editoriale di TheJargonKing

Impermeabile alla vergogna.

Patetico, ignobile, ridicolo, vergognoso, ignominioso, volgare …

Sarebbe addirittura inutile parlarne, eppure sto tentando di cercare un aggettivo che possa, in un sol colpo, definire lo spettacolo della prima puntata sanremese. Il nazional-popolare per eccellenza sta ormai scadendo verso abissi infiniti. Una serie di eventi che sanno di sdoganamento, di traghettamento verso un nulla sempre più dilagante e totale.

Se non si vuole dare peso alle parole, l’inizio pare persino apprezzabile, con il ritorno di Bonolis/Laurenti. Poi, facendo un po’ d’attenzione, ecco che saltano fuori, a mo’ di indice quelli che saranno i temi “caldi” della manifestazione, quasi a voler mettere le mani avanti: “Attenzione che tra poco vedrete questo e quest’altro e, d’altro canto, non vedrete questo e quest’altro.”

Gli elementi di discussione possono essere tanti, partendo da una presentatrice che vuole apparire come la casalinga di Voghera, legge dal gobbo persino le virgole, simula ignoranza su svariate cose, così, per avvicinarsi ad un pubblico imbecille, che in quelle cose sa riconoscersi benissimo e persino senza sentirsi preso per i fondelli. Un Cassano che, persona simpatica e sincera, sembra quasi sia stato messo lì per invitare chi di dovere a lasciarlo giocare in Nazionale, ma che nell’economia dello spettacolo ci sta come i cavoli a merenda, senza contare quella frase magari non ricercata, ma detta: “Comunque tiferò Forza Italia …” … allibito! Un Cutugno che, poverino, non sa più se scegliere di stare in piedi o tenere il tono della canzone, zigzagando tra inutili tentativi di acuto e bassi praticamente inudibili. Un trio, e qui siamo all’apice, formato in maniera cavalleresca da Pupi, Principi e Tenori, una farsa ignobile che fa crescere quel sentimento di odio che almeno la metà degli italiani ha per quell’inutile omuncolo della feccia nobile europea. Viene da chiedersi perché nessuno abbia mai voluto istruirlo su un minimo senso di vergogna e umiltà. Pupo che canta così impegnato, quasi dalla sua bocca stia uscendo la più grande canzone del secolo, mentre incrocia lo sguardo con il Filiberto in un’intesa magari studiata, ma tanto, tanto finta, e poi quell’inutile tenore, di cui nessuno saprà mai il nome, che riesce a stamparsi sorrisi ebeti sul viso nell’istante topico del: “Italia Amore Mio”. Salvo capire, con calma, che il refrain è rubacchiato da “Somewhere Over The Rainbow” e che Pupetto, magari, se la vedrà con una causa di plagio. Andando avanti ecco Nino D’Angelo, uguale a se stesso, esattamente come potevamo aspettarcelo. Eliminato, forse, non tanto per una canzone neppure brutta, ma perché cantata in dialetto e questo è il festival della canzone italiana, non di quella dialettale.

Tra alti e bassi il festival va avanti. Buono Cristicchi che dice sante cose in una canzone abbastanza centrata. Buona, perché anomala, Arisa, anche se l’idea delle Sorelle Bandiera l’avesse già usata Arbore qualche lustro fa. Assurdo, totalmente sproporzionato il voler leggere un frammento del testo di Morgan: chissenefrega! Neppure stesse leggendo un poema di D’Annunzio. No: una vagonata di retorica recitata in maniera totalmente inespressiva, condita da sguardi ammiccanti, come a chiedere il consenso di tutti. No carina, pettoruta, il mio consenso non lo hai. Arriviamo allo strip finale che, pur porco io, pur fantastico il culo della ragazza, trovo sinceramente e totalmente fuori luogo. D’accordo stiamo sparando sulla Croce Rossa e tutto è molto facile. È pure difficile dire qualcosa di nuovo e costruttivo su un Festival che fa dell’impermeabilità alla vergogna il proprio credo. Allora, trovato l’aggettivo?

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editoriale di zaireeka

In questi giorni si parla molto di questo film, "Paranormal Activity".

Un film fatto "in casa", con pochissimi soldi.

Mia moglie mi ha raccontato di aver visto il trailer di tre minuti, e di essersi spaventata solo con quello.

A Steven Spielberg, che non è un pivellino,  pare sia successo di peggio.

Dice che è il film che lo ha spaventato di più fra tutti quelli che ha visto durante tutta la sua vita, e che non riesce più a dormire al buio da solo.

Il film racconta di una coppia annoiata di coniugi che per fare qualcosa di originale decide, piuttosto che iscriversi ad un circolo di scambisti, di filmare con una telecamera ad infrarossi quello che succede durante la notte nella propria stanza da letto mentre dormono.

E lì comincia l'avventura.

Ed il terrore degli spettatori, e cinema costretti ad interrompere le proiezioni causa scene di panico collettivo.

Devo dire che il film mi incuriosisce molto.

Stamattina avevo quasi deciso di andarlo a vedere, chiaramente da solo, mia moglie aveva già escluso di accompagnarmi.

Andarci con mia figlia non era il caso.

Però l'idea di base mi pareva davvero intrigante.

E soprattutto originale.

L'idea che succeda qualcosa di oscuro e fuori dal nostro controllo mentre continuiamo a dormire tranquillamente, inconsapevoli.

Poi, dopo aver letto gli ennesimi resoconti di cronaca politico-giudiziaria sui giornali, mi è venuta l'illuminazione e ci ho ripensato.

In fondo, vivendo in Italia, mi sono scocciato di questi film che non fanno altro che copiare la realtà.

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editoriale di fosca

E’ una freddissima giornata di fine gennaio, di quelle che senza guanti non ce la si fa.
In agenda una lista di almeno 10 cose da fare tra cui la spesa, quella grossa di fine mese che sa le spaccherà la schiena ed anche qualcos’altro. Ma la priorità della giornata rimane l’andare a trovare i genitori, che abitano decisamente non dietro l’angolo, così propone a sua madre di andare insieme al supermercato e passare un po’ più di tempo in reciproca compagnia. La madre accetta di buon grado.

Si prepara, prende il cd dei Durutti Column da ascoltare in macchina e si porta dietro anche il cane.
In poco più di una mezzora è a casa loro, cosa che le fa sempre uno strano effetto dire, visto che la sua camera è sempre tale e quale e strapiena dei suoi vinili e libri che non è ancora riuscita a portare via e che presume resteranno lì ancora per un bel pezzo. La madre ogni volta inscena la solita pantomima in cui lamenta che la casa sia ancora selvaggiamente piena dei suoi effetti, ma sa che in realtà non le dispiace per niente, ordine a parte. E sta al gioco.

Il pomeriggio passa lieve tra chiacchiere, azioni di routine e gesti di intimità ed intesa mai perduti che dolcemente sembrano rovesciare l’ago della bilancia e l’ordine delle cose ma in modo sottile e naturale: non è dovuto solo all’età ma lei si scopre sempre più adulta accanto a loro e da adulta si approccia e comporta. Materna, protettiva e colma di attenzioni. Nel modo in cui loro lo furono con lei a suo tempo ed in cui tuttora lo sono, nonostante l’età.

L’Amore, il prendersi cura dei propri cari non ha tempo, né genetliaco.

E’ un continuum che vive di vita propria e di fasi alterne, che ognuno sperimenta senza razionalizzare.
Tornati a casa, scarica loro tutta la spesa e mentre il padre le dice (ma senza insistenza) di lasciarla lì, lei gliela porta al 2° piano lasciando che loro salgano lentamente.
Dopo aver tagliato i capelli al padre, rituale mensile, e bevuto qualcosa di caldo insieme, arriva l’imbrunire e con esso l’ora del rientro e, con la macchina colma, arriva il momento di rimettersi in autostrada. Li abbraccia, li bacia e saluta. Una carezza al cane e prendono le scale.
Quindi si volta a guardarli. Eccoli lì, con quell’espressione che ama tanto, nei loro vestiti comodi, con quel sorriso malinconico e un po’ acquoso, lievemente curvi, con i capelli grigi che adora spettinare e con quell’espressione vagamente triste che lascia lì sospesa la voglia di rivedersi subito, tangibile e tenera. Lui le sta alle spalle, ancora tanto alto, la sovrasta e cinge con un braccio posato delicatamente sul fianco, lei attaccata alla porta fa un cenno di saluto.

E’ quasi arrivata al portone quando sente lo scatto della serratura dall’alto, tlack tlack, e li pensa al riparo da tutto e tutti. O almeno spera.

Sale in macchina e con lo sguardo appena umido, accarezza il muso nero del cane sul sedile posteriore, mette in moto e parte.

