editoriale di MaledettaPrimavera

Negli anni della globalizzazione e della concorrenza spietata il capitalismo sta cercando di aprire nuove fette di mercato partendo dal geniale presupposto che tutti prima o poi dobbiamo crepare. Per evitare la terribile ipotesi di essere seppelliti vivi con ancora qualche euro nelle tasche, i lungimiranti mafiosi del commercio hanno infine inventato le liste delle cose da fare prima di passare alla chiusura della bara e del target. I 50 film da vedere prima di morire; le 200 ricette da assaggiare; i 500 oggetti inutili per l'uomo che ha già tutto tranne l'immortalità e quelli contundenti per togliersi la vita per colui che non ha più nulla; i 100 ricordi per colui che non ha vissuto; i 1000 dischi da ascoltare prima di morire ammazzato (o di spararsi un colpo in testa).
I progressi della medicina (aspettativa di vita) e della tecnologia (maggior tempo libero) stanno aggiungendo alle liste una moltitudine di zeri e di dolori: nell'ipotesi che ogni disco duri la media di 60 minuti il commercio mi obbliga per 1000 ore della vita a qualcosa che contenga Britney Spears e Van Halen. Nell'ipotesi remota che io riesca finalmente a dormire la notte tutto questo si allunga a circa un mese mezzo. Nell'ipotesi che l'ascolto si riveli così coinvolgente da dedicarci anche la notte e riservare il sonno al mero fine settimana (e il divertimento alle manifestazioni del vaffanculo day) riesco finalmente a riempirmi la vita mangiando un piccante Shami Kebab afgano mentre guardo "Il Signore degli Anelli" e faccio ammuffire Isabella Santacroce sul comodino accanto ai preservativi.
Ogni volta che leggo questo tipo di liste mi assale la sensazione che il tristo mietitore stia bussando alla mia porta con la falce e la lista della spesa. Cose che avrei dovuto fare prima di farmi accoppare. Nuotare coi delfini. Sorseggiare Martini in Costa Azzurra. Eiaculare a Ibiza dopo il tramonto.
La morte non arriva più per prendersi l'anima ma bensì per portarle vergogna e colpa. Dove sono stato in tutto questo tempo? Ho vissuto oppure no? Guarda - mi dico - guarda che vita di merda. Tutti questi libri che non ho letto, questi animali che non ho masticato, queste città che non ho visitato. Al posto numero 34 prima di morire c'è Pompei: ai tempi della scuola ci spedivano con la forza per tre o quattro gite di fila, e tutte le volte non riuscivo a credere che tutta quella gente fosse seppellita ancora con gli ultimi centesimi.
Possono impiccarmi nel Grand Canyon; possono affogarmi nelle Antille; possono strozzarmi di cucina indiana ma non riusciranno a togliermi la soddisfazione di evitare il mutuo. Così anche il tristo mietitore muore, lasciando ai posteri una manciata di canzoni di solido metallo accompagnate da testi piuttosto evocativi in liste assolutamente indispensabili.

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Per le strade di Londra i brasiliani vanno in giro con la foto di Jean De Menezed e la memoria sempre fresca: il ragazzo fu scambiato per terrorista e traslocato in un mondo migliore con un proiettile nel cervello, ma erano giorni (pare strano a dirsi) ben più duri di questi dell'Europa Unita, coi brasiliani che si spartiscono le strade e la memoria con le magliette bianche degli immigrati dell'est - una parte del terzo mondo con nessun interesse economico e religioso nella guerra, sfiga sempre terribile ma non per questo ancora punita con la pena di morte. A distanza di due anni nessuno è risultato colpevole: il capo della Polizia è apparso in tv per dichiararsi innocente e se fosse vero potrebbe tranquillamente beccarsi un proiettile nel cervello (l'autopsia su De Menezes ha riscontrato infatti un uso massiccio di cocaina).
Un giovedì di pioggia estiva (in città cade sul terzo mondo per tre mesi all'anno) il "terrorista dell'arte" Banksy stava dipingendo sul ponte di Portobello Road una serie di immagini di Che Guevara con due dollari raffigurati al posto degli occhi: con molta probabilità puntava l'indice contro l'infinito riciclo delle icone attraverso un infinito riciclo delle icone. Ogni sabato mattina i rivoluzionari di tutto il mondo (ricco) arrivano nel quartiere (ricco) di Portobello per comprare (ricchi) souvenir di morti e mobili antichi: centinaia di cassetti dell'800 e di magliette con la faccia di gente morta per gente viva che pensa che basti vestirsi da rivoluzionario per avere una faccia da rivoluzionario.
Un giovedì di pioggia autunnale (cade nelle tazze dei mendicanti per tre mesi all'anno) Banksy è stato scoperto e fotografato: la sua identità è rimasta nascosta per anni, sebbene le sue opere siano vendute in mezzo a giganti come Picasso e Warhol, e nelle vetrine dei macellai di Portobello Road è così arrivata un'altra vacca sacra.
Un mercoledì di pioggia oramai invernale i Sex Pistols hanno concluso il loro tour in una Brixton Academy riempita fino a scoppiare, campeggiando per cinque giorni sulle magliette di mohicani con giacche di pelle di vacca, stivali di gomma e creste rosse di ogni età perchè il sogno della rivoluzione non muoia mai.
Il primo giorno d'inverno inaugurano nell'arena "O2" una mostra su Tutankhamun e la sua famosa maledizione: come perdere venti indispensabili sterline per vedere quattro stramaledetti faraoni durante una qualsiasi giornata di pioggia.
All'uscita altre venti per terminare la giornata con la maledizione su una maglietta.

