editoriale di editors

"Prima di scrivere una recensione è bene che tu sappia che..."
Una recente indagine statistica ha dimostrato che il 3,5% dei de-recensori DeBaseriani legge le regolette di scrittura (i requisiti minimi per essere pubblicati su queste pagine) mentre il 96,0% spunta il famigerato 'quadratino' millantando di averle lette; sul restante 0,5% brancoliamo tuttora nel buio.
La stessa indagine afferma che gli editors sono in preoccupante rischio di estinzione: tre/quattro esemplari sono stati avvistati di recente; uno dichiarava di volersi dare definitivamente alla macchia a breve. Gli altri stavano per essere stati stroncati dalla fatica e dalla noia di correggere mancanze di spazi, accenti, maiuscole, aggiungere copertine e così via.
Quattro/Cinque (dopo lo 'STOP' qualcuno fiduciosamente è rientrato nei ranghi) cocciuti esemplari attorniati da una folta pletora di avidi de-recensori che PRETENDONO tout-court di essere editati&pubblicati ma che spesso non fanno neanche lo sforzo di rileggersi prima di inviare (e indovinate a chi tocca l'improbo compito?) le proprie immacolate de-pagine. Altri strani esemplari inviano una recensione al giorno (neanche glielo avesse caldeggiato il medico) o si sono scordati che c'è un motivo se i caratteri consigliati sono 1800.
Sul serio... dietro DeBaser non c'è uno stuolo di folletti (bensì di folli) che dà un colpo di bacchetta magica alle recensioni che PUFF, appaiono belle e editate in homepage. Ci sono alcune persone che sacrificano il proprio tempo a questo scopo. Almeno un grazie, e che diamine.
Tanti, troppi, non si curano di leggere la pagina delle semplici regole de-basiche: quei pochi suggerimenti per scrivere una de-recensione accettabile e de-cente. D'ora innanzi noi non ci cureremo di più di salvare l'irrecuperabile e pubblicarli.
Ricordiamo quindi ai Signori de-recensori:
www.debaser.it/tuarecensione.aspx ------- Regolette
www.debaser.it/help.asp#recensionecome -------- Come si scrive una recensione?
Campagna per un DeBaser scritto con più mani e meno piedi (e un pò di cervello).
Scrivete a: editors@debaser.it

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editoriale di sfascia carrozze

Cosa cerchiamo on-line quando su DeBaser abbiamo già tutto?

Su DeBaser non voglio leggere necessariamente l'anima del recensore, le Sue emozioni o capire se sono simili alle mie; se avessi necessità di info su Juana Molina DeBaser me le deve fornire anche se apparentemente potrebbe sembrare un sito come tanti altri.

Di fatto non lo è.

Io voglio tutto, non solo le emozioni, voglio capire non solo se una cosa fa tremare un'altra persona come fa tremare me.

Ciascuno deve trovare ciò che vuole, anche con feticismo, anche come un lurido voyeur, come il più gretto dei guardoni di anime.

Ma anche no.

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editoriale di sfascia carrozze

Cosa cerchiamo on-line quando su DeBaser abbiamo già tutto?

Su DeBaser non voglio leggere necessariamente l'anima del recensore, le Sue emozioni o capire se sono simili alle mie; se avessi necessità di info su Juana Molina DeBaser me le deve fornire anche se apparentemente potrebbe sembrare un sito come tanti altri.

Di fatto non lo è.

Io voglio tutto, non solo le emozioni, voglio capire non solo se una cosa fa tremare un'altra persona come fa tremare me.

Ciascuno deve trovare ciò che vuole, anche con feticismo, anche come un lurido voyeur, come il più gretto dei guardoni di anime.