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editoriale di kosmogabri

Una Telecaster del 1954, gialla con il battipenna nero, fighissima. Un basso fretless del '68, originale, Ampeg. Un altro basso, coi tasti, Fender Precision, 1964 (nero). Una Gretsch Country Gentleman del 1968, la preferita di George Harrison (e di Noel Gallagher degli Oasis). Tutti rubati.

Chi sono i Black Rebel Motorcycle Club? Dai, che ve li ricordate. No, che non ve li ricordate. Provate a cantare una canzone dei BRMC. Ecco, appunto. Hanno rubato gli strumenti ai BRMC, altro che Teppaglia Nera di Motociclisti Ribelli: cacciavite, furgone, pila, motore, azione, prendi la chitarra e scappa, prova a prenderci.

Ci ha provato a prenderli Michael Been, il fonico. Niente da fare, papà Michael è un ciccione. Già, il fonico dei BRMC è il padre del cantante, Robert Levon. Se suonavi in un gruppo al liceo tuo padre è venuto sicuramente a vederti in concerto. In casi particolarmente sfigati è venuta anche tua madre. Poi si stufano. Ma se il tuo babbo di mestiere fa il fonico, figliolo, non suonare. Magari ci cresci dentro e ti sembra normale, impari a cambiare i coni sfondati invece delle gomme bucate, l'ambiente ha il suo perché quando si tratta di inclinazioni artistiche. Stimolandole o frustrandole, l'ambiente manifesta le inclinazioni: non puoi fare finta che in garage non ci sia un service da cinquemila euro con i microfoni e tutto, sta' a vedere che non ti metti a pistolare sul mixer.

E insomma niente, Robert Levon e i suoi due amichetti stanno per uscire con il nuovo disco, Beat The Devil's Tattoo, tra un mesetto. Solo che momentaneamente non hanno strumenti per suonarlo in giro. Massì che ce li hanno, figurati se il babbo fonico non ha le bazze per ricomprare tutto spendendo poco. Certo che la Telecaster gialla è una bella perdita. Dice che i BRMC faranno un tour inglese in aprile, qualche anno fa sono venuti al Velvet di Rimini (ah, ecco, sì, la canzone si chiamava "Whatever happened to my rock n' roll". Peccato che ci sia "Rock n' roll" dei Velvet Underground che dice la stessa roba - meglio - trent'anni prima. Erano i Velvet o era Lou Reed solista? Boh).

Cose che capitano. Come spaccarsi una mano e non poter suonare la chitarra, mi dispiace, scusate, sono Willie Nelson, ho centotrent'anni e sono una leggenda del country americano, nel 2004 mi hanno aggiustato il tunnel carpale della mano sinistra, quella con cui faccio gli accordi, però non me l'hanno aggiustato mica bene, e quando cambia il tempo mi fa un male boia, e ho annullato il concerto dell'altra sera a Kenansville (North Carolina) perché mi faceva troppo male, scusate. Poi i giornali del giorno dopo dicono che, ma pensa te, un'ora prima del concerto l'equivalente americano della Finanza è entrato nel tour bus della band e, sniff sniff, ma pensa te, marijuana. Facciamo un controllino? Facciamo un controllino.

Sei arresti. Due per possesso di stupefacenti e quattro per possesso di Moonshine, Chiaro Di Luna, non sapevo cosa fosse e allora l'ho cercato su internet. Il Chiaro di Luna è un whiskey distillato clandestinamente, e si chiama Chiaro di Luna, ma pensa te, perché lo vendono di notte, essendo illegale. Un po' come la marijuana, insomma. O come rubare gli strumenti dai furgoni.

La domanda, a questo punto: è meglio essere dei bravi giovani e farsi fregare le chitarre dai delinquenti oppure è meglio essere dei vecchi loschi e arrendersi al lungo dito indice della Legge? Ovvero: ci piacciono di più i buoni che affrontano i contrattempi e vincono oppure i cattivi che in fondo non sono poi così cattivi perché poi quando arriva Il Bene (La Legge) ti viene da dire, eddai, Willie Nelson ha centotrent'anni, che ti frega se il suo bassista si fa le canne, prenditi un goccio di Chiaro di Luna. Son cose che uno si chiede: la scelta è sempre tra Guardie e Ladri.

Anche perché  poi l'avvocato di Willie Nelson ha bellamente negato la storia della perquisa: il concerto è saltato perché nonno Willie aveva bua alla manina, come no, sta' a vedere che il suono della band di Willie Nelson crolla se non c'è lui che fa plin plin plin, sol do re, maddai.

(immagine: Willie Nelson's Old Guitar by Daniel Bayer) di più
editoriale di zaireeka

Ed alla fine ce l'ha fatta.

Il kakodemone che gli ronzava nella testa è riuscito nel suo intento.

E' riuscito giusto ad alzare la voce quel tantinello che è bastato per farsi sentire da un giornalista a caccia di scoop.

E Morgan lo ha detto.

"Faccio uso di cocaina".

Era ora.

Non che facesse uso di cocaina, chiaramente.

Ma che la smettesse di correre in circolo dietro un utopistico ideale di libertà dal sapore intelletualoide.

Va bene essere "contro sé stesso", ma ve lo immaginate voi uno come Morgan, che sì, sarà pure un pirla, dalla antipatia contagiosa e insopportabile, che però sono sicuro non avrebbe meritato tanto, a fare la ola contento e sorridente insieme ad uno che ha scritto "Gelato al cioccolato" (quello si davvero simpatico)?

Oppure fare un giro di ballo con il Principe?

Ma non bastava, per essere libero, far prendere per i fondelli in diretta uno dei migliori pezzi scritti in Italia negli ultimi anni, dal quel gran critico musicale che è Simona Ventura?

Dai Morgan, non te la prendere, è solo che Freud e gli anelli nell'Io di Douggy Hofstadter avranno dato in testa anche a te.

Ma forse è stato meglio così.

Troppa libertà da tutto e da tutti può fare male se non hai le spalle larghe.

Io lo so che negli ultimi anni non hai fatto che rincorrere, studiare, non solo cantare, il Suonatore Jones, quello di Faber.

Che non hai fatto che scappare dall'immagine di intellettuale isolato e coerente che avevano dipinto per te, e che piaceva tanto a certa critica musicale.

Alla fine ce la avevi fatta.

Ma ora la tua nuova immagine cominciava a piacerti davvero troppo.

Per essere come lui dovevi finire con un flauto spezzato ed un campo alle ortiche.

Tu alle ortiche hai buttato un'altra serata inutile in televisione.

Per me, poco cambia, e sono sicuro non possa che farti bene.

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editoriale di K.

E' da un po' di tempo che su Debaser girano informazioni sul VHEMT, ossia il Voluntary Human Extinction Movement, grazie ad alcuni commenti di un utente che ne fa parte. Considerato che ho una particolare indosincrasia nei confronti di gruppi che propugnano la salvezza da imminenti apocalissi, ho voluto saperne di più, quindi mi sono informata sul sito di cotanto movimento.
Da quel che leggo il VHEMT si propone come un movimento filosofico di volontari con nessuna intenzione di fondare chiese o templi, oppure organizzare raduni e comizi pubblici. L'intento sarebbe di provocare un dibattito serio sulla sovrappopolazione umana. Quel surplus che, come ormai sappiamo tutti, sta irrimediabilmente soffocando con le sue esigenze moderne l'ecosistema che ci circonda. La soluzione al problema proposta dal VHEMT è fondata su una semplice idea, quasi banale: smettere tutti di fare figli. Tutti. Da subito. Provocare così l'estinzione del genere umano in nome della salvezza della Terra e della Natura.

Niente paura: non è un gruppo favorevole all'aborto, all'eutanasia e nemmeno inneggia al suicidio di massa o al genocidio di infanti del terzo mondo (come se ce ne fosse bisogno!). Non si avanza neanche la possibilità della castità a vita. E non c'è relazionata nessuna religione. Niente di coercitivo, insomma. La soluzione per attuare l'estinzione auspicata dal movimento pertanto, per evitare di figliare ulteriori esseri umani (cit. "sanguisughe"), consisterebbe nella sterilizzazione volontaria e definitiva.
Continuando a leggere sul sito e sul web, scopro alcune interviste con il portavoce Les U. Knight (colui che ha ideato il nome e gestisce il sito e newsletter del movimento), il quale, ad ogni ipotesi e accusa di "sterminio umano", nega con veemenza (l'acronimo del movimento si legge come "vehement", veemente) specificando che la sterilizzazione è una proposta da maturare individualmente. D'altro canto si evince che la questione è affrontata con una certa dose di ironia, infatti al signor Knight (di cui non ci è dato sapere che fa altrimenti nella vita se non che è dell'Oregon) piace giocare con le parole: non si sa nemmeno se sia il suo nome esatto, visto che foneticamente suona come "let's unite".

