editoriale di Hybris

Muore Maicol Gecson. E tutti gli editoriali, in questi casi, cominciano con cose tipo: "Quando Michael Jackson cantava "Beat It", io ero nella cantina di Tommaso de Mita, dodici anni entrambi, e imitavano le sue movenze mentre tentavamo di fumare le prime sigarette rubate ai nostri genitori". Solo che a dodici anni non avevo un amico che si chiamava Tommaso de Mita; non imitavo le movenze di Michael Jackson, e non tentavo di fumare le mie prime sigarette (che non ci sono mai state, grazie a Michael Jackson). Io sono di una generazione particolare ('89), quelli che un po' sono generazione myspace, un po' generazione facebook, un po' anni '90, un po' nuovo millennio, un po' rivoluzionari e un po' apatici, un po' tutto. E molti dei miti di quegli anni li abbiamo vissuti in differita - in revival.

Sono stato abbastanza sveglio per beccare Jurassic Park alla prima al cinema - wow. Un dinosauro, assolutamente (foto)realistico, mangia della gente. Ritorno al Futuro l'ho vissuto in differita, quando avevo tredici anni. Idem gli Acchiappafantasmi. E poi i fenomeni musicali: il grunge (differita), il nu-metal (differita), post-rock (quasi differita), post-metal (in diretta), avantgarde quasiminimalism macumba (in diretta). E con questi fenomeni in differita hai una differenza: la scelta. Puoi ignorarli, evitarli, anzichè solo seguirli e amarli o ripudiarli e opporticisi. Così diventa più comodo, così non ho dovuto trovare fighi nove tizi vestiti con maschere rubate a Tim Burton, ma ho potuto scegliere di farmi le iniezioni in endovena di "Lift Your Skinny Fists Like Antennas to Heaven".

Ma non ho potuto certo scegliere di non sapere chi fosse Michael Jackson. Non ho potuto evitare di sentirne parlare, di vedere i vecchi video, le parodie, le cover nu-metal, la storia della pedofilia, la storia della chirurgia plastica. Un po' amato, un po' odiato, un po' capito, un po' ignorato. In fondo un po' tutto. E di sottofondo la stessa domanda: questo affidare la nostra coscienza collettiva ad individui che, in fondo, hanno mostrato solo un buon colpo d'anca e dei brani da cui è impossibile non farsi rapire: anche se sei un estimatore del freenoisesalsa neozelandese, il video di "Beat It" una volta l'hai visto, magari a dodici anni imitandolo, o magari a vent'anni, ripensando a quando eri troppo piccolo per certe cose: ripensando.
 di più

editoriale di azzo

Recenti ed approfonditi studi in materia ci portano a teorizzare l’esistenza di una patologia psichiatrica diffusa ormai da oltre un trentennio, particolarmente insidiosa in quanto colpisce quasi esclusivamente giovani preadolescenti, spesso ancora impuberi, e perciò particolarmente esposti agli effetti nefasti della malattia. Chiameremo questa patologia MrCI (Malorockemia Cronico-Invasiva).
I dati raccolti mostrano che il male colpisce la maggioranza dei giovani e si manifesta con evidenti e bizzarri sintomi, i quali tuttavia, nella quasi totalità dei casi, regrediscono e scompaiono spontaneamente dopo un periodo che va da sei mesi ad alcuni anni.
In rari e nefasti casi, la malattia però cronicizza, ed il male non abbandona più lo sfortunato soggetto. L’epidemia più virulenta, che tuttora dispiega i suoi effetti, si è verificata in Italia nella seconda metà degli anni ’70.
Tali casi sono di difficilissima diagnosi in quanto l’agente infettante (il Malorock, appunto) esaurita la fase conclamata, vive in perfetta simbiosi con l’ospite al punto tale da non produrre più alcun sintomo apprezzabile, se non ad un occhio esperto.

Nella patogenesi del MrCI, la letteratura ha individuato alcuni agenti eziologici conclamati, fra cui possiamo citare: una remota trasmissione televisiva dal nome di un cinema a luci rosse, “Odeon - 1977/78”; le infezioni propagate sotto l’aspetto di servizi e articoli  da un famoso untore baffuto individuato in tale Michel Pergolani - 1976/79; situazioni di promiscuità ad alto rischio che favoriscono l’infezione, fra cui si ricordano gli eventi conosciuti come “Bologna rock - 1979” e “Clash in piazza Maggiore - 1980”; influenza di soggetti infetti provenienti da aree dove l’inquinamento ha prodotto verosimilmente mutazioni genetiche, fra cui si ricordano particolarmente le zone di Detroit (Michigan, USA), Akron e Cleveland (Ohio, USA), New York (omon., USA) e, in Europa, Dusseldorf (Germania), Londra, Sheffield, Manchester (Regno Unito). Sono inoltre stati rinvenuti pericolosissimi focolai anche in Italia, principalmente a Bologna e Pordenone.

Caratteristica del paziente affetto da Malorock, è avere perfetta cognizione della malattia (a differenza di altre pericolose alterazioni psichiatriche), ma di sviluppare una sorta di “sindrome di Stoccolma” per l’affezione, che lo porta a rifiutare le cure e anzi, a tentare il contagio del morbo proprio ai soggetti ove più bassa è l’immunizzazione. A titolo esemplificativo, citiamo il caso di uno stimato professionista (di cui citeremo solo le iniziali, Vr. Tx.) il quale deliberatamente tentava la contaminazione della figlioletta mediante contatto ripetuto con un pericoloso patogeno opportunista, conosciuto sotto il nome di “S.E.H.” (Safe European Home).

 di più

editoriale di kosmogabri

Razors pain you
Rivers are damp
Acids stain you
And drugs cause cramp.
Guns aren't lawful
Nooses give
Gas smells awful
You might as well live.

