editoriale di G

Fu un po' di tempo fa, da un muro, che appresi di Marco Camenisch. Faceva freddo, me ne accorsi dalla nuvoletta che il mio fiato produceva, poi tirai su la lampo. Aspettavo qualcuno, non ricordo chi. Vidi questo brutto volantino di lettere nere su sfondo bianco, non fu lo stile o le parole a colpirmi. Fu la mia pena - quella che prevede la necessità di fagocitare tutto, aldilà del gusto e della volontà - a imprimermi questo nome nella memoria.

Marco Carmenisch nasce in Svizzera nel 1952 e come un novello Thoreau andò per i boschi a succhiare tutto il midollo della vita. Divenne un "anarchico verde", un "ecologista antinucleare", o qualsiasi cosa si voglia dire utilizzando queste definizioni: sta di fatto che Marco ebbe una carriera da sabotatore. Nel 1979 fu condannato a dieci anni di reclusione per aver intrapreso delle azioni distruttive contro un traliccio dell'energia elettrica e una sottocentrale della Northeast Switzerland Power. Al processo, nemmeno a dirlo, rivendicò il gesto, inserendolo nella protesta mossa contro la distruzione naturale del cantone dei Grigioni e contro lo sfruttamento di questa regione da parte della Northeast Switzerland Power. Era il 1981 quando evase dal carcere e dai suoi altri otto anni di detenzione. Nella fuga, pianificata ed ottenuta in combutta con altri cinque detenuti, come nemmeno in un romanzo di Edward Bunker, morì un secondino.
Scappò in Italia, comunque, dove, con il falso nome di Martino, visse per dieci anni e dove nel 1991 fu catturato in seguito ad un banale controllo dei documenti finito in malo modo - con un proiettile conficcato nella gamba d'un tutore dell'ordine. Nel frattempo, nel 1989, la polizia federale svizzera lo accusò dell'uccisione di una guardia di frontiera. Processato per la seconda volta, questa volta in Italia, ottenne una condanna a dodici anni.
Il 18 aprile 2002, dopo aver pellegrinato per gran parte delle carceri italiane, fu estradato in Svizzera e processato per due omicidi e quindi condannato, per uno solo di questi, a diciassette anni di carcere. Era il 2004. Poi la pena, in seguito al ricorso di Carmenisch, venne ridotta a otto anni.

Mi piacerebbe vederlo, una volta libero, con i lunghi capelli mossi dal vento, sfidare, in sella al suo ronzino, una pala eolica convinto di vedere un mulino a vento. Ma non lo farà, credo. Sembra tardi un po' per tutto, anche per andare in direzione dei sogni, a vivere la vita che si ha desiderato.

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editoriale di Fallen

Steso su questa tela morbida, viscida di sangue e sudore, sorrido ai miei confusi pensieri.
Clint Eastwood con la voce italiana di Morgan Freeman mi parla di passioni innaturali mentre il dolore diventa una pulsazione sorda ai margini della mia coscienza; e cerco disperatamente di ricordarmi perché sono qui.

Sono qui per i soldi?
No. I soli soldi che si annusano in questa palestra di merda sono quei quattro spicci che caccio io ogni venticinque, quasi sempre in ritardo, unti dello schifo di lavoro che ho dovuto fare per guadagnarli e garantirmi così un altro mese di lividi ovunque, labbra rotte, occhi neri, contusioni,  e mal di schiena.

Sono qui per la fama, per le folle?
No, perché non c’è nessuno oltre i miei compagni a vedermi affondare, colpire, picchiare, schivare, incassare, subire per quanto bravo io possa essere. Non ci sono ragazze a guardarmi intimidite e ammirate; e fortunatamente non ci sono neppure torme d’idioti a spaccare treni o uccidere poliziotti nel mio nome. Dall’altra parte della porta a vetri riesco a vedere soltanto una minuscola sala pesi in penombra, dove un povero cristo indiano sta passando uno straccio più sporco del pavimento. Il massimo in cui possiamo sperare è un’occhiata a metà tra lo stupito e l’infastidito, quando qualche colpo entra meglio degli altri e strappa a chi lo ha incassato un verso più alto della musica che il tizio ascolta con il suo lettore mentre lavora.

Sono qui per la forma fisica, per il benessere?
No. Da quando ho iniziato a praticare ho avuto tre denti fastidiosamente scheggiati, una cicatrice da quattro punti sullo zigomo sinistro, varie fratture alle dita dei piedi, un intermittente fischio alle orecchie, le costole a bozzi, cosce e tibie perennemente livide, gomiti sempre doloranti…sono riuscito a salvare giusto il naso. Avessi almeno guadagnato un corpo da copertina. Macchè. Sono un fascio di nervi; muscoli stretti e duri che sembrano cavi in tensione affioranti da sotto la pelle, concentrati nei punti dove meno fa piacere vederli. Se i centometristi, i nuotatori, i calciatori hanno corpi di marmo, io ne ho uno di pietra grezza. Duro, sgraziato, coriaceo, forte, infrangibile.

Allora, perché sono qui?
Sono qui perché sento nel sangue il ritmo di questa danza antica come il mondo che si chiama combattimento; perché quella del lottatore è una chiamata, un istinto, una vocazione.
Sono qui perché amo la sincerità di chi ti stringe la mano dopo che l’hai mandato faccia a terra e ti fa i complimenti con il sangue che gli macchia il sorriso.
Sono qui per gli abbracci tra avversari; perché qui l’unico avversario vero ce l’hai dentro, e potrai dire di essere un campione solo quando l’avrai trovato e sconfitto.
Sono qui perché so che più è duro il cammino, maggiore sarà la soddisfazione del traguardo; una soddisfazione che nessun calciatore, nuotatore, centometrista potrà mai provare.
Sono qui perché, quando e se ce ne sarà bisogno, potrò decidere di subire un’aggressione o una qualsiasi altra forma di violenza con la serena consapevolezza di aver scelto di non difendermi, quando potevo farlo, con la certezza quasi matematica di avere la meglio.
Sono qui perché ho voluto avere la sicurezza di poter intervenire fisicamente per impedire che a qualcuno venga fatto del male sotto i miei occhi.
E infine sono qui - steso a terra, mentre quattro braccia robuste mi aiutano a rialzarmi e una voce va ripetendo “Ben combattuto, ben combattuto” – per questo aroma pungente, questo gusto acre di sangue, bile, sudore, rispetto, orgoglio e forza di volontà che sento in gola e che per me identificherà sempre il sapore dello sport.