Sta dunque alle persone singole giudicare se questa "idea" potrebbe fare la differenza, ipoteticamente o comunque in un futuro molto più distante. E a ben vedere non è una proposta davvero radicale, visto che in molti casi la sterilizzazione può essere attuata in maniera reversibile. Chi giudica moralmente accettabile e aderisce al manifesto del VHEMT (ovvero rinuncia a procreare definitivamente), è chiamato Volontario, mentre Simpatizzante è chi trova interessante l'idea, ma non ha rinunciato ancora di concepire figli. Si avanza perfino il consiglio, per i titubanti, di aderire depositando in una "banca" liquido seminale od ovuli nel caso si cambiasse idea in seguito.

Tralascio tutte le implicazioni del caso, altrimenti non la finisco più. Comunque da donna che suo malgrado, per motivi di salute e contesto, non ha avuto figli, sulla questione sono piuttosto scettica. Tuttavia pure divertita, in particolare dal tono simpatico di una pagina precisa del sito, intitolata "Les (="let's") Talk: Man to Man" che se potessi incornicerei. Leggetela se avete un attimo. Mi sto rivolgendo a voi maschietti. Tratta di un argomento serissimo che definirei ancora tabù, su cui i tipi del VHEMT hanno assolutamente ragione: la contraccezione attiva da parte dei maschi sarebbe un gran passo per l'umanità, con l'indiretto risultato di regolare le nascite con coscienza e responsabilità finalmente condivise equamente, tra uomo e donna.

La proposta di tale movimento è obiettivamente un'utopia, e se seppur originale, resterà tale. Lo ammette lo stesso mister "Let's unite". Però proteggere il proprio piccolo "ecosistema" - naturale, privato, affettivo e sociale, le ragioni per cui stiamo al mondo insomma - è possibile e fattibile. Forse è proprio da qui che si dovrebbe partire, in tutta umiltà.

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editoriale di azzo

Pier Ferdinando Casini. Perché devo parlarne io? Non è una domanda superflua. Ma quella più interessante è un'altra. Perché i giornalisti, quando intervistano il suddetto, non gli fanno mai la domanda che gli farei io? Ovvero, come spiega le centinaia di migliaia di voti che l'UDC riceve in zone ad alta densità mafiosa. Ora, per carità, non sono così sprovveduto dal non saperne il motivo. O che, non li ricevesse il suo partito, "quei voti", da qualche parte andrebbero.
Quello che mi fa vomitare è altro. E' la sua ipocrisia, la sua faccina da prete sorridente che ha capito tutto della vita, ed ha pure il garbo di venire a spiegarlo a me, che della vita non ho capito, ça va sans dire, nulla.

E' notizia della settimana scorsa, che Totò Cuffaro, il suo capobastone siciliano, nonché re del cannolo, è stato condannato in appello alla pena di sette anni per favoreggiamento, aggravato dall'aver agevolato la mafia, e violazione di segreto istruttorio. Due anni fa, dopo la sentenza di primo grado (senza aggravante, va ricordato, quindi a soli cinque anni), l'ex presidente della Camera, candidò Cuffaro alle elezioni politiche nel suo partito, sostenendo che: "Sta subendo una persecuzione giudiziaria (si dice sempre così, no?)" e dicendosi convinto della sua onestà.

Questi giorni, le dichiarazioni appaiono meno convinte. L'arroganza però rimane.
Ho letto questa: "Tra qualche mese, quando Cuffaro sarà assolto, tanti sciacalli saranno in prima fila a chiedergli scusa".
E tu, bello come il sole, se la sentenza di condanna venisse confermata in Cassazione, cosa farai? La finirai di menarcela con la famiglia quale unica gestalt delle nostre immonde esistenze? Te ne andrai finalmente fuori dai coglioni per aver appoggiato per anni una persona collusa con la mafia? O, imperterrito, dopo la necessaria assoluzione di qualche cardinale, sosterrai che è stato solo un piccolo errore di valutazione?

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editoriale di kosmogabri

Nel mare magnum di facebook, come è ovvio, si trova di tutto.
E ben poche sono le pagine che destano nello svogliato utente qualche interesse.
Meno che meno una pagina il cui titolo, composto da due sole parole, associa la generica divinità “Dio” ad un utile animale conosciuto per avere un codino arricciato, familiarità con il fango ed un patrimonio genetico tanto simile a quello dell’uomo da permettere con relativa facilità trapianti di organi dall’animale-animale all’animale uomo.
Una bestemmia, insomma, e anche delle più comuni.
La pagina ad oggi ha quasi 2300 fans.

“Che fai, ti metti a fare il moralista, proprio tu?”
“No, nulla di tutto questo. Non mi da fastidio la bestemmia, che ritengo a volte un opera d’arte ed un fisiologico sfogo, inoltre non mi riconosco per nulla nei valori propinati dagli uomini a nome e per conto di certi personaggi di fantasia che pretenderebbero di osservarci dall’alto dei cieli con benevola considerazione, accarezzandosi la candida barba.”

No, il fatto è che la pagina non riporta altre informazioni, iniziative o motivazioni.
Insomma, nulla al di fuori dei commenti in bacheca dei fans (il cui tenore vi lascio immaginare) e da una frase, in cui il fondatore ci informa che il simbolo della pagina - un maialetto entro il triangoletto divino - non è suo, che ne riconosce tutti i diritti al legittimo proprietario o creatore, e che non è sua intenzione millantarne la paternità.

Una specie di disclaimer nei confronti degli eventuali diritti d’autore di questa opera d’arte.

Cominciate a capire?

Il livello di questi decerebrati che si autodefiniscono “eretici” (Giordano Bruno e Martin Lutero non san più dove rivoltarsi, nella tomba) è questo: nessun pudore per il buon gusto, per la gratuità di una scritta che non rappresenta nulla, non scandalizza e non veicola nessun messaggio, nemmeno la blasfemìa (che è ben altro), ma solo tanta paura e considerazione per il “copyright”, il rispetto per tutto quanto muova o riguardi i soldi, perché da buoni italiani “Non si sa mai, meglio essere cauti”.

Li abbiamo smascherati questi mutanti morali, questi devoti delle carte bollate, questi borghesi piccoli piccoli.
La religione dei soldi, il culto del più forte associato alla paura delle proprie azioni, ecco cosa ci vuole comunicare quella pagina.

Non è certo la miserrima e meschina parolaccia a costituire un’offesa insanabile, non è la ricerca di un facile quanto improbabile scandalo a reclamare una punizione esemplare per questi tipi d’uomo, no.
E’ la piccolezza dei loro orizzonti, è la livida paura del padrone, è il miserabile vizio di "mettere le mani avanti” che giustificherebbero pene corporali esemplari e la retrocessione al rango di paria dell’universo.

Ed anche senza voler individuare questi significati occulti, guardatela, la pagina in questione:
Una parolaccetta, impalata su una squallida videata di quell’impubere social network che tutti conosciamo, stampata lì in bellavista, senza nessuna contestualizzazione, senza nessun oggetto contro il quale scagliare la propria (presunta) eresia.
E’ come osservare un perizoma usato, da solo, senza alcun  caldo corpo femminile all’interno. Diventa solo uno straccetto buttato sul pavimento, senza nessuna capacità di eccitare; un banale indumento da cui è impossibile trarre alcuna calda evocazione.
Un oggetto buono per certi pervertiti di bassa lega, che, di solito, hanno almeno il non trascurabile merito di nutrire le proprie insane passioni in solitudine.

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editoriale di Stoney

In un mondo in cui il tempo della propria vita va barattato in cambio di denaro, il disoccupato non può che essere un escluso, un dannato a cui è capitata la sfiga di non poter leccare i piedi di qualcuno più furbo di lui in cambio di soldi, e quindi della "normalità" del quieto vivere quotidiano. Niente scandalizza di più, oggi, di una persona che abbia intere giornate libere in cui scegliere cosa fare e cosa non fare, a quale ora alzarsi la mattina, a quale ora mangiare, dormire, uscire di casa. Ci hanno insegnato questo "horror vacui" del tempo per cui averne a disposizione è una mancanza di rispetto, o una vergogna.

I progressisti arrivano con somma magnanimità a considerare i disoccupati degli handicappati sociali da aiutare con politiche mirate, vanno in giro a fare la questua di buone intenzioni con la mano sul cuore affinché si trovi qualcuno disposto a dare quattro spicci a 'sti disperati, e poi contenti così.

Pochi, invece, li considerano per quello che sono: la classe di inadatti e sofferenti che la modernizzazione ha creato dal nulla e di cui nessuno vuole sobbarcarsi l'onere. Perché la razionalità produttiva impone nuovi valori, ad esempio che si vale qualcosa solo se si è materialmente utili, quindi abbiamo fatto tabula rasa anche del più elementare diritto alla sofferenza. Chi soffre perché schiacciato dalle logiche competitive senza uscirne vincente va resettato e riadattato. La sua sofferenza è scandalosa, in questo mondo che offre così tante opportunità, non può essere presa sul serio.

