La storia, credo la sappiate. Nel 1977 Roman Polanski, all'epoca quarantaquattro anni, reduce dai trionfi di "Chinatown", stuprò una tredicenne, Samantha Geiger, a casa di Jack Nicholson, dopo una seduta fotografica. Arrestato il giorno successivo il fatto, acconsentì ad un c.d. "Plea bargain" (una forma di rito simile al nostro patteggiamento), proposto dalla difesa della ragazza, che preferì non affrontare il dibattimento, a tutela della stessa, ed ammettendo le proprie responsabilità in cambio di uno sgravio delle imputazioni. Nei giorni in cui il giudice stava decidendo l'entità della pena da scontare, il regista scappò dagli Stati Uniti per non affrontare l'inevitabile periodo di detenzione.
Anni di fuga. Non solo Polanski non è mai tornato negli Stati Uniti, neppure per ritirare l'Oscar ricevuto per "Il pianista", ma non ha più visitato paesi come l'Inghilterra, dove le autorità avevano espresso preventivamente un parere favorevole al mandato di cattura internazionale emesso. Ha anche acquisito la cittadinanza francese al fine di restare impunito.
A distanza di un trentennio, è stato infine arrestato in Svizzera lo scorso settembre ed è in attesa che venga decisa la sua estradizione. In pochi giorni vi è stata la mobilitazione di tutto il mondo del cinema gauchiste che ha sottoscritto un appello a favore della sua liberazione. Tra i firmatari gli italiani Scola, Bellocchio, Tornatore, Bellucci, Placido, Sorrentino.
Vi sono alcuni film di Polanski che amo molto. Il primo, "Il coltello nell'acqua", un intrigante thriller psicologico in bianco e nero, "Repulsione", con una splendida Deneuve, "L'inquilino del terzo piano", una della pellicole più angoscianti che abbia visto in vita mia. Ho sempre evitato peraltro di confondere il giudizio sulle sue opere con quello sull'uomo, ovvero il tipo di persona, con la quale, per quel che ha fatto, pur non conoscendola, non andrei mai a cena.
Oltre all'indicibile senso di nausea che mi è venuto leggendo la notizia dell'appello a favore di Polanski, mi sono sorte anche un paio di domandine, che girerei ai firmatari, se avessero la grazia di rispondermi. Qual è il motivo per cui Polanski non dovrebbe scontare la pena per il reato commesso? Forse perché è un gran regista? Ma la legge non è uguale per tutti? Se fosse stato un polacco, od un rumeno, entrambi cittadini europei, a sodomizzare una tredicenne italiana, magari la loro figlioletta o la loro nipotina, ai Campi Flegrei, l'appello l'avrebbero sottoscritto lo stesso? O forse li motivo risiede nel fatto che a settantasei anni non si deve più andare in carcere? Allora Silvietto nostro deve aspettare solo tre anni, e qualsiasi cosa abbia combinato, loro firmano pure per lui? E se uno schifo del genere lo faccio io, posso contare sul loro appoggio? No, tanto per sapere, se è sempre due pesi e due misure...
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