Ma anche no.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Ogni volta che sono annoiato così tanto da accendere la televisione, i messaggi indirizzati alle donne mi offrono sempre questa insidiosa impressione di frequentare umane da tempo rinchiuse a chiave in un manicomio. Una vagina incarcerata dentro la pubblicità di psicofarmaci: l'unico regalo che riesca a venirmi in mente per farmela venire in mente. A meno che non abbia già pensato al comodo vestitino rosso attillato nel quale sembra godere come un cane che si strofina le palle contro un albero. La pubblicità destinata alle donne sembra sempre preparata per persone stupide.
Quest'anno, scartato il vestitino rosso e i sedativi, per avere un'idea su cosa regalare sono stato costretto ad accendere la televisione. La ragazza irlandese con cui ho passato il Natale non è sicuramente stupida, così avevo già pensato e provato senza successo un lettore di file MP3, un dispositivo GPS, un figlio mancato di un soffio, un sistema operativo che permetta alla fanciulla di aggiungere nuove applicazioni, uno schermo ad alta risoluzione, un vibratore che le permetta di raggiungere l'orgasmo, una radio, un lettore di feed RSS, un lettore digitale di immagini, un client MSN Messenger e Skype, un cane abbandonato, un uomo da abbandonare e (se non mi veniva un elettroshock) persino un browser web che gestisce applicazioni Ajax: ho provato tutte queste cose solamente osando accendere un telefonino cellulare perchè il mio me l'avevano fregato da due settimane.
Decido di guardare la pubblicità di una bonazza in un canale a caso. "Oxygen Power è una nuova gamma di prodotti di bellezza fatta col 15% di ossigeno". La bonazza è giovane, fatta proprio bene, più bella di qualunque ragazza irlandese a cui possa mai capitare la fortuna di scoparmi a Natale, più interessante di chiunque possa mai avere la fortuna di darmi in regalo una boccata di ossigeno.
La bonazza gentilmente si schiaffeggia le coscie e lascia che cominci la magia. Dall'altra parte un esercito di ipotalami arrapati siede ingrassato su un divano, probabilmente invecchiando o grattandosi i coglioni per stimolare qualche pensiero intelligente dopo lo stufato degli ultimi pensieri di un agnello.
Ma davvero la multinazionale Nivea è riuscita a far felice questa ragazza irlandese? Ha davvero ritenuto necessario pagare uno scienziato per sbarazzarsi di un 15% del vecchio liquido miracoloso che fece felice quella ragazza francese l'anno scorso? Sostituirlo con quella cosa che respiriamo e pagare un economista per dare a questa un prezzo adeguato all'inflazione?
La bonazza ha due tette gigantesche e immagino quanto la faccia soffrire che il suo ex sia andato a vantarsene in giro, una cosa che non ho mai avuto la fortuna di regalarmi per Natale.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Sui gradini di San Martino de' campi (di grano? di guerra?) in Trafalgar Square, un'Associazione per i diritti umani organizza una lettura collettiva di poesie blasfeme, racconti di una manciata di puttane accoppate e uomini inculati dalla fortuna o forse inculati troppo in anticipo sui tempi.
La legge per blasfemia grazie a Dio è un ricordo lontano nel mondo occidentale, almeno per chi continua a farsi i fatti propri o prenda tutto questo come una barzelletta che faccia ridere. Quello che resta è la violenza: i Sikhs ce l'hanno a morte coi Bezhti, i musulmani coi cattolici, i cinesi coi buddisti, i soldati coi monaci, San Gennaro con San Pasquale, gli ebrei con le banche. Hanno persino inventato una nuova malattia tutta per me: Cristianofobia, ma ancora non mi hanno prescritto gli psicofarmaci.
E resta sempre questa insidiosa eventualità di saltare in aria per mano di un profeta continuatore della tradizione abramitica, che tu per abuso di ignoranza o di droghe avevi purtroppo preso per Maometto.
Sono passati trent'anni da quando Mary Whitehouse vinse con successo una delle ultime cause per blasfemia contro la rivista "Gay News". Un povero cristo si fece nove mesi in galera per aver pubblicato una poesia di un soldato omosessuale e del suo amore per Dio: una barzelletta che non faceva ridere.
L'idiozia dettata dalle tradizioni religiose non nasce dalla religione ma diventa comunque tradizione.
Una delle espressioni in francese che preferisco è "leches les vitrines", una bella e poderosa leccata alla vetrina: cattura tutto lo spirito della tradizione in prossimità delle feste. E quest'anno Louis Vitton ha comprato una pagina dei giornali ebrei per decidere che sarà nientedimeno che un Natale decadente. Oggetti indispensabili per la puttana che ha già leccato tutto, ma manca completamente qualsiasi idea per l'uomo che s'è già inculato qualsiasi cosa.
Se fossi religioso, passerei il Natale con l'Opus Dei. Sarei costretto a stare tutto il giorno con questo pratico vestitino sadomaso, per niente obbligato a toglierlo, completamente a mio agio col dono di un cilicio e di una frusta, e tutto quello che dovrei fare sarebbe solo andare giù pesante con la frusta, "Frusta! Frusta! Soffri! Soffri! Avanti il prossimo!"

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editoriale di MaledettaPrimavera