Eh già. Ci vuole ottimismo e coraggio, che mai come oggi sono stati doveri così ossessivamente imposti. Chi soffre a indossare i panni del vincente ad ogni costo non ha spazio e non deve averne: siamo dentro un’enorme festa dove tutti sono belli e devono divertirsi, e guai a chi rovina l’atmosfera.

Diciamolo chiaro: per molti giovani il futuro non è una speranza, ma una minaccia. Fingere il contrario è il più grosso tentativo di fare buon viso a cattivo gioco mai visto nell storia. Ma chi ci vuole vivere in un società che usa i bisogni base degli individui (casa, famiglia) come ricatto per dettare condizioni da padrone? Forse chi si trova dalla parte di chi i ricatti li può fare, o gli illusi trionfalisti che sperano prima o poi di arrivarci. Ma per gli altri il futuro sarà l'onesto lavoro, cioè la vittima impotente, resa tale da leggi e istituzioni, allo scopo di fargli scontare tutti gli errori di chi sta sopra di lui.

Mi lamento troppo, vero? Molti dicono che proprio un lavoro "serio" mi farebbe passare certe "fantasie". Ed è così che involontariamente svelano la spaventosa etica del lavoro di oggi: quella di una pialla levigatrice, un collegio educativo per ridurre alla ragione ogni desiderio di innocente libertà e trovare finalmente gratificazione nel conforme, nell'ovvio. Una scuola che forgia uomini tutti d'un pezzo, che insegna a campare come si deve, altro che romanticherie e poesiole su quant'è bella la vita.

Scriveva un poeta, appunto, tanto tempo fa, in un'Italia lontana lontana:

«Credono che preferire la serietà al riso sia un modo virile di affrontare la vita. In realtà sono dei vampiri felici di veder divenuti vampiri anche le loro vittime innocenti. La serietà, la dignità sono orrendi doveri che si impone la piccola borghesia.»

La storia insegna effettivamente che ad essere così poco ottimisti e angosciati si finisce male: l’hanno fatto fuori.
Colpa sua, s'intende.


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editoriale di Bartleboom

Del lotto non me ne è mai importato granchè.
Fondamentalmente perché non ho mai capito come venissero calcolate le vincite.
Ogni tanto qualche mio amico arrivava sventolando la centomila vinta, a suo dire, con un terno secco sulla ruota di Bari, ma io, dentro di me, pensavo: “Per me li ha fregati a sua madre…”.
E poi che palle con sta storia dei sogni con i parenti morti che ti dicono i numeri!
Sognavi la buonanima della bisnonna Antonietta che ti chiedeva di cambiarle il pannolone? 23, la cacca!
Sognavi il prozio Giannino – pace all’anima sua - che farfugliava qualcosa sbavando? 32, la dentiera!
Quando mi sono ritrovato a riflettere su quanto fossero ripide e scivolose le scale della casa di mia nonna, ho capito che il lotto non era il gioco giusto per me.

Perchè a me piaceva il Totocalcio!
Forse molti di voi nemmeno se lo ricordano: le schedine le si compilava al sabato perché allora le partite si giocavano tutte la domenica pomeriggio e per avere i risultati (anche della B) non bisognava aspettare 3 giorni.
Per giocare bastavano mille lire o poco più, e si vincevano cifre che ai tempi facevano sognare: roba che se vinco mollo tutto e apro un chiringuito su una spiaggia a Copacabana!
Oggi, quelle stesse cifre Gerry Scotti te le tira dietro alla quarta domanda de "Il Milionario".

Ecco, a volte ripenso ai tempi del Totocalcio e un po’ mi viene nostalgia.

Oggi c’è Sua Maestà Super Enalotto e tutti sembrano come impazziti.
Il montepremi è sempre più simile al P.I.L: di un piccolo Stato, la gente si mette in coda dal tabaccaio come per prendere l'Eucarestia, e capita che pure al Telegiornale, durante un servizio di cronaca nera, ci sia in sovraimpressione la sestina vincente.
Oggi ci sono i video poker, i veri campioni della catena alimentare dei ciuccia soldi.
Pensati, progettati, costruiti esclusivamente per fottere il prossimo. Eppure possono vantare su una schiera di fedeli devotissimi. Quasi una setta. Gente che trovi ipnotizzata davanti allo schermo già alle 10:00 del mattino e ti viene spontaneo chiederti: “Chissà da quanto tempo è qui…”.

Per dire, ai tempi del Totocalcio, mio padre mi chiamava e io smettevo subito di giocare.
Insieme andavamo al tabacchino vicino casa e lui, con insolita pazienza, mi rispiegava ogni volta cosa volessero dire gli 1, le X e i 2. E io ci mettevo magari mezz’ora a compilare tutte e tre le colonne, ma a lui non importava.
Ordinava un Campari, si accendeva una sigaretta e si metteva a chiacchierare con il tizio al bancone.
Quando avevo finito, gli tiravo una manica della giacca e lui faceva sempre una battuta del tipo: “Si, ma stavolta vedi di vincere, eh?”. E sorrideva.

La domenica pomeriggio ascoltavamo le partite alla radio, in cucina. E ogni partita era importante. Anche, per dire, Sambenedettese – Ternana (1-X). Perché ogni partita poteva essere quella buona, che ti avrebbe regalato il 13 vincente.

Poi non vincevi.
Prendevi la schedina e la accartocciavi. E la buttavi, come fosse carta straccia.
E iniziavi a pensare a quella della domenica successiva...

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editoriale di Appestato mantrico

Credo sia nato tutto da un tragico equivoco, un errore di valutazione non trascurabile dettato dal fondamentale egoismo che guidava entrambi. Ora alla fiamma dell'amore ho tirato una bella secchiata d'acqua gelida, e non è rimasto più nulla da condividere, tantomeno gli orgasmi, perchè tutto quello che c'era da prendere per soddisfare il piacere personale l'abbiamo totalmente prosciugato; rimane tra le nostre bocche il campo minato delle parole che non possiamo più dirci, o che è meglio evitare.

Nato, fiorito, appassito. Sarebbe nato nuovamente, l'avessimo voluto, talea qua e innesto là. Pare che non riuscirai a farmi scoprire il piacere del sushi: del resto, non c'è limite al perfettibile.
Ma ve lo confesso, per un istante ho dimenticato tutto questo. Quando salì su quel treno che proprio non voleva saperne di partire - io stordito e disorientato sulla banchina gelida - e rimase a fissarmi dal finestrino, gli occhi attoniti come a dire "Siamo ancora in tempo!"...

Iniziai inspiegabilmente a singhiozzare.

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editoriale di zaireeka

E' un antico problema dell'uomo il non poter accettare con cuor leggero il fatto che uno alla volta, soli come siamo nati, prima o poi, un giorno diverso per ognuno, il mondo debba finire.
Ma che il mondo, ciò nonostante, possa continuare ad esistere.

Pare che il padre di tutti i traumi infantili (che però tutti fatichiamo un po' a ricordare) sia quello causato dalla contemporanea presa di coscienza della nostra appartenenza al genere umano e del destino di morte che accomuna inesorabilmente, distribuito nel tempo, tutti gli appartenenti ad esso.
Ciò conferma ulteriormente come Aristotele non sia stato particolarmente brillante ed originale quando si è inventato il concetto di sillogismo e che l'idea gli è venuta in mente quando era bambino.

Che dire, forse sarà così.

Sarà per questo che ora siamo tutti qui che aspettiamo con ansia questa ennesima fine del mondo, tutti insieme appassionatamente.
Ci sarò io ad aspettare il meteorite o l'esplosione del sole con miliardi di anni di anticipo, ma ci sarete anche tutti Voi, amici miei.
Fra poco, per prepararsi meglio, si faranno anche delle allegre prove di evacuazione del genere umano su qualche universo parallelo la cui porta spalancata ci aspetta al centro della Via Lattea.

Ma voglio dire una cosa.

Ma perchè non la piantate? Arrendetevi all'idea, brutti solipsisti invidiosi, bambini irrisolti che non siete altro.
Il mondo continuerà a vivere anche senza di voi, con tutti suoi drammi, speciali per ognuno, ma anche le sue gioie e le sue strazianti bellezze.

E i Maya non possono farci niente.