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Alla Brixton Academy i Sex Pistols hanno cominciato un serie di cinque concerti consecutivi (chiudono mercoledì) riuniti per la terza volta in un decennio: il primo tour si chiamava "Filthy Lucre", un utilizzo macabro dell'ironia che fa veramente ridere. Ma almeno (a parte i soliti culi e tette) ti regala qualcosa su cui fantasticare: è mai possibile che la band più eversiva della storia del rock costi 90 sterline? Il Johnny Rotten di mezzo secolo d'età continua ad insultare la classe media, mentre io tento disperatamente di raggiungere la soglia minima di povertà e lui vive in una villa in California. In un anno si riformano i The Eagles (mille sterline per un posto a sedere e novanta minuti che suonano come i Take That country-western), i The Police (un quarto di stipendio per un posto a un quarto di miglio dal palco), le Spice Girls (sold out in otto minuti) e persino i vecchi, acerrimi nemici dei Sex Pistols (e anche un po' miei) chiamati Genesis. All'uscita della stazione di Brixton quando se ne andranno i punk tornano i prog; infuriava la rivoluzione quando li videro per l'ultima volta: alla televisione davano "Love the neighbour", un nero scendeva da una nave e diceva "Io essere bravo ragazzo! No droga" e dopo la pubblicità passavano i dati della disoccupazione. Erano gli anni del Glue Panic, canzoni ultraprimitive su Nazisti, Vietnam, CIA e colla da sniffare: su quest'ultima Mark Perry ci faceva una rivista.
All'uscita della stazione di Brixton sommersa dai venditori di crack c'è una vecchia che suona fischiando su un pettine: una sola sterlina ed è l'unica volta che una donna può farti una serenata. Faceva compagnia a un ragazzo senza mani che fischiava in un penny ma le dure regole del mercato e la concorrenza spietata lo spinsero poi nel più ricco quartiere di Oxford street, dove un modo per drogarsi l'avrà comunque trovato.
Tra gli spacciatori di crack e i vecchi che mendicano, tra i giamaicani che si moltiplicano e gli inglesi che si estinguono, tra le sirene della polizia e il Fridge Bar che passa reggae, erba e fighe nere, nel quartiere sono arrivati anche i punk. Migliaia di punk, sebbene siano trascorsi trent'anni e le Guns Of Brixton abbiano traslocato nel quartiere arabo.
All'uscita della stazione è scomparsa la vecchia che suonava una corda, così famosa che i turisti accorrevano per convincersi abbastanza da tornarsene col crack (si annoiava così tanto che avrà pensato alla possibilità di impiccarsi). E' d'altronde possibile che un artista, conoscendosi, nutra il minimo rispetto per se stesso? Insieme ai culi e alle tette mi ritrovo ancora a fantasticare sulle rivoluzioni, a spaventarmi tutte le volte - la paura dei sogni distrugge il risentimento verso di essi. Immagino che l'uomo abbia paura perchè non sa di essere un rivoluzionario, sebbene dappertutto si trovino più rivoluzionari che uomini.

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Se in questo momento sei seduto nel tuo ufficio mentre sopravvivi all'ennesima giornata da dimenticare, non provi un'emozione da due anni e stai leggendo le mie avventure mozzafiato mentre sopravvivi all'ennesima erezione da dimenticare, ti rovinerà completamente l'umore sapere che in un altro mondo (al contrario di te) io ho una vita decente.
E' la teoria degli "Universi Paralleli": in quello in cui ci tocca vivere gli eventi si succedono come sequenza di miliardi di coincidenze per ognuna delle quali, alla mancata realizzazione, si crea un altro mondo e un altro destino, dove giustamente a differenza di questo mi sono già sparato da tempo un colpo in testa.
Questo Natale goditi le nuove teorie fanta-religiose nel fresco polpettone hollywoodiano (si presta bene anche alla Playstation) dal titolo "The Golden Compass": una realtà parallela governata da una casta di tiranni, mostri e preti veramente indistinguibili. Ogni umano ha a disposizione un tot di energia: a ogni livello del gioco ne perdi un po' e devi stare attento perché se la finisci rischi di ritrovarti islamico-comunista, frocio-comunista o - nel più terribile dei casi - islamico e frocio.
Come se non bastasse la tua anima è anche proprietà di un demone dai lineamenti chiaramente iraniani (qualche decennio fa addestrato a Mosca) ed è solo una bonazza di nome Marisa ad avere la possibilità di salvare questo mondo di merda che copia spudoratamente gli stessi principi del nostro. Molte volte Marisa-la-bonazza quasi rischia di morire: ha già poca energia, poi una specie di prete la ammacca con un fanta-giavellotto perforante e lei quasi rimpiange la crudeltà di altri universi, dove al massimo i preti ti inchiappettano.
E dove non succede mai niente di eccezionale: mi sbronzo come una bestia prima di salire sui bus e parlare con Babbo Natale per via della solitudine. Ho scoperto in qualche libro fanta-religioso che, in qualche altro buco, per quache oscura ragione io non avrò bisogno di lui. Una volta mi sono fatto accompagnare alla tomba di Nick Drake e quando me ne sono tornato era sempre lui che guidava.
Sulla lapide c'era scritto: Now we rise and we are everywhere. Anche io quando muoio voglio tornare a Napoli e farmi seppellire; sulla tomba ci scriverò: Adesso mi sollevo e me ne vado.

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Green Lanes, nord-est di Londra: un "sentiero verde" che si allunga per tre miglia senza l'ombra di un albero. E' il quartiere turco: una densità di kebabbari di uno ogni cinquanta metri quadrati - uno ogni venticinque persone - uno ogni tre case vittoriane. Si alternano con gli off licence turchi: li chiamano così perchè per guadagnare di più vendono alcolici durante il divieto governativo e la notte.
Una pizzeria di mafiosi disturba il paesaggio all'arrivo a Manor House: non ci entra mai nessuno (a differenza delle altre razze, la mafia italiana per evidenti interessi economici invece che accorparsi ha avuto beneficio da uno sviluppo ramificato).
Di fronte agli italiani c'è un barbiere. Se ne contano più di una dozzina in mezza Green Lanes, tutti per capelli turchi: un barbiere ogni due famiglie islamiche - per guadagnare di più tagliano ai parenti degli altri. Di fianco viveva una ragazza di Rovigo e la mia speranza (sono finite a Buenos Aires con un maestro di tango).
Turnpike Lane, lato nord, un agglomerato discontinuo di case della mafia inglese affittate a polacchi e africani alla media di cinque a stanza. Per guadagnare di più li mettono addirittura insieme e non ci crederebbe nessuno. Due passi e siamo a Wood Green dove, finiti i neri e i polacchi, la mafia inglese fa combattere i cani.
Ritornando al centro, tra i kebabbari, assistiamo nel chiarore della notte e del divieto governativo allo smercio di 300 chili di eroina e cocaina ogni settimana.
Alla fine di tre miglia di merde di cane e barbiere, alla fine della Green Lanes, alla fine della mafia turca, alla fine del fantasma di una ragazza e di una speranza, finisce tutto questo e comincia Finsbury.
Il primo taglio di gola avviene al secondo minuto di proiezione; per attendere il taglio delle dita bisogna pazientare per altri diciassette. Benvenuti a Finsbury, il regno della mafia russa, alla visione del nuovo film di David Cronenberg ("Eastern Promises"), ancora una volta incentrato sul dilemma del dualismo e della sua esplorazione ed ancora una volta un qualcosa assolutamente da vivere. A Dicembre in tutti i cinema, anche quelli in mano alla mafia italiana (quest'ultima veramente poco interessante in virtù di un mercato ormai saturo).