I rasoi ti creano dolore
I fiumi sono umidi
Gli acidi ti macchiano
Ed i narcotici causano crampi.
Le pistole non sono legali
I cappi cedono
Il gas ha un odore orribile
Tanto vale vivere.

 di più
editoriale di emofiliaco

Nel corso della mia umana avventura, prima di morire, qualche anno fa, ebbi modo d'incontrare buoni e, soprattutto, cattivi maestri.

Gli anni '90 furono una decade ricca di avventure sociologiche al riguardo: la gente stava male perchè faceva fico stare male e non di rado ci si imbatteva in falsi profeti, in buona fede, oppure in veri profeti, in cattiva fede. C'erano pure, anche allora, gli arrabbiati: d'altronde sono una categoria senza possibilità d'estinzione, perchè hanno capito che sopravvivere è qualcosa di aleatorio, e cosa c'è di più casuale del motto: "L'importante è essere incazzato: se poi si sa perchè, è anche meglio"?

Questa frittura mista, tra il "male di vivere" novantino e "l'incazzosità" del vero duro e puro, portò ad apici espressivi che ancora adesso, anche se sono nell'Aldila', ricordo con piacevole nostalgia: inutile dire che, più certe rivelazioni venivano inaspettate, più rimanevano scolpite nella mia memoria.

La più vivida ed illuminante di tutte, in particolare, avvenne in un'occasione insolita. Ricordo, come fosse ieri, quella trasferta a Monza: noi, in 100 stipati in uno spicchio del palazzetto che poteva contenere al massimo 20 persone, esclusi i celerini che dolcemente ci tenevano d'occhio, carta da culo che ci pioveva addosso da tutte le parti ed epiteti che erano appena, appena aggressivi...ma appena, appena eh!

Poi la folgorazione. Sulla tribuna opposta uno striscione: "Mangio merda tutto l'anno, ma a Natale panettone". Improvvisamente compresi che anche chi ci copriva d'insulti era umano, soffriva e mangiava cacca come noi. Gli anni son passati, di quella decade nemmeno le camicie di flanella son rimaste, io nel frattempo sono morto, ma anche ora da quassù, quando vedo qualche intemperanza, non posso non pensare allo sconosciuto, coprofago, "nemico" lombardo, che scrivendo quelle semplici 39 lettere, esclusi apostrofi e spazi, divenne mio, inconsapevole, buon maestro, in cattiva fede... Quindi ricordate: tenete sempre gli occhi aperti e non solo per evitare le sprangate.


 di più

editoriale di azzo

Sui quotidiani fa capolino la notizia che un manager e un imprenditore si sono suicidati a causa della crisi economica che gli imponeva (imponeva?) tagli al personale e conseguenti licenziamenti.
Commenti unanimi su tutti i giornali (è comparso persino un editoriale di Bifo), relativi alla spietatezza di questa crisi e lodi sperticate al senso umano e di solidarietà di questi due dirigenti, travolti dal senso di responsabilità.

Cerchiamo, se possibile, di non considerare la dolorosa vicenda umana e concentriamoci sui meccanismi in ballo.
La cosiddetta “spietata crisi” di spietato non ha proprio nulla. E' solo una delle naturali conseguenze di un sistema socio economico ampiamente accettato (anche dal sottoscritto).
Di più: Per il principio di responsabilità, se si approvano le premesse di una proposizione, si devono accettare poi anche le conseguenze.

In sostanza, questi imprenditori, questi apostoli del libero mercato, questi profeti della crescita continua, non le conoscevano le regole della concorrenza? Non sapevano forse come vanno gestite le “risorse umane”? Non ricordavano che il concetto di “Risk Management” postmoderno è di tipo finanziario e non più assicurativo o operativo?
No, non ci siamo. Mi dispiace (ma solo un po') per le eventuali vedove.

Ma ce n’è per tutti.

Poche settimane orsono, a seguito dell’annuncio di chiusura di una grossa azienda, ho avuto la sorpresa di imbattermi in un picchetto ai cancelli di ingresso, con tanto di bandieroni variopinti (!!!), di gazebo permanente e tazebao propagandistico.
Ma non erano proprio le stesse persone comuni che, intervistate in proposito, esprimevano una vibrante indignazione per i disagi che dovevano subire a causa degli scioperi dei ferrotranvieri? Non erano proprio loro a proferire terribili anatemi quando l’automobile appena acquistata non poteva essere consegnata a causa di una vertenza sindacale dura, che gurdacaso interessava proprio lo stabilimento di produzione della loro adorata vetturetta? Non erano proprio quegli stessi operai, ora barricati davanti ai cancelli, a fare facce schifate davanti all’occhio catodico che gli mostrava le violenze di quei facinorosi dall’altra parte del mondo che protestavano non si sa perché?
Anche in questo caso, mi dispiace (ma solo un po') per gli eventuali figli piccoli.

Abbiamo barattato lo status di cittadino per quello di consumatore, abbiamo scelto il migliore dei mondi possibili. Personalmente non mi lamento.
 di più

editoriale di odradek

Bettina è caparbia. Nel senso che non le basta una sconfitta, va incontro alla prossima armata delle proprie convinzioni e di una variazione della strategia, perché le sue convinzioni meritano d’essere sperimentate, meritano d’essere difese.
E da molti anni lo fa con una serenità che non le conoscevo, con una caparbietà che non sfocia mai nell’isteria della cocciutaggine, ma si rigenera con una calma a volte incomprensibile, per me. Perché da molti anni, ormai,  Bettina è buddista.

