Dislocation

DeRango : 22,35 • DeEtà™ : 3009 giorni

Voto:
È sempre bello leggerti, anche quando la musica di cui parli mi interessa poco. Non che non mi piaccia, ma non me la vado a cercare.
Ebbravo come sempre, lo zio Lulù.
Voto:
Dopo una sì evoluta, ma anche involuta, disamina, una sì dotta, ma anche ignara, discussione, dopo una sì notevole, ma anche trascurabile, serie di risposte, dopo una sì chiara, ma anche oscura, testimonianza della caducità delle cose umane, dopo, infine, l'arrivo dell'ennesimo allenatore-pacco al Genoa, ma anche dopo la partenza dalla stessa squadra di un selezionatore-cosìcosì, insomma, dopo tutto questo, ma anche molto altro, vado immantinente a dichiarar amor'eterno al prode @[Dr.Adder] ed alla progenie che, eventualmente, da lui voglia derivare.
Ugh, ho detto.
Voto:
ENORMI !!!
Voto:
Si parla di Vasco, cazzo... questo ed i seguenti 5 album potevano donarci un artista ancora a suo modo introspettivo, dalla dialettica scarna ed essenziale, dal piglio per nulla intellettuale. Poi, passati appunto i primi sei album ci si accorse, e lui se ne accorse per primo, che la storia non poteva continuare, che il cantore provinciale tutto alcool e sostanze, dai rapporti interpersonali immaturi ed irrecuperabili, tendeva a ripetere se stesso e, peggio, i suoi argomenti risultavano ripetitivi e poco interessanti. Poco a poco Vasco prese a focalizzare il suo obiettivo su un pubblico dal QI e dalle pretese invero bassini, una brancata di tatuati in infradito (d'estate, d'inverno camperos) dai gusti semplici (è dir poco), convinti che lui sia il rock in Italia..... Inquietante, a mio modestissimo avviso, il dato parasociologico che vede il suo pubblico sovrapporsi a quello di altri portatori di messaggi di portata basica, se non addirittura vicina allo zero assoluto, stile Jovanotti....
E' peraltro innegabile che un sound compatto a base di distorsori e batteria tonante come "Siamo solo noi" al tempo, in quello che pretendeva essere il mainstream musicale, era davvero raro da trovare, in Italia.
Inutile, se non penoso, elencare le caratteristiche del suo essere e del suo porsi al pubblico, che Rossi scelse di esaltare per conservare quel pubblico cui pocìanzi accennavo.... la scelta di non cantare mai, di parlottare anziché cantare, di emettere singulti e vocalizzi stile "Eeeeh..." od "Aaaaahhhahhh" o perfino "Oooohhooohhhh", ripetendo stancamente "E già......" sembra essere stata vincente per la sua audience, niente da dire, a livello di marketing ha pagato.
Resta la pietà e la vergogna che il nostro suscita in chi lo guarda ed osserva le sue movenze ormai più appartenenti ad un emiplegico che ad altro, con tutto il rispetto per gli emiplegici.
Non fate caso al solito Sergino che, ormai lo conosciamo, mai ammetterebbe che un disco italiano sia un bel disco, a meno che non sia di un gruppo prog ritardatario dalle tematiche suicidali, mai lo ascolterebbe e, peggio, ami ammetterebbe l'evidenza. Ormai è attempato e stanco, abbattiamolo, orsù.
Bravo Diddiccù che ci ricorda dischi semiperduti e non privi di molte qualità, se non altro freschezza ed immediatezza.
Voto:
Personaggio di gran livello, hendrixiano di ferro, chitarrista non veloce e rumoroso come Di Palo o Bambi Fossati ma essenziale e di gran classe mai un suono, neanche di feedback, fuori posto. Come cantautore veniva un po' snobbato in favore del suo essere prima di tutto chitarrista solista, ha inanellato belle e preziose produzioni ed arrangiamenti, Faust'O innanzitutto...
Mi ritengo fortunato possessore del 45 giri da te descritto, quello la cui copertina è in foto. Ricordo, di lui, con piacere anche "Che cosa sei", già molto maturo, ma anche "Gente di Dublino" e "America goodbye", davvero molto ben fatto ed "avanti" per la roba che si sentiva nel pop Italiano al tempo
E ritengo giusta la tua affermazione finale. Avrebbe meritato di più, più considerazione come cantante/autore (mai sentito nessuno annoverarlo tra i cantautori, si fa fatica a trovarci Graziani, figurarsi lui...).
Voto:
Disco-atmosfera, rimanda subito ad evasione, leggerezza, vacanze e uncazzodafare.
Ebbravo Cosmico, breve e circonciso come si deve e come io non riuscirò mai ad essere, con la mia mania di documentare e precisare, che palle.
Voto:
In questa fase il vecchio zio Reginaldo si avvicinava all'orlo del baratro artistico.
Ma presto avrebbe compiuto un consistente passo avanti.