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editoriale di kosmogabri


ITSELF: Come è nata la tua passione per la musica e come si è sviluppata?
Piero Scaruffi: Prima ho scoperto la musica classica del Novecento, poi ho scoperto il rock. Se avessi avuto occasioni probabilmente oggi sarei un critico di musica classica. C’erano però già troppi critici di musica classica. Di critici rock ce n’era di fatto uno solo, Bertoncelli, perchè gli altri non avevano capito appieno cosa stesse succedendo. Scopersi il rock tramite lui. O meglio, scopersi quella parte del rock che meno era vicino al rock: I miei primi dischi  furono Rock Bottom di Robert Wyatt,  Rainbow in Curved Air di Terry Riley e Irricht di Klaus Schulze. Da allora ad oggi il cuore è rimasto con tutti gli eretici del rock (Cpt Beefheart e Tim Buckley su tutti), anche se il cervello deve riconoscere l’importanza e l’influenza di Stones e Doors. La mia Storia del Rock la costrui poco alla volta come insieme di note ad uso e consumo del sottoscritto. Soltanto  verso la metà degli anni Ottanta provai, senza fortuna, a pubblicarla. Nel 1988 conobbi di persona Bertoncelli, che sponsorizzo la pubblicazione all’Arcana, e da allora sono diventato un minimo noto in Italia. Nel frattempo  negli USA avevo collaborato al neonato Option, e poi a diverse riviste, sia mainstream sia underground. Adesso negli USA scrico soltanto per i/e, una rivista di profughi da Option. Ho continuato anche ad interessarmi di musica classica. Da anni tento disperatamente di pubblicare un libro sulla musica del Novecento. Peccato che, oltre agli ascoltatori, manchino anche i lettori, e quindi gli editori. La recente Enciclopedia New Age (sottotitolo “elettronica, ambientale, etc”) è un derivato di quel sogno.
I: Saremmo curiosi di conoscere il tuo rapporto con Rockerilla. Decidi tu quante e quali recensioni scrivere? Hai degli obblighi particolari?
PS : Sono un umile corrispondente dagli USA. Non faccio parte della redazione e non ho voce in capitolo nella direzione strategica della rivista. Cosi’ come collaboro a La Stampa, ma il direttore de La Stampa non chiede a me per decidere come impostare il giornale. Il mestiere di corrispondente (per Rockerila come per qualsiasi altra rivista) consiste nel fornire alla redazione informazioni su cio’ che succede in USA, e nell’eseguire quelle interviste/recensioni che non è possibile fare dall’Italia.
I: Cosa pensi del giornale?
PS: Penso che chi l’ha fondato e gestito per tanti anni sa meglio di me cosa ha senso scrivere in Italia, e mi guardo bene dal sindacare. Se io dovessi fare una rivista, sarebbe molto diversa (certamente non tratterebbe l’ignobile pop britannico), ma forse alla fine sarei l’unico a leggerla. Ripeto: sono un collaboratore, non un redattore. Non ho voce in capitolo nella direzione della rivista, né vorrei averne.
I: Scrivi per altri giornali, magari anche non musicali?
PS: In Italia: New Sounds, La Stampa, Clic, etc etc etc.
I: Come ti procuri i dischi e come procedi per la recensione?
PS: Quando arrivi a certi livelli, sono le case discografiche a inondarti di cd. Il problema è trovare il tempo di ascoltarli tutti, anche quelli di cui non sai nulla. Per me la recensione consiste semplicemente nell’ascoltare e riascoltare il disco, prendendo tutti gli appunti che mi viene da prendere. Quando non mi vengono più appunti, vuol dire che ho tutto il materiale che mi serve. A quell punto si tratta solo di strutturarlo in un articolo leggibile. Ma oggi tendo a preferire la recensione breve. Le analisi lunghe e dettagliate mi sembrano più idonee ai libri che ai giornali. Cosi’ gli appunti devono non soltanto essere strutturati ma anche “riassunti”. Poi è una questione di principio per me dare sempre un voto. E’ troppo facile e comodo  parlare bene di tutti. Un critico a mio avviso deve prendersi la responsabilità di dare dei voti, e pertanto stabilire delle classifiche. E’ chiaro che si rischia di inimicarsi case discografiche e musicisti.
I: Raccontaci, se vuoi, l’iter di una tua intervista tipo.
PS: Non c’è un iter tipico. I grossi personaggi sono gestiti in maniera burocratica dale case discografiche e hai pochissimo margine di manovra. I minori generalmente li incontri prima del concerto al bare fai una chiacchierata generica. Poi scegli quello che ti sembra più intelligente e lo trasformi in intervista.
I: C’è un’intervista che non potrai mai scordare?
PS: Ci sono diverse interviste che hanno richiesto un notevole lavoro di fantasia, perchè il musicista era talmente stupido che non ha detto una sola frase degna di essere pubblicata. Fra i grossi nomi mi limito a segnalare i Soundgarden, veramente un esempio mirabile di come si possa far strada nella vita avendo il quoziente d’intelligenza di una scimpanze’. Altre interviste sono state molto difficili, come quella a Juliana Hatfield, di cui pero’ non mi va di parlare. Quelle che mi divertono di più sono quelle con con gli intellettuali della musica, che finiscono per essere anche quelle più tecniche. Generalmente escono pero’ negli USA, come quella recente che ho fatto ai Trance Mission per i/e, in parte ripresa da Rockerilla.
I: Qual’è stato il gruppo più simpatico con cui hai parlato?
PS: Tantissimi ragazzi di provincia, che fanno davvero tenerezza per la passione e per la devozione con cui si dedicano alla musica, dai Thin White Rope ai Toenut.
I: Come mai i Toenut ti salutano sul loro disco?
PS: Skipper è stato mio studente di intelligenza artificiale e l’ho incoraggiato a studiare.
I: Il più antipatico?
PS: Soundgarden.
I: Parliamo di etichette indipendenti. Chi è che, secondo te, sta facendo il lavoro migliore?
PS: la Projekt è una delle mie favorite sul fronte gotico-industriale. Trance Syndicate, Homestead, Drag City, Merge, Touch and Go. Ce ne sono tante piccolissime che meriterebbero la citazione: Scat, Charnel Music, etc. Una menzione speciale agli innovatori nel campo industrial, come Fifth Column e 21st Circuitry.
I: Potresti fare un piccolo commento a riguardo di ognuna delle seguenti etichette in relazione a passato, presente e (se possibile) futuro? Touch and Go PS: un classico del rock alternativo, con loro si va quasi sempre sul sicuro. (8/10) I: Matador. PS: un po’ casuale la scelta dei gruppi. (5/10) I: Sub Pop. PS: Molto decaduta, alla ricerca di nuovi sbocchi. (5/10) I: Trance Syndicate. PS: Coraggiosa e geniale. (9/10) I: Blast First PS: Non la conosco abbastanza. I: Homestead. PS: Un altro classico. (8/10) I: Southern. PS: non la conosco. I: Drag City. PS: un altro classico. (8/10) I: Quarterstick. PS: è una sussidiaria della Touch and Go. I: Merge. PS: un classico che ha avuto ancor più coraggio della media. (8/10)
I: A questo punto consigliaci qualche gruppo su Merge e Homestead…
PS: Merge: Magnetic Fields, Polvo, Lambchop. Homestead: quest’anno soltanto Soul Junk.
I: Qual’è secondo te la major che si sta comportando meglio con i gruppi indipendenti?
PS: A&M ed Elektra a pari merito.
I: Mi diverto molto a leggere la tua classifica dei 10 migliori titoli dell’anno, poichè in Italia ne girano al massimo un paio. L’anno scorso trovai i Super Deluxe, i Magnetic Fields, e i magnifici Cobra Verde dei quali non esiste altra traccia  sulla stampa italiana. Vorresti dirci qualcosa su di loro?
PS: Magnetic Fields è uno dei massimi geni della canzone moderna. Insieme a Smog, My Dad is Dead, e pochi altri sta inventando un pop intellettuale e surreale. Cobra Verde sono i degni eredi dei Death of Samantha, complesso sottovalutato ma geniale dell’Ohio (epoca Pere Ubu).  Velo Deluxe sono sulla stessa falsariga.
I: Tornando ai Magnetic Fields, ho notato dale tue recensioni che stai apprezzando molto questo genere, se non sbaglio una specie di folk moderno arricchito da una cospicua strumentazione. Potresti parlarcene?
PS: Hai ben riassunto l’idea. Aggiungerei che ogni canzone tende a diventare un kammerspiel, denso di emozioni e tensioni narrative. Mi sembra una delle correnti più interessanti degli ultimo anni.