Vive in un paese della Lucania, fa l’insegnante. E fa un sacco di altre cose, incapace com’è di accantonare, nonostante tutti i casini, le proprie passioni: il teatro, la poesia, l’impegno civile.
E’ così caparbia che s’è convinta del fatto che se la pratica buddista è stata per lei tanto efficace poteva essere accolta e compresa anche dalle donne della sua terra, da casalinghe e contadine che conosce da sempre. E’ così che, un poco alla volta, nella casa di uno o dell’altro di questi amici buddisti, durante le riunioni di preghiera, insieme a giovani e intellettuali della zona cominciarono a fare la loro comparsa anche loro, le contadine e le casalinghe, adeguandosi al quieto spirito della preghiera.
E soprattutto sciogliendosi con naturalezza nel flusso ammaliante della recitazione del “Nam myōhō renge kyō”, l’antica invocazione che viene ripetuta divenendo un flusso sonoro (in fondo non dissimile a quello d’un rosario) nel quale le parole perdono i confini snodandosi sinuose come puro suono, reiterazione ipnotica.
Nella stanza affollata la marea costante delle voci andava ripetendo le misteriose parole d’una lingua sconosciuta, la loro poesia di suono e fiato, sciabordìo d’onde sonore.  Bettina era stupita dalla rapidità con la quale le anziane signore erano entrate nel mood di quelle riunioni di preghiera e dalla devozione che parevano manifestare, ripetendo il “Nam myōhō renge kyō”. Ma…
Ma c’era qualche variazione, un suono diverso, nella loro preghiera. Certo, la dizione giapponese delle anziane signore non poteva dirsi perfetta…
Si avvicinò quindi ad una di loro e scoprì che, nella concentrata devozione della contadina lucana, la complicata invocazione giapponese era divenuta altro, anche se nella marea di voci le differenze non si potevano cogliere: solo avvicinandoti riuscivi ad isolarle scoprendo una prodigiosa metamorfosi.
Sulle labbra della contadina il suono delle parole giapponesi aveva assunto i contorni d’altre parole, a lei più familiari. Ripeteva, come rapita dalla magia stessa del proprio recitare, la frase: " 'nta lu core s’incagliò, 'nta lu core s’incagliò, 'nta lu core s’incagliò…".

Cosa sia ad essersi incagliato, quale mare tempestoso l’abbia sospinto sin  negli anfratti d’un cuore, che natura possieda, questa cosa che incagliandosi prende posto in noi e diviene fonte di quiete, rassicurante presenza da invocare, per Bettina e per me, resta un mistero.
Ma mi sorprendo ancora, a distanza di anni, in un sorriso, quando penso all’invocazione più poetica che abbia mai sentito. E sento che qualcosa che non ha nome, chissà quando e come, anche nel mio cuore s’incagliò.

 di più

editoriale di azzo

La prima cosa che Aurore vide uscendo dalla stazione fu la statua di Garibaldi. Aurore è una slanciata ragazza francese che solca il mondo in ballerine rosse. Ha il viso sempre corrucciato e la si nota certamente non solo per le scarpe. Il primo giorno le rubarono le valigie; il secondo giorno, appena aperte le finestre, le rubarono il cuore. Da quel giorno sono passati due anni, ha deciso di restare: non vale la pena di vivere pensando sempre a qualcosa che non puoi avere o non puoi vedere.

Sta cambiando Aurore. I francesi hanno sempre quell'aria severa, di persone non disposte a farla passare liscia al primo stronzo giunto per caso da chi sa dove. A volte cammina per Spaccanapoli guardando tutto in mondo distante, alieno. Altre volte attacca a parlare in un napoletano così stretto che a me sfugge tutto via. Aurore deve decidersi.

Prendiamo la nostra piccola margherita piegata in quattro, avvolta in quella carta che tra qualche istante diventerà trasparente. Mi dice: "Ma come è possibile che nessuno gli dice niente? ...è un massone, un corruttore... e non ve ne frega un cazzo. E' un massone! ...come potete permettere una cosa del genere?"

Ci incamminiamo, la prima statua è quella enorme di Mazzini. Poi a destra c'è quella di Cavour, a sinistra quella di Garibaldi. Massoni e niente più, come le tartarughe ninja covavano nell'ombra. Mangiamo la nostra pizza all'aperto, all'ombra, in mezzo a queste verdi statue che sanno di decadenza, in questo caldo che sembra una maledizione.

"Aurore, Garibaldi scappò dall'Italia e si diede alla pirateria. Assaltava tutte le navi che incontrava lungo il corso del Rio Grande. Entrò in Sicilia in silenzio e cominciò a corrompere tutti con i soldi degli inglesi, ad ottenere il consenso con la forza dei briganti. Aurore, leggi quello che ne pensava il futuro Re d'Italia di Garibaldi... Ti divertirai. Aurore, ma tu immagini cos'era Napoli prima di Garibaldi? Qui c'è gente che ha visto il mondo senza mai uscire dal proprio vicolo. Eravamo... lascia perdere, Aurore."

Lascio perdere, lei lascia perdere. Mi guardo la pizza tra le mani e a quella penso. Aurore prende la bottiglietta d'acqua, svita il tappo e prima di avvicinarla alla bocca le scappa una risata leggera, di quelle ambigue e intrattenibili perchè sincere. Mi fermo mentre avvicino la pizza alla bocca. Le dico: "Fammi capire Aurore: ridi da francese pensando ai Borboni; agli inglesi sempre a confabulare... o ridi da napoletana, immaginando la statua di Berlusconi?"
 di più

editoriale di azzo

Ma adesso, dimmi te, se io, per un venerdì che non sono a girare balordo le piole, me ne torno a casa presto, e non mi imbatto in una delle sue balle. E guarda se non devo ficcarmi in qualche sito a vedere cosa succede in giro nel mondo, invece di stare ad ascoltare un dischetto ed andare a dormire. Ma non sono capace, no, e mi girano pure, come fossi un francese che guarda passare Bartali.