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editoriale di zaireeka

Voglio condividere con Voi un dubbio che mi assilla.

Giorni fa, andando al lavoro, mi è capitato di ascoltare alla radio una dichiarazione della nota esule campana "Lady Marianna".

La suddetta signora, in preda ad un veemente sussulto di originalità (visti i tempi), dichiarava altera (le parole non sono esatte ma il senso era quello): "Io non mi dimetto, io rispondo solo ai miei elettori. Non saranno dei giudici a decidere quando è il caso che lasci quanto il Popolo mi ha solennemente e democraticamente chiamato a fare!".

Insomma, la stessa solfa ultimanente propinata, sempre in Campania e sempre con molta originalità, da "Mister Concorso Esterno", già intimo amico del "Licio Gelli Con La Bandana"

Del resto in un momento storico in cui, come ha dichiarato l' "Angelino del Giudizio": "Non è giusto dire che il LGCLB rischia di danneggiare il Paese per risolvere i suoi problemi giudiziari, perchè è il Paese che in fondo se l'è voluta (sic), eleggendolo", la cosa ci può anche stare.

Ora però, parafrasando l'esito di una nota canzone di Brassens/De Andrè, che con un giudice in verità non era affatto tenera, supponiano che il suddetto Popolo rinsavisca di botto (o impazzisca, a seconda dei punti di vista) e decida, in preda ad istinti "animaleschi", di dare una lezione alla suddetta signora e a tutti i suoi compari.

Insomma, supponiamo che il Popolo cambi "gusti" (il Popolo, si sa, è molto volubile) e che, dopo essersela spassata per bene, chieda a gran voce la testa della signora, alla maniera della Rivoluzione Francese.

Insomma, se tutto questo dovesse mai succedere, questi paladini della Democrazia Assoluta e della Sovranità Popolare basata sui Sondaggi, Voi che pensate che farebbero?

Non cominceranno mica ad invocare un processo regolare con tanto di tribunale e giudici togati (e non fa nulla se sono un po' politicizzati) inclusi, spero??

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editoriale di TheJargonKing

In ambito recensivo, ormai, si fa di tutto. Non bastano dischi, film, quadri, opere d’arte e architettoniche. Quel piccolo momento di gloria che è assaporabile nel vedere il proprio scritto, il proprio pensiero pubblicato, è sempre più ricercato. Ma per non incancrenirsi nei soliti luoghi comuni sul bello o sul brutto o, per i più attenti, girovagare alla caccia di un aggettivo ricercato, inusuale, ma di sicuro effetto, ecco che si aprono nuove frontiere.

Se il buonismo è  in qualche modo contraltare della bontà, cioè un atteggiamento calcolato, con un chiaro fine, anziché un sentimento spontaneo e disinteressato, ci può stare l’opposto “cattivismo”, come contraltare della cattiveria? E nel voler essere cattivi, senza magari esserlo nel cuore, ma perché magari è vendetta, è calcolo, è mistificazione o più semplicemente è un’ultima spiaggia, è indispensabile, è un’autodifesa, a cosa si può arrivare?

Sarebbe anche possibile prendersela con qualcuno, direttamente, basterebbe averne il coraggio. Assai più semplice è attaccare qualcuno dalle pagine anonime di una bacheca on-line di recensioni.

Ed eccoci alla nuova frontiera recensiva. Sì, prendersela con qualcuno facendo nome e cognome e recensire le sue modeste capacità amatoriali o la sua scarsa attitudine alla pulizia o i suoi pessimi voti, ecc. In America si è arrivati proprio a questo. Il Nostro Debaser a confronto è bimbo piccolo. Pensate da domani poter leggere le recensioni di Pina sul prossimo amante e leggere in home page di Tizio che l’ha piccolo, di Caio che ha le mani sudate, di Sempronio che ha i piedi freddi e soffre pure di eiaculazione precoce. E la settimana dopo la risposta di Tizio che, nella propria recensione delle notti amorose con Pina, dice che lei ha le tette cadenti e che lui non lo ha piccolo, ma in realtà è Pina che essendo frigida si è voluta vendicare di essere stata mollata.

Insomma ci siamo capiti: la cattiveria o il cattivismo? Inventarsi il modo di essere pubblicati on line con uno scritto, qualsiasi scritto, anche il più stupido. Quindi basta dischi e film … siate bravi o brave a letto, perché tra breve sarete in home page.

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editoriale di azzo

Il comico: "Io, se trovo quelli che hanno fatto nove serie della "Piovra", e quelli che scrivono libri sulla mafia, che vanno in giro per il mondo, a farci fare così bella figura, giuro li strozzo".

La spalla: "Io, se mi passa davanti Silvio Berlusconi sulle strisce pedonali, mentre sto guidando l'automobile, dopo tutte le figure di merda che, come italiano, mi ha fatto fare, giuro lo tiro sotto".

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editoriale di macaco

Recentemente ho visto un documentario sulla metro di Londra. Nel documentario si relatano varie testimonianze di contatti con fantasmi dei vari addetti ai lavori, nel corso degli ultimi anni. Da tali racconti, che paiono assolutamente sinceri e disinteressati, risulta evidente che esista la presenza di alcuni spiriti di molte delle persone che morirono accidentalmente durante i lavori di costruzione e di suicidi, tenendo in considerazione anche le cripte e le fosse comuni ritrovate durante gli scavi della metropolitana.

Negli ultimi anni le mie conoscenze in campo spirituale si sono evolute e arricchite in una forma tale che posso spiegarmi con estrema naturalezza tali fenomeni, abrogando parole sinistre come “fantasmi”, o inutili come “paranormale”.

Gli spiriti non sono altro che anime senza corpo. E' il nostro stato naturale, in cui ci ritroveremo dopo la morte del corpo fisico. Ora, stabilire dove gli spiriti andranno é abbastanza complesso perché dipende da molteplici fattori quali: il grado di elevazione spirituale, la condotta morale, il livello intellettuale e lo storico karmico, ossia i debiti delle nostre vite passate.

