editoriale di Hybris

Ricordo bene quel giorno: uscita la testa dalla finestra, si capiva che nell'aria c'era qualcosa di diverso. Tutti i dirigibili di propaganda erano in fiamme, lenti nel cielo come elefanti volanti diretti al cimitero. Ricacciai dentro la testa e chiesi se qualcuno voleva del caffè. In quel periodo non abitavo da solo, ma in una specie di comune di hacker; eravamo pagati bene da un qualche alto livello governativo di un non meglio precisato dipartimento internazionale di sicurezza. Ci chiedevano di intrometterci un po' là, prendere dei file da qui, bombare il sito di tizio.
Guadagnavamo così bene che per un po' ci eravamo anche dimenticati di essere in guerra, ma quel giorno i dirigibili mi avevano risvegliato: mi avevano ricordato in che posto mi trovassi, e decisi di preparare del caffè. Perchè uscire con Miles Davis mi aveva fatto questo effetto: preparare del caffè. Allargare lo spazio usabile del cervello.
Un paio di ragazzi volevano la flebo di caffeina quotidiana come e più di me, mi seguirono in cucina raccattando stralci di notizie dai computer, i giornali, la televisione lasciata là sopra al frigo simbolicamente. Potevamo dire di essere davvero al centro delle cose. Mentre versavo il caffè nelle tazzine spaiate, un dirigibile si abbatté contro il nostro palazzo, noi eravamo al settantasettesimo piano ed era un grattacielo di novantasei. Non ho potuto più bere il mio caffé.
Dopo aver preso il volo con un tappeto volante mi sono accorto che le strade erano deserte. Incrociato un passante, a occhio e croce un apprendista sciamano cabalistico, e chiestogli cosa stesse succedendo, quello mi fa: "Ma come, piccoletto, non lo sai? Il napalm. Tutta la città brillerà di napalm tra circa otto minuti". Ero sconcertato. Nessuno mi aveva mai chiamato piccoletto, a parte una dodicenne di cui mi ero invaghito alle elementari.
Decisi di andare a casa di Travis: il tipo di ragazzo con cui puoi affrontare anche il napalm. Ha già preparato una serie di vesti anti-napalm, con materiali di scarto recuperati da un'industria aerospaziale poco lontana. Ricordo che ci lavorava mio padre, prima di morire in guerra.
Ragazzi, il napalm. Indimenticabile.
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editoriale di azzo

E’ notizia di pochi giorni fa che il Vice Mega-Direttore-Galattico di Chrysler sia giunto ad un’importante conferenza stampa a bordo di una Fiat 500. Ma c’è di più: Jim Press (Così dicono si chiami questo personaggio di fantasia, che noi lo sappiamo che mica esistono questi manager...), dicevo, questo Jim Press ha pronunciato lodi sperticate per la vetturetta piemontese, arrivando a sostenere che sarebbe “perfetta per le strade di New York”.

Si, si, controllate pure sulle testate più blasonate.

Ora, al di la dei vantaggi veri o presunti che l’accordo Fiat-Chrysler potrebbe portare al Belpaese e agli hobbies di Lapo Elkann (che poi fondamentalmente le due cose coincidono), si rendono conto questi signori della catastrofe immane che una roba del genere provocherebbe nel bel mondo della sottocultura giovanile, del cinema, del pop/rock, ad Hollywood come a Vercelli, a Seattle come a Cellino San Marco?
Uno tsunami di proporzioni tali da azzerare addirittura i lettori di Debaser (bè, non proprio tutti, qualche eroe dalla testa dura resisterebbe anche a questo).

Non credete?
Bene, allora, non potendo prevedere il futuro (ma di certo nulla di buono), proviamo ad ipotizzare lo scenario che si presenterebbe se lo sciagurato patto fosse stato stipulato mezzo secolo fa.

Basta ben poca immaginazione:
se nelle foto scattate davanti al CBGB’s nel 1975 facesse capolino il muso di una 128 parcheggiata in doppia fila, li avreste più ascoltati i Ramones?
Se la buonanima di Johnny Cash avesse scorazzato per le polverose strade che tagliano gli immensi campi della contea di Nashville, non a bordo di enormi pick up Chevrolet, bensì su di un italianissimo OM Tigrotto, avremmo subìto il fascino del Country degli Stati del Sud?
E che dire di tanti Road Movies su cui abbiamo fantasticato fin dalla più tenera età?
Se Kowalsky in “Punto Zero” avesse affrontato l’inseguimento per quattro stati non già guidando la Dodge Challenger bianca ma abbarbicato al volante di una 850 Coupé, credete forse che Super Soul l’avrebbe aiutato a quel modo?
Per non parlare del costume e della cultura a stelle e strisce che in queste praterie padane hanno trovato – per molti aspetti inspiegabilmente – un fertilissimo terreno su cui prosperare.
Niente di tutto questo sarebbe possibile, e il paradigma pregno di significati espresso sinteticamente con “Fra la via Emilia e il West” sarebbe rimasto solo una banale indicazione topgrafica del tipo “Fra la via Emilia e la strada Romea”.

Fermateli, per carità, fermateli!!!