L'anno scorso, prima delle elezioni, comprò Ronaldinho. Quest'anno vende Kakà. Ma ieri diceva che non si sarebbe deciso nulla fino a lunedì (ad urne chiuse, non si sa mai). Oggi siamo ad un: "Vediamo domenica". Ma l'hai finita di cercare di pigliarci per il culo? L'hai già venduto ed ancora neghi? Oh, bello, io son solo contento che dai via uno dei migliori giocatori al mondo, così non vincete nulla per qualche altro anno, ma per una volta nella vita, puoi dirci come stanno realmente le cose? A me non importa nulla di quel che racconti. Se hai una vita sessuale degna di un riccio o meno. Chi ti scarrozzi in giro sugli aerei di Stato. Se hai le extensions oppure no. Solo, hai presente la differenza tra verità e menzogna?

Volevo farVi una compilation, un mix-tape. Impossibile. Avrei dovuto scrivere un editoriale in diciotto puntate. Ho messo il suo nome, associato a bugie, in ricerca su Google. Sapete quanti risultati mi propina? Seicentoventiquattromila. Più di Mordecai Richler e Bèla Tarr messi assieme. Per fortuna, un decimo di quelli dedicati a Jim Carroll.

E sono ridotto che mi faccio un po' schifo anch'io. Ancora a parlare di lui. Come se la vita non mi riservasse di meglio. Come se fosse importante. Come se domani non vedessi il sorriso di lei. Come se non potessi oscillare a 180 bpm ed essere felice. Mangiare pesce e bere Lugana. Stappare champagne ascoltando il nuovo The Field.

Se una risata lo seppellisse...

 di più

editoriale di Hybris

Ieri notte mi sono arruolato nelle truppe aeree di autodifesa. Siamo partiti con la prima luce del mattino, l'asfalto dell'aerodromo era ancora fresco dopo la nottata, anche se io in realtà già durante la notte ero partito (colpa dell'addestramento, s'intende), così stavo già volando mentre salivo sull'aereo, e ancora volo. Questi aerei con motori scoppiettanti. Ci hanno portato ai controlli delle mitragliatrici, delle armi, dei radar e delle bombe. Tutto molto preciso. Non si sapeva dove si stava andando o cosa si stava facendo, ma almeno lo si faceva con ottima precisione. In quel momento avevamo tutti lo stesso suono in testa: il CLAC del puzzle che combacia perfettamente con tutto il resto. Facevamo tutti grandiosamente CLAC, e sorridevamo piano nella pacata luce delle cinque e mezza, alcuni ancora mezzi intontiti. Sotto di noi volava tutto: le elezioni, gli scandali, le rivoluzioni, gli scioperi, le proteste, le azioni, tutto. Le crisi, le famiglie, le banche, i casi finanziari. Noi andavamo più in alto, designando obiettivi strategici sul territorio, radendo al suolo posti che dall'alto sembravano fatti di pongo. Niente di reale, tutto molto distante, tutto molto ubriaco. La gente era là sopra e sparava. Nuvole come polvere da sparo. E noi sparavamo. Io non ero addetto alle mitragliatrici perchè mi ero dimostrato particolarmente degno durante l'allenamento la notte prima (circa 4 litri di allenamento), così quando fu il momento fui io a dire alla bomba: "Ciao, tesoro, ci becchiamo dopo" e CLAC, la buttai giù. Non avevo la minima idea nemmeno dello stato in cui ci trovavamo, anche se avevo un'idea piuttosto precisa del MIO stato, e non era proprio uno stato da CLAC. Ma lo feci lo stesso. Perchè il pongo m'è sempre stato sul cazzo. E così quando sono tornato a casa dopo tre ore e il mio coinquilino mi fa: "Beh, che hai fatto?", io gli ho solo risposto: clac. Volavo ancora sopra a tutto. Uno stormo di rondini, bruciate dal calore atomico. A comporre la faccia del nostro premier. CLAC. E io volavo ancora sopra a tutto, e chissà quand'è che noi bombaroli ci decideremo a scendere giù...

 

 

 di più
editoriale di emofiliaco

Vorrei confidarvi un segreto:

Io Internet la pago: si, insomma, ho il mio bel contratto con un server che per il servizio, ogni due mesi, mi manda un bollettino di circa 80 euri.
Su Internet ci faccio tante belle cose: tengo 1 blog, interagisco con voi su DeBaser, ho i miei cari account su 6 Social Network (et similia) e frequento, con una certa assiduità, i siti di almeno 5 Quotidiani (2 italiani, 1 spagnolo, 1 inglese ed 1 americano) online...più, magari, altre amenità che ora non mi vengono in mente.

Tutto questo, anche se posso averne la sensazione, non è affatto "agggratttiss" ma mi costa una cifra ben precisa.

Qualche settimana fa, ho beccato l'amico Murdoch ad affermare che entro un anno tutti i siti dei suoi giornali (ed ad occhio e croce sono tanti) saranno a pagamento perché "Siamo nel bel mezzo di un dibattito epocale  sul valore dei con­tenuti ed è palese che il model­lo attuale non funzioni bene per molti giornali. Noi siamo stati all’avanguardia di questa discussione e siamo fiduciosi di poter trovare un nuovo mo­dello. I giorni attuali dell’Inter­net finiranno presto".

Ora io sono sicuro che il mio amico (come del resto tutti i tycoon, come Silvietto nostro, del mondo), oltre che avere probabili partecipazioni in grosse fette dei Server di tutto il globo, è a conoscenza che: A) Internet già di per se non è gratuita B) i grossi introiti di qualsiasi sito derivano dalle inserzioni pubblicitarie.

Se non fossi sicuro che sia solo avidità (e che la crisi globale dell'editoria cartacea sta provocando grossi stati di anossia cerebrale) il mio essere perfido mi farebbe pensare che l'amico australiano voglia far pagare, ora, un servizio preciso per poi magari avere la scusa di spostare il tiro più in la e chissà dove...