Quando il bandito Jesse James (Missouri, U.S.A.) fu ucciso nel 1882, il suo corpo fu fotografato per dare prova della sua morte. Le copie di questa istantanea divennero avido acquisto per tutti coloro (parecchi) che al tempo avevano dedicato la vita al di fuori dei confini della legge, gente per la quale Jesse James rappresentava una sorta di eroe.
Casa sua divenne un museo e il suo amico (e assassino) Robert Ford mise in piedi una compagnia teatrale (a quanto si dice) alquanto patetica e ogni tanto nei momenti di maggior depressione li minacciava di accoppare. Cercavano di rappresentare in tutti i modi la scena dell'omicidio per tutti coloro che potevano permetterselo.
Più che per la storia della guerra (perchè si è sempre in guerra con sé stessi) la storia di Jesse James e della sua banda divenne leggenda come storia umana. O anche per certi versi storia sceneggiata come opera d'arte. E due secoli dopo il regista Andrew Dominik e il produttore Ridley Scott ne riesumano lo spettro raccontandolo in un modo quasi romantico (e ottimamente girato) adattando il volume di un certo Ron Hansen.
Niente di cui godere per tutti coloro che si aspettano uno scontato genere western o non riescono davvero a sopportare le mie imprevedibili opinioni: a tutti questi non ne riesco a consigliare la visione e la lettura.
"The Assassination of Jesse James By The Coward Robert Ford" (titolo fortemente voluto da Brad Pitt) è solo la storia di un uomo e del suo torturato rapporto con il mondo, niente altro. Gli uomini non si fidano di nessuno, sono tutti brutti, costantemente a sbirciare o annusare il pericolo, a giudicare, ad odiare, ad ammazzare, a pisciare scopare e cacare. Ma a nessuno capita mai di andare a fare shopping, altrimenti gli spettatori crederebbero giustamente che sia solo un'altra noiosa storia dei giorni nostri. Così ogni qualvolta la camera riprende Jesse James i suoi occhi sono anche un po' i miei.
Il suo corpo venne conservato nel ghiaccio affinchè chiunque potesse dare una sbirciata e probabilmente per permettere ai paparazzi di schiacciare una foto.
Un secolo e mezzo dopo, un altro fotografo (Tim Roth) vede una luce in fondo al tunnel di merda; quindi misteriosamente comincia a diventare sempre più giovane, fino al momento in cui sorgono spontanee alcune domande:
potrebbe per caso l'eroe in questo momento di profonda botta di culo approfittare - come dolorosamente attende lo spettatore - per indagare sulle misteriose origini della coscienza umana e dei suoi deliri? Oppure deve semplicemente - come si interroga il regista - indagare sulla fica super-sexy di una spia nazista?
La risposta viene offerta dal gigante Francis Ford Coppola in "Youth Without Youth" e quando usciamo dalla sala riusciamo solo ad emozionarci perchè continuiamo ad invecchiare.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Un fan non ancora nato il giorno che i Led Zeppelin si formarono ha pagato qualcosa come 80.000 sterline per vederli stasera in concerto e i suoi soldi sono andati (pare) ad una raccolta di fondi destinata ai bambini bisognosi. Più di venti milioni di persone hanno provato ad acquistare questo biglietto per gente che non suona da vent'anni e i soldi sono andati (a questo punto) ad una raccolta di fondi destinata ai vecchi bisognosi.
Quello che i vecchi non riescono a incassare finisce in beneficenza ai poveri: gente che per combattere la disoccupazione ha invaso la città e cerca di vendermi in tutti i modi un biglietto che potrei permettermi lavorando senza sosta da qui al trattamento di fine rapporto liquidato dalla morte. Un tristo mietitore con ogni probabilità in breve vacanza ai cancelli dell'Arena O2 (dall'altra parte della città sono stati accoltellati in tre e nessuno è morto) a fare la fila da ventiquattr'ore insieme a ventimila corpi da tempo in fila per il tristo mietitore, ventimila ragioni più una per incazzarmi mentre passo sul ponte e non c'è neanche una ragione per buttarmi di sotto.
Intanto in questi giorni si parla della possibilità di un lungo tour: in un'intervista su "Mojo" Jimmy Page ha detto (parole sue) che "Sarebbe da egoisti fare un solo show per londinesi", così s'è subito proposta l'Organizzazione Internazionale per malati di mente non inglesi, e per combattere la disoccupazione e i cazzi propri c'è pure da mangiare per l'Associazione in difesa dei lavori invisibili cinesi, perchè da quando sono arrivati loro quello inglese l'hanno spostato in Cina.
In Italia buone notizie per una data ad Udine e per l'Associazione "I nostri amici lebbrosi" di Via Treppo 1, i quali hanno già cominciato coi festeggiamenti. Brutte notizie invece per chi faceva il tifo per la pace nel mondo: pare completamente sfumata la vittoria dell'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) dal popolo italiano. L'unica possibilità era mettere Giuliano Ferrara in una vasca da bagno e un bambino denutrito che gli piscia addosso, uno zoppo afgano che gli defeca in bocca e Daniele Luttazzi che conduce, ma quando hanno spento le telecamere li hanno presi tutti a calci nel culo.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Anton Corbijn - Control
Si è detto e scritto oramai tutto sulla parabola dei Joy Division, della Factory Records, Tony Wilson e tutta quella gente che infuocò la scena live di Manchester dei '70 ed '80. Il fotografo Anton Corbijn (U2, R.E.M) ha adesso aggiunto un nuovo paragrafo ai ricordi e il suo contributo è uno splendido film in bianco e nero dai caratteri parecchio evocativi. Ottima interpretazione di Sam Riley, uno spettrale Ian Curtis con la fisionomia spaventosamente identica a Pete Doherty. Ottimo spaccato della periferia urbana industriale e pessimi dialoghi ripresi dal volume di memorie della moglie di Curtis, che ne approfitta per svuotare le mammelle della vacca e rinfoltire in conto in banca. Da vedere se non altro per raggiungere finalmente l'effetto saturazione.
The Libertines – Time For Heroes
Sebbene mi capiti di maledire il momento in cui sono nati un giorno sì e l'altro pure, non posso negare l'impatto dei The Libertines (sia sotto il profilo musicale che quello d'immagine - la telenovela tragicomica di Pete Doherty) sulla scena inglese del nuovo millennio. C'è stato un periodo in cui sembravano veramente destinati a vivere intensamente e morire vecchi (l'hit "Can't Stand Me Now") ma alla fine non sono stati neanche capaci di morire giovani, il che significa che un Greatest Hits dopo due miseri dischi non può che sembrare ovviamente una vacca da cui succhiare un altro po' di latte. Aspettiamo in trepida attesa la morte di Doherty per la pubblicazione di una raccolta di b-sides dei Babyshambles, poiché di grandi canzoni non c'è neanche l'ombra.
Led Zeppelin – Mothership
Uscito la settimana scorsa, il Best Of di Jimmy Page e Robert Plant è un doppio di 24 canzoni già pubblicate non solo come inediti in studio, ma anche come Best Of: praticamente impossibile indovinare le cinque differenze tra questo "Mothership" e quel "Remasters" di 17 anni fa. La verità è che quando passano tre lustri e il Best Of è sempre lo stesso (tranne l'ingegnere del suono che è probabilmente passato a vita migliore), l'unica cosa che pare godere di tutto questo (a parte il nostro orecchio intento all'ascolto delle identiche canzoni da trent'anni a questa parte) è la vacca stessa, come se finito il latte si sia preso a succhiarle un uccello che non c'è.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Negli anni della globalizzazione e della concorrenza spietata il capitalismo sta cercando di aprire nuove fette di mercato partendo dal geniale presupposto che tutti prima o poi dobbiamo crepare. Per evitare la terribile ipotesi di essere seppelliti vivi con ancora qualche euro nelle tasche, i lungimiranti mafiosi del commercio hanno infine inventato le liste delle cose da fare prima di passare alla chiusura della bara e del target. I 50 film da vedere prima di morire; le 200 ricette da assaggiare; i 500 oggetti inutili per l'uomo che ha già tutto tranne l'immortalità e quelli contundenti per togliersi la vita per colui che non ha più nulla; i 100 ricordi per colui che non ha vissuto; i 1000 dischi da ascoltare prima di morire ammazzato (o di spararsi un colpo in testa).
I progressi della medicina (aspettativa di vita) e della tecnologia (maggior tempo libero) stanno aggiungendo alle liste una moltitudine di zeri e di dolori: nell'ipotesi che ogni disco duri la media di 60 minuti il commercio mi obbliga per 1000 ore della vita a qualcosa che contenga Britney Spears e Van Halen. Nell'ipotesi remota che io riesca finalmente a dormire la notte tutto questo si allunga a circa un mese mezzo. Nell'ipotesi che l'ascolto si riveli così coinvolgente da dedicarci anche la notte e riservare il sonno al mero fine settimana (e il divertimento alle manifestazioni del vaffanculo day) riesco finalmente a riempirmi la vita mangiando un piccante Shami Kebab afgano mentre guardo "Il Signore degli Anelli" e faccio ammuffire Isabella Santacroce sul comodino accanto ai preservativi.
Ogni volta che leggo questo tipo di liste mi assale la sensazione che il tristo mietitore stia bussando alla mia porta con la falce e la lista della spesa. Cose che avrei dovuto fare prima di farmi accoppare. Nuotare coi delfini. Sorseggiare Martini in Costa Azzurra. Eiaculare a Ibiza dopo il tramonto.
La morte non arriva più per prendersi l'anima ma bensì per portarle vergogna e colpa. Dove sono stato in tutto questo tempo? Ho vissuto oppure no? Guarda - mi dico - guarda che vita di merda. Tutti questi libri che non ho letto, questi animali che non ho masticato, queste città che non ho visitato. Al posto numero 34 prima di morire c'è Pompei: ai tempi della scuola ci spedivano con la forza per tre o quattro gite di fila, e tutte le volte non riuscivo a credere che tutta quella gente fosse seppellita ancora con gli ultimi centesimi.