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editoriale di azzo

Il panorama musicale italiano sta riemergendo. Almeno, così sento dire. Dicono riemerga sempre più, grazie ai nuovi circoli Arci, grazie a X-Factor, grazie all’ultimo festival di Sanremo (uno dei più bei festival degli ultimi 30 anni!), grazie a Manuel Agnelli,grazie ai rinnovatisi Marlene Kuntz, grazie ai “giovanissimi” Verdena e soprattutto grazie all’arrivo dell’Emocore anche nel nostro meraviglioso paese.

Sì, voglio provare a crederci.
Voglio credere con tutto l’ottimismo benpensante che per farsi conoscere sia sufficiente andare in un Arci e chiedere: “Mi faresti cortesemente suonare?”, per vedermi rispondere: “Certamente, stavo andando a dormire, ma visto che sono le 2 del mattino ti faccio suonare anche subito, basta chiederlo!”. Voglio credere che non ci siano confini intellettuali, voglio credere che chiunque possa esprimere il proprio parere e/o opinione musicale, anche la più strampalata, voglio vedere ogni tipo di forma innovativa e insubordinata la mente umana riesca a congegnare, e la voglio vedere su un palco. Ma io ho un problema, bello grosso fra l’altro: non ci credo. Perché non credo che a Godano o ad Agnelli interessi rivoluzionare il nostro paese, perché non credo che i fratelli Ferrari mirino a smuovere nulla di particolare, perché non credo i circoli Arci siano dei circoli Arci. Ecco perché non credo.

Non credo poi, che politica e musica vadano di pari passo, non credo che ci siano band di sinistra o di destra, e per intenderci, evitando fraintendimenti, non credo neanche un minimo al liberalismo.

Credo solo ad una cosa: che è bene aprire gli occhi, guardarsi attorno, talvolta essendo anche critici più delle insolite e nefaste rime della coscienza, per arrivare alla sincerità, o morendo tentando di averlo fatto, per valutare se effettivamente è tutto oro quello che sbrodola convenzioni superate.

Per definire, una volta per tutte, dove sono finite le persone che hanno realmente cambiato il nostro paese, nel cuore e nello spirito, e a questa risposta arrivarvi stremato: sotto terra. Sotto tonnellate di danari liquidi e telematici, occultati in chissà quale holding svizzera, reinvestiti in ogni dove il sistema del music business necessiti, per autorigenerarvisi.

La luce salta, ed il maestro dice: “...adesso, dovrò chiamare l’addetto...”, ed un uomo sulla cinquantina arriva trafelato, dicendo fra sé e sé “...tsè, questi parlano di denaro, di innovazione democratica, e non sanno nemmeno cambiarsi una lampadina con le proprie mani...”.

 

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editoriale di carlo cimmino

1978. Sono un bambino. Mi piacciono i fumetti e da grande voglio fare il supereroe. Allora vado al cinema a vedere "Superman". Ci sono Marlon Brando, Gene Hackman, Christopher Reeve. Jor-El è uno scienziato. Dice che Krypton sta morendo, ma la comunità scientifica e le autorità non gli danno ascolto.
Smallville. Kansas (USA). Kal-El, figlio di Jor-El, cresce sulla Terra come Clark Kent. Diventa adulto e lavora al Daily Planet, principale testata giornalistica di Metropolis. Ha dei superpoteri: è Superman.
Lex Luthor è un supercriminale. Ha comprato dei terreni desertici in California. Ha intenzione di farli fruttare facendo sprofondare la costa dello stato in mare. Esplode un missile nella faglia di Sant'Andrea. La California sta colando a picco, ma Superman interviene e mette le cose a posto.

Abito al terzo piano di una vecchia palazzina in centro. Quando la terra ha tremato me ne stavo seduto sul divano a guardare uno stupido programma alla televisione. Ho avuto paura e quando è finita sono scappato in strada.
Magnitudo 6,9 scala Richter. Abbiamo contato i morti: 2.735. Abbiamo fatto una stima dei danni: 60.000 miliardi di lire. Molti non hanno più un lavoro, né un posto dove stare. Dicono che scosse come queste in Giappone sono all'ordine del giorno e che, cemento armato e travi d'acciaio, si possono mettere in piedi strutture ed abitazioni sicure. Allora ci siamo rimboccati le maniche. Ricostruiremo tutto.

Sono passati trent'anni dal 23 novembre 1980. La ricostruzione è stata una vera tragedia. La Campania cade a pezzi. Il mio appartamento cade a pezzi. Nuove crepe si aprono nelle pareti ogni giorno e i pavimenti tremano quando cammino o passa un'automobile giù in strada. Mio fratello ha diciotto anni e non ha mai messo piede in una vera scuola. Ma tutto sommato me la passo bene: interi quartieri sono ancora da ricostruire. Lungo la strada, duecento metri più avanti, la scorsa estate è crollato un palazzo.

Il 6 aprile è venuto giù l'Abruzzo. Abbiamo contato i morti: 300. Sono crollati appartamenti e palazzine nuove. Un moderno ospedale. Dicono che il 70% degli edifici italiani non è a norma. Il presidente del consiglio - quello dei condoni edilizi - dice che non spetta a lui trovare i colpevoli e per la prima volta da quando "è sceso in campo" (cit.) riconosce ruolo e competenze alla magistratura. Assume un impegno "concreto": "Ricostruiremo tutto."
Io questo film l'ho già visto e non mi è piaciuto. Ora chi glielo dice agli abruzzesi del piano casa?
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editoriale di sfascia carrozze

Da quello che ho capito io (probabilmente niente) DeBaser è stato concepito o perlomeno dovrebbe essere un “luogo divertente” per chi lo frequenta: una realtà apolide e libertaria ove far confluire, incrociare e, perchè no, condividere, opinioni, idee e pareri personali partendo dal pretesto dell’ascolto di un disco, dalla lettura di un libro, la visione di un patrio TV-show o di un’opera cinematografica.