In attesa di questa, annunciata ed ennesima, rivoluzione del web, attendo con impazienza che la stampa ritorni ai caratteri mobili di Gutenberg(h)iana memoria: così, tanto per abituarci a certi passi in avanti.

 di più

editoriale di Targetski

Casa mia, riflettevo oggi guardando fuori dalla finestra, è circondata dalle case di quattro vedove: due verso nord, una a est, una a sud. Soltanto il lato ovest è libero da vedove, dando sul giardino di un’abbinata in cui abitano due giovani coppie con figli: è il lato che mi piace meno.

Le quattro case vedovili sono molto grandi e sono tutte sviluppate su due piani. Quella che volge verso sud la frequentai molto spesso da bimbo: la ricordo come una casa eccentrica, dall’aria tardo-ottocentesca, con grandi specchi appesi alle pareti e la moquette a coprire i pavimenti nelle stanze buie del piano terra. La vecchia abitava soltanto il piano superiore, già a quel tempo: giù rimaneva soltanto un odore stantio, di legno e di castagne, che impregnava come un veleno tutti gli oggetti, immersi in una coltre nera e marrone. Nei giorni successivi alla mia prima comunione ebbi modo di entrare anche nella casa della vedova che guarda a est, per portare a lei e a suo marito, allora ancora in vita, la bomboniera: un coniglio di porcellana porta-cotone. Vidi soltanto la cucina, che era una stanza piccola e scialba, con piastrelle sui muri, un tavolo rotondo e una credenza dall’aspetto economico. La casa, enorme, deve avere almeno altre dieci stanze, le cui tapparelle ormai sono sempre chiuse: l’odore di quelle stanze deve essere l’odore del mondo vent’anni fa – quando per l’ultima volta la signora e il signor Galiazzo si sentirono parte integrante delle cose.

Oggi le quattro vedove sopravvivono all’interno di sistemi troppo grandi, su cui non calzano più i loro fianchi emaciati dalle malattie: nelle stanze chiuse si accumula polvere invano, e le cellule vitali che le vedove si sono ritagliate dentro le proprie case si riempiono di bollette e medicine, di guide ai programmi tivù, scialli e coperte. Di tutte le fredde cose che dureranno più di loro.

Il momento più brutto delle mie giornate è quando guardo fuori dalla finestra e vedo loro che mi vedono guardando fuori dalla finestra. Nei loro occhi leggo l’assurdo senso di colpa per la propria casa troppo grande, ma leggo anche un livoroso compatimento verso l’intera umanità. Mi guardano, e pensano che abitiamo tutti in posti troppo grandi, su cui ritagliamo cellule vitali che rappresentano solo il peggio di noi. E poi riaccostano la tenda, con un sorriso di catrame. di più

editoriale di azzo

Va tutto bene. Va tutto bene, ma come, questa è la legalità ma la legalità civica diventa anche l’ordine naturale, e qualunque persona di buon senso, che poi non è altro che uno che condivide usi e costumi come donne e buoi dei paesi tuoi dicevano i vecchi, vedi che poi non è cambiato un granché? - dicevamo? Ah, si, dicevamo che chiunque vede, anzi sente, sente dentro, lo sai che vedere e sentire e percepire sono adesso sinonimi, lo sai vero? Chiunque dunque sente che questo è il cuore pulsante e produttivo e quindi con che diritto qualcuno come te si permette di irridere alla legalità e pretende di trovare un’altra possibilità, ma come, qui è tutto collegato causa effetto, si, causa effetto, come un orologio, tic tac ho detto non tic toc come dici tu, abbiamo stabilito che si fa tic tac.
Ma forse che non esiste la morale e la natura e forse che non devono andare a braccetto altro che, come dici tu, se ne strafottono una dell’altra, altrimenti la persona umana dove la metti la persona umana che è l’anello di congiunzione fra morale e natura, su questo saremo d’accordo che la persona è al centro di tutto no? Ma neanche su questo, che ancora insisti con quella stupida distinzione fra le persone e il loro ruolo, ma cosa sono le persone senza il loro posto ordinato, sono solo gambe e braccia e interiora e umori, e infatti quando le persone non hanno il loro posto in fila cominciano ad agitare gambe e braccia e versano umori e muovono interiora, vuoi forse il caos primordiale? E anche quell’altra obiezione com’era? Che tu dici che i ruoli riducono la vita a teatro che la vita non è un teatrino e il ruolo me lo metto e me lo tolgo si, me lo hai già detto, cambia musica che se fosse come dici tu allora non dovrebbero essere sensibili al copione mentre invece sensibili al copione lo sono eccome, e non darmi del reazionario che non c’entra, non vedi forse che opulenza e libertà sono diventati sinonimi e allora cosa vai cianciando di libera scelta, che la scelta non la vuole nessuno, che se così fosse allora dovrebbero esserci i muri vuoti e le televisioni spente e invece se non glielo diciamo noi quello che devono scegliere si sentono persi come i cani senza branco e senza capo e almeno i cani assorbono i valori sociali a suon di morsi e randellate e non spontaneamente come te e me. Anzi sai che ti dico che qui io e te sembra sembra che sosteniamo tesi differenti, in realtà la nostra individualità è regredita nel branco sociale e parliamo parliamo ma come in teatro recitiamo la parte, vedi che è così, la persona è il suo ruolo, e quindi se vogliamo capire la motivazione che ci spinge in questa contesa l’unica motivazione è la motivazione all’acquisto e l’obbligo associativo, questa è cultura caro mio, non le tue parole vuote di significato, perché così è facile, e sei anche disonesto perché una volta trovata la chiave della saggezza quelli come te smettono di pensare, cosa c’è di più facile, le cose belle sono belle e cosa c’è di più bello di amare l’amore e odiare l’odio, si, bravo, ma la merda chi la spala, si la merda, quella chi la spala, chi lo fa il lavoro sporco e lo sai che non si può fare un po’ per uno e allora lo faccio io che tu la chiami becera affabulazione e sofismi gesuitici ma credi che sia facile stare dietro a voi anime belle che sfarfallate a destra e a manca e poi appena potete cambiate la macchina con una che inquina meno e dite che è una cosa fatta bene, come cosa c’entra, c’entra eccome e se non capisci nemmeno questa smetto di parlare.

 di più

editoriale di odradek

Viviamo in tempi difficili, a parte la crisi, lo sanno tutti che son tempi difficili. Mi stupisco sempre quando mi accorgo che nonostante i tempi difficili, spesso molto difficili, la poesia trova il modo di manifestarsi. Mi commuovo, quasi.