Possono impiccarmi nel Grand Canyon; possono affogarmi nelle Antille; possono strozzarmi di cucina indiana ma non riusciranno a togliermi la soddisfazione di evitare il mutuo. Così anche il tristo mietitore muore, lasciando ai posteri una manciata di canzoni di solido metallo accompagnate da testi piuttosto evocativi in liste assolutamente indispensabili.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Per le strade di Londra i brasiliani vanno in giro con la foto di Jean De Menezed e la memoria sempre fresca: il ragazzo fu scambiato per terrorista e traslocato in un mondo migliore con un proiettile nel cervello, ma erano giorni (pare strano a dirsi) ben più duri di questi dell'Europa Unita, coi brasiliani che si spartiscono le strade e la memoria con le magliette bianche degli immigrati dell'est - una parte del terzo mondo con nessun interesse economico e religioso nella guerra, sfiga sempre terribile ma non per questo ancora punita con la pena di morte. A distanza di due anni nessuno è risultato colpevole: il capo della Polizia è apparso in tv per dichiararsi innocente e se fosse vero potrebbe tranquillamente beccarsi un proiettile nel cervello (l'autopsia su De Menezes ha riscontrato infatti un uso massiccio di cocaina).
Un giovedì di pioggia estiva (in città cade sul terzo mondo per tre mesi all'anno) il "terrorista dell'arte" Banksy stava dipingendo sul ponte di Portobello Road una serie di immagini di Che Guevara con due dollari raffigurati al posto degli occhi: con molta probabilità puntava l'indice contro l'infinito riciclo delle icone attraverso un infinito riciclo delle icone. Ogni sabato mattina i rivoluzionari di tutto il mondo (ricco) arrivano nel quartiere (ricco) di Portobello per comprare (ricchi) souvenir di morti e mobili antichi: centinaia di cassetti dell'800 e di magliette con la faccia di gente morta per gente viva che pensa che basti vestirsi da rivoluzionario per avere una faccia da rivoluzionario.
Un giovedì di pioggia autunnale (cade nelle tazze dei mendicanti per tre mesi all'anno) Banksy è stato scoperto e fotografato: la sua identità è rimasta nascosta per anni, sebbene le sue opere siano vendute in mezzo a giganti come Picasso e Warhol, e nelle vetrine dei macellai di Portobello Road è così arrivata un'altra vacca sacra.
Un mercoledì di pioggia oramai invernale i Sex Pistols hanno concluso il loro tour in una Brixton Academy riempita fino a scoppiare, campeggiando per cinque giorni sulle magliette di mohicani con giacche di pelle di vacca, stivali di gomma e creste rosse di ogni età perchè il sogno della rivoluzione non muoia mai.
Il primo giorno d'inverno inaugurano nell'arena "O2" una mostra su Tutankhamun e la sua famosa maledizione: come perdere venti indispensabili sterline per vedere quattro stramaledetti faraoni durante una qualsiasi giornata di pioggia.
All'uscita altre venti per terminare la giornata con la maledizione su una maglietta.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Alla Brixton Academy i Sex Pistols hanno cominciato un serie di cinque concerti consecutivi (chiudono mercoledì) riuniti per la terza volta in un decennio: il primo tour si chiamava "Filthy Lucre", un utilizzo macabro dell'ironia che fa veramente ridere. Ma almeno (a parte i soliti culi e tette) ti regala qualcosa su cui fantasticare: è mai possibile che la band più eversiva della storia del rock costi 90 sterline? Il Johnny Rotten di mezzo secolo d'età continua ad insultare la classe media, mentre io tento disperatamente di raggiungere la soglia minima di povertà e lui vive in una villa in California. In un anno si riformano i The Eagles (mille sterline per un posto a sedere e novanta minuti che suonano come i Take That country-western), i The Police (un quarto di stipendio per un posto a un quarto di miglio dal palco), le Spice Girls (sold out in otto minuti) e persino i vecchi, acerrimi nemici dei Sex Pistols (e anche un po' miei) chiamati Genesis. All'uscita della stazione di Brixton quando se ne andranno i punk tornano i prog; infuriava la rivoluzione quando li videro per l'ultima volta: alla televisione davano "Love the neighbour", un nero scendeva da una nave e diceva "Io essere bravo ragazzo! No droga" e dopo la pubblicità passavano i dati della disoccupazione. Erano gli anni del Glue Panic, canzoni ultraprimitive su Nazisti, Vietnam, CIA e colla da sniffare: su quest'ultima Mark Perry ci faceva una rivista.
All'uscita della stazione di Brixton sommersa dai venditori di crack c'è una vecchia che suona fischiando su un pettine: una sola sterlina ed è l'unica volta che una donna può farti una serenata. Faceva compagnia a un ragazzo senza mani che fischiava in un penny ma le dure regole del mercato e la concorrenza spietata lo spinsero poi nel più ricco quartiere di Oxford street, dove un modo per drogarsi l'avrà comunque trovato.
Tra gli spacciatori di crack e i vecchi che mendicano, tra i giamaicani che si moltiplicano e gli inglesi che si estinguono, tra le sirene della polizia e il Fridge Bar che passa reggae, erba e fighe nere, nel quartiere sono arrivati anche i punk. Migliaia di punk, sebbene siano trascorsi trent'anni e le Guns Of Brixton abbiano traslocato nel quartiere arabo.
All'uscita della stazione è scomparsa la vecchia che suonava una corda, così famosa che i turisti accorrevano per convincersi abbastanza da tornarsene col crack (si annoiava così tanto che avrà pensato alla possibilità di impiccarsi). E' d'altronde possibile che un artista, conoscendosi, nutra il minimo rispetto per se stesso? Insieme ai culi e alle tette mi ritrovo ancora a fantasticare sulle rivoluzioni, a spaventarmi tutte le volte - la paura dei sogni distrugge il risentimento verso di essi. Immagino che l'uomo abbia paura perchè non sa di essere un rivoluzionario, sebbene dappertutto si trovino più rivoluzionari che uomini.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Se in questo momento sei seduto nel tuo ufficio mentre sopravvivi all'ennesima giornata da dimenticare, non provi un'emozione da due anni e stai leggendo le mie avventure mozzafiato mentre sopravvivi all'ennesima erezione da dimenticare, ti rovinerà completamente l'umore sapere che in un altro mondo (al contrario di te) io ho una vita decente.
E' la teoria degli "Universi Paralleli": in quello in cui ci tocca vivere gli eventi si succedono come sequenza di miliardi di coincidenze per ognuna delle quali, alla mancata realizzazione, si crea un altro mondo e un altro destino, dove giustamente a differenza di questo mi sono già sparato da tempo un colpo in testa.
Questo Natale goditi le nuove teorie fanta-religiose nel fresco polpettone hollywoodiano (si presta bene anche alla Playstation) dal titolo "The Golden Compass": una realtà parallela governata da una casta di tiranni, mostri e preti veramente indistinguibili. Ogni umano ha a disposizione un tot di energia: a ogni livello del gioco ne perdi un po' e devi stare attento perché se la finisci rischi di ritrovarti islamico-comunista, frocio-comunista o - nel più terribile dei casi - islamico e frocio.
Come se non bastasse la tua anima è anche proprietà di un demone dai lineamenti chiaramente iraniani (qualche decennio fa addestrato a Mosca) ed è solo una bonazza di nome Marisa ad avere la possibilità di salvare questo mondo di merda che copia spudoratamente gli stessi principi del nostro. Molte volte Marisa-la-bonazza quasi rischia di morire: ha già poca energia, poi una specie di prete la ammacca con un fanta-giavellotto perforante e lei quasi rimpiange la crudeltà di altri universi, dove al massimo i preti ti inchiappettano.
E dove non succede mai niente di eccezionale: mi sbronzo come una bestia prima di salire sui bus e parlare con Babbo Natale per via della solitudine. Ho scoperto in qualche libro fanta-religioso che, in qualche altro buco, per quache oscura ragione io non avrò bisogno di lui. Una volta mi sono fatto accompagnare alla tomba di Nick Drake e quando me ne sono tornato era sempre lui che guidava.
Sulla lapide c'era scritto: Now we rise and we are everywhere. Anche io quando muoio voglio tornare a Napoli e farmi seppellire; sulla tomba ci scriverò: Adesso mi sollevo e me ne vado.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Green Lanes, nord-est di Londra: un "sentiero verde" che si allunga per tre miglia senza l'ombra di un albero. E' il quartiere turco: una densità di kebabbari di uno ogni cinquanta metri quadrati - uno ogni venticinque persone - uno ogni tre case vittoriane. Si alternano con gli off licence turchi: li chiamano così perchè per guadagnare di più vendono alcolici durante il divieto governativo e la notte.
Una pizzeria di mafiosi disturba il paesaggio all'arrivo a Manor House: non ci entra mai nessuno (a differenza delle altre razze, la mafia italiana per evidenti interessi economici invece che accorparsi ha avuto beneficio da uno sviluppo ramificato).
Di fronte agli italiani c'è un barbiere. Se ne contano più di una dozzina in mezza Green Lanes, tutti per capelli turchi: un barbiere ogni due famiglie islamiche - per guadagnare di più tagliano ai parenti degli altri. Di fianco viveva una ragazza di Rovigo e la mia speranza (sono finite a Buenos Aires con un maestro di tango).
Turnpike Lane, lato nord, un agglomerato discontinuo di case della mafia inglese affittate a polacchi e africani alla media di cinque a stanza. Per guadagnare di più li mettono addirittura insieme e non ci crederebbe nessuno. Due passi e siamo a Wood Green dove, finiti i neri e i polacchi, la mafia inglese fa combattere i cani.
Ritornando al centro, tra i kebabbari, assistiamo nel chiarore della notte e del divieto governativo allo smercio di 300 chili di eroina e cocaina ogni settimana.
Alla fine di tre miglia di merde di cane e barbiere, alla fine della Green Lanes, alla fine della mafia turca, alla fine del fantasma di una ragazza e di una speranza, finisce tutto questo e comincia Finsbury.
Il primo taglio di gola avviene al secondo minuto di proiezione; per attendere il taglio delle dita bisogna pazientare per altri diciassette. Benvenuti a Finsbury, il regno della mafia russa, alla visione del nuovo film di David Cronenberg ("Eastern Promises"), ancora una volta incentrato sul dilemma del dualismo e della sua esplorazione ed ancora una volta un qualcosa assolutamente da vivere. A Dicembre in tutti i cinema, anche quelli in mano alla mafia italiana (quest'ultima veramente poco interessante in virtù di un mercato ormai saturo).