Da quello che ho capito io (decisamente niente) lo scopo di tutto questo convulso ambaradan dovrebbe essere, oltre al “divertimento”, quello di accendere riflessioni tra le persone magari supportando il tutto con una trasversale e salvifica ironia, un sarcasmo strutturale che può divenire pungente e dai tratti grotteschi ma che pur sempre dovrebbe essere orientato a capire chi siamo, cosa siamo divenuti, come ci stiamo trasformando. Eppure è cronaca quotidiana l’imbattersi, tra le ventimila-e-più pagine DeBaseriane, in nervi a fior di pelle, scontri accesi se non schermaglie verbali all’ultimo sangue, improperi e insulti di ogni genere per questioni spesso davvero inesistenti che offendono più la stessa intelligenza di chi scrive che non quella di chi ha la sventura di leggere: qualcuno sosterrà che DeBaser altro non è che uno spaccato, più o meno trasversale, della confusa, ambigua società italica e le risse alle quali assistiamo, vieppiù attoniti, ne rappresentano i tratti somatici più recrudescenti: può essere.

Da quello che ho capito io (assolutamente niente) DeBaser vorrebbe essere tutt’altro: non è certo “ALZANDO LA VOCE“ qua dentro, sbraitando le proprie incontestabili e assolute “verità”, talvolta insultando pesantemente il prossimo, che si cambiano le cose “là fuori”: Siete nauseati da ciò che Vi circonda, sentite la impellente necessità di cambiare il mondo? Bene: affrontate la realtà che vi circonda dandovi da fare concretamente, catalizzando su di essa tutta l’imponente energia di cui siete dotati.

A mondo rivoluzionato, ripassate a trovarci però..

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editoriale di K.

"... sonitu venit, et ruere omnia visa repente" (Virgilio, Eneide)

L'uncinetto è una manifattura antichissima praticata ovunque nel mondo. Nel XVI secolo le più fini artigiane dell'arte di intrecciare un filo con un bastoncino incurvato erano le suore italiane, note a papi e re per sopraffine opere frutto di laboriosa e silente costanza.

Quando da ragazzina ero in collegio dalle suore, l'unico momento in cui si poteva ascoltare la radio era durante due ore settimanali di lavoro a maglia e uncinetto. Quest'ultimo dava risultati più immediati: centrini per la tavola o poggiatesta per poltrone, oppure i classici quadretti d'assemblare in un copriletto multicolore.

Chissà a che cosa lavorava la signora di Tempera pressoché centenaria che hanno estratto viva dalle macerie... Aveva con sé un uncinetto e un gomitolo. Da trasformare in un centrino nuovo per una poltrona ormai distrutta? In fondo non importa cosa. Importa come. Il mondo crollato attorno, i muri polverizzati addosso, la terra sciolta sotto i piedi che trema ancora e ancora e ancora. Uncinetto. Tra le dita nodose di una vecchia tutta d'un pezzo, in ogni sua ruga incisi terremoti già vissuti. Fiducia, attesa, pazienza, costanza, un gomitolo che scorre nel silenzio roboante. Trenta ore. Poi voci lontane come una radio. I soccorsi.

Non so il nome di questa meravigliosa e coraggiosa donna che è l'Abruzzo tutto. Non importa. Oggi si chiama Pasqua.

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editoriale di azzo

Continua... Non sente la terra tremare, sente solo il rumore dei palazzi che si schiantano al suolo, poi le urla, poi le sirene, poi la polvere. Bandini pensa che è colpa sua e della collera di Dio, l'unica persona che non ha mai letto Nietzsche.

All'aeroporto di Pisa chiamo qualcuno. La provincia di Chieti non è stata toccata, ma L'Aquila si. Almeno cinquanta i morti. Smetto di pensare. Sul treno qualcuno dice settantacinque, un ragazzo digita dei numeri e dice: << Hai sentito di Piera? Ha la casa spaccata in due!>> Riprende a leggere Palahniuk, nella sua frangetta orribile che gli urta gli occhi e con la cravatta che gli irrita il collo. Penso ad Opi, un paese piccolissimo, dove vivono più cinghiali che persone. Opi non esiste più, se qualcosa crolla, Opi crolla per primo. Opi, un paese dove ad agosto fanno 9 gradi, dove la notte senti i lupi in lontananza, dove i cinghiali ti tagliano la strada. Immagino Opi distrutta, i suoi abitanti sotto le macerie e il resto del mondo tutto sano.

A Roma qualcuno mi dice cento, a Napoli centocinquanta. Arrivo a casa, accendo la scatola nera. L'Aquila, come la conoscevo, come l'ho vista, come è stata, non esiste più.
Bombardata, cancellata. Rimango a fissare la luce che esce dalla scatola, immerso nelle immagini. Vado a letto ci penso tutta la notte. E' mattina e attacco con il telefono. La voce dall'altra parte mi dice che non gli servono altri soccorritori, che ne hanno in abbondanza e di esperti, che io sarei d'intralcio, mi dice che possono solo dispiacermi in silenzio e poi attacca.