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Territorio esclusivo per musicisti e modelli dal suono semi-improponibile e dal look (pardon my french) simil-rincoglionito, MySpace è diventata comunità essenzialmente inutile.
I simil-rincoglioniti (all'occorrenza definibili con grande libertà di scelta) al suono della sveglia di un qualsiasi giorno della loro vita scoprono di essere particolarmente belli, auto-commiserazione che è diretta conseguenza del vuoto dettato dai ritmi moderni e destinata a durare lo spazio di un paio di settimane, giusto in tempo per realizzare che è un bruttissimo mondo quello che ci tocca vivere: questo non toglie che abbiano il tempo di mandarmi duemilacinquecentosette richieste di diventare amico del modello – quest'ultime inviate sempre a ritmo moderno, cioè impossibili da accettare.
I musicisti, insieme per un lasso di tempo che va dal mattino alla sera (dunque un'aspettativa di vita inferiore ai modelli) aggiornano le loro canzoni stile "Mi sono appena svegliato molto indie con una melodia e un male in testa e l'urgente necessità di farlo sapere a questo mondo di merda", prima di mandarmi duemilaquattrocentododici richieste di diventare amico degli Hanson che incontrano gli AC/DC, cioè la cosa peggiore di questo mondo.
La verità è che i milioni di modelli e musicisti di MySpace, nonostante si impegnino nelle loro avventure mozzafiato e a farmelo sapere senza vergogna, si dimenano su un palcoscenico senza pubblico per dimostrarmi che:
1) non mi si può rimproverare l'utilizzo di francesismi e insulti;
2) una vita è teoricamente miserabile ma il tutto diventa reale in mancanza di amici;
3) le band americane e (soprattutto) inglesi hanno intrapreso una direzione completamente sbagliata, e sarebbe il caso di suggerire loro una sterzata prima di essere inondati da una valanga di bonazze e bonazzi pieni di amici ma nessuna prospettiva, o tutto quello che ci toccherà ascoltare da qui alla fine delle nostre miserabili giornate (e cioè da qui all'eternità) sarà qualcosa che ha un aspetto a metà strada tra il ghigno di Billy Idol e la prospettiva di vita di Pete Doherty.
Una vita – questa sì – veramente miserabile.

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E' domenica notte e sono seduto su un lussuoso divano in pelle d'animale. Avevo cercato per ore una presenza umana prima di arrangiarmi col divano: lo divido con due californiani che si drogano. "Passami il telecomando" - dice uno - "c'è Sylvia Browne".
"Mai sentita amico mio. Fa vedere il culo?"
"No". "Va bene".
Sylvia Browne è la regina dei superpoteri americani: è famosissima e ricchissima, ma non fa vedere il culo. Si fa spazio tra venti milioni di cristiani che si stanno drogando: passami la sfera - dice - c'è il destino dell’America in diretta. Genitori distrutti vanno da lei durante un certo "Montel Williams Show" per farsi dire che fine abbia mai fatto la loro figlia.
"Sei sicuro che non fa vedere il culo?"
"No." - mi stacco dalla pelle e mi avvicino alla tragedia per subirla meglio.
Una bambina di sei anni, Opal Jennings, è sparita dalla sua casa in Texas. La madre dice: "Ho bisogno del tuo aiuto, Sylvia. Dov'è mia figlia?"
Sylvia con l'aiuto dei superpoteri risponde: "Sii felice mia cara: non è morta. E' stata presa dagli schiavisti e ora vive a Kukouro".
"Kuko-che?", dice la madre che la prima serata ha riempito di speranza.
"Kuko-che! Kuko-che!" urla il pubblico - poi si alza il gobbo e tutti applaudono. Mi riattacco alla pelle e ai due americani che cercano un tono tragico - "Passami la roba" - mi dicono, e gli passo la tragedia.
Il corpo della povera Opal viene ritrovato in quarta serata a due passi da casa, accoppata dalla concorrenza per evitare uno sbalzo di share. Comunque siate felici: quella che stavo vedendo era una replica.
"Sylvia è fantastica! Simpaticissima! E' isterica!" applaude il conduttore: a me non era sembrata per niente isterica. Arriva un'altra coppia: "E' ancora viva nostra figlia?"
"No!" - e scoppiano tutti in lacrime; quindi tentano di farmi comprare prima un'automobile e poi un'assicurazione. Viene trovata viva a casa del suo rapitore dopo la pubblicità della Nike. Ma era felice - non è stata neanche stuprata: era consenziente.
In media un libro di Sylvia vende più di due milioni di copie. In media due americani su tre mi invitano con successo a drogarmi. Quando succede comincio ad immaginare la pubblicità di tutti quelli morti con qualcosa della Nike, e tutti questi bambini americani crudeli, "Sii felice Sylvia, non morirai!" - e immagino un paio di americani migliori di questi - e non sono neanche stato stuprato.