Considerando solamente il caso di quegli spiriti che sono chiamati fantasmi, si può affermare che nella maggioranza dei casi sono state persone molto legate alla materia e che dopo il trapasso non riescono a rompere il legame forte con essa. Materia, sia chiaro non solo intesa come beni materiali, ma anche come legame morboso verso altre persone o a qualche attivitá, come il lavoro. Generalmente questi spiriti non sanno che il trapasso è già avvenuto e vagano sulla terra ripetendo il quotidiano della loro esistenza, come nel caso della donna che in vita andò, tutti i giorni, per venticinque anni di fila a rendere omaggio al fratello defunto, o come l'operaio, il cui spirito è stato visto lavorare con una antica lanterna ad olio in una area dismessa del metrò.

Non so cosa penserete dopo aver letto tutto ciò. So invece quello che penso io di coloro che trattano tali argomenti come se oggi fossero ancora dei misteri. Ignorano.

Ignorano che il Cristo non è venuto solo per dirci di amare il nostro prossimo, ma che ha mostrato che la vita continua dopo la morte, ha pure liberato il cammino alla medianità quando è ritornato dopo la morte e ha permesso agli apostoli di “incorporare” degli spiriti che li hanno resi capaci di parlare le lingue più diverse. Ignorano, o disprezzano, il lavoro di Allan Kardec che centocinquanta anni fa scrisse libri immortali sulla realtà spirituale, dettatigli da spiriti altamente illuminati attraverso consulte con numerosi medium. Ignorano che il modo materiale e spirituale sono in perenne comunicazione anche se per molti è difficile percepirlo. Ignorano che il medium dovrebbe essere una figura centrale della nostra società, invece di essere marchiato come matto e  rinchiuso dentro qualche manicomio. Ignorano che questi spiriti, intrappolati nelle trame da loro stessi tessute, hanno bisogno del nostro aiuto per svegliarsi dal torpore e alzare gli occhi cercando quella luce che li condurrà in direzione di altri piani spirituali, in trepidante attesa di poter ricevere istruzioni sul loro stato attuale e di essere  in seguito preparati per il reingresso nel piano materiale.

E' l'ignoranza che fa paura e non i fantasmi.

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editoriale di Cornell

Le recenti dichiarazioni illuminanti dell'onorevole Santanchè le abbiamo sentite tutti, fatto sta che quando si decide di dar voce ai propri pensieri, si dovrebbe valutare prima l'impatto che l'affermazione avrà sul/i destinatario/i. Certo è che io, da una posizione di prestigio, ci penserei due o tremila volte prima di dare al massimo profeta dell'Islam del pedofilo. Soprattutto oggi che la comunità è composta per una buona fetta da cittadini musulmani e non sai mai come gli gira a un musulmano, soprattutto non riesci a capirlo poiché la lingua è incomprensibile e scrivono da destra a sinistra con segni stranissimi.

Ora è tempo per ritrattare: "Ma io non volevo offendere Maometto, nè mancare di rispetto all'Islam, sono per l'integrazione e mi batto strenuamente per questo". Balle, l'hai detto, punto e basta. E' come chiedere a qualcuno un'opinione sul razzismo e sentirti rispondere: "Premetto di non essere razzista, ma....". Balle, tu razzista lo sei già dalla prima frase.

Detto questo, se uno si ritiene un "cittadino del mondo", non gli importerà di meno se gente di etnia diversa gli arriva a fianco, c'è solo una piccola regola da rispettare: io quando vado in un altro paese certo non mi sogno di farla in mezzo alla strada e cerco di rispettare usi, costumi e quant'altro, magari per imparare qualcosa da quel determinato popolo. Tu, cittadino di altra etnia, che vieni nel mio paese, sei implicitamente e vivamente invitato a rispettare le regole che devo rispettare anch'io. Punto e basta. E vissero tutti felici e contenti.

Rimane il fatto dell'integrazione. E qui prendiamo l'Islam. Siamo popoli diametralmente opposti per ogni singola abitudine di vita, per credenze, religione e quant'altro. Siamo quasi incompatibili e risulta arduo tentare l'integrazione. Non è una questione di razzismo, è proprio una questione di culture incompatibili. L'unica cosa che ci può far convivere serenamente è il reciproco rispetto, oppure l'accettazione da parte loro (poiché popolo ospitato) della cultura occidentale.

Un'ultima cosa, la meno importante ma la più chiacchierata: la questione del crocifisso. Sinceramente non ho mai capito perché debba essere per forza appeso nei posti pubblici, la cosa non mi da particolarmente fastidio, ormai sono secoli che abbiamo questa tradizione e non trovo giusto che debba essere spazzata via da qualcun altro che dovrebbe "integrarsi". Domani provo a portarmi qualche tavola di legno e andare magari in Afghanistan a costruire una bella chiesetta, dite che ce la posso fare?

La cosa che invece mi da enormemente fastidio è il fatto di ricordare un uomo meraviglioso qual'è stato Gesù di Nazareth (se ha realmente camminato su questa terra) non nei suoi momenti migliori, no. Il simbolo della religione cristiana è una croce, un simbolo di tortura disumana, con appeso, inchiodato mani e piedi, con una corona di spine, trafitto da lance, dissetato con l'aceto, e infine morto di stenti e sofferenze atroci, il FIGLIO DI DIO.

Non trovate anche voi che sia una delle assurdità più grandi a questo mondo?


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editoriale di zaireeka

Ultimamente, nel mio peregrinare matto e disperato attraverso il mare magnum delle mie inconcludenti letture, mi sono appassionato alle teorie filosofiche di Daniel C. Dennett.
Daniel Dennett è un filosofo cognitivista che si occupa soprattutto di Darwin, della religione come fenomeno culturale, e, insieme al "compagno di merende" Douglas R. Hofstadter, di metafore, e di come esse "creino il significato". E di coscienza.

Secondo le teorie di Dennett se qualcosa è nella coscienza ciò non significa che quel qualcosa abbia il privilegio di essere rappresentato sul palcoscenico di un teatro, che lui chiama "Cartesiano". Questo teatro non esiste (come neanche, chiaramente, nessuno spettatore, che sarebbe l'"Io", ma questa è un'altra storia). Non esiste un luogo "centrale" nel nostro cervello per cui il solo essere arrivato in esso rende un evento stabilmente presente nella coscienza, definitivo e vittorioso, pronto a "guidare il futuro".