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editoriale di MaledettaPrimavera

Territorio esclusivo per musicisti e modelli dal suono semi-improponibile e dal look (pardon my french) simil-rincoglionito, MySpace è diventata comunità essenzialmente inutile.
I simil-rincoglioniti (all'occorrenza definibili con grande libertà di scelta) al suono della sveglia di un qualsiasi giorno della loro vita scoprono di essere particolarmente belli, auto-commiserazione che è diretta conseguenza del vuoto dettato dai ritmi moderni e destinata a durare lo spazio di un paio di settimane, giusto in tempo per realizzare che è un bruttissimo mondo quello che ci tocca vivere: questo non toglie che abbiano il tempo di mandarmi duemilacinquecentosette richieste di diventare amico del modello – quest'ultime inviate sempre a ritmo moderno, cioè impossibili da accettare.
I musicisti, insieme per un lasso di tempo che va dal mattino alla sera (dunque un'aspettativa di vita inferiore ai modelli) aggiornano le loro canzoni stile "Mi sono appena svegliato molto indie con una melodia e un male in testa e l'urgente necessità di farlo sapere a questo mondo di merda", prima di mandarmi duemilaquattrocentododici richieste di diventare amico degli Hanson che incontrano gli AC/DC, cioè la cosa peggiore di questo mondo.
La verità è che i milioni di modelli e musicisti di MySpace, nonostante si impegnino nelle loro avventure mozzafiato e a farmelo sapere senza vergogna, si dimenano su un palcoscenico senza pubblico per dimostrarmi che:
1) non mi si può rimproverare l'utilizzo di francesismi e insulti;
2) una vita è teoricamente miserabile ma il tutto diventa reale in mancanza di amici;
3) le band americane e (soprattutto) inglesi hanno intrapreso una direzione completamente sbagliata, e sarebbe il caso di suggerire loro una sterzata prima di essere inondati da una valanga di bonazze e bonazzi pieni di amici ma nessuna prospettiva, o tutto quello che ci toccherà ascoltare da qui alla fine delle nostre miserabili giornate (e cioè da qui all'eternità) sarà qualcosa che ha un aspetto a metà strada tra il ghigno di Billy Idol e la prospettiva di vita di Pete Doherty.
Una vita – questa sì – veramente miserabile.