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Cicerone lo definiva: "immanius belua", l'animale più mostruoso.
"La destra, la sinistra..." - scrive Beppe Grillo - La destra, la sinistra... sempre la stessa merda.
Walt Withman avrebbe poetato: Non rido con te, rido sempre e solo di te.
"E poi abbiamo fatto cose che non si è capito bene" - scrive Beppe Grillo - "La destra, la sinistra..."
Vent'anni fa ha fatto una pubblicità, ma poi ha capito alcune cose sulla pubblicità. Quindici anni fa se la prendeva coi politici, ma poi ha capito alcune cose sull'economia. Dieci anni fa finiva i suoi spettacoli sfasciando un computer a mazzate. Ma poi ha capito alcune cose sui computer e su internet. Oggi ha capito che il male peggiore è la pubblicità, dimostrando così come nel peggiore dei casi ricominciamo sempre daccapo.
I populismi come quello di Grillo tendono sempre un po' a spaventarmi perchè invece di buone risposte tendono a collezionare buone ragioni: quest'ultime sono sempre dalla parte del popolo.
All'Università ci facevano studiare la sociologia di Marx, le soluzioni politiche alla guerra, l'economia di Marx, le tattiche politiche nella guerra, la psicologia di Marx, le spartizioni politiche dopo la guerra, gli orientamenti sessuali di Marx. "Quando si parla di popolo" - diceva mentre si faceva una sega - "mi domando quale fregatura si stia giocando al proletariato".
Qualche secolo dopo, cioè adesso, me ne sto completamente sbronzo su una montagna scozzese immaginando una soluzione politica al male di vivere. La destra, la sinistra... Vaffanculo day, che vita di merda, e porca puttana la maiala, e vaffanculo a te, e vaffanculo a me, a voi. Con la vittoria di tutto il popolo non mi restano nemici.
Alla sera un battaglione in esercitazione di Tornado GR4 della sezione RAF di Lossiemouth perde una bomba di quattordici chili su una montagna scozzese. Il Governo ci comunica che più che errore umano si è trattato di guasto tecnico: ad ogni modo adesso la RAF ci fa sapere che se la troviamo la vorrebbe gentilmente indietro.
Vado a destra, vado a sinistra: all'Università ci hanno spiegato le ragioni per giustificare una bomba sotto il culo ma non ci hanno mai fatto studiare le soluzioni politiche per evitarla dal basso.

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La casta dei giornalisti.
Per arrivare all'indice del'inserto "D" di "Repubblica" bisogna sfogliare 41 pagine di pubblicità ininterrotta, per un totale di centodue gnocche di un altro pianeta e duemila schiavi cinesi. Per scoprire chi dirige la boutique di Repubblica e soprattutto la concessionaria per la pubblicità sfogliamo altre 6 pagine per un totale di dodici gnocche e sessantadue visoni scuoiati vivi. Finalmente, quando oramai sfiduciati immaginiamo di arrivare così alla pubblicità di quarta di copertina o quella della fine del mondo, ecco che a pagina 59 troviamo nientemeno che una denuncia sociale sotto forma di articolo giornalistico. Titolo: "Viviamo una crisi dello spazio pubblico: commercializzato, privatizzato. Trasformato in parco a tema". Vengo assalito da uno spaventoso attacco di panico e butto via 362 pagine di pubblicità della crisi, mentre per sfuggire a tutto questo mi sforzo di capire in che cesso sono finito a leggere.
La casta degli artisti.
L'opera di Nathan Coley è un allestimento piuttosto semplice con la scritta "Non ci sarà nessun miracolo qui". Siccome sono ateo ero partito parecchio prevenuto: dopo averlo provocato coi miei ideali per due ore di fila in effetti tranne che nel conto in banca non si è mosso niente. Tra i visitatori ho intravisto un palestinese con la barba, solitario e parecchio sospettoso, col fiato sul collo da parte del Servizio Segreto Israeliano - ma è passato subito all'opera successiva.
Quella di Mark Wallinger (in mostra al prestigioso Turner Price) è un filmato in cui agisce come un demente vestito da orso. Credo che Mark non ci stia prendendo in giro e abbia davvero messo il cuore nella sua prestazione, sebbene non sia molto chiaro se voglia fare l'artista o il demente, e non tutte e due le cose a seconda di quale tipo di visitatore consumerà la prossima visione. Alla fine risulta così politicamente corretto come solo può esserlo una galleria d'arte per businessmen gay catto-comunisti, nell'istante in cui arriva Dio e li fa saltare tutti per aria.
La casta politica.
Il cuoco di Palazzo Chigi, Alessandro Schiavone, infastidito dai commenti fuori luogo sulla qualità del cibo, si alzò di colpo e sbottò: "Non accetto lezioni". Dal gradino più alto a quello più basso la casta italiana è la più arrogante di tutte. Non solo ci costa 3400 milioni di euro all'anno per voli di stato, immobili, puttane e droga di qualità; non solo riceve 300 volte il denaro destinato alla fame nel mondo; ma apre la bocca con una smorfia di stupore, come se qualcuno dei presenti si fosse fermato ad aspettare un miracolo. Mi ricorda la battuta di Crozza: la differenza tra un politico e tuo figlio è che il primo non fa niente, si droga e lo devi mantenere fino a 80 anni; l'altro è sangue del tuo sangue.
Che speranza può avere una nazione dove per spartire un po' di poltrone hanno inventato le comunità montane al livello del mare? Che speranza può avere un siciliano, se per costringerlo a sentirsi male sprecano 8000 miliardi di euro per la sanità pubblica, mentre potrebbero usare la terapia del sorriso di Patch Adams e affidarla a Totò Cuffaro, che fa ridere più di Totò?

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E' praticamente ufficiale: dopo aver tentato per buoni cinquant'anni qualsiasi combinazione delle sette note queste sembrano terminate. Ad ogni modo la maggior parte di quelle vincenti è stata già scoperta da un bel pezzo: adesso le band si preoccupano della combinazione delle ventuno lettere dell'alfabeto, opera di genio ben più temuta.
Se ti chiami "The World Is A Beautiful Place" non hai nessuna possibilità di farti notare. Ma una band come "I Am An Idiot And You Are My Friends" parte probabilmente avvantaggiata, perchè denota un'attitudine naïve (ma che significherà mai?) nei confronti del mondo del commercio.
"Passo da te", ho detto a una ragazza in una mediocre esibizione di combinazione, mentre avrei potuto dire "Sono tre settimane che passo da te e già mi sono rotto il cazzo, ma a quanto pare in qualche modo lo devo usare anch'io". E lei potrebbe rispondere "Sei passato da me solo tre volte e già non ti sopporto, ma a quanto pare non passa mai nessuno".
Quando poi mi dice "Ci vediamo alle 9" mi sale l'ansia da prestazione: ma dove stiamo mai andando? Per fare gli alternativi applaudiamo una band che si chiama "Joe Lean And The Jing Jang Jong": complicatissima combinazione da sette con fissa sulla "J", qualcosa che una casa discografica darebbe con quota 3:1 se muore entro due anni.
E pensare che quarant'anni fa era tutto più facile. Pete Tonwshend e Roger Daltrey stavano decidendo una combinazione: "Detours and the High Numbers!", suggerì il primo.
"Eh?!? The who?"
"Niente male neanche la tua, mi piace la seconda parte".
Per sconfiggere un fastidioso attacco di solitudine ero uscito, avevo fatto due passi ed ero finito al concerto dei "Panic! At The Disco". Sull'NME la mia solitudine aveva letto che doveva essere qualcosa di molto vicino alla felicità. Così dopo essere passata da me, mi porta fuori a sentire canzoni dal titolo: "C'è una precisa ragione per la quale i tavoli sono numerati amore mio, solo non ci sei arrivata", oppure "The only difference between martyrdom and suicide is press coverage" - con più di duecentomila copie vendute almeno il mio martirio se lo sono assicurato.
La band "The Morning After Girl" ha così rivoluzionato il dark depresso che quando li ascolto la mia vita non sembra dark, piuttosto l'idea che un becchino ha del dark.