Facciamo un esempio. Possono mandare in onda in televisione, anche a reti unificate, un filmato che riprende un terribile omicidio di camorra. Dopo una settimana ce ne siamo tutti dimenticati, e tiriamo a campare, tanto: "E' cosa 'e niente".

Un giornale pubblica la notizia che un tipo ha sputtanato agli occhi del mondo il proprio Paese ospitando in casa sua variegata umanità promettendo poltrone parlamentari come fossero biglietti per entrare in discoteca. Dopo un mese non ricordiamo più niente, e tutto procede come prima.

Dennett nel suo piccolo fa tanti altri esempi di "fama effimera". Insomma, questa definizione di coscienza non funziona. La coscienza va invece definita, secondo Dennett, come una forma di "fama perdurante", distribuita in maniera capillare, all'interno del cervello umano. Una cosa è stabilmente nella coscienza se tutti i nostri "eventi mentali", ed i relativi comportamenti e reazioni del corpo, sono, in buona misura, automaticamente, stabilmente ed intrinsecamente influenzati e dipendenti da tale cosa.

Penso che questo capiti spesso quando si è innamorati, ed in questo caso non è una brutta cosa, anche se dolorosa in certi casi.
Non è però in generale una teoria consolante, in quanto svuota l'essere umano del suo "Io", di ogni spiritualità in senso tradizionale, che lo rende simile ad un robot la cui "coscienza" è solo un illusione insieme a tutti i suoi attributi, incluso il libero arbitrio ed i qualia.

E' una triste teoria di cui però consiglio a tutti un approfondimento. Anche solo per capire l'Italia di oggi.

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editoriale di K.

"Io non voglio minimizzare il calcio, ma è appunto soltanto calcio." (R. Enke)

Giovane. Forte. Vincente. Ammirato. Ma a Robert Enke tutto ciò non è più importato, quando il 10 novembre scorso s'è suicidato. Portiere tedesco dell'Hannover, già del Benfica, del Barcellona e della Nazionale tedesca, ha parcheggiato la sua auto vicino ad un passaggio a livello. Ha lasciato il suo portafoglio sul sedile accanto. Ha camminato lungo i binari per un centinaio di metri. Poi, il treno.
Cresciuto in una famiglia di sportivi, Enke ha raggiunto le vette del calcio professionistico nonostante difficoltà e drammi. Si dice che le vicissitudini presso il Barcellona nel 2003 abbiano dato il via a una depressione già latente, e a peggiorare la sua insostenibile pesantezza di vivere ha contribuito la morte della figlia, tre anni dopo, in seguito ad una malattia cardiaca. Il padre psicoterapeuta sollecito, la moglie premurosa, affetti e amicizie, nessuno ha potuto alleviare l'angoscia cupa che attanagliava il portiere. Una Angst lacerante, ma mantenuta segreta. Nel mondo dello sport non è concesso strappare il velo al tabù della depressione, tanto più se a soffrirne è una promessa nazionale del calcio. Lui stesso non è riuscito ad uscire dalla paralisi emotiva per il timore di perdere la patria potestà sulla seconda figlia adottata, e l'autostima di gran sportivo con il prevedibile risultato di ritrovarsi al centro di un gorgo metifico, composto da clamore, scandalo, derisione, isolamento. Un uomo in trappola.

Ho sempre pensato che il ruolo di portiere sia quello più stressante. Lì, da solo, a giocarsela contro tutti, ad attendere quel momento in cui i calciatori concitati s'avvicinano correndo con il pallone che schizza convulso tra i loro piedi. L'attimo in cui tutto lo stadio trattiene il respiro. La rara capacità di raccogliere sé stessi in un nanosecondo di estrema concentrazione, fotografare la situazione, decifrare le mosse dei giocatori, anticiparne le intenzioni. E reagire costretto in quello spazio circoscritto, senza via di fuga. Dunque lo scatto, la presa. Oppure il fottuto gol. Poi, andata com'è andata, scoppia il boato. Ecco: un uomo depresso non può sostenere a lungo l'eco esigente, quel roboante muggito da arena romana. Quando Robert ha deciso di gettarsi sotto il treno, nulla lo ha trattenuto, nemmeno il boato dei tifosi. Mi vien da dire... anzi.

Mentre i fan compilavano schedine, discutevano sugli attesi giochi in SudAfrica, preparavano lo striscione da sventolare allo stadio, un portiere tutto d'un pezzo, ma con l'anima di padre spezzato, ha detto basta alla vita. Basta allo strazio, alla competizione, alla costante tensione, a palloni da afferrare. Riteneva d'aver già perso, per sempre.
Disse Fromm che solo chi ha fede in sé può essere fedele agli altri. Robert "Riese" Enke, il gigante di Hannover, era un uomo in rete che aveva perso la fede. Vincere era mentire a sé stesso, e a un mondo che ormai non sentiva più suo.

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editoriale di fosca

Non so se tra le molte notizie che ci giungono stile bombardamento dai media vi sia arrivata ed abbiate metabolizzato quella relativa alla vicenda di uno stupro da parte di un branco formato da 8 minorenni ai danni di una ragazza loro coetanea, consumato circa 2 anni or sono nella provincia di Roma, a Montalto di Castro.
Il processo si è protratto fino ad ora ed il Tribunale dei minori ha finalmente preso una decisione.

Prima di questo però c’è da dire che il Sindaco del Comune (giunta PD) ha utilizzato fondi pubblici per dare assistenza legale ai minori incriminati in quanto giovani (di nazionalità italiana) di buona famiglia, che era giusto mettere in condizione di difendersi; inoltre ai ragazzi è stato consigliato di mostrarsi pentiti e strategicamente chiedere scusa alla vittima a fine processo, omettendo il particolare che, inizialmente, avevano riportato, tronfi, secondo il quale la ragazza trascinata a forza nel bosco, ci stesse alla grande.

Quindi coi soldi dei contribuenti per la difesa, ed il tocco di classe del pentimento finale, il Tribunale ha deciso che i ragazzi non vanno puniti se non facendoli lavorare per 2 anni in “prova” ai servizi sociali, occupandosi di assistenza ad anziani e disabili, pulizia di strade ed edifici pubblici, insomma comportandosi come farebbero davvero quei bravi ragazzi attenti al prossimo che i genitori affermano loro siano da ben oltre 2 anni.
Alla fine della prova se questa sarà ritenuta positiva, il reato sarà cancellato e loro saranno nuovamente liberi e puri come l’aria che respiriamo in montagna.