Riaccendo la scatola ad un giorno di distanza, convinto che avrebbero parlato ancora e solo di questo. Vedo questo fidanzato di Barbie che ha preso il posto di quell'altro che tifava per l'Inter. E' a L'Aquila, con alle sue spalle un palazzo bombardato. Fa parlare persone tra loro, si discute su quello che lo stato doveva o non doveva fare, su quanto i soccorsi siano stati tempestivi e sul fatto che nemmeno l'ospedale si è salvato. Parlano, parlano, parlano. Mi ricordo di quello che mi disse un amico: << solo sotto le catastrofi si smette di essere delle merde.>> Poi ripenso al Cristo della Ricotta e dell'unico modo che aveva per esser preso in considerazione. Poteva solo schiattare su quella croce per suscitare un minimo interesse. Magari il dispiacersi in silenzio. Magari... è una necessità. Magari dovremmo tutti dispiacerci in silenzio, rimanendo informati, ma saltando questi spettacolini, questi vai e vieni di sismografi, giornalisti, politici e quant'altro. Dispiacersi in silenzio, sarebbe un buon inizio. O una buona fine.

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editoriale di emofiliaco

Mi sveglio sempre troppo tardi e mi appunto promemoria dappertutto: poi bellamente ci passo sopra e rispondo facendo spallucce a tutti i "Non ci cascherai di nuovo" che lascio in giro.

Sarà che Fiorile e Pratile mi perseguitano ancora, sarà che sono un incosciente, sarà questo o quello ma mica posso spegnermi a comando. Dovrei essere meno instabile e più arrogante ma preferisco orbitare che muovermi linearmente...e forse sono il mio unico sole. No, non può essere così.

Sono pianeta e satellite insieme e spesso molto di più: orbitare, insomma, e lasciare impressioni che non m'appartengono affatto. Se penso ad un punto fisso, me ne vengono in mente almeno diecimila e non so dove andare: l'ansia di sapere esattamente come vanno le cose mi sta annientando.

Ormai è un veloce scorrere di mesi rivoluzionari: quello in cui nasco e quelli in cui muoio ed i successivi che mi rimangono per risorgere: ultimamente ci metto troppo poco a rinascere, dovrei rimanere inerte di più: accade e non posso farci nulla, spesso e' troppo cioccolato. A volte troppo poco…

Un'esistenza a catalogare astri: forse è solo luce riflessa ma per il momento va bene così...

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editoriale di hypnosphere boy
Al sito http://www.coachella.com/event/lineup si può vedere la lineup completa di uno dei festivals mondiali più grandi. Chi è curioso guardi alcuni nomi: si va da Leonard Cohen agli Orbital, dal DJ set dei Chemical Brothers a Roni Size Reprtesentz, dagli Okkervill River ai Cure... per un totale di…di più
editoriale di Bartleboom

Carissima debaseriana,
caro debaseriano,
simpatica - ma neanche poi tanto - debaseriana in realtà debaseriano,

siamo lieti di annunciarTi l'imminente ripristino della sezione più chiul del sito più chiul di tutto l'internet: la "Classifica dei Casi Umani di Debaser".

Per festeggiare il lieto evento, abbiamo deciso di concedere una possibilità di recupero sociale a tutti quei Casi Umani che, nel frattempo, si sono ravveduti. È, pertanto, con profonda commozione che annunciamo la prima:

"Amnistia dei Casi Umani di Debaser".

Grazie all'esperienza maturata dall'Indulto e da Calciopoli, in data 1° aprile 2009, la Classifica - così come l'hai conosciuta ed amata - verrà resettata. Per ripristinarla, abbiamo bisogno anche del Tuo aiuto! Ecco perché sono ufficialmente aperte le prime:

"Elezioni dei Casi Umani di Debaser"

Compilando l'apposita scheda elettorale, potrai segnalarci i Tuoi tre "Casi più Umani" in ordine di casumanità: il Tuo voto contribuirà a stilare una nuova, entusiasmante, aggiornatissima classifica, in cui verrà indicato anche il grado di Umanità di ciascun Caso.

I Casi Umani sono tanti... milioni di milioni.
Forse lo sei anche tu, e ancora non lo sai.

Aiutaci a riconoscerli. Aiutaci ad aiutarli.

Basta con le ronde, sì allo Stato Sociale del Caso Umano.

Casi Umani di tutto il mondo, unitevi!

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editoriale di turkish

Giulio Tremonti non sembra una persona felice.

Sul serio. Immaginatevi la vita, lo stress, di un uomo intento a dover asservire 24 ore al giorno l’altra metà del lato oscuro della sua tentacolare personalità. Sì, non deve essere facile. Già non è da tutti riuscirci, cazzo. Ma per uno come lui tutto ciò è pura consuetudine. Cosa può pensare? È questo il dubbio signori. Penserà forse che entro Aprile chiuderanno lo stabilimento madre del tessile in Italia (Prato) ed al pestilenziale fiato di Bersani sul suo collo? Penserà al Gruppo Bilderberg ed agli “Illuminati” (che tanto odia)? Penserà a come introdurre un “Nuovo Ordine Mondiale” (che tanto lo aggrada)? O, forse, penserà che cazzo aspetta il suo Padrone a prenotare un cottage ad Hammamet?

