesa assai bene le rare volte in cui decide di aprir bocca. Tic-Tic, il suono acuto e duro di una picozza che picchietta una massa informe di roccia: il preludio di una frana. Lei decide di usare un tono di voce accomodante e suadente, una carezza invisibile per tentare di oliare, lenire e rendere meno sgradevole una sensazione che ancora non comprende, ma che la rende nervosa e non le piace affatto.

Non ce ne frega, non ve ne deve fregare, di entrare nei pidocchiosi dettagli per sapere se si tratta di una pena d'amore, piccola o grande che sia, un cambio di lavoro per inseguire una recondita passione o la scoperta improvvisa di una malattia. Il protagonista di una questa pisciatina di inchiostro è il Salto infatti. Che sia sbilenco, lungo, corto, sgraziato o vattelapesca è sempre un Salto. Quel fugace gesto di spiccare il volo significa lasciare per sempre qualcosa di conosciuto per atterrare su un nuovo terreno.

Lei l'abbiamo lasciata incuriosita e paurosa, in attesa. Dieci minuti dopo rieccola là; non piange, ma ha un ruga che le solca il bel viso e cerca il contatto per tranquillizzarlo e dargli tutto il supporto di cui è capace. Le cerca con apparente calma, ma non le riesce mica a trovare quelle infide, bastarde e sfuggenti: le parole giuste si devono essere intrufolate come al solito in posto schifoso e irraggiungibile come il cestino dell'umido ed eccole lì attorcigliate su una spina di pesce. È colpa dei monologhi del cinema se in queste circostanze sovrastimiamo il peso delle parole: quando un animale non è in una situazione di equilibrio più che alla logica, si affida all'istinto, all'odore, ai gesti, al suono.

E lei profuma di pane appena sfornato, di sesso. Quel muovere le mani, i seni e le sue labbre mentre parla e parla. Quel modo concitato e allo stesso modo calmo di esprimersi lui lo conosce bene e lo fa star bene. Lei è il terreno e lui, mentre muove i piedi, lo sente quanto sia stabile, solido e indistruttibile.

Ci troviamo infine sulla parte terminale di un trampolino posto sul ponte più alto che la vostra immaginazione è in grado di immaginare. Il mio, per dire, è un metro sopra l'Everest e sotto, sul fondo di un dirupo immenso, c'è quella voglia di mandare tutto a puttane.

Lei che lo tira vero il terreno e lui che non si muove di un millimetro indeciso. Tutti noi, almeno a parole, ci siamo trovati su quel trampolino. E se tu che leggi credi di non far parte della categoria sii felice e beato perché questo vuol dire che sei ancor giovine.

Lui la guarda e...

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editoriale di emandelli

La storia di come i Decibel siano balzati agli onori della cronaca milanese, e poi nazionale, nei turbolenti anni ’70 è risaputa. Un giorno per le vie di Milano vennero affissi dei manifestini: annunciavano un generico concerto punk con i Decibel il 4 ottobre del 1977 alla discoteca Piccola Broadway. Non era vero nulla. I componenti della band, che quasi manco esisteva, erano appostati su una terrazza lì vicino per vedere che sarebbe successo. Il punk era arrivato come una fiammata dall’Inghilterra ed arrivarono un sacco di giovani che avevano iniziato a riconoscersi nella filosofia del No future.

Ma siccome in Italia si tende a politicizzare sempre tutto arrivarono in corteo anche quelli della sinistra radicale. E si presero a mazzate. La storia finì sul Corriere della Sera e poi ripresa dalla stampa nazionale. Shel Shapiro e la Spaghetti record in cerca di nuovo fenomeni misero sotto contratto la band e a tempo di record, nel gennaio del 1978, uscì il primo disco Punk. Insuccesso clamoroso e copie originali che adesso girano su Ebay a 500 euro a botta. Nonostante tutto però si pensa a produrre un secondo album, più new wave che rock. La formazione effettua alcuni cambi. Del primo disco rimane sono Enrico Ruggeri. Arrivano soprattutto Fulvio Muzio e Silvio Capeccia che del cantante milanese sono amici da un bel po’, conosciuti sui banchi del liceo Berchet. Il secondo disco si intitola Vivo da re. La svolta vera per la band avviene quando Muzio, nell’estate del 79, mette già un giro di pianoforte un po’ strano rispetto alle musiche del gruppo nel tentativo di scrivere qualcosa di particolare. Ruggeri decide di cantare sulle parti che Muzio aveva pensato come soliste e di lasciare come soliste quelle di accompagnamento, qualcosa del genere.

Da questa strana alchimia nasce "Contessa", brano che in qualche modo si decide di mandare a Sanremo. E li i Decibel esplodono. Ma la band che pare proiettata ad un futuro radioso in realtà è gia al capolinea e si dissolve tra problemi contrattuali e altre menate. La loro vicenda diventa una storia da mitologia del rock italiano. Ruggeri e soci, che amano da sempre essere snob e tirarsela, dicono che metà del rock italiano dal '79 in poi suona come il primo disco dei Decibel l’altra metà come il secondo. Boom, diremmo. Invece in realtà se li ascoltate con attenzione ci ritrovate davvero tutto.