Per contro, e nel contempo, nessuno ha pensato a dare assistenza legale gratuita anche alla vittima 15enne, né di provvedere al suo terribile trauma con un adeguato sostegno e terapia psicologica. Non solo. Pare che la ragazza stia cercando lavoro da tempo e che nessuno voglia darle una mano, invitandola ad andarsene con secchi e ripetuti rifiuti perché è ritenuta inaffidabile.
Sì, perchè una ragazza che non è riuscita a contrastare ben 8 coetanei che l’hanno convinta con la forza a farsi violentare, magari (anzi sicuramente) provando piacere lei stessa, deve essere per forza una persona da poco e pure bizzarra, per non dire puttana, e che sicuramente nel confronto con gli 8 bravi ragazzi ci perde, perché la poco di buono è lei.

Così oltre al danno dello stupro, alla violenza fisica ed ai molti segni che la ragazza si porterà dietro per il resto della sua compromessa vita, si accompagna l’umiliazione della violenza psicologica operata da quella società che avrebbe dovuto aiutarla e difenderla in questa tragica esperienza e quello che per lei sarà per sempre il peggior ricordo della sua vita, per altri ragazzi italiani -di buona famiglia- sarà solo il ricordo di una bravata adolescenziale all’interno di una nottata più avventurosa delle altre.
Ora io mi chiedo, quando leggo notizie come questa, che senso abbia avere ancora fede in una giustizia che difende l’apparenza e la finzione e lascia spesso il più debole indifeso e nelle condizioni di non potersi difendere.
Ed anche non posso fare a meno di chiedermi che sarebbe invece successo se gli 8 giovani aguzzini avessero avuto un passaporto straniero anziché italiano.

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editoriale di kosmogabri

C'è una novità: è stato reso pubblico il primo video che cattura un'esecuzione di Camorra. L'ho cercato su Youtube e silenziosamente ho visto ed ascoltato questo video che audio non ha, ma che fa un rumore assordante, il rumore della solitudine. Mi ha colpito l'audio - perfettamente assente e in quanto assente perfetto - più dell'immagine, perché poche sono le parole che possono definire tale situazione, come poche sono le sensazioni che si possono provare di fronte a tale scempio. Di fronte alle brutte cose non hai molto da pensare, scappi e basta. Non è intelligenza, ma istinto.

La evidente noncuranza dei passanti ha colpito mezzo mondo, tanto da far abbandonare qualcuno a commenti grossolani e semplicistici.

Non so cosa ne pensi Roberto Saviano di questo video, di questa noncuranza. Immagino che da brava persona qual è cercherà di salvare il salvabile. Bene, io no. Io non salvo nulla perché non c'è nulla da salvare.
Roberto Saviano, pur puntando il dito non ha mai colpito realmente tutto quello che c'era da colpire e questo perché a qualcosa, per uscire da questa surreale situazione, bisogna pur attaccarsi e questa sua voglia di risolverla, la situazione, questa speranza, è direttamente proporzionale al fatto che è una brava persona. Bene, io no. Io non mi aggrappo a nulla e quindi lo dico.

Il male supremo, il primo male, il male che precede tutti gli altri mali, ha un solo nome, ma molti volti. Il primo e solo male di questa terra, in quanto da esso dipendono tutti gli altri, è lo Stato. Lo Stato italiano, quello che si presume essere lo Stato della fantomatica nazione "Italia".
Viviamo in questa terra, di questa terra, sentendo provenire da questa terra l'odore della disfatta già dalla nascita e questo perché, come diceva Adam Smith - certamente non un meridionalista, nemmeno un po' socialista - per l'esistenza di una persona ricca sono necessarie cinquecento povere. Ricattabili in quanto povere e noi siamo ricattabili.

Nurkse sintetizzo il concetto di "disoccupazione nascosta" che è alla base del celebre modello di sviluppo di Lewis, il quale prevede che ad un economia moderna, per prendere slancio, serve un bacino di mano d'opera a basso costo da strappare, sempre mediante il ricatto, all'economia tradizionale, quella che ti assicura, forse, solo un reddito di sussistenza. Ed è su queste basi che Kindleberger spiega quello che accadde all'economia italiana del '63, economia semplicemente rimasta priva della sua eccedenza di manodopera a basso, bassissimo, infimo costo. Infimo perché in questo mondo solo la propria vita, la propria "pelle" ha un vero valore. Di quella degli altri, spallucce.

Il cancro che avvolge il meridione italiano e che tanto fa comodo (1 euro su 3 che circola all'interno di questo paese è prodotto dalla malavita organizzata) al potere politico, non fa comodo a chi questo cancro lo porta sulla pelle. E poi penso a miei amici, gente capace, sveglia che servono birre ai tavoli in giro per l'Europa che: "Qui non si può stare". Poi penso che toccherà a me, che qui non ci rimarrà nessuno, che siamo tutti "nascosti". Ci piango spesso, avrei voluto non finisse.


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editoriale di Appestato mantrico

Li chiudono dietro grosse lastre di pietra, dentro loculi anonimi prenotati anni prima per l'occasione. Una foto sbiadita, due date, un nome e relativo cognome.
Perlopiù tendono a nasconderli, e filtrano tutto con il buonismo becero del poi: rimane soltanto la luce ipocrita dei discorsi fatti in cerchio. Occasione imperdibile per mondare la coscienza da eventuali impurità, una volta l'anno.

Fa male agli occhi, vedere come abbiamo dimenticato. Che in fondo non è cambiato nulla, assolutamente nulla, e ci ritroviamo ancora una volta davanti a questa grossa lastra di pietra a parlare del niente che ci sta davanti e che abbiamo dentro, e che son trentacinque anni da quando Luigi è morto annegato nel laghetto e che se tu, papà, non avessi avuto da spalare merda di vacca quel giorno saresti andato con lui a pescare e non ci sarebbe cascato dentro. Forse.

Immobili, per trenta lunghissimi minuti. Mai come oggi sento che abbiamo ben poco da spartire, e vorrei essere lontano anni luce da qui.
C'è qualcosa di perverso, in tutto questo.