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editoriale di MaledettaPrimavera

E' domenica notte e sono seduto su un lussuoso divano in pelle d'animale. Avevo cercato per ore una presenza umana prima di arrangiarmi col divano: lo divido con due californiani che si drogano. "Passami il telecomando" - dice uno - "c'è Sylvia Browne".
"Mai sentita amico mio. Fa vedere il culo?"
"No". "Va bene".
Sylvia Browne è la regina dei superpoteri americani: è famosissima e ricchissima, ma non fa vedere il culo. Si fa spazio tra venti milioni di cristiani che si stanno drogando: passami la sfera - dice - c'è il destino dell’America in diretta. Genitori distrutti vanno da lei durante un certo "Montel Williams Show" per farsi dire che fine abbia mai fatto la loro figlia.
"Sei sicuro che non fa vedere il culo?"
"No." - mi stacco dalla pelle e mi avvicino alla tragedia per subirla meglio.
Una bambina di sei anni, Opal Jennings, è sparita dalla sua casa in Texas. La madre dice: "Ho bisogno del tuo aiuto, Sylvia. Dov'è mia figlia?"
Sylvia con l'aiuto dei superpoteri risponde: "Sii felice mia cara: non è morta. E' stata presa dagli schiavisti e ora vive a Kukouro".
"Kuko-che?", dice la madre che la prima serata ha riempito di speranza.
"Kuko-che! Kuko-che!" urla il pubblico - poi si alza il gobbo e tutti applaudono. Mi riattacco alla pelle e ai due americani che cercano un tono tragico - "Passami la roba" - mi dicono, e gli passo la tragedia.
Il corpo della povera Opal viene ritrovato in quarta serata a due passi da casa, accoppata dalla concorrenza per evitare uno sbalzo di share. Comunque siate felici: quella che stavo vedendo era una replica.
"Sylvia è fantastica! Simpaticissima! E' isterica!" applaude il conduttore: a me non era sembrata per niente isterica. Arriva un'altra coppia: "E' ancora viva nostra figlia?"
"No!" - e scoppiano tutti in lacrime; quindi tentano di farmi comprare prima un'automobile e poi un'assicurazione. Viene trovata viva a casa del suo rapitore dopo la pubblicità della Nike. Ma era felice - non è stata neanche stuprata: era consenziente.
In media un libro di Sylvia vende più di due milioni di copie. In media due americani su tre mi invitano con successo a drogarmi. Quando succede comincio ad immaginare la pubblicità di tutti quelli morti con qualcosa della Nike, e tutti questi bambini americani crudeli, "Sii felice Sylvia, non morirai!" - e immagino un paio di americani migliori di questi - e non sono neanche stato stuprato.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Cicerone lo definiva: "immanius belua", l'animale più mostruoso.
"La destra, la sinistra..." - scrive Beppe Grillo - La destra, la sinistra... sempre la stessa merda.
Walt Withman avrebbe poetato: Non rido con te, rido sempre e solo di te.
"E poi abbiamo fatto cose che non si è capito bene" - scrive Beppe Grillo - "La destra, la sinistra..."
Vent'anni fa ha fatto una pubblicità, ma poi ha capito alcune cose sulla pubblicità. Quindici anni fa se la prendeva coi politici, ma poi ha capito alcune cose sull'economia. Dieci anni fa finiva i suoi spettacoli sfasciando un computer a mazzate. Ma poi ha capito alcune cose sui computer e su internet. Oggi ha capito che il male peggiore è la pubblicità, dimostrando così come nel peggiore dei casi ricominciamo sempre daccapo.
I populismi come quello di Grillo tendono sempre un po' a spaventarmi perchè invece di buone risposte tendono a collezionare buone ragioni: quest'ultime sono sempre dalla parte del popolo.
All'Università ci facevano studiare la sociologia di Marx, le soluzioni politiche alla guerra, l'economia di Marx, le tattiche politiche nella guerra, la psicologia di Marx, le spartizioni politiche dopo la guerra, gli orientamenti sessuali di Marx. "Quando si parla di popolo" - diceva mentre si faceva una sega - "mi domando quale fregatura si stia giocando al proletariato".
Qualche secolo dopo, cioè adesso, me ne sto completamente sbronzo su una montagna scozzese immaginando una soluzione politica al male di vivere. La destra, la sinistra... Vaffanculo day, che vita di merda, e porca puttana la maiala, e vaffanculo a te, e vaffanculo a me, a voi. Con la vittoria di tutto il popolo non mi restano nemici.
Alla sera un battaglione in esercitazione di Tornado GR4 della sezione RAF di Lossiemouth perde una bomba di quattordici chili su una montagna scozzese. Il Governo ci comunica che più che errore umano si è trattato di guasto tecnico: ad ogni modo adesso la RAF ci fa sapere che se la troviamo la vorrebbe gentilmente indietro.
Vado a destra, vado a sinistra: all'Università ci hanno spiegato le ragioni per giustificare una bomba sotto il culo ma non ci hanno mai fatto studiare le soluzioni politiche per evitarla dal basso.