Quando vinci un Premio di quelli che c’è anche l’Alto Patrocinio della Presidenza della Repubblica, che devi andarlo a ritirare proprio nella Capitale, con il Presidente e tutto, ti trattano abbastanza bene, bene direi, tipo che hai la tua bella stanza in un albergo in centro e quando scendi c’è l’automobile sotto con l’autista. Ed è li sotto per te, a tua disposizione che magari hai bisogno di fare dei giri o anche solo provare com’è, che anche se sei un regista premiato mica è detto che l’hai già fatti, dei giri con l’autista.

Così c’è questo autista di automobile a noleggio con autista che è un signor autista, uno che fa anche piacere ascoltare quello che dice, che ne ha portati tanti in giro. Dice che l’unico che non vuole più portare è Scamarcio, che lui l’ha proprio detto alla produzione, non ha voluto neanche i soldi per quella volta che l’ha portato, che poi la produzione glieli ha voluti dare lo stesso i soldi, hanno detto che è così con tutti Scamarcio e di scusarli, che non lo mandavano più da Scamarcio.
Dice l’autista “quel burino, non si può permettere de comportarsi così con me, con me che l’ho portati tutti e mai nessuno s’è comportato così, con me che s’ò l’unico a Roma a stà da solo in machina co’ Nicol Chiddman".

Allora se sei il regista premiato seduto dietro, glielo chiedi: e come mai da solo con la Kidman? E lui ti dice che siccome che er bodi gard stava male e siccome che lui ha fatto arti marziali, ha fatto da autista e anche da bodi gard, alla Chiddman.
E com’è la Kidman gli chiedi un po’perché sei curioso e un po’ perché la domanda lui se l’aspetta , e lui subito ti dice ‘na vera signora, gentile, semplice, io poi so’ uno che le donne je piace guardarle in faccia, un filo de trucco, ‘na bambola.

Poi dice quella cosa che tu non la dimenticherai e quando tornerai da Roma la racconterai anche a me e io poi la scriverò qui e ci sembrerà bellissima e la useremo sempre, pensiamo, per parlare di una donna che ci piace tanto, e che prima non sapevamo come dirlo, sempre le stesse frasi, niente che dicesse davvero la poesia di quando una donna ti piace così tanto.
Dice: ‘na bambola, je staccherei la testa e la metterebbi sul commodino.

P.S. A quel Premio così importante, che l’evento e le riprese televisive e il Quirinale gli alberghi le cene e tutto il resto costerà ‘na cifra, a quel Premio io pensavo che si, e anche il regista premiato pensava che si e poi l’ha scoperto sul posto che invece no, il premio in denaro non c’è. Manco un euro.
 di più

editoriale di staff

Cari utenti di DeBaser,

0) ci sono nuove(?) regole sul banning

1) sono stati bannati alcuni nick che avevano stufato

2) questo sito è di tutti, ma non di nessuno, si fa quello che si vuole fino ad un certo punto: vi piacerebbe che un dinosauro venisse a cagare nel Vostro cortile tutti i giorni?

3) gli editors ed i banners sono entità distinte: inutile indagare, inutile leccare culi

3a) gli editors decidono cosa pubblicare

3b) i banners decidono chi bannare in base al comportamento generale

4) per contestazioni scrivere a claaudio@debaser.it che è la mail di banners

5) nel banning si tiene conto dell'anzianità e del ranking delle persone

P.s.: E' un po' che lo diciamo, ma molti se ne fottono, si può andare a giocare in un sacco di posti, nel Nostro giardino del suono, un po' ci siamo rotti il cazzo. di più

editoriale di sfascia carrozze

Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta l'essenza della dignità umana. Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola.

Giovanni Falcone

Sono passati 17 anni dalla strage di Capaci. Mi chiedo, se avesse modo di vedere in quali condizioni sono ridotte e di quali personaggi sono composte oggi le istituzioni dello Stato Italiano, se pronuncerebbe le stesse parole. Forse si. Forse.

 di più
editoriale di c'è

A Torino non c'è niente da vedere. Torino è la FIAT, e la FIAT è Mirafiori. Il nostro monumento al capitalismo è un muro di 14 chilometri che separa la fabbrica da tutto il resto. Soltanto fisicamente però, perché Mirafiori è molto più che un quartiere operaio. Mirafiori stesso è una fabbrica. Di giorno un parcheggio, di notte un dormitorio.

Mirafiori è un quartiere relativamente giovane, eppure tutto cade a pezzi. Il 90% degli edifici non ha visto la guerra ma è come se lo avesse fatto. Tra i muri fatiscenti delle case popolari soltanto una cosa è nuova di zecca, l'insegna del PD. Di tanto in tanto facce note escono da quella sede e promettono agli operai, ma la gente di questo quartiere sa che non bisogna fidarsi di nessuno. Che io ricordi, il silenzio surreale che circonda Mirafiori è stato spezzato soltanto da sirene di volanti, ambulanze e, raramente, dal boato di un proiettile.