L’Italia, cari i miei signori, è un paese che rotola via. E se non ve ne state accorgendo, ci sta rotolando giusto d’innanzi, sotto il naso, proprio in questo momento. Ma rotola di più da quando tutti si è smesso di realizzare interrogativi quali “come è possibile?”, ed ancor di più nel preciso istante in cui non ci si è localizzati e ben figurati fisicamente di essere là, a gambe spalancate, intenti ad aspettarla a braccia aperte, la fatidica “cagna” di botta che ci sta inseguendo da un secolo e vieppiù.

E noi, che si farà? Si starà lì. Pronti ad attenderla. Convinti di rispondere “coscienziosamente”, nell’ottimismo delle nostre stesse paure, nella virilità delle nostre nevrotiche e depravate frustrazioni di una vita (oltreché una professione) precaria, con il beneficio di un dubbio adombrato dalla Regina Putrescente di tutti i consumi: madame Economia.

Ma io credo che la vecchia bagascia sia esausta. Credo che la “Puttana Madre” di tutte le inconsistenti modalità comportamentali odierne e passate abbia fatto il suo tempo e che il momento in cui ci stramazzerà di fronte è, non di giorni, ma di secondi sempre più vicino.

Forse Giulio Tremonti, alla sera, intento a posare quei suoi sudici occhiali da presunto Ministro dell’Economia sul comodino della sua stuprata coscienza, dopotutto, pensa proprio a ciò che noi tutti in fondo si sta pensando da mesi: “quando, in definitiva? Quando il botto? Quello vero?”

E, forse - e più verosimilmente di quanto vi immaginiate, pure lui, magnate dell’arrivismo intelletual-economico, lascerà scorrere una acida lacrima dalle sue piccole orbite infossate.

La fine di un modello di vita.

La fine di un principio oramai scaduto.

La fine.

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editoriale di sfascia carrozze

Gaio:

La nuova frontiera sono le vostre teste

e sono già terreno di conquista

non internet

non il cyberspazio

le vostre teste.

E prima o poi verranno conquistate

se non lo sono già.

L'unica speranza che avete

se ci pensate

è di farvi conquistare

da chi decidete voi.

Alvaro:

Sei un inguaribile ottimista

le teste sono andate

okkio al kulo!

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editoriale di sfascia carrozze

Gaio:

La nuova frontiera sono le vostre teste

e sono già terreno di conquista

non internet

non il cyberspazio

le vostre teste.

E prima o poi verranno conquistate

se non lo sono già.

L'unica speranza che avete

se ci pensate

è di farvi conquistare

da chi decidete voi.

Alvaro:

Sei un inguaribile ottimista

le teste sono andate

okkio al kulo!

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editoriale di carlo cimmino

Non mi piace Ilaria D’Amico. Il calcio è un gioco maschio.
E’ muscoli. Ma anche cervello se è vero che la tattica conta più dell’estro e che, come dicono, numeri e dati statistici sono tanto rilevanti nel calcio quanto nella società dei nostri giorni.
Il calcio è roba da uomini.

Arjan Nexhat Beqiri è nato nel 1975. Ha trentatré anni ed è il portiere dell’Anorthosis Famagosta, società calcistica leader del campionato cipriota e rivelazione dell’ultima Champions League. Famagosta è un campo difficile. Ci ha pareggiato l’Internazionale di Mourinho, e i tedeschi del Werder Brema.
Beqiri (noto ai più come Beqaj) fa il suo esordio nel calcio professionistico nelle fila del Partizani Tirana ed è titolare nella nazionale di calcio albanese. Ma è nato a Prizren, in Jugoslavia.
Prizren era Jugoslavia, nel 1975. Oggi è un distretto amministrativo del Kosovo.

Fernando Cicero è il regista di “Ultimo tango a Zagarolo”. Riuscita parodia di “Ultimo tango a Parigi”, il film vanta estimatori anche oltre oceano (Coppola Francis Ford su tutti) e spaventa nel confronto con l’originale lo stesso Bertolucci.
Cicero, tuttavia, deve la sua notorietà presso il grande pubblico alla commedia sexy all’italiana ed al vincente sodalizio con Edwige Fenech, sua musa e inseparabile compagna di set dal 1975 (“L’insegnante”).
Vero maestro e caposcuola, due anni dopo Nando porterà nelle sale cinematografiche il capolavoro del genere: “La soldatessa alle grandi manovre”, rappresentazione goliardica e porcellona della vita in caserma con un cast stellare – Alvaro Vitali, Lino Banfi e Renzo Montagnani tra gli altri – ed una straordinaria Fenech. E’ il suo film più riuscito.
Sarà trionfo. Ma tra le polemiche: Cicero venne tacciato di maschilismo.
Nel 1975 il paese non era ancora pronto a tanto.

Nel 1975 era Jugoslavia. Oggi, invece, anche Pec è un distretto amministrativo del Kosovo.
Il mondo è cambiato. Le donne ne hanno fatta di strada dal 1975. Oggi siedono in parlamento, sono imprenditrici e indipendenti, lavorano e ricoprono ruoli di punta nella società. Chiara è a Danzica che io fino a ieri pensavo esistesse solo sui libri di storia.
Ne hanno fatta di strada le donne. Oggi si arruolano nell’esercito. Sono soldatesse.