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editoriale di MaledettaPrimavera

La casta dei giornalisti.
Per arrivare all'indice del'inserto "D" di "Repubblica" bisogna sfogliare 41 pagine di pubblicità ininterrotta, per un totale di centodue gnocche di un altro pianeta e duemila schiavi cinesi. Per scoprire chi dirige la boutique di Repubblica e soprattutto la concessionaria per la pubblicità sfogliamo altre 6 pagine per un totale di dodici gnocche e sessantadue visoni scuoiati vivi. Finalmente, quando oramai sfiduciati immaginiamo di arrivare così alla pubblicità di quarta di copertina o quella della fine del mondo, ecco che a pagina 59 troviamo nientemeno che una denuncia sociale sotto forma di articolo giornalistico. Titolo: "Viviamo una crisi dello spazio pubblico: commercializzato, privatizzato. Trasformato in parco a tema". Vengo assalito da uno spaventoso attacco di panico e butto via 362 pagine di pubblicità della crisi, mentre per sfuggire a tutto questo mi sforzo di capire in che cesso sono finito a leggere.
La casta degli artisti.
L'opera di Nathan Coley è un allestimento piuttosto semplice con la scritta "Non ci sarà nessun miracolo qui". Siccome sono ateo ero partito parecchio prevenuto: dopo averlo provocato coi miei ideali per due ore di fila in effetti tranne che nel conto in banca non si è mosso niente. Tra i visitatori ho intravisto un palestinese con la barba, solitario e parecchio sospettoso, col fiato sul collo da parte del Servizio Segreto Israeliano - ma è passato subito all'opera successiva.
Quella di Mark Wallinger (in mostra al prestigioso Turner Price) è un filmato in cui agisce come un demente vestito da orso. Credo che Mark non ci stia prendendo in giro e abbia davvero messo il cuore nella sua prestazione, sebbene non sia molto chiaro se voglia fare l'artista o il demente, e non tutte e due le cose a seconda di quale tipo di visitatore consumerà la prossima visione. Alla fine risulta così politicamente corretto come solo può esserlo una galleria d'arte per businessmen gay catto-comunisti, nell'istante in cui arriva Dio e li fa saltare tutti per aria.
La casta politica.
Il cuoco di Palazzo Chigi, Alessandro Schiavone, infastidito dai commenti fuori luogo sulla qualità del cibo, si alzò di colpo e sbottò: "Non accetto lezioni". Dal gradino più alto a quello più basso la casta italiana è la più arrogante di tutte. Non solo ci costa 3400 milioni di euro all'anno per voli di stato, immobili, puttane e droga di qualità; non solo riceve 300 volte il denaro destinato alla fame nel mondo; ma apre la bocca con una smorfia di stupore, come se qualcuno dei presenti si fosse fermato ad aspettare un miracolo. Mi ricorda la battuta di Crozza: la differenza tra un politico e tuo figlio è che il primo non fa niente, si droga e lo devi mantenere fino a 80 anni; l'altro è sangue del tuo sangue.
Che speranza può avere una nazione dove per spartire un po' di poltrone hanno inventato le comunità montane al livello del mare? Che speranza può avere un siciliano, se per costringerlo a sentirsi male sprecano 8000 miliardi di euro per la sanità pubblica, mentre potrebbero usare la terapia del sorriso di Patch Adams e affidarla a Totò Cuffaro, che fa ridere più di Totò?