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"Why should I stay here, why should I stay", si strugge Thom Yorke in una canzone che di eccentrico conserva solo il titolo, "Weird Fishes/Arpeggi".
I Radiohead sono la prima band di area major ad aver compreso che è impossibile combattere i pirati del web: venti miliardi di canzoni sono scaricate illegalmente ogni anno - un cd su tre è una copia. I siti che offrono musica gratis si moltiplicano come i funghi allucinogeni a Hyde Park (una conseguenza positiva del Global Warming?).
Fare una recensione di un disco dei Radiohead è come ridisegnare la composizione delle stelle dopo un solo sguardo o la fisionomia della gente sotto LSD, sebbene sia comunque facile da capire come "In Rainbows" sia il loro disco più accessibile dai tempi di "Ok Computer". Non è un ritorno alla liricità di "The Bends", o al formato da stadio raggiunto dagli epigoni (Coldplay/Muse), ma per fortuna non è neanche un esperimento francamente inascoltabile come si poteva temere, e come lo era una buona metà dei capolavori-gemelli "Kid A/Amnesiac".
I Radiohead oggi lanciano una rivoluzione discografica, mettendo a disposizione l'ultimo disco in vendita su internet a partire da un penny, la stessa moneta messa da parte dai superstiziosi come augurio di buona fortuna. E in questa battaglia alle case discografiche un'altra band di peso, i Nine Inch Nails, sembra pronta a seguirne i passi. I Radiohead hanno rifiutato di rivelare quanta gente si sia affrettata a scaricare, nè quanti soldi sia stata disposta a sborsare, ma numeri a parte il server è crollato comunque.
A parere di chi scrive, "In Rainbows" diventerà a breve un classico e un precedente rivoluzionario nella storia della musica. Nel bene e nel male. "No matter how it ends, no matter how it starts", si strugge Thom Yorke in una canzone che di giocoso conserva solo il nome, "House Of Cards", ed è davvero un gran bel sentire, non solo musicale.
Sebbene il sottoscritto abbia preferito acquistare il cofanetto completo a 40 sterline: due cd più due vinili più frattaglie assortite. Che volete farci - sono un rivoluzionario romantico, io.

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Il crack. Droga ufficiale di due categorie: i morti di fame e i morti per la fama. Dove trovarlo: Brixton, ma se fai parte della seconda categoria, quella dei morti per la fama, qualcuno te lo porta a domicilio fino al quartiere arabo della zona più orientale della città. All'ultimo party di Pete Doherty l’hanno buttato giù dal quarto piano: era un ragazzo così pieno di buone qualità che quando è arrivata la polizia si sentivano tutti colpevoli. "Solo quando sono finito in prigione ho capito che non ero stato io" - ha detto uno (Johnny Jeannevol, è una storia vera). Per fortuna che io non saprei minimamente cosa fare nella zona orientale, il che mi da almeno la speranza di appartenere alla prima categoria, quella dei morti di fame. Se sei interessato il miglior venditore lo trovi a Brixton Hill, davanti al manifesto di uno dal nome di guerra chimico-battereologica, Akon (22 Hayter Road).
La coca. Droga ufficiale di chiunque, la vende anche uno alla fermata del bus. E' apparso un bel giorno insieme ai manifesti di un esercito di gnocche dai nomi di prodotti per disfunzioni sessuali (JoJo, Rihanna, Ciara), e da otto mesi ancora non tolgono entrambi. E' anche la droga ufficiale di 50cent: questo invece l'hanno piazzato sui bus. Aveva scommesso di ritirarsi se avesse venduto qualche milione di copie in meno di quell’altra personalità raffinatissima di Kanye West: ha perso. Essendo sopravvissuto a nove tentativi di omicidio e ad una fortuna economica quanto il prodotto interno lordo di nove nazioni, 50Cent è la versione aggiornata del sogno americano: quello idealizzato da Scarface. Adesso che ha toccato il fondo mi passa accanto tutte le mattine. Con la sola differenza che con un album dal titolo "Get Rich or Die Trying" 50Cent al contrario di Tony Montana è diventato ricco ma (ahimè) non è crepato provandoci. Ha invece annullato il concerto: penso a questo tutte le mattine alla fermata delle gnocche di casa mia, mentre aspetto che arrivi 50Cent, proveniente da Tulse Hill e diretto a Holborn, per scendere alla fermata della guerra di Clapton.
L'erba. Droga ufficiale dei poveri e delle donne: queste ultime possono sempre trovarla gratis a casa dei primi. Dove le donne fumano così tanto e diventano così insopportabili che chiederei la loro mano solo per tagliarla.