L’otto marzo Mara Carfagna, ministro per le pari opportunità, è a Pec in Kosovo. E’ la festa della donna e ne festeggia l’indipendenza, la libertà, l’emancipazione. Mara Carfagna è in divisa. Ama la disciplina, la professionalità, lo spirito di servizio. Guarda alle soldatesse e parla di parità reale.
Mara Carfagna è nata nel 1975.

Donne. Forse era meglio quando si stava peggio.

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editoriale di Hybris

Secondo una figura di cui avrei preferito non scrivere da nessuna parte (sì, insomma, il papa), la distribuzione dei preservativi - avete presente? - aumenta i problemi legati all'AIDS in Africa: di certo il problema non lo risolve. In effetti qui il DeRatzi supera ogni possibile concezione immaginabile proferendo parole che solo Dottor House potrebbe dire (i livelli successivi sono: Steven Seagull, Motoko Kusanagi, Bruce Willis, i Cavalieri dello Zodiaco, Bruce Lee e infine Chuck Norris). Me lo immagino, Dottor House, nel suo lindo ufficio marchiato da un'importante firma del design nipponico: "dottore, abbiamo un caso di AIDS" e lui "non ditegli di usare i preservativi. Anzi, curatevi che non ne usi MAI", e qui fa l'effetto figo, perchè nessuno capisce il perchè di questa minchiata colossale (ma lui può permetterselo), e infatti poi sbotta, nel crescendo di stupore collettivo "no, invece adesso voi gli asportate qualche organo vitale, gli provocate qualche malattia letale qua, lì e là [Dr. House esce una pistola e la punta verso punti imprecisati del corpo dei suoi assistenti] e poi confidate in me che tanto gli sceneggiatori ce lo fanno guarire tra venti minuti sto stronzo, su" e tutti sono contenti e Dottor House è il più figo di tutti, che Dio lo benedica (e benedica l'America).

Invece forse però, dovremmo riflettere più a fondo sulle parole di Ratzinger: probabilmente si riferisce ai problemi logistici dei distributori. Come portare in Africa dei distributori così pesanti (e con tutto quel caldo!). In che lingua mettere le scritte tipo 'standard', 'extralarge', 'lubrificato', 'con ritardante' (quest'ultima sarebbe davvero un kasino). Come fare a spiegarlo alle nonnette della messa domenicale delle sette ("è quello che fate con il prete dopo la confessione... solo un po' diverso"). Dove trovare i soldi (AHA. Scusate, questa no).

Subito dopo il papa dice anche un'altra cosa carinissima, che non c'entra un cazzo e probabilmente sarà per qualche svalvolata politica vaticana: "Non mi sento solo in alcun modo" sbotta, e finalmente la comprensione mi illumina. Allora forse qualcuno dovrebbe spiegare al papa che quelli che si trasmettono l'AIDS non fanno proprio come lui. Loro non sono soli, sono (almeno) in coppia. E poi qualcuno dovrebbe spiegargli (al papa) che per i casi come il suo non serve il preservativo, bastano un paio di fazzoletti a giochi conclusi.

E siamo tutti più contenti.

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editoriale di Hybris

Secondo una figura di cui avrei preferito non scrivere da nessuna parte (sì, insomma, il papa), la distribuzione dei preservativi - avete presente? - aumenta i problemi legati all'AIDS in Africa: di certo il problema non lo risolve. In effetti qui il DeRatzi supera ogni possibile concezione immaginabile proferendo parole che solo Dottor House potrebbe dire (i livelli successivi sono: Steven Seagull, Motoko Kusanagi, Bruce Willis, i Cavalieri dello Zodiaco, Bruce Lee e infine Chuck Norris). Me lo immagino, Dottor House, nel suo lindo ufficio marchiato da un'importante firma del design nipponico: "dottore, abbiamo un caso di AIDS" e lui "non ditegli di usare i preservativi. Anzi, curatevi che non ne usi MAI", e qui fa l'effetto figo, perchè nessuno capisce il perchè di questa minchiata colossale (ma lui può permetterselo), e infatti poi sbotta, nel crescendo di stupore collettivo "no, invece adesso voi gli asportate qualche organo vitale, gli provocate qualche malattia letale qua, lì e là [Dr. House esce una pistola e la punta verso punti imprecisati del corpo dei suoi assistenti] e poi confidate in me che tanto gli sceneggiatori ce lo fanno guarire tra venti minuti sto stronzo, su" e tutti sono contenti e Dottor House è il più figo di tutti, che Dio lo benedica (e benedica l'America).

Invece forse però, dovremmo riflettere più a fondo sulle parole di Ratzinger: probabilmente si riferisce ai problemi logistici dei distributori. Come portare in Africa dei distributori così pesanti (e con tutto quel caldo!). In che lingua mettere le scritte tipo 'standard', 'extralarge', 'lubrificato', 'con ritardante' (quest'ultima sarebbe davvero un kasino). Come fare a spiegarlo alle nonnette della messa domenicale delle sette ("è quello che fate con il prete dopo la confessione... solo un po' diverso"). Dove trovare i soldi (AHA. Scusate, questa no).

Subito dopo il papa dice anche un'altra cosa carinissima, che non c'entra un cazzo e probabilmente sarà per qualche svalvolata politica vaticana: "Non mi sento solo in alcun modo" sbotta, e finalmente la comprensione mi illumina. Allora forse qualcuno dovrebbe spiegare al papa che quelli che si trasmettono l'AIDS non fanno proprio come lui. Loro non sono soli, sono (almeno) in coppia. E poi qualcuno dovrebbe spiegargli (al papa) che per i casi come il suo non serve il preservativo, bastano un paio di fazzoletti a giochi conclusi.