I: In una recente recensione riguardante l’ultimo Scud Mountain Boys, hai speso parole di stima per i Freakwater dei quali non sappiamo nulla. Come mai li apprezzi tanto?  Quanti dischi hanno realizzato?
PS: Sono capitanati da due folksinger ragazze del Kentucky, ed eseguono un dimesso folk da camera. I Palace sono diventati famosi ma secondo me non valgono le Freakwater. Hanno fatto tre dischi, tutti difficili da trovare. Auguri.
I: Sulla recensione dell’ultimo Grifters affermi che il baricentro del noise rock USA si è spostato in periferia. Come mai?
PS: Bella domanda. Forse perchè nelle grandi metropoli tende a dominare il trend, la moda, il costume, mentre nelle province i gruppi sono più liberi di sperimentare, è più facile conservare la propria personalità.
I: Puoi farci un commento conciso sui Sonic Youth di ieri e di oggi?
PS: Come sempre, dispiace che tutti se ne siano messi a parlare quando hanno smesso di fare arte. Gli ultimi due dischi sono stati un po’ mediocri, raffazzonati. Nel complesso, i Sonic Youth sono comunque fra coloro che hanno impresso un’accellerazione all’evoluzione della canzone, cosi’ come fecero Stones, Doors, Pink Floyd e Pere Ubu.
I: Cosa significa “imprimere un’accellerazione all’evoluzione della canzone”?
PS: Minchia (come dicono in California) quante cazzate che scrivo – non so cosa volevo dire. [NDR: standing ovation per Piero]
I: Il concetto di canzone rock è cambiato negli anni? Se si, i Sonic Youth hanno aiutato a cambiarlo, in termini di cosa fa la melodia con l’arrangiamento, e viceversa, di cosa è lecito come arrangiamento , etc.
PS: Non fatemi domande difficili, di musica non ho mai capito molto!
I: Ci sono etichette e gruppi europei che ammiri? E italiani?
PS: I gruppi scandinavi di musica elettronica/industriale/gotica, un po’ tutti quelli tedeschi sperimentali. Personalmente ritengo che la scena tedesca sia molto più importante di quella britannica, per cui non posso condensarla in due parole. Potrei semmai condensare in due parole quella britannica, sempre più minore. Degli italiani non conosco quasi nulla ormai sono lontano da troppo tempo.
I: Come è la scena musicale oggi a San Francisco? Cosa pensi dei Thinking Fellers Union Local 282?
PS: la scena è anche troppo varia e fertile.C’è veramente di tutto. Personalmete preferisco proprio la scena d’avanguardia ben rappresentata da grupi come Thinking Fellers Union Local 282, Steel Pole Bath Tub, Trance etc. Ma ci sono anche cantautori innovative (come appunto Smog) punkrocker (non dimentichiamoci che i Green Day e i Rancid vengono da qua), etc.
I: Migliore etichetta ‘80s.
PS: Touch and Go.
I: Migliore gruppo ‘80s.
PS: I Sonic Youth, a malincuore, su Hüsker Dü,  Pussy Galore, REM, Ministry, Flaming Lips, Blind Idiot God e Bitch Magnet per chi ama gli sconosciuti. Foetus se contiamo anche i musicisti singoli se li mangia tutti.
I: Migliore disco ‘80s.
PS: Mi tolgo una soddisfazione: “Original Sin” di Pandora’s Box (un progetto di Jim Steinman, quello che scrive le musiche per Meat Loaf).
I: Migliore etichetta ‘90s.
PS: (fino ad oggi) Projekt.
I: Migliore gruppo ‘90s.
PS: Se contano i musicisti singoli, direi Nick Cave, altrimenti un testa a testa fra Slint, Jesus Lizard, Polvo, Mercury Rev, Morphine, Jon Spencer, Magnetic Fields e Lycia .
I: Migliore disco ‘90s.
PS:Mi tolgo un’altra soddisfazione: “Twin Infinitives” dei Royal Trux, un pelo prima di “The Good Son” di Nick Cave.
I:  Scena in esplosione.
PS: 1) Gotica/Industriale 2) Folk da camera di cui sopra.
I: Scena in decadenza.
PS: Grunge, heavymetal (tutte le sottocorrenti). Gruppo più avantgarde della scena indie rock USA: Vampire Rodents.
I: I prossimi a smerdarsi.
PS: Smashing Pumpkin (se si considera i Pearl Jam come già smerdati, e naturalmente se non vogliamo elencare i duemila britannici tipo Oasis e Blur, che pero’ mi sembra offensivo citare nel mondo della musica).
I: I prossimi a fare soldi.
PS : E’ talmente casuale…
I: Attenzione a…
PS: Lisa Germano, che ha fatto un disco più bello dell’altro.
I: Concerto dell’anno.
S: Crash Worship.
I: Premettendo che i Royal Trux mi fanno impazzire, come fai a dire che “Twin Infinitives” è uno dei dischi migliori per te?
PS: Originale, potente, maestoso, impossibile. Se mi chiedi di definire una sinfonia di Beethoven, uso probabilmente aggettivi molto simili…
I: La tua migliore intervista fatta fino ad oggi:
PS: Steve Albini su Rockerilla.
I: Ho letto il tuo ultimo libro “Il Terzo Secolo” sulla società Americana. Ne esce fuori un quadro affatto rassicurante. Visto che gli USA possono essere considerati il paese socialmente più avanzato fra quelli occidentali, quanto pensi che arriverà di tutto cio’ in Europa e in Italia?
PS: “Il Terzo Secolo” è una panoramica dei fenomeni più unici degli USA. Quindi non necessariamente “tutto” cio’ che succede negli USA. Secondo me arriverà tutto. L’Europa copia pedestramente gli USA in tutto, dalla Coca Cola alla letteratura.
I: Consigliaci qualche posto da visitare assolutamente se si capita dalle parti di San Francisco.
PS: Mount Tampais, se non c’è la nebbia, ha uno dei panorami più belli del mondo. 
I: Ultima domanda della quale penso di conoscere la risposta. Secondo te, il rock è morto? Se si, perchè? Se rispondi anche all’ultimo interrogativo, vuol dire che mi ero sbagliato.
PS: I generi musicali non muoiono mai. E’ persino discutibile che nascano. Il rock si è certamente ingigantito al punto che, per ragioni meramente commerciali, deve frazionarsi in sottogeneri. Ciascuno dei quali non morirà mai, e forse non è nato adesso perchè a ben guardare esisteva già negli anni ’60 se non ’50…
I: Che mi dici di Von LMO?
PS: Peccato che sia completamente pazzo. Il suo primo disco, uscito dopo 15 anni, è un capolavoro. Ho visto un suo concerto in cui ha eseguito un solo brano di 60 minuti: 60 minuti di una distorsione assordante alla chitarra. Questa si chiama classe.
I: Come mai I 60 minuti di feedback di Von LMO li hai chiamati classe?
PS: Devi sentirli, se mai li registrerà e poi giudicherai tu. Un ritornello puo’ essere geniale o stupido, un feedback puo’ essere geniale o stupido, una natura morta puo’ essere geniale o stupida, un ritratto puo’ essere puo’ essere geniale o stupido, il soggetto in se’ non determina la qualità dell’opera. In base a si puo’ decidere se delle tele con sopra una Madonna e un Gesù bambino sono arte o solo banalità? E poi non sono d’accordo con certi canoni accettati: a mio avviso Petrarca era un mediocre poeta, e chiunque dica il contrario secondo me mente, anche se ha la cattedra alla Sorbona. Raffaello è una pizza quasi uguale, e a Leonardo riconosco più il genio scientifico che quello artistico: secondo me è più obiettivo (=onesto) chi si esalta al cospetto di 60 minuti di feedback di Von LMO che chi si esalta per una Madonna e un Gesù bambino di Raffaello.
I: Come hai fatto a decidere che quel feedback o Twin Infinitives sono belli, a parte l’istinto?
PS: Tutti sono capaci di generare un feedback di un’ora. Ma nel 99% dei casi, quell feedback farà soltanto annoiare la gente intorno. Von LMO ha fatto esplodere il locale. Twin Infinitives ha quell’ibrido di complesso e primitivo che è difficilissimo da bilanciare. E’ frammentario e al tempo stesso monolitico. E’ uno di quei dischi che da qualsiasi prospettiva lo prendi, finisce sempre per stordirti. Anche se non ti piace.
I: Ma Von LMO crede veramente in quello che dice? (Dato che probabilmente fa la fame e non lo paga nessuno, penso di si)
PS: Hai risposto per me…
I: A Piero…te volevo chiedere ‘na curiosità che me so scordata...ma tu soni qualche strumento? C’hai provato a mette su ‘n gruppo?
PS: Ho provato a suonare il quinto tasto a sinistra dell’organo Hammond, ma il fatto non è stato grdito dai vicini. Ho preferito darmi al giardinaggio. Ragion per cui oggi non so suonare nessuno strumento, ma in compenso in giardino ho otto alberi da frutta che mi consolano ogni volta che leggo le classifiche di vendita di Billboard.