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Il Nevroromanticismo è un movimento filosofico-letterario che considera il lettore come un'enorme chiavata ipercapitalista, un consumatore che in qualsiasi mondo tranne questo verrebbe castrato. Quando Isabella Santacroce scrive "Sony Dolby BNR WM-EX 304 + mega bass Carhartt arancio Anas catarinfrangente trasversale baby in divisa collegiale leccano piedi verdi di zucchero salivoso" - mentre con tutte queste preoccupazioni cerca pure di sollazzarsi con un Orange Road Special Vibrator a cinque velocità - l'esercizio della lettura materializza la stessa trasgressione di un cazzo strofinato su una grattugia. Ed è forse questa l'unica spiegazione per capire che misteriosa figura possa mai essere una "Regina dei cazzi rari", che altrimenti in qualsiasi mondo tranne questo non avrebbe senso alcuno.
Per scrivere un libro della Santacroce occorrono due ore, esattamente la metà di quanto richiesto per la lettura: la pagina contiene una media di ventisette pensieri, ciascuno apparentemente slegato da qualsiasi filo logico. Il nevroromanticismo è un grande successo letterario e la notizia di un tentativo di suicidio di una giovane (s'è tagliata le vene) al termine della lettura, cose tutte legate da un filo invece assolutamente logico. Il nevroromanticismo è osservare "psicotiche figure ansiose ingannare il tempo censurando lussuriosi desideri e il crimine dell'illusione" alle 8 di sera a Russell Square (quest'ultima scritta quattro volte e sempre in modo incorretto), mentre io ci vedo (a voler esagerare) una piazza (appunto), qualche cane infreddolito, gente piuttosto crudele e per finire la stanza di una ragazza greca che si prese cura di me. Il nevroromanticismo è mettersi una svastica al braccio perchè "sta bene con l'abito nero". Sono i nuovi parolieri: un esercito di consumatori nell'era cool e trendy della new-economy, in mancanza del dubbio politico a tifare per Ordine Nuovo-Marxisti Leninisti leccando "culi made in Taiwan contro ceramica bianca: funziona così. Non so se mi spiego". Oddio: mica tanto.
Si scaricano tutte queste idee plastiche e queste suonerie vistose: Sweetie Chick, Five Star catarinfrangenti tripla para creeper, Axel F, istinti gregali della disobbedienza e pure un po' di stronzate su una rivoluzione. Un manipolo di cervelli sodomiti i cui ideali sembrano realizzati apposta per finire su un libro o un cellulare.
Isabella Santacroce è il Cristo di Bansky: la testa chinata con una smorfia di rassegnazione e dalle mani sanguinanti le liste della spesa e lo shopping. Generazione di coloro che hanno ingoiato il terrorismo del consumo e l'hanno rigettato con un vomito di parole.

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editoriale di MaledettaPrimavera

"Dio non mi lascerà entrare in Paradiso perchè sono un Demone; il Diavolo non lascerà che entri all'Inferno per paura che prenda il suo posto". (Phil Spector - Vanity Fair).
Strana bestia lo Spector uomo (di quello genio non avrei i mezzi per giudicare): la mente deviata, la passione per le armi che lo vide puntare una pistola davanti a Lennon e Cohen, i suoi miliardi ostentati male. L'ultima volta che ho visto Spector alla tv, al processo per la morte dell'attrice Lana Klarkson, era per ribadire la sua innocenza e per convincere il giudice su una probabilissima infermità mentale, presentandosi infatti con una enorme acconciatura afro-grigia (ma la polizia pareva comunque avere le idee chiare in proposito). S'è ammazzata cantando "You have lost that loving feeling", si difese in tribunale, e se confermata sarebbe proprio una brutta fine: canzone invero orrenda al pari dei suoi capelli. La Corte Suprema di Los Angeles in questi giorni si riunisce per decidere se, a distanza di tempo, una giuria può finalmente emettere un verdetto o c'è bisogno di altre motivazioni per convincerci che in verità siamo tutti schizzati, a prescindere dal taglio di capelli o dalla religione. Neanche sono giunto al verdetto: sul più bello, quando mi stavano per rivelare l'assassino, ho avuto in visione la Madonna e ho cambiato canale.
"Net Bridge" è un ponte formato da cinque sentieri: s'intrecciano, s'allontanano, convergono, si raccontano qualche storiella in una inedita passeggiata nel centro di Beirut. L'architetto Nadim Karam converge pure lui alla televisione, s'allontana, intreccia le parole per spiegare che fine abbiano fatto alcuni milioni di dollari che gli erano finiti in mano. Nadim ha creato in realtà qualcosa a cui ci si può arrivare anche gratis: un'idea. Il Net Bridge mira semplicemente ad offrire un cammino verso Allah selezionato per gli eletti, non partecipato nè assolutamente collettivo: quando arrivi al ponte, prima che tu decida se convergere, intrecciare o giustamente allontanarti, una arbitro religioso sentenzia che sei fottutamente schizzato, a prescindere da quale tifo religioso organizzato appartieni. Dopodichè tu parti in tutta fretta: ti tieni questo mondo di merda se arrivi sano e salvo alla fine del sentiero che hai scelto, mentre se muori bombardato il successivo te lo scelgono loro.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Alcuni governi hanno messo in cantiere un archivio nazionale del DNA. Una volta realizzato, probabilmente la polizia ti manderà il mandato d'arresto per posta, tipo multa, con la minaccia a consegnare spontaneamente il DNA entro 14 giorni. Terminato questo pensiero ho avuto un sussulto, ho quindi sofferto la mia lieve mancanza di globuli bianchi e poi ho ripreso a pensare. "The Last King Of Scotland" è un bellissimo film sulla figura di Idi Amin, tiranno che terrorizzò l'Uganda durante i tumultuosi anni '70. Devono essere proprio cambiati i tempi perchè trent'anni dopo suo figlio, Faisal Wangita, s'era messo a terrorizzare con la qualità del suo crack tra i vicoli di Camden Town a Londra. Qualche mesetto fa, Faisal si svegliò con un pessimo sballo del DNA: si avviò dal fornitore somalo e lo accoltellò 43 volte, bastonato con una mazza da baseball, bottiglie di vetro e un martello, su DNA ancora non catalogato. In tutto questo tempo i neuroni somali, a sentire i giornali scandalistici, sono riusciti a mettere insieme un banale insulto alla madre che gli allungò la vita giusto un attimo: Faisal infatti si fermò, non ricordando a chi il somalo si riferisse tra le 25 amanti e 6 mogli del padre. Di sicuro non la più giovane di queste, gli avrei suggerito in quel momento mentre sopravvivevo poco distante, la quale oltre ad essere finita tagliata in dodici pezzi e poi ricucita in vista del funerale di stato, era pure nata sterile. Anche Faisal pensò probabilmente a questo, perchè si rincuorò sulla bontà della nostra conclusione e modificò altrui DNA con una smozzicata indelebile.
All'aereoporto di Heathrow un centinaio di ambientalisti staziona in protesta da parecchio tempo. Sono ambientalista anch'io e immagino la cosa mi renda poco lucido: l'ultima volta che ho viaggiato ho perso un'ora a spiegare ad uno di loro come migliori la vita l'inquinamento di un aereo. L'aereo, con tutte le procedure di controllo, è diventato l'unico spazio vitale dove la mia sopravvivenza viene assicurata al 99%, e se prenoto in anticipo posso permettermi pure l'assicurazione nell'evento che per statistica dovrebbe appartenere ad una guerra nucleare. Da gennaio ad agosto sui treni di questa città (come in qualsiasi altra città) sono stati aggrediti 176 profili diversi di DNA senza nessuna distinzione di sorta. La percentuale di saltare per aria insieme a DNA arabo raggiunge il 7% nelle ore di punta. Quando sei sull'aereo, ti viene offerta una sedia per riposare il tuo DNA. Se sei fortunato, c'è una bionda che ti vende i tramezzini.