E siamo tutti più contenti.

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editoriale di carlo cimmino

ma|zùr|ka
s.f. danza nazionale polacca in tre tempi, con movimento più lento di quello del valzer
Varianti: mazurca

Felino è un piccolo centro in provincia di Parma. Ottomila abitanti, deve la sua notorietà al salame di suino (conosciuto in Emilia come "gosino", ovvero porco, maiale). E' noto come salame di Felino, infatti, il salame prodotto in questa cittadina, in buona parte dei comuni limitrofi, della provincia di Parma e dell'intera Emilia Romagna. La popolarità è tale che a Felino da qualche anno è stato istituito il Museo del Salame, aperto ad un pubblico di esperti, amanti della gastronomia o semplici turisti.

Gian Luca Campanini, quarantanove anni, diplomato al Conservatorio di Parma, è direttore di banda e titolare dell'omonima orchestra di ballo. L'orchestra Campanini di Felino.
Il Maestro Campanini è autore di innumerevoli successi per le più importanti orchestre da ballo e, nei giorni scorsi, ha tuonato dalle pagine di un popolare quotidiano nazionale: "Basta ghettizzare il liscio!" Parte così da Felino una raccolta di firme volta a sollecitare l’istituzione di un provvedimento che obblighi le radio locali e nazionali a prevedere almeno tre ore la settimana di programmazione di liscio e folk da ballo. Firme che saranno poi presentate al Ministro Sandro Bondi, uomo dalle profonde tradizioni socialiste (dunque sensibile al fascino della mazùrka, danza tuttora in voga nelle osterie dell'Europa orientale), ma anche frequentatore di balere, amante della gastronomia, buona forchetta.

Resta una domanda: chi cazzo è il Maestro Campanini?

E' nata così una appassionata ed affannosa ricerca della verità, dei perché che hanno spinto quest'uomo a ribellarsi all'insensibilità delle istituzioni e lanciarsi in questa coraggiosa iniziativa.
Ho cercato il Campanini per giorni. Stavo per gettare la spugna quando da Parma mi hanno chiamato: lo avevano trovato. Dovevo parlargli.
Ho così guidato oltre il confine naturale del Po ed ho, clandestino, sconfinato in una Padania innevata sotto una spessa coltre di nebbia.
Parma, Tortiano è una frazione di Montechiarugolo dove il Campanini è titolare di un omonimo ristorante casareccio. Il Campanini è vecchio, quasi non ci sente, si compiace quando vede un culo bello tondo e non ha mai studiato al Conservatorio di Parma. Ma tutto questo l'ho scoperto dopo. Dopo un tris di tortelli, un secondo di carne (punta di vitello, prosciutto al barolo e qualche costina di maiale) e, come antipasto, un misto di salumi. E lambrusco. Venticinque euro.

Chi è il Maestro Campanini? Chi se ne frega.

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editoriale di azzo

Due parole, adesso che le acque si sono calmate, mi pare necessario dirle.

Mi riferisco, indirettamente, al caso Englaro, anche se non parlerò di lei, i panni del corvo li lascio volentieri ad altri. No, due parole obbligatorie sul preclaro esempio di liberale tout court rappresentato dal nostro Presidente del Consiglio. Se vi è una cosa che mi ha infastidito e messo a disagio in questi anni, è l’uso di termini quali “regime”, od addirittura “dittatura”, da parte di molteplici campioni della sinistra, dalla Guzzanti a Santoro, per definire i governi di Silvietto nostro. Dimenticando, questi poveri milionari, il senso, il significato ed il valore delle parole. Ma, soprattutto, non portando rispetto a chi, ed in Italia ve ne sono ancora molti, le conseguenze di un regime, quello fascista, le ha subite per davvero.

A forza di gridare: “Al lupo, al lupo!”, quando infine l’uomo di Arcore ha deciso di sovvertire uno dei principi fondamentali dello stato di diritto, l’allarme è suonato fiacco ed inutile. Da Montesquieu in poi, la separazione dei poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario, è uno dei cardini della democrazia. I tre poteri hanno funzioni distinte e solo di controllo l’uno rispetto all’ altro. Una sentenza di un Tribunale può essere modificata solo da un altro organo giudiziario, non dal potere legislativo. Il tentativo di vanificare la pronuncia della Corte d’Appello di Milano su Eluana Englaro, mediante un provvedimento legislativo, altro non è che un attentato alla nostra Costituzione. Per giustificarlo Berlusconi ha affermato che questa deve essere cambiata in quanto “di stampo sovietico”. Dando prova di ignoranza e protervia inquietanti.

Tutte le democrazie occidentali, dal XVIII° secolo in poi, sono fondate sul predetto principio, recepito nelle rispettive carte costituzionali. Chi lo rifiutò? L’ Unione Sovietica, ritenendolo proprio degli stati borghesi, ed applicando invece il principio di unità del potere statale, per cui il potere è concentrato nelle assemblee elettive.
 
L’ attentato è fallito per i casi della vita: Eluana Englaro è morta prima dell’approvazione della legge. Ma la prossima volta? C’è qualcuno che può avvertire il Cavaliere che l’unico stalinista che si vede all’ orizzonte, di quelli che ci fanno anche un po’ paura, è proprio lui?