Io, i miei morti, me li porto dentro.


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editoriale di azzo

La storia, credo la sappiate. Nel 1977 Roman Polanski, all'epoca quarantaquattro anni, reduce dai trionfi di "Chinatown", stuprò una tredicenne, Samantha Geiger, a casa di Jack Nicholson, dopo una seduta fotografica. Arrestato il giorno successivo il fatto, acconsentì ad un c.d. "Plea bargain" (una forma di rito simile al nostro patteggiamento), proposto dalla difesa della ragazza, che preferì non affrontare il dibattimento, a tutela della stessa, ed ammettendo le proprie responsabilità in cambio di uno sgravio delle imputazioni. Nei giorni in cui il giudice stava decidendo l'entità della pena da scontare, il regista scappò dagli Stati Uniti per non affrontare l'inevitabile periodo di detenzione.

Anni di fuga. Non solo Polanski non è mai tornato negli Stati Uniti, neppure per ritirare l'Oscar ricevuto per "Il pianista", ma non ha più visitato paesi come l'Inghilterra, dove le autorità avevano espresso preventivamente un parere favorevole al mandato di cattura internazionale emesso. Ha anche acquisito la cittadinanza francese al fine di restare impunito.

A distanza di un trentennio, è stato infine arrestato in Svizzera  lo scorso settembre ed è in attesa che venga decisa la sua estradizione. In pochi giorni vi è stata la mobilitazione di tutto il mondo del cinema gauchiste che ha sottoscritto un appello a favore della sua liberazione. Tra i firmatari gli italiani Scola, Bellocchio, Tornatore, Bellucci, Placido, Sorrentino.

Vi sono alcuni film di Polanski che amo molto. Il primo, "Il coltello nell'acqua", un intrigante thriller psicologico in bianco e nero, "Repulsione", con una splendida Deneuve, "L'inquilino del terzo piano", una della pellicole più angoscianti che abbia visto in vita mia. Ho sempre evitato peraltro di confondere il giudizio sulle sue opere con quello sull'uomo, ovvero il tipo di persona, con la quale, per quel che ha fatto, pur non conoscendola, non andrei mai a cena.

Oltre all'indicibile senso di nausea che mi è venuto leggendo la notizia dell'appello a favore di Polanski, mi sono sorte anche un paio di domandine, che girerei ai firmatari, se avessero la grazia di rispondermi. Qual è il motivo per cui Polanski non dovrebbe scontare la pena per il reato commesso? Forse perché è un gran regista? Ma la legge non è uguale per tutti? Se fosse stato un polacco, od un rumeno, entrambi cittadini europei, a sodomizzare una tredicenne italiana, magari la loro figlioletta o la loro nipotina, ai Campi Flegrei, l'appello l'avrebbero sottoscritto lo stesso? O forse li motivo risiede nel fatto che a settantasei anni non si deve più andare in carcere? Allora Silvietto nostro deve aspettare solo tre anni, e qualsiasi cosa abbia combinato, loro firmano pure per lui? E se uno schifo del genere lo faccio io, posso contare sul loro appoggio? No, tanto per sapere, se è sempre due pesi e due misure...

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editoriale di kosmogabri

« La mia poesia è alacre come il fuoco,
trascorre tra le mie dita come un rosario.
Non prego perché sono un poeta della sventura
che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore,
sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida,
sono il poeta che canta e non trova parole,
sono la paglia arida sopra cui batte il suono,
sono la ninnananna che fa piangere i figli,
sono la vanagloria che si lascia cadere,
il manto di metallo di una lunga preghiera
del passato cordoglio che non vede la luce ».

Alda Merini
Milano, 21 marzo 1931 - 01 novembre 2009

in "Alda Merini: Fiore di poesie 1951-1997"
(Einaudi, 1998, p. 224, a cura di Maria Corti)

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editoriale di sfascia carrozze

Cari Amici NeoNazionalsocialisti (o NeoFascisti che dir si voglia), Vi chiedo un solo minuto per questa umile ma forse utile riflessione al termine della quale non credo mi ringrazierete ma potrebbe succedere che le mani Vi possano prudere meno del solito.

Ho notato che negli ultimi tempi la "politica" dell'attacco al diverso (chiunque sia: neri, gialli, verdi, froci, etero, terroni, bauscia, assirobabilonesi, spaceinvaders, bassi, grassi, storpi e cosi via) ha preso nuovamente mano (pugno, schiaffo e manrovescio) e/o piede (calcio con anfibio) con rinnovato e ruvido vigore.

Naturalmente non sono qua a chiederVi di rinunziare al Vostro sport preferito: sarei un pazzo; sarebbe come chiedere al cammello dello Yucatan di non ruminare l'erba nelle zone d'ombra: assai improbabile, anzichénò.

Ora: capisco che menare il Comunista possa avere anche una utilità  sociale in prospettiva futura (in realtà  il pericolo è che potreste ritrovarvelo a rosicchiare il polpaccio bollito del Vs pupo più che realmente in grado di detronizzare il mite Ducetto di Arcore), però, sinceramente, menare così risolutamente il frocio non lo capisco.

Dico: il frocio Vi fa il favore di auto-escludersi dalla ormonale gara dei tori da monta lasciando campo aperto per le mille e una nuove conquiste dell'uomo duro e tutto d'un pezzo... e Voi me lo menate un giorno sì e l'altro pure? Ma ragazzi, già  cosi non si batte chiodo: rendiamoci conto che se li randellate così questi son anche capaci di cambiare idea...

Il frocio no, cribbio, no!


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editoriale di zaireeka

Tempo fà vidi un film.
Era ambientato nella Los Angeles, se non ricordo male, degli anni '50.
Vi recitava una splendida Kim Basinger.
Si chiamava L.A. Confidential.
Parlava di lotte fra bande malavitose, di poliziotti corrotti, di capi della polizia che gestivano tutto.
E quando dico tutto, davvero tutto.
Di giornalisti che ricevevano soffiate dai poliziotti per fare scoop in esclusiva.
Di politici ricattati su mandato della polizia a causa della loro passione per il sesso estremo e/o "contro natura".
Di droga.
Oggi mi trovo a leggere la cronaca quotidiana della nostra povera italia e della nostra più povera capitale.
E mi dico:
"Possibile che in questa riedizione tutta italiana, ancorché quasi perfettamente riuscita, al posto di Kim dobbiamo accontentarci di un trans che si fa chiamare Natalìe?".

