Voto:
Mah.
Come ho già scrbacchiato da qualche parte qui denro, non credo davvero che a McCartney od a Ringo, ma neanche alle vedove Lennon ed Harrison, manchino le palanche che certo si tireranno fuori da quest'impresa, visto che basta loro aprire gli occhi la mattina per incassare royalties e dividendi vari, frutto soprattutto di quanto creato in quei magici otto anni, meno per uqanto espresso nelle carrire soliste... Non dimentichiamo, poi, che questo singoletto è il preludio alla ristampa delle antologie rossa e blu di gloriosa memoria, ampliate con gl'inediti e qualche altra cosa che alle originali mancava un po'. vedrete che, a Natale, quando questo si avvererà, le classifiche si riempoiranno delle due vecchie antologie, debitamente rimasterizzate, ripulite ed ingrandite a dovere. Non so davvero cos'altro ancora si possa fare delle duecentociquanta e passa canzoni edite dai Fab Four, dopo averle ripulite, rimasterizzate,
Forse.
La valenza artistica del brano in questione è pressoché nulla, se dovessimo davvero stilare una classifichetta dei tre inediti, quanto a valore "catchy" od a presa, soprattutto sui vecchi e nuovi fans dei Quattro, certo il gradino più alto del podio andrebbe a "Free as a bird", il primo inedito lennoniano ritrattato dagli allora tre superstiti e reso degno del tiutolo di "canzone". Al secondo posto può inserirsi quest'ultimo disotterramento ed llao scalino più basso quel "Real Love" davvero raschiato dal fondo dle barile e pubblicato dopo "Free as a bird" solo perché superiore come qualità (???) tecnica allo scassatissimo "Now and then" che, coi mezzi tecnici a dispsizione trent'anni fa, non poté, come giustamente segnalato dal prode @[Confaloni] , essere degnamente editato ed edito.
Se, bravo Confa, Winston avesse creduto in uno solo di questi tre inediti l'avrebbe incluso in "Double Fantasy", già ricettacolo di composizioni del Lennon più casalingo, pantofolaio ed americanamente imborghesito che sia mai stato edito.
Poi c'è il cuore, e lo ripeto: Se sei un fan, se li hai amati, Loro, e non senti niente quando Winston canta un inedito, anche un branetto come 'sto qua, allora hai un chilo di guano al posto del cuore ed amen.
Voto:
Personaggio alla cui conoscenza non si può rinunciare e non solo se si seguono le vicende del cantautorato italico ma se si vuole comprendere tutta l'ambientazione dell'italico sentire dai sessanta in poi, musica poesia, teatro, politica ed Arte in genere.
E bravo su pippìu...
Voto:
Beato te che almeno avevi un padre che parlava.
il mio, da classico sardo, annuiva spesso, faceva di no con la testa, proferiva quelle sei/sette parole che illustravano tutta una situazione complessissima oppure, meglio o pegio a seconda del caso, ti guardava con quei suoi occhi scuri, ti fulminava e, appunto, secondo l'argomento in corso, si apriva in un sorriso sincerissimo e gioviale oppure era già lanciato al mio inseguimento e sfilarsi la cintura ed inseguirmi era stato un tutt'uno, l'Uomo ragno gli poteva giusto radere i baffi.i quel caso.
Ed Amedeo Minghi gli stava fieramente sul cazzo, quantevveroiddio.
E' morto novantenne, quattro anni fa, immerso nella bambagia dell'Alzheimer e delle cardiopatie assortite.
Io e lui, anche fisicamente, eravamo davvero diversissimi. Diversi gli occhi, la pelle, i capelli...
Ed anche di carattere.
Ma, da qualche tempo, se passo davanti ad uno specchio e mi vedo appena con la coda dell'occhio, scorgo il suo sguardo nel mio, il suo gesto nel mio, questione di una frazione di secondo e lo rivedo.
Qualcuno ti dirà pure che tecnicamente non è una recensione.
Battitene u belin, amigu.
Voto:
Ma che poi finisce semplicemente che maurorepetto sia/sia stato null'altro che un animo irrequieto, magari con un fondo semidepressivomomomaniacale che a volte sconfina nell'avventura, non programmata e non pianificata in nulla, proprio in quanto "avventura".
Furbo il pezzalone a capire che l'idea tanto spinta dall'amico la poteva cavalcare lui, sfruttare lui e coprirsene di gloria, finalmente convinto della bontà (???) del progetto.