Quando Elvis mostrava in televisione quello che aveva imparato dai neri, il mio palazzo e come lui quelli a fianco non esistevano ancora. Al loro posto soltanto fiori, campi, e tante mucche che vi pascolavano. Quando Elvis mostrava in televisione quello che aveva visto fare ai neri, da Mirafiori, di giorno si vedevano le montagne, e di notte le stelle. Niente parallelepipedi di cemento a disegnare l'orizzonte, niente monossido di carbonio tra un respiro e l'altro. Eppure Mirafiori è un quartiere inspiegabilmente orgoglioso. Così orgoglioso da celebrare la sua breve storia raccogliendo foto, documenti e testimonianze di chi, quando Elvis mostrava in televisione quello che aveva copiato dai neri, semplicemente c'era.

Oggi, davanti ad una piccola fetta di quel muro, c'è una mostra in allestimento permanente che insegna ai giovani l'importanza di una memoria condivisa e ricorda ai vecchi quanto la vita sia breve. Ci sono le foto di un luogo che non esiste più, ci sono racconti che valgono più di mille parole. Uno recita così: "C'era un bel ragazzo alto, biondo, occhi azzurri, che passava le giornate a suonare la chitarra e a cantare in cortile per la gioia di noi bambini. Un giorno il bel ragazzo biondo non si vide più. Lo avevano ammazzato mentre tentava una rapina con una scacciacani". Anna, classe 1950.

Anna non ricorda, e forse non sa, se quel ragazzo mandasse a memoria - come Elvis, come me - la lezione dei neri. Tutto quello che so è che ora, nel silenzio ovattato di Mirafiori, se chiudo gli occhi, quei campi, quei fiori, riesco a vederli. di più

editoriale di carlo cimmino

Noemi Letizia ha diciotto anni. E' alta, bionda, ha due tette grandi quanto due meloni. Figlia di un impiegato comunale, abita a Portici, studia da grafica pubblicitaria, vota centrodestra e da grande, dice, vuole fare la politica e la showgirl. Le piace cantare. Apicella, Sal Da Vinci e Natale Galletta. In un'intervista pubblicata di recente da un popolare settimanale nazionale di nota ispirazione comunista e proletaria ("Chi"), ha candidamente dichiarato di essere vergine, giacché "La verginità è un valore importante".
Noemi è una ragazza come tante, ma è soprattutto un'amichetta del presidente del consiglio. Alla sua festa di compleanno, tra una pizza e un crocchè, c'era anche lui. Berlusconi. "Papi" ha dispensato sorrisi, pacche sulle spalle, baci abbracci e collier. Si è abboffato di zeppole e panzarotti e si è fatto fotografare con cuochi e camerieri, vecchi e giovani, guardie e ladri. Qualche stronzo di passaggio. Poi, satollo, è rientrato a casa.

Arcore. Veronica Lario è la moglie di Berlusconi. Le piacciono assai le sfogliatelle e, quando il marito è tornato da Napoli a mani vuote, lo ha lasciato. Allora tutto è passato in secondo piano. Crisi economica, il terremoto, la pericolosa influenza suina. Berlusconi ha parlato del solito complotto di giornali e televisioni (che infatti non parlano d'altro da giorni). Poi ha aggiunto che la colpa è di Ancelotti che si ostina a tenere fuori Ronaldinho.

Tre maggio. Herat. Afghanistan. Una bambina senza nome viaggia in automobile in compagnia della madre e di altre tre persone. I cinque sono diretti ad un matrimonio e l'automobile è una vecchia Toyota Corolla. Lo stesso modello sul quale quattro anni fa viaggiavano Giuliana Sgrena e Nicola Calipari. La bambina ha tredici anni. Se ne frega di Berlusconi, della crisi economica, dell'influenza suina. Non le importa nulla persino di Ancelotti e di Ronaldinho.
Sono le undici del mattino a Herat. Piove e la bambina sta sempre viaggiando su una fottuta Toyota Corolla bianca, quando l'automobile incrocia una pattuglia dell'esercito italiano. I militari sparano. La bambina senza nome muore. La sua faccia viene spazzata via da una raffica di mitragliatore.
La bambina rimane per sempre senza volto. E senza nome. Ho cercato inutilmente su tutti i quotidiani del nostro paese.

Sui giornali hanno scritto che la Toyota Corolla è una delle macchine maggiormente segnalate come possibili autobomba. Figli di puttana.
 di più

editoriale di the green manalishi

Mi sono chiesto tante volte che cosa sia la depressione. Quale migliore occasione per scoprirlo se non adesso, con questa crisi, che ha colpito tutti, nessuno escluso? Nascere, vivere una gioventù idilliaca, spensierata e protetta dalla scuola e la voglia di studiare, avere un’intelligenza tale da permetterti di andare avanti a studiare finché vuoi. Finché non arrivi alla resa dei conti, alla tesi, e poi vieni sbattuto nel mondo del lavoro. In piena crisi. Come un orfano lasciato al freddo fuori dalla porta a gennaio: le altre porte, quelle della società, sono tutte chiuse, sigillate. Comincio a capire che cos’è la depressione.

Quando trovi le porte chiuse, o quando il solito imbranato raccomandato ti frega il posto di lavoro al quale hai più diritto e merito di lui, e soprattutto del quale sei migliaia di volte più degno, quando sembra che la società non ti voglia avere fra i piedi  o ti voglia solo per le mansioni da porcaro, quando tutto questo accade, bisogna anche inventarsi un modo di reagire.

Mi iscrivo presso un ufficio di collocamento pubblico della mia Provincia, mi ridono in faccia quasi solo perché mi sono presentato, e poi come se niente fosse, alla fine di un inutile colloquio mi dicono:“Ha provato ad andare dagli uffici di collocamento a pagamento? No perché sa, noi quasi sicuramente non la chiameremo…”. Ah, che bello spreco di denaro pubblico. Un disoccupato ce li ha quei soldi per pagare un procacciatore di mestieri a percentuale? La depressione comincia a prendere piede.