@[musicalrust] Sarai presto accontentato.
Voto:
Ho già avuto modo, il mese scorso, di recensire questo stesso prodotto e non mi dilungherò troppo, lo giuro.
Solo contesto il punto di vista dell'ottimo @[DDQ] , assolutamente. Io vedo questo film-concerto dopo aver visto tutti, e ripet tutti, i vecchi audiovisivi dei DM, a partire dal Live i Hamburg dell'85 per passare da "101", dal "Violation Tour" e tutto quel che seguì.
Nelle mia modesta recensione affermavo quanto adesso ripeto: in primis questo prodotto ha attorno a sé un'aura di tristezza tutta a sé stante, nel senso che il concerto in sé è una stanca ripetizione degli standard degli ultimi vent'anni concertistici dei tre di Basildon che pure l'asticella dell'eccelenza nella performance l'hanno rialzata più volte, diciamo da metà anni '80 ad una decina d'anni fa circa. La perfezione formale del tutto, musica, audiovisivi, scelta della scaletta spffre di una ripetititvità perlomeno sospetta, solo in parte stemperata dalla riproposizione di due o tre vecchie canzoni che i Nostri non proponevano in concerto da eoni.
Secondariamente, è l'immagine dei Tre che ci rimette, a quest'impietoso resoconto visivo del geniale Corbijn; i DM, come tutti noi, invecchiano, ed il loro è un repertorio cha malamente si adatta ad esecutori in preda ad attacchi artrosici od alla riduzione del tono muscolare: le piroette di Gahan tengono in tensione il pubblico, ma per il fatto che ognuno prega che egli non perda l'equilibrio, Dave lo fa una volta a concerto e non ci prova più, poi.
Particolarmente penosa la performance vocale dello stesso Dave che latra dove una volta urlava e ringhia dove già tingeva di toni blues i versi sublimi di Martin Gore.
Di Fletch non parleremo, ha oggi le stesse prerogative, all'interno della band, che sempre ha avuto e che assommano molto vicino allo zero cosmico. Pigia tre-tasti-tre ed, al momento degli inchini finali, non flette né schiena né ginocchia. Basta così. Fateceli ricordare com'erano, non vale per tutti la regola degli Stones.
A volte non vale neanche per gli Stones stessi.
Per quanto riguarda il mio malessere nello scrivere tutto ciò vi rimando, se ne avete voglia, a 'sto po' po' di link

Spirits In The Forest - Depeche Mode - recensione
Voto:
Di Paolo Conte, artista per cui nutro ammirazione sconfinata da una vita, ho sempre ammirato l'abilità con cui riusciva a sintetizzare situazioni complesse, composite e frammentarie in poche, a volte lapidarie, parole... Ricordo sempre con estremo, ma sottile piacere, la definizione che diede di Duke Ellington ("Ecco Duke Ellington, grande boxeur, tutto ventagli e silenzi...") e sfido qualunque Bertoncelli od anche, esagero, un Arrigo Polillo, ad emettere una definizione del Duca più calzante, sintetica e definitiva di questa.
Bello il tuo azzardato parallelo fra la tua procace estetista e l'Arte di Fenoglio e Conte....
Capisco meno il tuo voler introdurre nei meccanismi della recensione una frase del chitarrista figlio d'Abruzzo, davvero non ci vedo il nesso, tra le due situazioni, mi sembra tutto un po' forzato.
Come non trovo che contribuisca all'economia del tuo scrivere il distaccarsi, quasi subito, da quello che pareva essere l'argomento (una stupenda composizione dell'Avvocato nell'Età di Mezzo) infarcendo la recensione di citazioni d'altre sue canzoni che, alla lunga, e sempre a mio avviso, bada, distolgono un po' l'attenzione di chi legge. Recensione che, sia detto per inciso, tu hai intitolato, e precisamente, col nome della suddetta, sublime, composizione. Anche se poi m'accorgo che il titolo si rferisce più esattamente ad una clip presente sul Tubo...
PS Ha ragione Conte, un vero batterista sta sempre nell'ombra e guarda tutti conocchi cattivi, compagni di band e pubblico...
Bella e sincera poi la tua descrizione d'un paesaggio e di un luogo che solo chi lo conosce sa di poterlo archiviare tra i luoghi dell'anima, colmo com'è del Tutto e del Niente, dell'esagerazione e della sintesi perfetta, della popolanità più schietta e verace e della signorilità più altera e schifiltosa che esistano.... Si vede che i luoghi, al di là dell'attrazione fisica e sentimentale per l'Elvira, li hai amati davvero...
Ha ragione @[lector] , e, per una volta che ce l'ha, bisogna proprio dargliela.... Riprendi a scrivere, ripensa, lima e taglia, ti si legge proprio volentieri.
Voto:
Lo scarico metatarsale selettivo viene realizzato, nel più vasto ambito della costruzione di un supporto plantare su misura, al fine di ridistribuire il peso corporeo che, durante le fasi del passo, si acconcia in maniera patologica sui metatarsi e, più specificatamente, sulle loro epifisi distali, vulgo "teste", realizzando così uno schema del passo dagli esiti spesso dolorosi, tanto da spingere il tecnico a personalizzare, nel plantare su misura, un apposito e selettivo scarico per l'epifisi individuata.
Per una soluzione poco più invasiva ma di più semplice realizzazione, a volte, si prefersice realizzare uno scarico metatarsale totale, vulgo "barra", che compia la sua missione terapeutica su tutte le epifisi distali di tutti i metatarsi.