A seguire ci sono 30 anni di carriera con alti e bassi, ma sempre intellettualmente onesta, per Enrico Ruggeri e due carriere professionali appaganti per Muzio e Capeccia. Amicizia immutata e fine. Quando alla fine del 2016 venne annunciata la reunion dei Decibel tra gli appassionati di rock italiano si diffuse un brivido. Contenti sì, ma anche un po’ di paura che un mito venisse strapazzato per convenienza. Il primo disco post reunion si intitola Noblesse Oblige e fuga i dubbi, anche se non del tutto. Bello, davvero bello. Una manciata di canzoni da applauso ma anche qualche fillerino di troppo in pieno stile tardo ruggeriano che lascia un po’ così. Oh, ma ad avercene di dischi del genere.

La tournée invece è trionfale. Ho avuto la fortuna di vedere la data zero, la storia di come un piccolo teatro di paese come quello di Castelleone si è aggiudicato un evento storico è splendida. I Decibel annunciano le date e la prima dovrebbe essere a Crema, il teatro locale smentisce. E ciao. Si va a Castelleone. Enormi sul palco stupiscono i presenti. Le poche date previste si trasformano in 40 applauditissimi concerti. Poi? Poi credevamo che la cosa tornasse nei libri di storia del rock italiano e ognuno alla sua vita. Invece alla fine del 2017 viene annunciato che la band tornerà la dove tutto è davvero iniziato: Sanremo. Il brano scelto si intitola "Lettere dal Duca" ed è ispirato a David Bowie. Il disco si intitolerà L’anticristo e ha una copertina dannatamente metal (mi ricorda quella di For whose advantage degli Xentrix). La curiosità si fa forte, e anche la paura che tutto possa essere una delusione.

Passo primo. La band sale sul palco di Sanremo. Sono fighissimi (vorrei invecchiare come Muzio e Capeccia) e il pezzo è davvero notevole. Una costruzione melodica che a Sanremo te la scordi. Il video girato, ovviamente a Berlino, accompagna degnamente il brano. Poi ecco il disco. Sono 13 pezzi, 15 nell’edizione su vinile proposta ancora nella curiosa versione doppio 10 pollici (che è un casino posare la puntina) come per Noblesse Oblige. Difficile in questi anni che un disco non contenga un filler, un brano da skippare. Considero buoni e degni di nota dischi che hanno 5 canzoni buone su 15. Un disco tutto buon è quasi un miracolo.

Fuori le melodie e i testi ruggeriani del versante amori, cuori, delusioni (per capirci nello stile "Gli anni del silenzio" del primo disco della reunion, grande melodia ma un testo che la azzoppa un po’). Dentro le considerazioni sociali, la critica alla società dai social network, le colte citazioni del rock che li ispira, Andy Wharol, il punk prima di tutti (Ruggeri la mena da anni, "Punk prima di te" stava su un disco del 1990 e tocca dargli ragione, con piacere). Pure i due pezzi che vanno solo sul vinile sono perfetti, e danno spazio alla voce a Muzio e soprattutto Capeccia.

Citarne uno solo è difficile. Sappiate che non manca nulla e non c’è una melodia banale, scontata o che non si faccia ricordare dal primo ascolto. Il disco è dannatamente suonato. E questa è la cosa migliore. Non ci sono quegli arrangiamenti appiatti tutto da radio moderna, quelle soluzioni elettroniche che rendono tutto una melassa uguale a se stessa. Ci sono piuttosto degli inni che potrebbero diventare generazionali (ma quale generazione?). Dai… ci vuole coraggio e sana incoscienza giovanile a cantare “Il bandito è chi ruba nella banca o chi ci sta?”, per citarne uno evidentemente punk old style (nel brano "La banca").

Dove andranno in futuro? Io spero che la storia continui, e non come negli anni 80 ovvio. Si dai torniamo un po’ alla storia. Perché dopo il successo di "Contessa" la cosa esplose in faccia alla band. Lo racconta bene Enrico Ruggeri nel recente libro biografico Sono stato più cattivo, frase presa appunto dal testo di "Punk prima di te". E successe che lui andò da una parte e il resto del gruppo rimase con la Spaghetti, destinata a fallire. C’è un terzo disco del gruppo senza Ruggeri da cui sarebbe bello trarre un paio di pezzi per la scaletta del tour. Si perché nei 29 minuti di Novecento ci sono pezzi che stanno al pari di quelli del resto della storia dei Decibel. "Tutti contro tutti", "Islamabad", "Valzer bianco radioattivo" (che hanno suonato con Ruggeri alla voce nella prima reunion fatta per caso per gli amici pochi anni or sono) o la cover degli Ultravox "Stregoneria", che altro non è che "I remember (Death in the afternoon)". Così come mi piacerebbe vedere interpretate dai nuovi Decibel alcuni brani del primo controverso disco di Ruggeri, quello Champagne Molotov che ebbe una travagliata storia di ritiri dai negozi liti contrattuali ma che è un disco a se nella sua storia, il perfetto collegamento tra Decibel e la carriera solista. D’altro canto il brano che apre il disco "Una fine isterica" racconta la storia dei Decibel. Ma sto divagando seguendo i miei personali fili della memoria.

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