(pubblicato su Itself - si ringrazia Monia de Lauretis per la gentile concessione)

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editoriale di Bartleboom

Ci sono volte in cui mi sento solo come un’eccezione.

Sono le volte in cui qualcuno mi chiede se ho un profilo Facebook prima ancora di sapere come faccio di cognome, oppure le volte in cui il commercialista prova a spiegarmi perché anche quest’anno dovrò chiedere un prestito per pagare le tasse.

E poi ci sono le volte in cui il telefono di casa decide di non funzionare, e allora devo chiamare l’assistenza col cellulare, spendendo € 0,89 + IVA al minuto, e pesto nervosamente i piedi mentre attendo che la voce registrata mi dica quale numero devo premere per parlare con un operatore.

Sono le volte in cui all’aperitivo tutti si ammazzano attorno al vassoio dell’insalata di riso come morti di fame ed io, fra me e me, penso: “Ma non possiamo andare a mangiarci una pizza, così ci sfondiamo di birra e limoncello?! Lo abbiamo fatto per anni, prima che arrivasse la moda del ”Fare aperitivo”, ed era bello, no?!”.
Ho provato anche a proporlo, qualche volta, a quei pochi della vecchia compagnia che vedo ancora, e loro mi hanno risposto con uno di quei sorrisi tirati ed educati che si fanno quando qualcuno dice una battuta che tutto sommato non fa così ridere.

In questi giorni la zona in cui abito è completamente avvolta dalla nebbia.
La trovo al mattino, quando esco di casa per andare al lavoro, che riposa ancora sdraiata per le strade, e la trovo la sera, quando esco dall’ufficio, colorata d'arancione dalle luci dei lampioni.
Una nebbia così fitta non la si vedeva da anni, da queste parti.
In macchina, la notte, sembra di guidare nel latte. Oppure nell’ovatta. E le altre auto nemmeno le vedi. Non vedi le insegne, le case, le pubblicità. Proprio come se non ci fossero.
E ti viene da pensare che magari tutti gli altri sono già a letto a dormire e che, in quel preciso momento, in giro ci sei soltanto tu e queste specie di nuvole che hanno mangiato troppo e non riescono più a tornare in cielo.

Ecco, quelle sono le volte in cui sentirsi solo come un’eccezione non è poi così male.

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editoriale di kosmogabri

Nello stesso giorno, nemmeno a farlo apposta - di fatto sembra una commedia - ne succedono di cose. Troppo poche, per quanto mi riguarda. Io spero sempre nel lieto fine.

Nei palazzi si discute di cose inutili, ovviamente, come al solito. Le classi italiane, quelle fatte ancora, solo, da bambini, potranno essere formate al massimo dal 30% di stranieri.  Si dice per evitare le "classi ghetto", ma a me sembra, per quanto mi hanno insegnato, che solo nei ghetti si badi a chi abita dove, come e quando. Gli altri, di solito, son liberi di vivere e abitare dove gli pare.

In Calabria la gente urla cose a immigrati africani, cose poco piacevoli, non da signori e per giunta solo dopo che hanno fatto spaccare loro la schiena per raccogliere pomodori, solo dopo che li hanno gambizzati a suon di fucili ad aria compressa. Poi, ovviamente si cerca di non farsi mancare mai nulla e quindi li hanno sprangati, investiti e ri-sparati con fucili ad aria compressa. Però le foto sono eloquenti: se un solo abitante di Rosarno assomiglia ad un occidentale io sono Mariah Carrey e mi sembra strano perché le tette non mi sono ancora spuntate... e poi ho troppi peli. Guerra tra pezzenti, comunque. Gente costretta ad emigrare e che, invece, di scagliarsi - facciamo un esempio mica tanto a caso e limitato alla tristezza italiana - contro i piemontesi, che da due secoli hanno rubato loro il futuro e che si preoccupano solo che il mare calabrese, d'estate, non sappia di diarrea, o contro il Nord - italiano e mondiale -, quel Nord che fa rima con capitalismo e oppressione... bene, invece di scagliarsi contro uno dei due mulini a vento appena elencati, combattono i loro fratelli, i loro fratelli da sempre, prima ancora che il Piemonte esistesse, prima che il capitalismo ci inculasse tutti quanti, prima che la nazionale italiana di calcio ci facesse sentire tutti italiani.

E poi la nazionale di calcio del Togo. Sparano sul bus della nazionale del Togo per quei motivi che a voi occidentali o settentrionali di questo mondo sembrano folli, ma che voi occidentali dovreste sapere, conoscere, temere e vergognarvi di essi come un qualsiasi uomo dovrebbe fare. In realtà, questi motivi, hanno una ragione ben precisa. Colonialismo, signori, che fa rima con Imperialismo. Prendere un posto, ridurlo ad una merda, sfruttare le risorse, ridurre e trattare da immondizia gli abitanti del posto e poi via, chi s'è visto s'è visto, evoluzione e progresso, frutti prelibati. E di cosa vi preoccupate? Se è morto Adebayor. Ma un po' di Adebayor è morto sicuramente, come un po' di tutti gli africani. Diciamo che un pezzo di ogni africano non l'avete mai fatto venire al mondo.

Tre fatti diversi, separati, lontani, ma identici e legati da quello che lega tutto: la cattiveria; l'odio che l'uomo è capace di saper distribuire. Vedere in un altro uomo il mezzo per la propria felicità e non il fine, questo è il male. Ma non tutti gli uomini. C'è qualcuno ancora degno di esser ritenuto un uomo. Prendete gli africani, se l'Italia fosse popolata da soli africani... che bel posto, quasi ci resterei.

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editoriale di TheJargonKing

Argomento di poca rilevanza e di seguito pressochè nullo, ma per il quale vorrei proporre un paio di riflessioni, partendo dalla fatidica domanda: “Ha senso parlare di progressive "di oggi"?”  La mia risposta, del tutto personale e alla quale tenterò di dare giustificazione, è sì.

Il presupposto è nella spiegazione di quello che musicalmente è il progressive, cioè non un genere specifico, come lo può essere il jazz o il blues o la lirica ma un NON genere. Forse è più giusto parlare di un atteggiamento, un indirizzo musicale che si basa sull'espressività stessa della musica e sulla sua possibilità di essere strutturalmente modificata e manipolata, miscelando generi, esperienze e modi. Come tale, quindi, privo di reali canoni e privo delle limitazioni e dei confini che un genere codificato ha. Il problema è che il mondo musicale vede il progressive come morto e defunto attorno al 1977, cioè nel periodo in cui avrebbe finito di avere una sua collocazione e un suo senso, avendo esaurito ogni cosa e avendo detto tutto ciò che poteva essere detto. Ammettendo del vero in queste affermazioni, mi chiedo qual sia allora il senso di ogni altro genere musicale: forse il jazz recente sta dicendo cose nuove? Forse le sta dicendo la musica classica o quella operistica? Forse ci dobbiamo attendere una rivoluzione musicale con cose nuovissime di heavy metal? O di blues? Ecc. ecc. Seguendo questo ragionamento, quindi, non ha più senso nulla? Non ha più senso la musica nella sua totalità perché è già stato detto tutto e persino cose più recenti come il post rock, l’ambient, il doom ecc. hanno esaurito la carica innovativa che avevano? Possiamo anche rispondere sì e farci del male. Oppure possiamo ritenere che la musica di oggi possa essere rappresentata come evoluzione di tutto quello che è stato il passato con miscelazioni, rivisitazioni, personalizzazioni e, al limite, riproposizioni (possibilmente non plagianti). D’altronde se io ascolto progressive, se Tizio ascolta doom metal, se Caio ascolta classica e se Sempronio ascolta new age, ci sarà un chiaro motivo di piacere d’ascolto. Perché penalizzarlo? Non solo, perché penalizzare il diritto del musicista di fare la musica che piace, solo perché i potenziali ascoltatori sono, ormai, relegati in nicchia.

Parallelo con la letteratura: il giallo è un genere ritrito, dove è stato detto di tutto e di più, eppure gli scrittori di gialli e i loro lettori sono sempre presenti, anche questo è inutile?

L’ultimo anno ha avuto una serie di uscite progressive di notevole spessore, si potrebbero citare i Deluge Grander, Wobbler, Beardfish, Hostsonaten, IQ, Little Tragedies, Voodoo Monkey Child, Narrow Pass, Steve Thorne e Gargamel per il filone prog sinfonico/new prog. Poi Phideaux, Oresund Space Collective, Ozric Tentacles, Siena Root per la parte jam/space/psichedelica. E ancora Magma, Er.J. Orchestra, Forgas Band Phenomena, Simak Dialog, Ossi Duri, Runaway Totem, Miriodor, Univers Zero, Cheer Accident, Mirthkon, Simon Steensland, Present, Aranis, Gatto Marte, Degenerate Art Ensemble per la sezione jazz-rock/zeuhl/canterbury/avant/sperimentale. E infine Tom Moto, Sciarada, Slivovitz, Filoritmia, Colster, Arpia per le realtà italiane in via di espansione su fronti e influenze diverse e molto interessanti.