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editoriale di Fidia

Stamattina ho letto che gira da qualche tempo in rete, un estratto di un video recente del barbuto Osama che dimostrerebbe come il teorico del terrore globale abbia avuto da Allah in persona il dono dell’immortalità.
Il "morto che cammina", insomma, sarebbe tutt'altro morto ma, anzi, conosce perfettamente la situazione politica internazionale (pronuncia qualche frase sui nuovi premier francese ed inglese), medita ancora di mandare i suoi adepti in giro per l'Occidente a seminare morte e zizzania, ma, come ci raccontano i zelanti e professionali esperti esteri, ha un atteggiamento più pacato nelle minacce, quasi sussurrandole e non pontificando sermoni come usava fare nel periodo di suo massimo splendore.
Un Osama in dò minore, quindi.
Ed il motivo è facilmente intuibile.
Il suo acerrimo nemico, infatti, è andato a fare una passeggiata in Iraq a dar morale alle truppe impegnate contro Al Quaeda, promettendo, nel contempo, che si arriverà ad una notevole diminuzione del numero dei soldati se continueranno i successi (?) contro i terroristi che minano la stabilità del paese.
Bè, la farsa non poteva essere completa senza il video di Osama.
Con una puntualità svizzera, infatti, ogni qual volta il Presidente U.S.A. si trova in difficoltà, arriva il nemico/amico barbuto a risollevarne le sorti.
E Bush, che avrà pure la faccia da idiota, coglie la palla al balzo offertagli dal fantasma saudita, per affermare in tutta forza che il suo ennesimo messaggio-video dimostra come la lotta al terrore sia tutt'altro che conclusa e che per questo è necessario continuare a restare nel paese che un tempo fu di Saddam per proteggere i cittadini americani da altri attacchi che (lo dice la C.I.A., attenzione, la stessa efficientissima C.I.A. che non seppe prevedere la debacle dell'11/09) saranno più catastrofici di quello in cui caddero le torri gemelle.
La lezione è conclusa.
Giocando sulla paura si possono perseguire gli obiettivi più disparati.
E la mia di paura, qual è?
Non saprei, ma sono sicuro che Bush ha una risposta (preparata dal suo staff, ovviamente) anche a questa domanda.

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editoriale di Kid_A

Secondo le statistiche, almeno quattro utenti di DeBaser su dieci si recheranno il 14 Ottobre alle urne per le primarie del Partito Democratico. Quello che però le statistiche non dicono è che la gran parte di questi DebDem (Debasers Democratici) sarà in realtà attratta dai capannelli di persone davanti ai seggi e si fionderà nella speranza che stiano offrendo un buffet gratuito per una qualche inaugurazione. Per poi dileguarsi intimoriti e confusi alla richiesta del contributo elettorale di cinque euro necessario per votare.
A chi invece rimarrà, toccherà l'ardua scelta del leader del nuovo partito, tra una variegata rosa di nomi.
In pole position Walter Veltroni, il sindaco più cool del momento che, come nel suo stile, si presenta con un programma molto innovativo e attento alle esigenze dei giovani. Tra i vari punti spiccano, per rilevanza politica, la proposta di una nuova turneé dei Nomadi nei comuni con meno di cento abitanti (gli unici ancora non coperti dallo storica formazione) e il chiaro impegno di riportare in tv tutte le repliche de "I ragazzi della terza C", questa volta su Raiuno in prima serata. Anche la sinistra radicale apprezza, ma alza la posta e chiede come minimo l'Eurovisione per Chicco Lazzaretti e compagni.
Particolarmente travagliata la scelta dell'inno musicale della mozione veltroniana. Scartato a malincuore l'amato "Köln Concert" di Keith Jarrett, per cui le orchestre di liscio alle Feste dell'Unità avevano lamentato una certa difficoltà di esecuzione, "Imagine" di Lennon è invece incappata nelle rigide maglie della censura della corrente teo-dem, per i chiari riferimenti anticlericali contenuti nei testi di quel fricchettone miscredente. Alla fine la scelta è ricaduta su "la Bamba" che ha un bel ritmo e nelle le cui parole, per fortuna, nessuno ha mai trovato un cazzo di senso compiuto.
Segue a ruota la candidatura di Rosi Bindi. Una donna di sani principi, legata ai valori tradizionali della Chiesa e della famiglia, nonché, a quanto si dice in giro, ancora illibata. Ricorda tanto Britney Spears agli esordi. E sappiamo tutti com'è finita con Britney. Ci sia lecito dunque diffidare, per non doverci poi ritrovare con un leader di partito che annuncia al mondo di aver appena perso la verginità con Justin Timberlake.
Terzo incomodo Enrico Letta, un bravo ragazzo, fin da giovane afflitto dal dramma di non essere mai invitato alle feste, per via del fatto che un solo minuto della sua conversazione genera negli interlocutori improvvisi attachi di narcolessia .Ed oggi, per lo stesso motivo, Vespa e Mentana si ostinano a non invitarlo ai loro salotti televisivi, precludendogli di fatto ogni possibilità di vittoria.
Chiudono il cerchio una pletora di outsiders tra cui le cronache politiche annoverano un blogger (e viene in mente Ecce Bombo, "si, ma che lavoro fai? come campi?"), un economista con studi a Cambridge, una casalinga di Voghera e un posteggiatore abusivo di Napoli.
Comunque vada, sarà un successo.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Ogni secondo muoiono 6 persone: questo purtroppo le rende 360 al minuto, 21600 solo ogni ora - più di mezzo milione al giorno. Di questi, qualcuno faceva il pane, qualche donna la massaia, qualcuno ancora il miliardario e qualche altro il parassita, un paio morivano prima di decidere e quelli che restavano facevano gli artisti. Se partissimo dalla nascita del rock (diciamo anni '50?) e dalla nascita del cinema (diciamo inizio secolo?) questo ci darebbe 55 + (circa) 100 anni di morti, per un totale che si avvicina al secolo e mezzo. Moltiplicando il tutto per la media di anni in cui un uomo morto viene ricordato (che varia dall'immortalità degli esseri inventati DEI, ai 5 secondi degli esseri inventati SOLI), questo farebbe qualcosa come 545750 possibili combinazioni al giorno, ognuna delle quali da commemorare. In 55+100 anni sarebbero all'incirca 12 miliardi, e cioè più o meno il doppio di quanti ne saremmo vivi in questo istante. Da qui il famoso detto: "Siamo tutti artisti, se non di più".
E' proprio per questo che mi si vede tutti i giorni correre a perdifiato rincorso dall'ineluttabilità del destino; proprio per questo non è difficile trovarmi in un angolo in un attacco epilettico di grattata di palle: è perchè dopo aver letto 45 milioni di commemorazioni di morti, l'unica paura che m'è rimasta è di finirci dentro.
Di Pavarotti immagino non mi interessi molto; sapere della morte di Thom Yorke invero mi renderebbe assai triste, ma bene o male pressato da altre preoccupazioni me ne farei infine una ragione. Mi basta solo che prima di tirare le cuoia si ricordi di pagare le tasse.