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editoriale di Cornell

Io non capisco... La mia indole è più incline alla legalità che a fottere il prossimo e le leggi, quindi, da Cittadino Italiano, mi aspetto, giustamente, che chi si assume la responsabilità di governare il mio paese, debba essere un uomo o una donna di indubbia morale, scelto dal popolo, e quindi suo dipendente, per risolvere i problemi e far progredire un "grande paese" qual'è l'Italia.
Non voglio gente che scaldi poltrone, che brindi a mortadella e champagne quando cade un governo, che si prenda a schiaffi in diretta, che continui a svolgere il proprio lavoro anche sotto mandato parlamentare, che abbia impegni "più importanti" da risultare assente ad una votazione importantissima qual'era la legge sullo scudo fiscale eccetera.

Non ho più molta fiducia in questo Stato i cui rappresentanti vanno avanti più per raccomandazioni di potenti che per meritocrazia, ma non ho i mezzi per cambiare la situazione e allora spero...
E un giorno, svegliandomi, in mezzo ad una nebbia sempre perenne, inizio a vedere un barlume di luce che mi arriva da una decisione di un organo che finalmente ha fatto il suo dovere: "La Corte Costituzionale boccia il Lodo Alfano".

La Costituzione ha vinto, l'Italia torna ad essere uno "stato di diritto", dove anche i quattro più alti cittadini sono soggetti alla legge come ogni altro (in fondo nei tribunali c'è o non c'è scritto "La Legge è uguale per tutti"?). Poco importa come mi sentivo io quando il Presidente, con un atto che ai miei occhi è apparso "vergognoso", ha tranquillamente firmato il Lodo, perchè questo scempio è stato pensato, studiato e proposto per difendere uno solo tra i quattro più in vista (sì proprio lui, la carica diciamo "minore", il Presidente del Consiglio, su cui pendono accuse e sono in corso processi per fatti anche gravissimi).

Mi sono sentito, diciamo... "Divèrs", caro Presidente, ancora più sfiduciato verso una classe politica che non mi rappresenta e che sta lentamente costruendo un muro tra sè e chi dovrebbe tutelare e rispettare, ovvero i cittadini, loro datori di lavoro, godendo senza ritegno degli enormi privilegi e delle laute retribuzioni e dando poco o nulla in cambio a chi lo stipendio glielo versa tutti i mesi. Mi sento umiliato per Lei Presidente, dalle parole uscite dalla bocca del maggior beneficiario del Lodo, dagli attacchi fatti con arroganza, supponenza e delirio di onnipotenza.. "Lei è un Comunista e non poteva che finire così perché la Corte era composta per la maggior parte da giudici Comunisti, meno male che Silvio c'è, viva l'Italia, viva Berlusconi".

Non capisco perchè questo tizio abbia la libertà di dire tutto ciò che vuole e restare impunito (forse perchè dai sondaggi risulta avere ancora la maggioranza), ma dimostri almeno rispetto per una decisione che, in uno Stato normale, non avrebbe neanche dovuto essere discussa e portata avanti per così tanto tempo. Ora si è pensato anche di fare una legge per tutelare gli evasori fiscali: rientro di capitali illegalmente esportati con sanzione del 5% (?!), e silenzio assoluto sui nomi di chi ha fottuto le tasse. Il disegno di legge è passato perchè qualcuno, quel giorno, aveva altro di meglio da fare.

No cari, io i nomi e le cifre le voglio sapere, anzi, PRETENDO di saperli, poichè le tasse, da bravo coglione, le pago fino all'ultimo centesimo e non tollero che chi l'ha messa nel culo al fisco, ora possa tranquillamente riappropriarsi in patria del proprio malloppo cavandosela solo con una bacchettatina sulle dita.
Ah già... Ma forse i nomi non si possono dire, altrimenti nelle aule parlamentari romane non rimarrebbe più nessuno e poi chi lo governa 'sto paese?

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editoriale di fosca

Stamattina sono uscita di casa cinque minuti prima: avrei così guadagnato sulla giornata quasi un quarto d’ora in più, che a Milano può fare la differenza, se devi timbrare il cartellino.
Dove abito io ci sono solo uffici e ben tre scuole tra nido, materna ed elementare, per cui la zona è presidiata da mamme e bimbi ed il tutto si traduce in una miriade di macchine infilate ovunque. Un delirio.
In situazioni come questa l’Educazione Civica è solo un binomio di parole senza senso.

Accade spesso vi siano macchine differentemente parcheggiate in piena sfida allo spazio tridimensionale, proprio davanti, di fianco e sopra la tua macchina, che ti aspetta avvilita.
E la reazione di quelli che hanno parcheggiato in modo incivile è sempre la stessa: l’arroganza.
Anche a me è capitato di dover parcheggiare recando disagio, ma in queste rare occasioni mi sono sempre precipitata scusandomi in ogni modo con l’automobilista incastrato, prodiga di sorrisi e scuse.
Ma loro, loro giungono con passo da aperitivo, come se fossero ai grandi magazzini per qualche idiozia inutile da comprare, conversando al cellulare, freschi, con sorrisi splendenti e poco intelligenti, il vestito con la piega, i capelli con la piega, tutto con una piega pessima, all’appropinquarsi alla vostra macchina immobilizzata.

Quindi oggi, mentre cercavo con gli occhi il proprietario di questa diavolo di Nuova Panda rossa che mi bloccava nel parcheggio, mi vedo arrivare questa signora sui quaranta, con passo per nulla ansioso, che, noncurante, mi passa di fianco con calma e senza degnarmi né di una parola né di uno sguardo, ma, visibilmente infastidita dalla mia stizza, apre la macchina con calma mentre secca io le dico: “Stavo per chiamare i vigili”... il nulla e mi guarda malissimo. Allora insisto: “Lei è una cafona”, ma lei stoica. Sguardo truce e non una parola ma, solo una volta al sicuro nell’abitacolo ben chiuso, mi fa leggere un labiale da brivido. Al che perdo totalmente le staffe e di rimando le parlo dell’Eneide e di Elena, regina di Sparta, e del famoso cavallo della guerra a lei dedicata, con ampi riferimenti.