Sicuramente ne ho dimenticati, ma l’elenco è funzionale, oltre che a dare alcuni suggerimenti, a dimostrare che le uscite di progressive sono ancora tante e il loro valore è spesso alto. Che il genere (o non genere) sia relegato in nicchia è un dato acquisito, che se lo meriti può darsi anche, ma non trovo corretto che lo si definisca genere morto, perché non è fisicamente esatto.

Concludendo: ha senso parlare di progressive "di oggi"? Un secco sì, è la risposta esatta.

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editoriale di zaireeka

Dunque, da dove iniziare, a parte dicendo che il mio nome non è importante?

Comincio da più o meno 16 anni fa.

E' da allora che sono (o meglio ero, come capirete in seguito), da buon cittadino avveduto e smanioso di assicurare un futuro a me ad alla mia famiglia,  un simpatizzante della catena di negozi della EsseBombata.

Dite che non la conoscete e non sapete di che si occupa?

Non è importante, per lo scopo di quello che voglio dire, anche perchè nel frattempo ha cambiato nome.

Mi sembrava, allora, una cosa buona.

Eravamo tanti allora, ed ora probabilmente sono anche di più.

Erano tante le cose che prometteva la EsseBombata, ai soci ed ai cittadini comuni, non ultimo tanti sconti, il fatto di poter conoscere tante persone e di avere quasi gratis tanti canali televisivi importanti.

Poi gli anni passano, si sa, e le promesse spesso non vengono mantenute.

E vado al dunque.

Questo Natale (la vigilia) io e mia moglie abbiamo avuta la bella idea originale di festeggiarlo non con i suoi familiari, come facciamo di solito, bensì con i miei ex compagni di scuola, e le loro famiglie, che non vedevo da tempo immemorabile

E che succede?

Ricevo in regalo immaginate cosa?

Ventitre (dico, 23) tessere di socio onorario della EsseBombata.

Penso sia stata quella maledetta idea del Presidente.

Certo che ce ne ho messo a decidere di aprire gli occhi, sembrava non mi decidessi mai, nonostante certi comportamenti e scelte non mi avessero convinto ultimamente.

Ora lo ho fatto, passo il tempo a chiarire con tutti la mia nuova opinione riguardo alla EsseBombata, e il Natale prossimo spero di poter tornare a sperare di avere in regalo quell'abbonamento o, chessò, quel cellulare che desidero tanto, o anche di nuovo quelle bellissime e squallidissime cravatte.

Non saranno originali ma almeno potrò sempre sognare di usarle come so io.

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editoriale di kosmogabri

So ancora guardare in alto
e perdermi nel cielo
Mentre vibro assieme ad un torrente
...e penso all'acciaio che ci stringe.

Questi anni stan correndo via
Come macchine impazzite li senti arrivare
Ti volti e son già lontani
Ti chiedi cosa è successo

La rabbia di quei giorni brucia ancora dentro
Ma forse tanto veleno
Poi è tornato dentro di noi
Gli altri stanno ancora ridendo...
E noi qui a guardarci dentro

No son sempre io
Non mi cambierete quel che ho dentro
Fuori un'altra faccia
Ho più cicatrici di prima
Sorrido un po' meno
Forse penso di più

Non mi chiedere se ho vinto o se ho perso.

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editoriale di azzo

"In nessun paese al mondo avremmo un premier così. Per essere chiaro, voglio prescindere dall'esito dei processi di ieri e di oggi, e perfino, se possibile, dalla rilevanza penale dei fatti che sono emersi. Ma è però incontrovertibile che Silvio Berlusconi, prescrizione o no, abbia pagato o fatto pagare magistrati. Così come da Palermo, quale che sia la qualificazione giuridica di questi fatti, emergono fatti e comportamenti oscuri di cui qualcuno, Berlusconi in testa, dovrà assumersi la responsabilità politica". Lo ha dichiarato Daniele Capezzone a proposito della sentenza di condanna nei confronti di Marcello Dell'Utri. 11 dicembre 2004

"Silvio Berlusconi è entrato in politica con cinquemila miliardi di debiti (di lire, o del vecchio conio, come direbbe Bonolis), e con le banche che - indegnamente, lo sottolineo - tentavano di strozzarlo; oggi (essendosi misurato con...come si chiama? Ah sì, il perfido regime comunista...), vanta ventinovemila miliardi di attivo (sempre in lire), ed è entrato nel G7 dei sette uomini, appunto, più ricchi del pianeta. Ecco questa è una cosa che è cambiata in questi 12 anni. Il resto - conclude riferendosi alle riforme promesse dal premier - un po' meno". 29 ottobre 2005

"Tre anni fa i Radicali proposero tre referendum che avrebbero cambiato il sistema giudiziario. Ci fu chi si oppose legittimamente, ma Berlusconi invitò a non votare perché tanto lui avrebbe fatto le riforme. In questi tre anni non è stato fatto nulla, solo leggi di interesse personale, che non funzioneranno e che molto probabilmente verranno dichiarate incostituzionali". 14 novembre 2003

"L'Italia non può permettersi altri cinque anni di governo di Silvio Berlusconi: non sarebbero "ecosostenibili". In questa Legislatura Berlusconi ha avuto a disposizione una maggioranza parlamentare amplissima (più di 100 deputati e più di 50 senatori): eppure, le riforme non si sono viste. Dall'economia alla giustizia, è enorme il divario tra le promesse di cinque anni fa e le cose effettivamente realizzate. Per non parlare di ciò che è accaduto sul terreno dei diritti civili, con un'autentica aggressione contro le libertà personali: contro il divorzio breve (eppure, anche tanti leader del centrodestra sono tutti divorziati), contro l'aborto, contro i pacs, contro la fecondazione assistita e la libertà di ricerca scientifica, fino all'ultimo tentativo di sbattere in carcere i ragazzi per qualche spinello". 29 ottobre 2005

"Silvio Berlusconi non è l'erede di don Sturzo, ma di don Lurio". Così Daniele Capezzone, segretario dei Radicali italiani ha commentato le parole di oggi del Presidente del Consiglio che in un discorso aveva rivendicato l'eredita del fondatore del Partito Popolare Italiano Don Luigi Sturzo. 12 novembre 2005

"Berlusconi è come Wanna Marchi e Tremonti è il suo Mago do Nascimento. Berlusconi aveva detto: 'Abolirò l'Irap e ridurrò a due le aliquote'. Non lo ha fatto,e invece ha aumentato tariffe, bolli, tasse sul gasolio. Tutte cose particolarmente odiose, perché colpiscono anche la parte più debole del paese. Dopo che, in queste ore, sono stati resi noti i dati della trimestrale di cassa, il paragone appare quanto mai calzante. Quello (il mago) dava 'numeri personalizzati' alle sue televittime; Tremonti fa lo stesso con tutti gli italiani". 1 aprile 2006

"Dopo l'ultima sortita di Berlusconi che pensa bene di trattare da 'coglioni' la maggioranza degli italiani, mi sorge il dubbio che si sia fatto una canna. Ma forse una canna normale non avrebbe prodotto effetti simili: e allora che gli ha dato lo spacciatore per fargli dire una cosa del genere?". 4 aprile 2006

"Non c'è dubbio: il risultato della sfida è decisamente sfavorevole a Berlusconi, che ha perso e - calcisticamente parlando - non è stato capace di fare un solo tiro in porta pericoloso (a parte la bufala finale sull'Ici, completamente priva di copertura), ma è stato per due ore lagnoso, lamentoso, vittimista (e a tratti nervosissimo e arrogante), contro un Prodi più tonico e reattivo. Il "bollito" sembra proprio il Presidente del Consiglio, ormai quasi ex. Quanto infine alla reiterata gaffe del Premier sulle 'categorie' (donne, giovani), sbagliare è umano, perseverare è berlusconiano...". 3 aprile 2006

"L'odierna performance televisiva del Cavaliere è francamente indifendibile, anche perché denota proprio l'atteggiamento psicologico di chi non è più abituato a interloquire, a rispondere, a fronteggiare una domanda. Penso che a difenderlo resteranno in tre: Bondi, Cicchitto e Cornacchione...". 12 marzo 2006

Alcune dichiarazioni rilasciate a stampa e tv da Daniele Capezzone, prima di diventare l'attuale portavoce del partito "Il popolo della libertà".

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editoriale di G

"Massi, sto invecchiando io...
però DeBaza voleva anche essere un modo per parlare di sé parlando della propria musica.
Nella coscienza che la realtà oggettiva non fosse esprimibile a parole - men che meno in musica - sarebbe piaciuto che emergessero tante realtà soggettive, evocative della realtà musicale che cercavano di oggettivare (!).

Mi chiedo:
si è perso questo spirito?
Mi chiedo: si può recuperare?"

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