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editoriale di MaledettaPrimavera

Stamattina, nella mia casella di posta Google, c'erano 23 email di utilità pubblica (spam) e 12 di utilità privata. Tra queste ultime, quattro offerte di sussidiari del Viagra e un paio di ingrandimenti del pene. In uno di questi consigli per gli acquisti veniva spiegato il mio insuccesso con le donne: come per le email, anche queste ultime una volta utilizzate non durano a lungo, ma per quel poco che gli è concesso stranamente scopano più di me.
Tra le email di utilità privata conservo alcune foto di una ragazza. Le scrissi: "Quel filo di trucco ti ha resa ancora più bella", e mi pentii subito amaramente. Da quell'invio, per un totale di 3 mesi e 12 giorni, ogni volta che mi sveglio con uno spaventoso senso di vuoto e mi viene voglia di colmarlo con un po' di sofferenza, alla destra di quella ragazza posso cliccare siti web su qualsiasi trucco per il trucco. Uso del chiaroscuro, scelta dei colori, acconciature per visi irregolari, nasi pronunciati, il trucco della sposa. "Sei giusto?" - appare invece ad intervalli irregolari - "Sei sicuro di andare in paradiso? "www.bjnewlife.org". L'ultima volta che ho pregato devo essermi scordato di cancellare i cookies.
Quando Larry Page e Sergey Brin cominciarono l’avventura di Google, nel 1997, scelsero come motto: Don't be evil. Un'espressione perfetta all’alba di un miracolo che muoveva i primi passi come Davide contro Golia (Yahoo). Dieci anni dopo, Google è diventato un motore di ricerca da 75.000 milioni di dollari, tanto potente da cancellare qualsiasi residuo di privacy: una contro-rivoluzione orwelliana che si è spinta così avanti da diventare scienza. Le tue parole, la tua curiosità, i tuoi pensieri sono masticati e sputati per definirti, per rispondere alle tue primordiali esigenze. Chi sono e cosa sto cercando? Quanti soldi mi restano e cosa mi compro?
Ogni volta che utilizzi un motore di ricerca, qualcuno registra il tuo indirizzo IP, quello che stavi facendo, l'ora e il giorno in cui non avevi nient'altro di meglio da fare; tutto questo conservato per due anni, il che significa (con 34 tipi diversi di sussidiari del Viagra) che devi essere proprio un caso disperato.
Lo scorso mese Google ha acquistato una compagnia specializzata in genetica umana e dopo un po' anche una certa "Double Click", azienda che costruisce profili sugli interessi dei clienti partendo dalle ricerche sul web: il 1984 di George Orwell. Con la sola differenza che, nel 2007, il Grande Fratello ha abbandonato l'idea di controllo delle menti e ci scava dentro per imporci il volo più economico per Auschwitz.

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editoriale di Fidia

A Taranto, a due passi dalle prima case, c'è lo stabilimento siderurgico più grande d’Europa, nonché il secondo per estensione al mondo.
Questo mostro non solo deturpa l'aspetto della città, ma la uccide lentamente.
Mi si potrà replicare: "Ok, ma tu sputi nel piatto in cui la tua famiglia e migliaia di altre persone hanno mangiato e continuano a mangiare".
E' vero, ma vogliamo parlare delle migliaia di morti per tumore che si verificano ogni anno?
Taranto è la città con la più alta percentuale di morti per tumore alla prostata ed al seno.
Ma la vera piaga di questo gigante cattivo è di aver ucciso la mentalità dei residenti.
Sentire gli adolescenti affermare e sperare di entrare a lavorare un giorno nell'ILVA, come se fosse un sogno respirare tutta quella merda e rischiare la vita ogni giorno (in due anni sei operai sono morti per incidenti dentro lo stabilimento, l'ultimo aveva 23 anni e si doveva sposare dopo l'estate), mi deprime profondamente.
Il sogno, per molti dalle mie parti, è quello di indossare una tuta perché solo così si può sperare di avere uno stipendio fisso mensile e farsi una famiglia.
Le critiche che si sono mosse nel tempo a quelli che sono volgarmente chiamati i "capi" dello stabilimento, in merito alla violazione delle leggi in materia di infortuni sul lavoro e di normativa anti-inquinamento, sono puntualmente cadute nel vuoto di fronte al ricatto occupazionale perpetrato dall’azienda nel minacciare la chiusura degli impianti e, così, ridurre alla fame migliaia di famiglie.
Condite il tutto con il più grave dissesto pubblico in cui è scivolato il comune a causa della corruzione e dell’incompetenza degli amministratori che ci hanno governato sino a qualche tempo fa, per essere certi di affermare che il vero proprietario della città ha un nome che non corrisponde a quello del sindaco attualmente in carica, contro cui può fare veramente ben poco.
Egli è Emilio Riva, di Milano, ingegnere, più di 80 anni.
Ma, alla fine, la colpa di tutto questo, a mio parere, non è dell’imprenditore lombardo, né tantomeno dei politici corrotti che hanno prosciugato le casse comunali nella precedente legislatura (anche se personalmente proverei non poca soddisfazione nel vederli marcire lentamente in carcere), ma dell’intera comunità locale che ha permesso il verificarsi di una situazione simile.
La nostra vera colpa è stata quella di aver permesso l’uccisione dei nostri sogni, delle nostre speranze, delle nostre ambizioni e, in definitiva, di aver permesso la creazione di un appiattimento culturale e sociale di cui continueranno realmente a beneficiare sempre in pochi.

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