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E' praticamente ufficiale: dopo aver tentato per buoni cinquant'anni qualsiasi combinazione delle sette note queste sembrano terminate. Ad ogni modo la maggior parte di quelle vincenti è stata già scoperta da un bel pezzo: adesso le band si preoccupano della combinazione delle ventuno lettere dell'alfabeto, opera di genio ben più temuta.
Se ti chiami "The World Is A Beautiful Place" non hai nessuna possibilità di farti notare. Ma una band come "I Am An Idiot And You Are My Friends" parte probabilmente avvantaggiata, perchè denota un'attitudine naïve (ma che significherà mai?) nei confronti del mondo del commercio.
"Passo da te", ho detto a una ragazza in una mediocre esibizione di combinazione, mentre avrei potuto dire "Sono tre settimane che passo da te e già mi sono rotto il cazzo, ma a quanto pare in qualche modo lo devo usare anch'io". E lei potrebbe rispondere "Sei passato da me solo tre volte e già non ti sopporto, ma a quanto pare non passa mai nessuno".
Quando poi mi dice "Ci vediamo alle 9" mi sale l'ansia da prestazione: ma dove stiamo mai andando? Per fare gli alternativi applaudiamo una band che si chiama "Joe Lean And The Jing Jang Jong": complicatissima combinazione da sette con fissa sulla "J", qualcosa che una casa discografica darebbe con quota 3:1 se muore entro due anni.
E pensare che quarant'anni fa era tutto più facile. Pete Tonwshend e Roger Daltrey stavano decidendo una combinazione: "Detours and the High Numbers!", suggerì il primo.
"Eh?!? The who?"
"Niente male neanche la tua, mi piace la seconda parte".
Per sconfiggere un fastidioso attacco di solitudine ero uscito, avevo fatto due passi ed ero finito al concerto dei "Panic! At The Disco". Sull'NME la mia solitudine aveva letto che doveva essere qualcosa di molto vicino alla felicità. Così dopo essere passata da me, mi porta fuori a sentire canzoni dal titolo: "C'è una precisa ragione per la quale i tavoli sono numerati amore mio, solo non ci sei arrivata", oppure "The only difference between martyrdom and suicide is press coverage" - con più di duecentomila copie vendute almeno il mio martirio se lo sono assicurato.
La band "The Morning After Girl" ha così rivoluzionato il dark depresso che quando li ascolto la mia vita non sembra dark, piuttosto l'idea che un becchino ha del dark.

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editoriale di MaledettaPrimavera

"Why should I stay here, why should I stay", si strugge Thom Yorke in una canzone che di eccentrico conserva solo il titolo, "Weird Fishes/Arpeggi".
I Radiohead sono la prima band di area major ad aver compreso che è impossibile combattere i pirati del web: venti miliardi di canzoni sono scaricate illegalmente ogni anno - un cd su tre è una copia. I siti che offrono musica gratis si moltiplicano come i funghi allucinogeni a Hyde Park (una conseguenza positiva del Global Warming?).
Fare una recensione di un disco dei Radiohead è come ridisegnare la composizione delle stelle dopo un solo sguardo o la fisionomia della gente sotto LSD, sebbene sia comunque facile da capire come "In Rainbows" sia il loro disco più accessibile dai tempi di "Ok Computer". Non è un ritorno alla liricità di "The Bends", o al formato da stadio raggiunto dagli epigoni (Coldplay/Muse), ma per fortuna non è neanche un esperimento francamente inascoltabile come si poteva temere, e come lo era una buona metà dei capolavori-gemelli "Kid A/Amnesiac".
I Radiohead oggi lanciano una rivoluzione discografica, mettendo a disposizione l'ultimo disco in vendita su internet a partire da un penny, la stessa moneta messa da parte dai superstiziosi come augurio di buona fortuna. E in questa battaglia alle case discografiche un'altra band di peso, i Nine Inch Nails, sembra pronta a seguirne i passi. I Radiohead hanno rifiutato di rivelare quanta gente si sia affrettata a scaricare, nè quanti soldi sia stata disposta a sborsare, ma numeri a parte il server è crollato comunque.
A parere di chi scrive, "In Rainbows" diventerà a breve un classico e un precedente rivoluzionario nella storia della musica. Nel bene e nel male. "No matter how it ends, no matter how it starts", si strugge Thom Yorke in una canzone che di giocoso conserva solo il nome, "House Of Cards", ed è davvero un gran bel sentire, non solo musicale.
Sebbene il sottoscritto abbia preferito acquistare il cofanetto completo a 40 sterline: due cd più due vinili più frattaglie assortite. Che volete farci - sono un rivoluzionario romantico, io.

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Il crack. Droga ufficiale di due categorie: i morti di fame e i morti per la fama. Dove trovarlo: Brixton, ma se fai parte della seconda categoria, quella dei morti per la fama, qualcuno te lo porta a domicilio fino al quartiere arabo della zona più orientale della città. All'ultimo party di Pete Doherty l’hanno buttato giù dal quarto piano: era un ragazzo così pieno di buone qualità che quando è arrivata la polizia si sentivano tutti colpevoli. "Solo quando sono finito in prigione ho capito che non ero stato io" - ha detto uno (Johnny Jeannevol, è una storia vera). Per fortuna che io non saprei minimamente cosa fare nella zona orientale, il che mi da almeno la speranza di appartenere alla prima categoria, quella dei morti di fame. Se sei interessato il miglior venditore lo trovi a Brixton Hill, davanti al manifesto di uno dal nome di guerra chimico-battereologica, Akon (22 Hayter Road).
La coca. Droga ufficiale di chiunque, la vende anche uno alla fermata del bus. E' apparso un bel giorno insieme ai manifesti di un esercito di gnocche dai nomi di prodotti per disfunzioni sessuali (JoJo, Rihanna, Ciara), e da otto mesi ancora non tolgono entrambi. E' anche la droga ufficiale di 50cent: questo invece l'hanno piazzato sui bus. Aveva scommesso di ritirarsi se avesse venduto qualche milione di copie in meno di quell’altra personalità raffinatissima di Kanye West: ha perso. Essendo sopravvissuto a nove tentativi di omicidio e ad una fortuna economica quanto il prodotto interno lordo di nove nazioni, 50Cent è la versione aggiornata del sogno americano: quello idealizzato da Scarface. Adesso che ha toccato il fondo mi passa accanto tutte le mattine. Con la sola differenza che con un album dal titolo "Get Rich or Die Trying" 50Cent al contrario di Tony Montana è diventato ricco ma (ahimè) non è crepato provandoci. Ha invece annullato il concerto: penso a questo tutte le mattine alla fermata delle gnocche di casa mia, mentre aspetto che arrivi 50Cent, proveniente da Tulse Hill e diretto a Holborn, per scendere alla fermata della guerra di Clapton.
L'erba. Droga ufficiale dei poveri e delle donne: queste ultime possono sempre trovarla gratis a casa dei primi. Dove le donne fumano così tanto e diventano così insopportabili che chiederei la loro mano solo per tagliarla.

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