Che cosa mi tiene legato qui dunque? Che cosa mi trattiene dall’andare a vivere in una a baita a 1500 metri di altitudine, lontano da tutto e da tutti? Perché questo mondo schiavo dell’economia non può o non vuole farmi vivere come i nostri avi ancestrali, senza bisogno alcuno di quello sporco denaro.

Mi hanno offerto un posto da simil sguattero in un ristorante di terza categoria. Prendo un decimo di quello che il mio nuovo diploma mi permetterebbe. Ma questo decimo mi permette ciò che il mio diploma non mi fa prendere. Alla fine il diploma è solo un pezzo di carta grazie al quale qualche tonto ignorante si ricorda di chiamarmi “dottore”.

Chissà come sarà, quando, nelle rare pause del mio mesto lavoro, uscirò dalla porta sul retro con un sacco dell’immondizia sulle spalle, e mi fermerò pochi secondi a rimirare i monti oscuri nella notte. Vedrò una luce brillare lì in mezzo ai miei monti e capirò che forse lì mi sentirei veramente a casa.

 di più

editoriale di azzo

Rassegna stampa di un nove maggio qualsiasi.

Berlusconi: "La sinistra vuole un'Italia multietnica, noi no". Ho smesso da tempo di sapere se sono di sinistra o di destra, certo non sarò mai di centro. Mi ricordo i viaggi adolescenziali a Londra o Parigi. La metropolitana. I visi, i pensieri, le lingue, i cappelli, i sorrisi, gli odori, i concerti che mi aspettano da qualche parte. La scoperta di essere un cittadino del mondo. I negozi aperti a qualsiasi ora. Il reggae al Carnevale di Notting Hill, l'hip-hop nella spianata davanti al Beaubourg. Gli occhi di Hadija sulla spiaggia di fronte a Mogador, anni dopo. Hendrix e Brian Jones. Una sera a Douz, a guardare i Berberi, mentre il sole tramonta, tornare dal deserto.

Ancora il tipo con il lucido da scarpe sulla testa: "Secondo i sondaggi, tre italiani su quattro sono con me". Mi sento solo. Sono il quarto? Tra un po' saranno quattro su cinque, poi nove su dieci, poi… Poi andremo in montagna, perché ci avranno messo delle telecamere in casa. Un unico canale televisivo, un unico giornale, un unico sito (non credo si chiamerà DeBaser), un unico cantante (non ho ancora capito se sarà Vasco o Giovanotti), un unico libro: la biografia di uno che usa i rialzi nelle scarpe scritta da Bruno Vespa.

Tale Noemi al Times: "Premier non è mio padre". Rimpiango la Pravda. La Verità. Morirò senza figli. Nessuno che mi chiamerà: "Papi". Di sicuro, ne avessi avuto uno, di figli, gli avrei proibito di chiamarmi così.

"Dopo quarant'anni, stretta di mano tra le vedove Pinelli e Calabresi". Che belle persone devono essere state Giuseppe Pinelli e Luigi Calabresi. L'anarchico ed il commissario. L'anti-stato e lo Stato. Leali e devoti alla causa. Combattendosi con rispetto. Rispetto, che parola meravigliosa, rovinata, come sempre, dall'abuso. In ogni caso, le Signore Pinelli e Calabresi, per quanto possa valere, hanno il mio Rispetto.


 di più

editoriale di emofiliaco

Nel 1644 Gian Lorenzo Bernini subì l'umiliazione di veder abbattuto il campanile, da lui realizzato sulla facciata della Basilica di San Pietro. Il motivo era un'infamante accusa: "Problemi di statica".
Arrabbiatissimo per l'affronto ricevuto il nostro eroe intraprese una personalissima e poetica vendetta e cioè si mise a lavorare su quello che passerà alla Storia (maiuscola non casuale), oltre che come la sua opera più "personale", come uno dei monumenti più rappresentativi del Barocco: "La Verità svelata dal Tempo".
Il Bernini realizzò (ma lasciandolo incompiuto) questo capolavoro per se stesso e per la sua discendenza e tale rimase fino al 1924 quando entrò in possesso della galleria Borghese.

Mescolando la propria (sublime) arte con quella michelangiolesca e prendendo spunto dalle matrone dipinte da Rubens, Bernini diede alla Verità l'aspetto (nudo e sorridente) di una giunonica (grassa?) donna colta nel plastico momento in cui il lenzuolo che la copriva viene tolto dal Tempo (la cui figura non fu mai realizzata dallo scultore, lasciando il gruppo incompiuto).

Il messaggio del Bernini era chiaro: "Tutti i nodi, prima o poi, vengono al pettine e io, anche da morto, starò li a godermi il momento".
 
Compiendo un salto temporale di quasi 360 anni avanti, l'apparentemente presuntuosa sicurezza del nostro appare ben poca cosa davanti alle mutue affettuosità tra amici che gli odierni "artisti" si scambiano con i loro compari "critici", in una spirale di compiacimento onanistico dove non si capisce più bene chi si stia prostituendo e chi invece stia comprando la "prestazione". Un ragionevole dubbio (ed un brivido blu lungo la schiena) mi assale quando penso che, alla fin fine, il Bernini, lavorando soprattutto su commissione (come quasi tutti i suoi contemporanei), era a tutti gli effetti una "nobile puttana" (per non essere un peso?) e che "La Verità svelata dal Tempo" oggi verrebbe considerata come la sua unica vera e propria opera "Indie". Ma si sa che ad ogni epoca i "massimi sistemi" cambiano: almeno speriamo che non arrivi mai nessuno nella Sala VIII della Galleria Borghese a chiedersi "Cos'ha da ridere 'sta ciccionazza?". A tutt'oggi sarebbe dura spiegarglielo.
 di più