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editoriale di Bartleboom

Attenzione, perché quello che state per leggere è un outing.

Ho meditato a lungo sul perché Alessandro Baricco mi stia sulle palle in modo tanto prepotente. Su quanto trovi intollerabile il luccicare degli occhi di mia moglie e delle mie amiche, al solo parlare di lui. Su quanto meticolosamente cerchi ogni piccola imperfezione nelle sue comparsate televisive, nelle sue esibizioni e nei suoi reading - e subito ho nelle orecchie il commento di lei: "E' arrivato l'uomo bello..."
Quanto ho gioito quando l'ho visto ingrassare leggermente, ed ingrigire con il passare degli anni. Con quale misto di stizza ed ammirazione ho consumato le pagine di "Castelli di Rabbia", "City", "Questa Storia". E con quale soddisfazione ho accolto l'uscita di quello stitico raccontino che risponde al titolo di "Seta" (una sventurata mossa editoriale, con ogni probabilità).
Che senso di trionfo, al vedere assieme alla donna della mia vita la mediocre pellicola tratta dal racconto stesso...

La risposta è una sola: invidia. Sono invidioso marcio, detesto tutto ciò che adoro di lui.

Quanto mi piacerebbe arrotolarmi le maniche della camicia con splendida nonchalanche, in un auditorium rovente, accarezzato dagli sguardi di decine di donne adoranti. Chissà se Baricco ha mai arrancato per le scale, portando le sporte della spesa, sotto gli occhi beffardi del vicinato. Sospetto di no.
Quanto mi piacerebbe essere quel maledetto, fantastico affabulatore. Catturare, magnetizzare orecchie sguardi e cuori con la forza delle mie storie, con la mia abilità nel raccontarle. Quanto mi piacerebbe andare in televisione con una maglietta lisa, gli stivali impolverati e i Levi's fetenti, ed essere così incontrovertibilmente, insopportabilmente FIGO. Se mi arrischio una volta a uscire conciato così, incontro prima mia madre, poi la mia maestra delle elementari e infine il mio datore di lavoro e tutti a pensare: "dove abbiamo sbagliato con lui?".
Quanto mi piacerebbe scrivere frasi come: "non sei veramente fregato finché hai una buona storia da raccontare", invece di scrivere insulsi editoriali su un sito web.

E a me che rimane? Il solito campionario di frasi da uomo geloso: "Baricco viene letto perché piace alle donne", "Scrive romanzi di facile presa ma di
poca sostanza", "E' bello, ma purtroppo sa di esserlo".
Ma la verità è un'altra. Lui è Baricco ed io no. E non avete idea di quanto mi rode.

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editoriale di Bartleboom

Ogni mattina noto nello specchio sempre la stessa ruga che grida al mondo che qualche volta devo pure aver riso. Non é brutta, da fascino, un contrasto sull’apocalittico, ma non ricordo chi me l’ha fatta. Era in Vanilla Sky che si diceva che ogni rivoluzione parte dallo specchiamento mattutino? Possibile che pure a Cameron Crowe é capitato di dire qualcosa d’intelligente? Vanilla Sky lo vidi in un ex-cinema porno dove la comunità gay andava a rimorchiare. Oggi é un supermercato e non é chiaro chi ci rimorchia. I tempi di Vanilla Sky erano i tempi in cui chi era più a sinistra di me si ritrovava alla destra di Gesù.

La mia carriera politica cominciò al fianco di mio nonno - compagno esperto con tre falangi perse nella lotta di classe e un tumore alla prostata che testimonia che non tutti i giorni scioperava. Lui stava alla cassa del banco “Sasicce Bone” della Festa dell’Unità di Fuorigrotta e io sul retro. La sua fede incrollabbile cadde sotto il peso dei baffetti di Occhetto perché davanti a un viso del genere pure i pensieri si trovano altro da fare e il nostro banco, tacciatto di “astrattismo”, finì sostituito dal banco “Zeppole pe tutti”. Gli anni passarono, il Napoli si trasferì a Parma, poi arrivarono le Spice Girls a farmi sentire abbastanza virile da iscrivermi al Partito Marxista-Leninista Italiano e l’uomo non fu più uomo, ma divenne compagno. L’attività preferita dei compagni era la riunione -pratica orgiastica dalle indubbie qualità soporifere- che cominciava con l’analisi del prodotto lordo cubano e finiva con la conta delle aste delle bandiere per la prossima manifestazione. Mi allontanai dal partito quando cominciai a seguire la scia di Roberta e accecato dalla voglia di azione, frutto della mia maturazione ideologica, mi iscrissi ai Giovani Comunisti. Numerose riunioni mi insegnarono diverse cose: quando una donna ti chiede una sigaretta non é detto che voglia scopare con te; quando una donna dice “no, domani non posso” non risponderle “e dopo-domani?”; quando una donna risponde “no” é perché voleva dire di “no”.

Il Marx-Engels forum é una piccola piazza silenziosa, tutta grigia, che si confonde col cielo di Berlino. Il Palast der Republik deve morire. Pochi giorni é sarà solo travi senza senso. Ho fatto in tempo a vederlo intero, tutto sano nonostante tutto. Alla mia adolescenza ho legato il Palast der Republik prima di lasciarla cadere nella Sprea. Mentre affondava nell’acqua verdastra ha gridato: " Dite a Roberta che la ruga non é sua."

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