In fondo, poi, penso che il Repetto viva di diritti d'autore, non so che cosa faccia ma certo le royalties dei primi dischi degli ottoottotré gli rendono quel tanto da vivere decentemente e poi chissà, una comparsata dalla Venier, una dalla Toffanin e... magari una reunion, dai, non c'è limite al peggio, no?
Voto:
Quella di non recensire un disco già recensito in passato è una menata unica e chi propugna tale proibizione possa essere costretto/a mangiare, dopo un digiuno di tre giorni, un'ottima, fragrante e fumante pizza quattro stagioni, senza piatto, direttamente sul pavimento di un cesso pubblico di autogrill in piena stagione turistica non pulito da sei anni solari.
Ciò detto, ho apprezzato molto il trasporto con cui il nostro sodale si esprime nei confronti di un monumento di disco di un artista fondamentale come Brucio Spristenio, a me mai troppo gradito ma indubbiamente responsabile di una carriera prestigiosa per impegno (in diversi campi), profondità e per una certa uniformità che io, forse pedestremente, ho spesso scambiato per una qual forma di monotonia.
Il vecchio Massarini... Non vedo, oggi, un personaggio, un professionista del settore giornalistico-musicale preparato e pronto al nuovo com'era lui, anche se forse un po' meno spocchia dandy gli avrebbe giovato.
Voto:
È un dischetto godibile, ben prodotto e suonato ai loro standard (e non è un insulto...), per nostalgici (e non è un insulto...) ma, davvero, si, nulla di più.
Mi piace l'entusiasmo di @[Trofeo] , lo sento sincero.
Voto:
D'acchito verrebbe voglia di neanche considerarla, quest'uscita.
Poi l'ascolti.
Carino, niente d'astrale, m'aspettavo peggio.
È molto, no?
Voto:
Gran bella recensione, davvero, di quelle volutamente tecniche ed iperspecialistiche come piacciono tanto a me che però io non riesco d estendere, il contrario di quelle che, appunto, indegnamente, pubblico io, tutte o quasi improntate ad esperienze o ricordi di vita strettissimamente legati ad un disco o ad una canzone, tanto da non sapere se sono episodi raccontati con la scusa della musica od il contrario.
Non se ne esce, signori.
Antenati chitarristi, perlopiù di colore, innovatori nell'approccio e nella tecnica alla materia blues, se ne trovano a bizzeffe.
Nel campo dei chitarrai anni 60 che portarono il verbo del blues in ambiente rock dobbiamo, perdio, citare ancora e sempre gli stessi quattro.
L'inarrivabile James Marshall Hendrix troneggia sornione, mefistofelico mancino, contando i proseliti copioni ed i colleghi che ad ogni nota gli dedicano tributi continui.
Subito dopo, facciamocene una ragione , Eric Patrick Clapton detta le regole a chi decide di avventurarsi nell'intricata foresta dell'assolo di chitarra, allora come oggi chi ne fa ne riprende regole e meccanismi che lui introdusse.
A suo carico unica colpa quella di possedere scarso appeal "fisico", complice il continuo cambio di aspetto, retaggio di un'infanzia ed un'adolescenza complicate.
Ed una carriera solista inizialmente ottima ma poi virata al pop anche bieco.
Terzo angelo a sei corde per chi ascolta rock quel Dio in terra di James (come Hendrix!) Patrick (come Clapton!) Page, dieci dita deliziose al servizio di assoli funambolici ma anche grandemente melodici.
Unico appunto quello che vuole il suo meglio espresso solo nel periodo Zep.
Poi lui, il grande Geoffrey Arnold Beck, vera testa di ponte tra blues corsaro e verace e rock di matrice hard.
Personalmente gradisco molto gli omaggi a Clapton ed i riconoscimenti alla sua influenza su tutto quanto venne dopo di lui, anche se, sempre più, si tende a ridimensionare la di lui enorme eredità tecnica ed anche spiritualmusicale.
E poi fu Jimi a scrivere a sua madre:"Mom, ho finalmente baciato Eric Clapton!"
Cinque/Cinque, certo.
Grazie ancora, Mauro.
Voto:
Utente sovradimensionato!
E poi ci dicono che le dimensioni non contano.
Voto:
L'opera omnia del Bardo D'Asti merita ben oltre cinque stelle, ma queste si hanno a disposizione...
Io preferisco il primo live ma pure questo è superbo.
Ebbravo Uitor!