Mi tuffo nel traffico, allibita ed incazzata, guidando come un’amazzone infuriata, constatando anche oggi come là fuori sia pieno di individui poco inclini all’altruismo utopistico, che ti bloccano la macchina, non chiedono scusa, ti tagliano la strada, ti tolgono la precedenza, passano col rosso, ignorano le strisce pedonali, non cedono la seduta ad anziani e  donne gravide, ti sorpassano nella fila, guardano la tv ad un volume assordante fino a notte, e tante altre cose che a quest’ora non mi vengono in mente, per fortuna…
E considero che domani è un altro giorno, e che la mia macchina sarà ancora lì parcheggiata, nella speranza almeno per un giorno di non dover recitare la solita pantomima da Far West.

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editoriale di kosmogabri

Quattro. Pesanti come un colpo.
"A Cesare quel che è di Cesare.
A Dio quel che è di Dio".
Ma uno come me, dove potrà ficcarsi?
Dove mi si è apprestata una tana?
S'io fossi piccolo come il grande oceano,
mi leverei sulla punta dei piedi delle onde con l'alta marea,
carezzando la luna.
Dove trovare un'amata uguale a me?
Angusto sarebbe il cielo per contenerla!

O s'io fossi povero come un miliardario...
Che cos'è il denaro, per l'anima?
Un ladro insaziabile s'annida in essa:
all' orda sfrenata di tutti i miei desideri
non basta l'oro di tutte le Californie!

S'io fossi balbuziente come Dante o Petrarca
Accendere l'anima per una sola, ordinarle coi versi di
struggersi in cenere.
E le parole e il mio amore sarebbero un arco di trionfo:
pomposamente senza lasciar traccia vi passerebbero sotto
le amanti di tutti i secoli.

O s'io fossi silenzioso, umil tuono... gemerei stringendo
con un brivido l'intrepido eremo della terra.
Seguiterò a squarciagola con la mia voce immensa.
Le comete torceranno le braccia fiammeggianti,
gettandosi a capofitto dalla malinconia.

Coi raggi degli occhi rosicchierei le notti
s'io fossi appannato come il sole.

Che bisogno ho io d'abbeverare con il mio splendore
il grembo dimagrato della terra?
Passerò trascinando il mio enorme amore
in quale notte delirante e malaticcia?
Da quali Golia fui concepito
così grande...
e così inutile?

di Vladimir Majakowskij
riadattamento di Carmelo Bene tratto da: 1974 Bene! Quattro diversi modi di morire in versi.

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editoriale di K.

Vorrei parlavi di una minuta donna tedesca, una piacente e semplice signora di mezz'età comune a tante altre. Petra Reski, questo il suo nome, è una giornalista d'assalto, inviata in Italia. I suoi articoli, le ricerche, i suoi viaggi da anni hanno un principale denominatore: la mafia in Germania. Sono anni che Petra batte su questo chiodo, in particolare concentrandosi sulla 'ndrangheta. Con i suoi articoli s'è assunta una missione non evidente: far capire ai suoi ottusi compatrioti quanto la 'ndrangheta calabrese sia penetrata nel tessuto sociale e politico della loro patria. Come spiega nei suoi scritti pubblicati dai settimanali Stern e Die Zeit, per i mammasantissima è stato facile approfittare della sicurezza dei tedeschi tanto convinti di essere inattaccabili, quindi distratti dalla propria superbia, nonché dal secolare preconcetto romantico che vede l'italiano tutto amore pizza mandolino (e cameriere). Lo sapete tutti quanto i tedeschi amino l'Italia, quasi fosse una cartolina delle vacanze da riguardare con nostalgia durante i mesi invernali. E' esattamente questa l'Italia che credono d'avere in casa. Ebbene, troppo amore acceca.

"Se andiamo avanti così in pochi anni la 'ndrangheta si mangia la Germania", questo l'avvertimento che Reski lancia da anni, insistentemente, fin da quando, una primavera venti anni fa, andò al sud per descriverne le bellezze naturali. Da allora non ha mai smesso di parlare dell'Italia, delle cosche mafiose e delle loro terminazioni nel suo paese. Tuttavia non ha smesso di amare il Belpaese e il suo popolo, anzi, vive a Venezia e un "italiener" se l'è anche sposato.

Reski ricopre un ruolo gravoso. Immaginate ad esempio come spiegare ai tedeschi perché in Italia "l'unica seria opposizione sia rappresentata da un comico, un filosofo, un giornalista e un ex magistrato". Sarebbe gravoso per qualsiasi giornalista europeo. Quindi, come afferma, è più semplice e divertente aggirare l'ostacolo raccontando delle mignotteparlamentari di Papi oppure della sua leggendaria potenza sessuale, come si limitano innumerevoli suoi colleghi tedeschi ed internazionali. Tuttavia Reski a differenza di altri non si è lasciata prendere dal gioco facile cianciando di italico folklore, lei racconta senza mezzi termini di corruzione e collusione, al pari di Roberto Saviano (citazione dovuta), tantopiù ora, in seguito alla recente pubblicazione del suo libro Santa Mafia, da Palermo a Duisburg: sangue, affari, politica e devozione.
Un saggio che in Germania sta suscitando clamore scoperchiando una realtà ormai capillare: buona parte degli innumerevoli investimenti immobiliari italiani nella terra di Goethe - ristoranti, pizzerie, discoteche, alberghi di lusso ma pure agenzie finanziarie che gestiscono queste attività e altre - fungono da copertura dei proventi illegali della 'ndrangheta operante in loco e in tutta Europa. Lavanderia Deutschland.

Tra le pagine dei suoi libri e tra le righe dei suoi articoli questa impavida giornalista fa nomi e cognomi dei boss e di chi li protegge politicamente sul territorio tedesco e italiano, indica le attività più implicate, descrive gli intricati meccanismi del riciclaggio, entra nei dettagli di elaborate indagini forte delle tante interviste a cui ha sottoposto magistrati e forze dell'ordine di entrambi i paesi. E come da copione sono arrivate le prime minacce.

"La mafia non è un problema esclusivamente italiano né un affare di coppole e di realtà arretrate del sud Italia, ma un problema europeo.".
Vorrei ricordarvi soltanto questo nome: Petra Reski.


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